Rossi e neri: il lungo inciucio. Breve storia della spartizione del potere in Campidoglio

6 Dicembre 2014 0 Di Ettore Maria Colombo
il nuovo presidente dell'Assemblea NAzionale del Pd, Matteo Orfini. Professione -archeologo, cultura politica 'Giovani Turchi'.

il nuovo presidente dell’Assemblea NAzionale del Pd, Matteo Orfini. Professione -archeologo, cultura politica ‘Giovani Turchi’.

ROMA – Il Pd romano? Una storia di guerra per bande e affari consociativi con la destra. Lo ha riconosciuto anche il neo commissario del partito romano, Matteo Orfini (“C’è’ stata un’eccessiva consuetudine con la destra di Alemanno”). Ma non sempre è’ stato cosi’. Serve un po’ di storia, per capire meglio.  Tutto inizia nei primi anni Settanta, quando anche a Roma l’allora Pci viene scosso dalla radiazione-scissione del gruppo del ‘manifesto’ (1969-70), elemento di punta Aldo Natoli. Il partitone corre ai ripari: si auto-affida a un viterbese magnetico, Luigi Petroselli, di provenienza ingraiana. Nel 1976 quando il Pci vince, ed è la prima volta, le elezioni amministrative, Petroselli supera per preferenze anche Andreotti. E’ lui a scegliere, come sindaco, il critico d’arte Giulio Carlo Argan ed è lui a succedergli nel 1979, quando Argan lascia. Rieletto nel 1981, muore subito. Una folla immensa di romani lo piange. Petroselli lega il suo nome al gentile ripristino dei Fori imperiali e all’opzione per i poveri, riavvicinando le borgate al centro città. Dopo la giunta Vetere (1981-’85) la Dc peggiore, quella erede degli scempi edilizi degli anni ’50 e ’60, si reimpossessa di Roma con le giunte Signorello, Giubilo e Carraro (Psi). A farla da padrone è il plenipotenziario romano di Giulio Andreotti, Vittorio Sbardella, meglio noto come ‘lo Squalo’. Il Pci fa opposizione, specie sulle mense della coop La Cascina, legata a Cl, ma non è un granché, anzi: è piuttosto opaca. Intanto, si fa largo Goffredo Bettini, ex leader della Fgci, di credo ingraiano: segretario cittadino, consigliere comunale, capogruppo del Pci e, poi, del Pds.
Quando arriva Tangentopoli, e ‘viene giù’ tutto, Bettini è già lì, pronto. S’inventa lui, d’accordo con il segretario del Pds, Occhetto, la candidatura dell’ex radicale ed ex verde Francesco Rutelli. Rutelli, nel 1994, vince a mani basse il ballottaggio contro Gianfranco Fini. La destra romana, storicamente radicata e robusta, sembra evaporata. Nasce il ‘modello Roma’, che proseguirà con le giunte a guida Veltroni (due mandati) lungo tutti gli anni Novanta. Un modello molto criticato da sinistra (sempre il gruppo ee il manifesto) per il presunto nuovo sacco urbanistico della città, ma che – ricorda Roberto Morassut, uno tra i pochissimi censori (ante-marcia) del Pd attuale – “non ha mai conosciuto un assessore o un consigliere indagato o condannato”. Privatizzazioni (Ama, Acea), piano urbanistico, investimenti sulla cultura e sul sociale, ma anche una politica che tratta gli industriali (i costruttori come Caltagirone in testa) “da potenza a potenza”, per usare le parole di Bettini: il Comune sceglie le opere da fare, gli imprenditori eseguono.
Arriva il 2008, l’anno ‘nero’ della sinistra. Sia perché le elezioni comunali le vince un sidnacati riluttant va candidarsi, Gianni Alemanno, forti radici nel Fronte della Gioventù’ missina i cui amici finiranno tutti al Campidoglio a spartirsi affari, poltrone e potere, contro Rutelli, rimontando, tra primo e secondo turno, anche grazie a un ‘allarme criminalità’ dai risvolti assai oscuri (stupro della Storta, pestaggi all’Aventino). Sia perché “il Pd non è mai nato, o è nato già morto – spiega Morassut – e non è stato né radicale nelle proposte né riformista nelle scelte, solo diviso in tante tribù che si facevano la guerra tra di loro ”. Alemanno riempie il comune di ‘neri’, il Pd finge di contestarlo. Il deputati ex dalemiano, figlio di una storica famiglia di comunisti, ma, oggi renziano, Umberto Marroni,  allora capogruppo in consiglio comunale, viene descritto come “il delegato di Alemanno all’opposizione”. L’area dei Popolari, retta da Enrico Gasbarra, allora segretario regionale, imbarca ex azzurri riciclati come Coratti, oggi inquisito. Bersani, allora segretario, porta in Parlamento molti dei consiglieri regionali finiti nello scandalo dei rimborsi d’oro della Regione, dove solo Zingaretti, quando arriva, opera un sano repulisti, mentre in Parlamento finiscono pure giovani leve bersaniane (Campana) nel vortice dell’inchiesta ‘Terra di mezzo’. E pure tra i ‘turbo-renziani’, guidati da Bonaccorsi e Gentiloni. finiscono gli inquisiti anche se per altre, losche, vicende, come Di Stefano, organizzatore di tavoli all’ultima Leopolda. Insomma, nessuno è’ pulito, E il nuovo sindaco-marziano, Ignazio Marino? Quello, tanto per cambiare, lo ha scelto Bettini.
NB. questo articolo e’ stato pubblicato sulle pagine di Politica del Quotidiano Nazionale (http://www.quotidiano.net) il 6 dicembre 2014.