Landini in campo per sfidare Renzi. Gelo Cgil: “Non siamo un partito” Minoranza Pd critica. Poi il leader Fiom rettifica

23 Febbraio 2015 2 Di Ettore Maria Colombo

Maurizio Landini o il moderno Amleto in tuta blu

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Maurizio Landini, ex segretario della Fiom-Cgil

Il leader della Fiom rilascia, ieri, un’intervista al Fatto quotidiano in cui parla del sindacato come di un soggetto che si deve porre il problema di una rappresentanza sociale più larga e aprirsi a una rappresentanza ‘anche’ politica”. Il Fatto forza le sue parole e titola: “E’ ora di sfidare Renzi. Ora faccio politica”. Apriti cielo. Il premier lo attacca a brutto muso in diretta tv su Rai 3 e il suo stesso sindacato, la Cgil, prende subito le distanze. Un tweet del portavoce di Susanna Camusso, Massimo Gibelli, recita: “Tanti auguri a Landini, ma il sindacato Fiom è un’altra cosa”. L’accento è tutto sulla Fiom, soggetto sindacale da ‘preservare’ pure da Landini, per la Cgil.
La polemica divampa e a Landini tocca precisare, correggere, smussare. “La prima pagina del Fatto – scrive in una nota il leader della Fiom – mi attribuisce un’affermazione non pronunciata”. Poi torna sul concetto: “la ‘sfida a Renzi’ per il sindacato, oltre alla ‘normale azione contrattuale’, consiste nella creazione di una coalizione sociale che superi i confini della tradizionale rappresentanza sindacale”. Lana caprina? Mica tanto. Di un nuovo partito a sinistra del Pd si parla da mesi. Pippo Civati e i suoi pare che se ne andranno per sempre poco prima delle Regionali. Quando, in Liguria, una coalizione che si raccoglie intorno allo sconfitto alle primarie, Sergio Cofferati, lancerà un candidato anti-Pd ufficiale.
La sinistra Pd, divisa in molte anime (Sinistra dem di Cuperlo, la più critica, i bersaniani di Area riformista, il grosso, singoli come Fassina e Boccia) è sempre più insofferente verso Renzi e ha vissuto come uno schiaffo i decreti delegati sul Jobs Act, ma persino un iper-critico come Alfredo D’Attorre si limita a parlare di “battaglie comuni tra forze politiche e sociali sull’art. 18”. Infatti, la Cgil lancerà un referendum popolare per ripristinare l’art. 18 e Fassina già annuncia che sarà tra i promotori. Insomma, il grosso dei bersaniani sta con la Camusso, non con Landini.
Landini, che in realtà punta a prendersi la Cgil al congresso del 2018, se mai scendesse in politica sogna un modello organizzativo incentrato tutto sul sociale: una via di mezzo tra Syrizia con i suoi gruppi di aiuto popolari. e Podemos, di cui apprezza la rete ‘orizzontale’ e movimentista. Inoltre, Landini ‘disprezza’ i partitini della sinistra a sinistra del Pd e il loro perenne oscillare tra la ricerca di alleanza con il Pd stesso e modelli partitici che ritiene superati e obsoleti. Non a caso li chiama ‘i partitini’. Con Landini stanno personalità indipendenti come la Spinelli e Rodotà. I partitini stanno, appunto, da un altra parte. SeL ha organizzato mesi fa ‘Human Factor, network aperto alla sinistra Pd, ai giovani di Tilt, ad altre realtà politiche (la lista L’altra Europa con Tsipras, Prc, Pdci, etc.) proponendo la pratica della ‘doppia tessera’ (di Sel e di altre realtà), ma proprio Landini e Rodotà hanno storto il naso e in SeL si sono piccati.
Nella sinistra radical l’anima è divisa in due: sociale quella di Landini, che vuole rompere con ‘tutto’ il Pd, organizzativista quella di Sel che con la sinistra Pd si vorrebbe fondere in una riedizione in piccolo del Pci. Rivelatrici le parole di Civati: “quando Landini parla di sinistra sociale da contrapporre con quella politica non capisco e non sono d’accordo”. L’unico possibilista è il senatore dissidente del Pd Corradino Mineo: “Anche a Renzi capitò di perdere contro Bersani. Ora gli consiglio di rispettare Landini”. Duro il commento di un altro senatore, il giovane turco Stefano Esposito: “Landini sfidi Renzi così conteremo i voti, finalmente, e non gli articoli di giornale”.
NB. Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2015 a pagina due del Quotidiano Nazionale (http://www.quotidiano.net)