#ildiavolovesteItalicum/1. Mattarella promuove le riforme, continua la battaglia sull’Italicum in Parlamento. Sempre più probabile l’ipotesi fiducia

26 Aprile 2015 0 Di Ettore Maria Colombo

“Le riforme sono un percorso virtuoso, questo è fuori di dubbio” dice, da Lubiana, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

 

Il riferimento diretto del Capo dello Stato è, in realtà, al Jobs Act, ma con il voto finale dell’Italicum alle porte alla Camera, è plausibile allargare l’endorsement del Colle alle riforme in senso lato, pur rispettando, Mattarella, “le prerogative del Parlamento”.
E proprio lunedì 27 aprile inizia la sarabanda infernale (ma non finale, dato che, tra i vari ‘ponti’, si riprenderà ai primi di maggio) sull’Italicum. Si inizia con la discussione generale, a partire dalle pregiudiziali di costituzionalità, dove il governo già un po’ rischia. Ci saranno, infatti, diverse richieste di voto segreto avanzate da FI, come annuncia Brunetta, da M5S (una) e da Sel (due), che dice, con Arturo Scotto, “il voto segreto è un diritto, non una furbizia”. In realtà, il voto di ieri sul Def (approvato con 328 sì e 159 no alla Camera e con 165 sì e 82 no al Senato, dove i numeri della maggioranza sono più incerti, ma il Pd conta su 172-175 voti) ha molto tranquillizzato il governo, ma l’imboscata è dietro l’angolo.

I ‘piccoli’ gruppi (e partiti), per dire, sono entrati in uno stato di evidente agitazione. Il timore, reso esplicito dal grillino Toninelli, è che “se l’Italicum viene approvato, Renzi ci porta a votare”. Per Enrico Zanetti, segretario di Sc, dice che l’Italicum “va migliorato in aula”. Ncd e Udc chiedono a Renzi “di non mettere la fiducia”, mentre Pino Pisicchio (Misto), ricorre alla storia patria: “dopo le tre riforme elettorali del 1953, 1993 e 2005 si è sempre votato. Perché dovrei favorire Renzi, in più con una legge che ci uccide?”. Il governo, a Montecitorio lo sanno pure i sassi, porrà la di fiducia, ma quando arriverà l’atto del voto finale sul ddl, secondo quanto prevede il Regolamento della Camera (lo stesso che ammette la possibilità di molti voti segreti sulla materia elettorale, circa 80!), le opposizioni potranno chiedere, e certo ottenere, il voto segreto.
La maggioranza conta, sulla carta, ben 393 voti (310 solo del Pd) contro i 237 delle opposizioni. E’ chiaro che la vastità delle defezioni in casa della minoranza dem (“30/40 al massimo”, dicono i renziani, “40/50” per i ribelli che però, tranne pochi, già rinculano: “votiamo la fiducia, usciamo dall’aula sul voto finale”) può spostare l’ago della bilancia da una parte come dall’altra. Non a caso le dimissioni di Speranza, che pure appaiono ‘irrevocabili’, sono ancora congelate, anche se, all’atto della discussione finale sull’Italicum, a parlare sarà il nuovo capogruppo, Ettore Rosato. La ‘ritorsione’, invece, ma dopo il voto sull’Italicum e a seconda di come si è comportata la minoranza, Renzi potrebbe cercarla sulle presidenze delle commissioni, in scadenza da maggio. Salvi i ‘non allineati’ e più dialoganti (Epifani, Damiano), i più pasdaran, da Boccia (Bilancio) ai forzisti Vito (Difesa, FI), Capezzone (Finanze, FI fittiano) e ovvio Galan (Cultura), verrebbero sostituiti per far spazio ai renziani e sfamare gli appetiti dei piccoli piccoli.
Nb. Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2015 sulle pagine nazionali di Quotidiano nazionale (http://www.quotidiano.net)