La ‘strategia del ragno’ delle opposizioni. Al Senato in teoria i numeri a favore del ddl Boschi garantiscono un percorso senza intoppi. Ma contrari e dissidenti sperano in emendamenti e tenteranno imboscate su temi minori ma eticamente sensibili come la libertà’ religiosa

23 Luglio 2014 0 Di Ettore Maria Colombo

“Ghigliottina” (al dibattito) e/o “tagliola” (agli emendamenti), da una parte. Regolamento alla mano, ovvio

 

“Ostruzionismo” e voti segreti dall’altra. Sempre regolamento in mano, si capisce. Le “strategie del ragno” che governo e maggioranza, da una parte, opposizioni e dissidenti trasversali ai diversi gruppi parlamentari hanno intenzione di mettere in campo e in pratica, in merito al ddl Boschi (riforma del Senato e riforma del Titolo V in Costituzione) sono entrambe raffinate e complicate, ma del tutto asimmetriche. Asimmetriche, perché, sulla carta, non c’è partita.

Interno dell'aula di palazzo Madama.

Interno dell’aula di palazzo Madama.

 

La maggioranza di governo gode, al Senato, di numeri che dovrebbero essere saldi. Eppure, come vedremo, non lo sono affatto. Considerando, infatti, la somma dei partiti che sostengono il governo (108 senatori Pd, 32 Ncd, 10 Popolari per l’Italia, sette di Scelta civica, 10 Autonomie) la maggioranza dice 169 quando 161 è il quorum dell’Assemblea nel suo plenum, cioè in presenza di tutti i suoi 320 componenti – 315 senatori eletti e quattro senatori a vita dei cinque che erano. A questi vanno aggiunti i partiti dell’opposizione (59 di FI, 15 della Lega Nord, 12 di Gal) iscrittisi da soli al patto delle riforme tra Renzi e Berlusconi, meglio noto come ‘del Nazareno’.

 

In totale sono 280 voti, sulla carta una cifra astronomica. Specie se si considera che il Senato è, da diverse legislature, il ramo del Parlamento dove trovare solide maggioranze è sempre impresa ardua. Sulla carta, appunto. Dal numero massimo possibile bisogna iniziare a sottrarre i dissidenti più o meno assortiti dei vari gruppi presenti al Senato e sommarli alla discreta forza delle opposizioni: 40 senatori M5S, 14 del Misto, di cui 7 Sel e 7 ex grillini, per un totale di 54 teste. E così, stimando la scelta della Lega (15) di orientarsi sul ‘no’ alla riforma Renzi mentre il gruppo Gal (tutti eletti con Forza Italia) è ormai passato all’opposizione dura e pura (almeno in dieci su 12) e sommando a questi 25 senatori una trentina di senatori dissidenti tra democratici (Chiti-Mineo-Tocci) e azzurri (Minzolini-Bonfrisco), ecco che i numeri certi, per il ddl Boschi, ballano di brutto.

Augusto Minzolini oggi senatore di Forza Italia, ieri giornalista.

Augusto Minzolini oggi senatore di Forza Italia, ieri giornalista.

Del resto, l’obiettivo dei dissidenti è stato esplicitato dal senatore Corradino Mineo: “Il nostro obiettivo è impedire che la riforma di Renzi passi con 214 voti, poi si vedrà” (scarse le reminiscenze di tattica e strategia di Sun-Tzu: mai rivelare al nemico i propri piani in anticipo). Come mai viene indicata proprio ‘quota’ 214? Perché corrisponde alla maggioranza assoluta del plenum dell’aula e perché, anche se il governo promette che darà luogo in ogni caso a un referendum confermativo sulla riforma del Senato e Titolo V, ‘fidarsi è bene, non fidarsi è meglio’, è il concetto dei dissidenti.

Detto della strategia, resta da dire della tattica. Infatti, non è sui temi (e, dunque, sui voti rispetto ai quasi 8 mila emendamenti) sollevati a furore di popolo e di pubblicistica in queste settimane che si eserciterà la pattuglia dei senatori ‘guastatori’ e ‘dissidenti’. Per capirci, le truppe irregolari guidate dai due generali ‘Min-Min’ (Mineo-Minzolini) come li ha ribattezzati Maria Teresa Meli sul Corsera, sanno che i voti sul Senato non più elettivo passeranno ma preparano sorprese e imboscate su temi, all’apparenza, minori. La libertà religiosa, su cui si può avere il voto segreto come spiega il senatore azzurro Lucio Malan, in quanto voto di coscienza, gli emendamenti sui costi di entrambe le Camere (che fanno molto ‘anti-Casta’) e sulla riduzione del numero dei parlamentari (idem) e, appunto, la richiesta del referendum confermativo comunque. Poi, ovvio, la strategia di chi si oppone alla riforma punta anche sul ‘generale estate’. Allungare i tempi del dibattito all’infinito per ottenere che i tempi di approvazione della I lettura scavallino non solo agosto ma che si arrivi almeno ai primi di settembre prima che la riforma del Senato veda la luce.

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Il ministro alle Riforme Maria Elena Boschi (Pd)

Quale, a questo punto, la possibile controffensiva dei ‘cattivi’, gli yankee al governo e in maggioranza? Introdurre, anche al Senato, ‘ghigliottina’ e ‘tagliola’ già usate alla Camera per limitare al massimo emendamenti, dibattito, voti. Facile a dirsi, meno a farsi ma oggi, con il placet del presidente Grasso e della conferenza dei capigruppo, questo potrebbe succedere anche e nonostante un calendario dei lavori d’aula, quello approvato ieri, mai visto prima d’ora, a memoria di senatore, per intensità’ e stress di orari e sedute che, a partire da lunedì’ prossimo 28 luglio, si terranno h 24, sabati e domeniche incluse, dalle nove del mattino fino a mezzanotte inoltrata, Un modo come un altro per invitare Grillo e i suoi a gridare al ‘fascismo’ e alla ‘contro-rivoluzione’.


NB. Questo articolo e’ stato pubblicato sulle pagine di politica del quotidiano online Pagin99 (http://www.pagina99.it/news/politica) nella giornata di ieri pomeriggio 22 luglio 2014.