Voci dal Transatlantico 3: Mattarella, il “presidente argine” ricorda i suoi poteri. Interferenze no, ma indirizzi sì

Voci dal Transatlantico 3: Mattarella, il “presidente argine” ricorda i suoi poteri. Interferenze no, ma indirizzi sì

18 Ottobre 2018 0 Di Ettore Maria Colombo

Continua la serie “Voci dal Transatlantico” – che sta riscuotendo un discreto successo tra i miei “25 lettori”. Oggi si analizza il ruolo del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e i suoi poteri. 

 

Mattarella ricorda i suoi poteri: interferenze no ma indirizzi sì

Sergio Mattarella ricorda a tutti gli attori politici i suoi poteri: “interferenze no, ma indirizzi sì“. Il dovere del Colle è quello di far rispettare e di vigilare sulla Carta costituzionale, Oggi, il Capo dello Stato ha parlato in occasione della commemorazione di un suo predecessore, il secondo Presidente della Repubblica italiana, Giovanni Gronchi (presidente dal 1955 al 1962). Un presidente ‘particolare’, Gronchi, che ‘aiutò’ a far nascere una nuova stagione politica, quella del centrosinistra cosiddetto ‘organico’, che nacque – tra molti stenti e difficoltà – nei primi anni ’60 (il Psi di Nenni era, in parte, contrario all’alleanza con la Dc e Nenni pagò il prezzo di una scissione) e che caratterizzò una lunga stagione della storia d’Italia, almeno fino ai cosiddetti governi della ‘solidarietà nazionale’ (1976-1979), cui seguì una nuova stagione di governi di centrosinistra (1980-1992) che però è rimasta alla storia con un altra formula, quella dei governi di pentapartito. 

Un discorso importante, quello del Capo dello Stato Sergio Mattarella, pari – forse – per riferimenti e richiami al discorso che tenne a Dogliani, commemorando un altro presidente della Repubblica, Luigi Einaudi (1948-1955): in quell’occasione, le parole di Mattarella caddero nel bel mezzo della crisi di governo più lunga della storia della Repubblica, quella che ha portato, tra il 4 marzo e il I giugno scorso, alla nascita dell’attuale governo gialloverde presieduto dal premier ‘terzo’ Giuseppe Conte. Un discorso altrettanto importante quello di oggi: cade nel mezzo della presentazione della manovra economica da parte del governo, della sua sempre più probabile bocciatura da parte della commissione Ue di Bruxelles e delle principali agenzie di rating che si parleranno a fine mese. 

La verità è che Mattarella si sente sempre di più nel ruolo del Presidenteargine“, e anche in quello di “guardiano” della Costituzione, come lo definiscono i suoi collaboratori al Quirinale.  Collaboratori che fanno notare, peraltro, come il Presidente – a differenza della vulgata mediatica di questi mesi – ‘non’ abbia né un governo ‘amico’, a Palazzo Chigi né tantomeno ministri ‘amici’.

Non lo è (più?) Conte, un amico di Mattarella, visto che si rifiuta di cambiare anche solo di una virgola la manovra economica, nonostante le calde richieste ricevute dai partners europei del Consiglio europeo e, in particolare, della Germania della Merkel, per non dire della Commissione. Non lo sono (più?) ‘amici’ i ministri Giovanni Tria (Tesoro), Enzo Moavero Milanesi (Esteri) ed Elisabetta Trenta (Difesa), definiti più volte come i ministri più ‘europeisti’ e ‘quirinalizi’, visto che non sono riusciti – ognuno nel suo ruolo e nel suo ambito, in particolare il ministro Tria – né a bloccare i diversi ‘appetiti’ di Lega (Salvini) e 5Stelle (Di Maio), sulla manovra economica, né a far risalire, nella stima e nella considerazione delle principali istituzioni europee (Ue, Bce, Fmi), il prestigio dell’Italia nei rispettivi ruoli di competenza (la Ue per Moavero, la Nato per la Trenta). Insomma, spiegano al Colle, “in fondo, Tria lo ha indicato Savona (che non gode minimamente della fiducia del Quirinale, come si sa, tanto che proprio Mattarella né impedì la designazione a ministro del Tesoro a causa delle sue posizioni anti-Ue e anti-Euro maturate nel corso degli anni, ndr.), mentre Moavero, pur europeista di suo, e la Trenta sono stati indicati dai 5Stelle…”.

L’impressione, quindi, è quella di un Presidente sempre più ‘solo’, ma forte e determinato, pronto a usare tutto l’arco dei suoi poteri presidenziali, come ad esempio il rifiuto di firmare le leggi (e, di conseguenza, di rispedirle al Parlamento per un nuovo esame) ove queste comportassero delle ‘spese’ non contabilizzate o prive delle necessarie coperture (potere ex articolo 81 Costituzione). Fino ad arrivare a non firmare la manovra economica, la ex Finanziaria, oggi Legge di Stabilità? Fino a tanto non ci si espone, al Colle, e non si prevedono atti così dirompenti, che verrebbero interpretati come destabilizzanti, ma ‘l’Arma Fine di Mondo’ resta sempre in capo al Presidente.

