Sisma e urne, Renzi tormentato. E tra i suoi c’è chi spera nel ricorso di Onida per far slittare il referendum

3 Novembre 2016 0 Di Ettore Maria Colombo

I RENZIANI di ogni ordine e grado giurano, perfettamente in linea con le parole del premier, che «l’ipotesi di spostamento del referendum non esiste, punto».

 

Insomma, l’uscita del ministro Alfano sarebbe stata del tutto ‘personale’: «Ha parlato come leader di Ncd per strizzare l’occhio a Berlusconi come va facendo ormai da giorni». Al più, nell’inner circle parlamentare del premier, si butta la croce sul presidente della Repubblica: «La preoccupazione del Colle, se Matteo perde il referendum, è altissima. Teme che si dimetta da premier, come ormai non nasconde più di voler fare, che non si riesca a formare un nuovo governo o che voglia forzare la mano e precipitare il Paese alle urne». E qui si ricordano le parole di Pierluigi Castagnetti, amico di Mattarella, che però fa smentire ogni correlazione.

EPPURE, Matteo Renzi ha accarezzato davvero l’idea dello spostamento della data del referendum e proprio in merito al nodo da lui definito «un dibattito surreale: incrociare referendum e terremoto che non hanno niente a che vedere».

 

È successo domenica scorsa, quasi all’alba, dopo la scossa di magnitudo 6,5. Si temevano morti e devastazioni, per fortuna evitate, e la tentazione del rinvio è aleggiata. Poi, alla conferenza stampa, l’ordine di scuderia è tornato quello di sempre: da un lato «ci impegniamo a ricostruire tutto», dall’altro «avanti con la sfida, che è sul filo, bella e impegnativa». L’unica cosa che è cambiata, in quelle ore, è stata l’impostazione della Leopolda che inizierà domani: via i vip, «sarà una Leopolda di popolo, di persone normali», ha scritto Renzi nella sua E-news. L’altro cambio in corsa è sui temi: «Parleremo di terremoto, Protezione civile, Terzo settore, volontariato. A pochi giorni dal terremoto e 50 anni dagli angeli del fango di Firenze». L’inquietudine, però, è rimasta. I sindaci delle zone colpite dal sisma sono in rivolta, lo hanno detto anche al presidente dell’Anci Decaro: “Non abbiamo soldi e strutture per organizzare la ricostruzione, figuriamoci le schede elettorali e i seggi…”.
Si tratta di organizzare tutto, dalle tende ai container alle casette prefabbricate: organizzare anche le urne non è, per loro, una priorità. All’Huffington Post il governatore toscano, Enrico Rossi, fa di conto: «Quattro regioni interessate (Umbria, Lazio, Abruzzo, Marche), un bacino di 400mila persone, di cui 20mila sfollati». Il problema c’è anche perché «quelle sono regioni rosse, bacino elettorale, in teoria, del Sì», sbotta un renziano. E così, la boutade di esponenti della minoranza dem come dell’opposizione («Impossibile pensare che Alfano parli senza essersi consultato con Renzi», è la tesi di tutti) appare un po’ meno boutade. Alfano, insomma, sarebbe andato in avanscoperta per ‘vedere l’effetto che faceva’ la sua proposta (il rinvio del referendum), poi vista la malaparata e la levata di scudi – Forza Italia in primis – si sarebbe sobbarcato l’onore della proposta in solitaria.
Certo è che la reazione delle opposizioni è stata così negativa e i – presunti – contatti informali e preventivi con Berlusconi sono andati così a vuoto che non restava che dire quello che ha detto ieri Renzi: «Il referendum si terrà il 4 dicembre. Il resto sono dibattiti a piacere». E se, invece, fosse il ricorso presentato al tribunale civile di Milano dall’ex presidente della Consulta Onida, schieratissimo nel Fronte del No, ove accolto, a innescare il rinvio di fatto del referendum? La decisione della Corte non è, al momento, ipotizzabile. La Consulta potrebbe: rigettare l’istanza per «dubbio infondato», bruciare i tempi di giudizio e decidere prima del 4 dicembre; rinviare la decisione, ma non il referendum. Spetta comunque al governo il decreto di rinvio, previa intesa con il Colle, non certo alla Consulta che non avrebbe il potere di rinviare un referendum costituzionale a differenza di quello abrogativo. Ma il ricorso di Onida potrebbe indurre il governo a rinviare il referendum? «Le sentenze della magistratura non si commentano e quando arrivano si rispettano», è la risposta sibillina dei renziani che però notano: quello di Onida è un ricorso «ben scritto», «quasi inattaccabile». Un ricorso che potrebbe togliere le castagne dal fuoco a Renzi, al Colle e rinviare il possibile Sì degli italiani a tempi migliori e decisamente meno ‘terremotati’.


NB: Questo articolo è stato pubblicato il 3 novembre 2016 a pagina 13 del Quotidiano Nazionale (htttp://www.quotidiano.net)