NB: Questa mattina, alla Camera dei Deputati, il ministro alla Giustizia, Andrea Orlando, ha presentato il suo blog di riflessione politica, ‘Lo stato presente’, alla presenza di un folto gruppo di deputati e senatori della sinistra Pd che non prenderanno parte alla scissione di Bersani-Speranza-Rossi. Di fronte alla domanda su una sua eventuale candidatura al congresso del Pd, Orlando ha detto che non è ancora il momento di annunciarla, ma i suoi spiegano che, “a prescindere da quello che farà Emiliano, la sua candidatura è in campo”.
POI c’è il ministro Orlando, che proprio oggi, prima di andare in Direzione, inaugurerà il suo nuovo blog (Lo stato presente), ha messo intorno a un tavolo i suoi (45 ex Giovani Turchi che hanno rotto con il loro capo Orfini), venti deputati che sostengono Cesare Damiano, il quale ha, a sua volta, spaccato l’area che fa capo al ministro Martina, sfilandogli 20 parlamentari su 40, e i 15 di Gianni Cuperlo. «La tua candidatura può unire un’area vasta e personalità come Zingaretti, Chiamparino e altre», lo hanno incitato. Orlando annuncerà la sua candidatura a segretario non per conto di una correntina – spiegano i suoi – ma di una sinistra che chiede al Pd di tornare a un profilo di sinistra.
Per quanto riguarda le date del congresso, Renzi, che in Direzione gode di numeri bulgari, vuole che il giorno delle primarie aperte, torni a essere il 7 aprile, e non più il 7 maggio, come chiedevano e chiedono ancora, gli altri big. Una data lascia ancora aperta la finestra elettorale di giugno anche se con le amministrative (primo turno l’11 giugno) di mezzo, le Camere andrebbero sciolte entro fine aprile. Nessun renziano, neppure sotto tortura, ammetterebbe oggi di voler precipitare il Paese alle urne, ma la voglia rimane.
Del resto, che «la scissione indebolirà il quadro politico» come dice, in guerinese, il vicesegretario Guerini (ieri Renzi l’ha spedito a Porta a Porta), lo sanno pure i sassi. Gentiloni aspetterà che Mattarella rientri dal suo viaggio in Cina, poi salirà al Colle per riferire sulla «nuova situazione politica che si è creata in Parlamento».
INFATTI, per quanto i bersaniani assicurino che, pur dando vita alla scissione e a nuovi gruppi ‘Eguaglianza e Diritti’, voteranno la fiducia al governo perinde ac cadaver già si profilano grosse nubi: il decreto Milleproroghe la parte ex-Sel non vuole votarlo. Infine, gira voce – tra i renziani di governo – di prossime modifiche alla legge elettorale non certo amichevole verso gli scissionisti che avrebbero già ricevuto il placet di Forza Italia: la soglia di sbarramento, che al Senato è all’8%, scenderebbe al 5%, ma salirebbe dal 3% al 5% alla Camera «per armonizzare i due sistemi come chiede Mattarella». Un’asticella non insuperabile, certo, ma neppure così facile.