Ma torniamo al “discorso di Pontedera“, quello tenuto oggi dal Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato – spiega Mattarella – ha il dovere di fare rispettare la Costituzione, svolge una funzione di “responsabile vigilanza costituzionale”, spetta a lui “segnare indirizzi e orientamenti” per il bene del Paese senza con questo interferire con il ruolo del Governo e del Parlamento. Sergio Mattarella ripercorre – in un felice mix di citazioni, tutte scelte e calibrate attentamente – i tratti salienti del settennato di Giovanni Gronchi e, come spesso gli è accaduto ricordando i suoi predecessori, “dice” molto sulla situazione politica ed economica che il Paese sta vivendo. Ma anche – e forse mai come oggi – parla delle funzioni, delle prerogative e dei poteri del presidente della Repubblica attraverso il quale, come sostenne Piero Calamandrei, “la Costituzione parla”. Un riepilogo dei suoi poteri, quello che fa Mattarella, per esercitarli attivamente, si intende. Mentre il premier Giuseppe Conte si trova al Consiglio europeo di Bruxelles, forte, come va ripetendo, di una “manovra di cui essere orgogliosi”, ma già bocciata a vari livelli dalla Ue, Mattarella parla a Pontedera (Pisa) alla commemorazione del quarantennale dalla scomparsa di Gronchi e sceglie di concentrare l’attenzione su alcuni passaggi dei discorsi dell’ex Capo dello Stato dedicati ai conti pubblici e all’integrazione europea, nonché al ruolo del Quirinale.

Questo vuol dire definire l’attuale Capo dello Stato un presidente ‘interventista’ come qualcuno definì Gronchi? Più che altro Mattarella si sente tenuto, “più per dovere che per diritto”, a usare la “cassetta degli attrezzi della Costituzione“. Le parole di Gronchi che Mattarella cita non lasciano adito a dubbi: il presidente sottolinea che il primo problema da risolvere, nell’Italia del 1955 come in quella di oggi, “è costituito dalla eliminazione della disoccupazione, che si accompagna alla miseria e agli stenti”, ma Mattarella ricorda anche – sempre via Gronchi – “l’esigenza inderogabile di mantenere condizioni di sanità monetaria attraverso una saggia politica per gli investimenti e le spese”. Insomma, resta l’equilibrio dei conti il faro del Colle

Poi c’è il capitolo Unione Europea. Mattarella la difende a spada tratta perché “pur con lacune e contraddizioni ha assicurato un patrimonio inestimabile di pace e di benessere”. E insieme richiama tutti a non fare confusione tra l’amore per la Patria e le sirene suadenti dei nuovi nazionalismi. Gronchi, precisa, era un “interventista cattolico, volontario nella Prima guerra mondiale e decorato con diverse medaglie al valore”, ma pur senza mettere in discussione mai il suo patriottismo Gronchi aveva ben “chiara la ferma distinzione tra significato e insopprimibilità dei valori patriottici e le infatuazioni di vuoti rigurgiti nazionalistici”. Un ‘monito’ che va a colpire chi, anche nell’attuale maggioranza, si fa invece ‘affascinare’ dalle sirene di rigurgiti nazionalistici. 

Mattarella ricorda anche il ‘nuovo’ atlantismo, attribuito al Presidente Gronchi, che “sostanzialmente prendeva atto del gigantesco passo in avanti rappresentato dall’abbandono di alleanze puramente militari di reciproco sostegno in caso di aggressione da parte di Paesi terzi, per giungere ad alleanze politico-difensive come lo stesso Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato, ndr.) in una logica di integrazione. Dal rapporto con potenze garanti e tutrici, a relazioni fra alleati – ha concluso Mattarella – su un piano di eguaglianza, con decisioni vincolanti per tutti i contraenti, indipendentemente dal loro peso e influenza”. Una citazione non banale né peregrina, visto che – sempre nell’ambito della definizione della nuova manovra economica – si parla molto di ‘tagli’ al comparto della Difesa e di ritiro delle missioni militari all’Estero dell’Italia in scenari nevralgici (Iraq, Afghanistan, Libano) sempre per ‘esigenze di bilancio’ e risparmi da effettuare. 

Infine, nel tardo pomeriggio di oggi, il Capo dello Stato, già rientrato a Roma, vedrà il commissario europeo agli affari economici Pierre Moscovici, interlocutore preferenziale nella Ue per discutere possibili ‘mediazioni’, tra il governo italiano e la commissione Ue, sulla manovra. ‘Mediazioni’ che non competono certo al Colle, si sottolinea negli ambienti del Quirinale, ribadendo che quella di Moscovici a Mattarella è una visita informale, di pura ‘cortesia’. Ma di ‘cortesia’ e di ‘garbo’ istituzionale, ormai, c’è ben poco. Lo  dimostra la grottesca vicenda del decreto fiscale che il vicepremier Di Maio ha accusato, in diretta tv, da Bruno Vespa, l’altra sera, di essere stato cambiato a sua insaputa, grazie a presunte ‘manine’ e ‘manone’ (non si capisce bene se ‘tecniche’ o ‘politiche’) del ministero del Tesoro e della Lega (il sottosegretario Giorgetti?), sostenendo anche che fosse già arrivato al Quirinale quando, invece, non era mai arrivato, come è stato costretto a precisare il Colle, con un comunicato che ha avuto davvero dello straordinario. 

NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog.