Pacchetto elezioni regionali 2. La Sardegna urla la sua rabbia, ma il Centrodestra parte in vantaggio

Pacchetto elezioni regionali 2. La Sardegna urla la sua rabbia, ma il Centrodestra parte in vantaggio

21 Gennaio 2019 1 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

In Sardegna, il 24 febbraio, si vota per le regionali.

Centrodestra davanti, ma la legge elettorale non aiuta

 

elezioni sardegna

 

1. Il quadro generale. Un anno elettoralmente importante, e non solo per le elezioni Europee.

 

Ben sei regioni, pur se in date diverse (Abruzzo e Sardegna, Basilicata, Calabria, Piemonte ed Emilia-Romagna), e una considerevole tornata di comuni (circa 4 mila, di cui 26 sono capoluoghi di provincia, cioè con più di 100 mila abitanti) al voto per le consuete amministrative nella seconda metà di giugno, pur se in una data ancora da stabilirsi e che verrà decisa da un decreto legge dal governo non prima di fine febbraio. Oltre che, naturalmente, le elezioni europee del 26 maggio.

Nonostante, dunque, nel 2019 non dovrebbero tenersi elezioni politiche anticipate (ma forse è troppo presto per dirlo…), sarà comunque un anno elettoralmente importante quello iniziato.

Dopo mesi in cui hanno fatto da padrone solo e soltanto i sondaggi, infatti, tali elezioni regionali e amministrative serviranno per testare la consistenza reale di tutti i partiti, delle loro coalizioni, delle loro liste e candidati, oltre che, ovviamente, la ‘tenuta’ della maggioranza che regge il governo Conte, gli equilibri di forza interni alla coalizione gialloverde e lo stato di salute delle opposizioni, dei loro leader (Berlusconi, Meloni, i principali contendenti alla segreteria del Pd) e di coalizioni che, fino a ieri, sembravano ‘naturali’ (centrosinistra e centrodestra) ma che, da quando è nato il governo M5S-Lega, appaiono, invece, ‘e forse sono anche definitivamente diventate ‘innaturali’.

Il test più importante è e resta, però, quello delle Regionali e il voto più prossimo è, al suo interno, quello delle elezioni per rinnovare i Governatori e i consigli regionali dell’Abruzzo (10 febbraio) e della Sardegna (24 febbraio), mentre più lontani sono gli altri quattro appuntamenti di elezioni regionali che comunque si terranno entro l’anno: si voterà infatti, anche in Piemonte (26 maggio), in Emilia-Romagna ( a metà novembre), e infine in Basilicata e in Calabria, anche se in questi due casi in due date ancora da decidere, ma che dovrebbero tenersi a loro volta molto dopo l’estate.

 

2. Delle sei regioni al voto, Abruzzo e Sardegna sono le prime due 

 

elezioni regionali 2019 sardegna

 

 

Il dato di partenza è che le sei regioni al voto sono state tutte governate da amministrazioni uscenti di centrosinistra. Pd e alleati (Mdp , Verdi e liste civiche) potrebbero, secondo i sondaggi, perderle tutte e sei in un filotto di catastrofiche sconfitte, mentre il centrodestra (Lega, FI, FdI, Udc, più liste civiche) potrebbe riuscire nell’impresa clamorosa di aggiudicarsele tutte e l’M5S rischia di non spuntarla in nessuna.

Come è già successo, peraltro, nelle tre elezioni regionali del 2018, quando il centrodestra ha conquistato il Molise, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino Alto-Adige (qui alleato alla Svp), l’M5S nessuna mentre il Pd le ha perse tutte e tre.

Ma ogni regione fa, ovviamente, caso e storia a sé. In Abruzzo – regione e situazione di cui abbiamo già parlato in un altro, precedente, articolo, su questo sito – la stagione di governo del centrosinistra si è chiusa in modo disastroso. Tra scandali e polemiche, l’ormai ex governatore, Luciano D’Alfonso, ha optato per restare senatore del Pd, carica incompatibile con quella di governatore, costringendo la regione andare al voto anticipato, poi fissato  al 10 febbraio.

Il centrosinistra abruzzese è riuscito a ricompattarsi intorno alla figura del vicepresidente uscente del Csm, Giovanni Legnini (molto stimato in Regione), e ora spera in una sua clamorosa rimonta.

Ma i sondaggi continuano a dare per molto pi probabile un testa a testa tra M5S, che punta, come cinque anni fa, sulla consigliere uscente Sara Marcozzi, e il centrodestra che, dopo molto discutere, al suo interno, ha scelto di puntare le sue carte su Marco Marsilio, senatore di Fratelli d’Italia.

Il centrodestra abruzzese è sempre stato litigioso, ma ora è arrivato al paradosso: la lista dell’Udc, formalmente apparentata con gli altri partiti, è stata politicamente esclusa da ogni (futuro) governo e maggioranza perché ha inserito, all’ultimo momento, due candidati ex transfughi del Pd. Salvini e Di Maio sono corsi in Regione per diversi tour elettorali, i candidati alla segreteria dem, invece, latitano, ma anche il leader di Forza Italia, Berlusconi, finora non è andato in Abruzzo.

 

NB: Qui un articolo che parla in modo specifico delle regionali in Abruzzoelezioni regionali in Abruzzo

 

3. In Sardegna Solinas (Lega-FI-FdI-Psd’Az) parte favorito.

 

christian solinas

Christian Solinas (Psd’Az-Lega)

 

In Sardegna, dove invece si vota il 24 febbraio, la storia sembrerebbe, all’apparenza, già scritta.

Il governatore uscente, Francesco Pigliaru (Pd), non si è ricandidato e il centrosinistra si è affidato al sindaco di Cagliari, Massimo Zedda (ex Sel-SI, poi sindaco ‘arancione’), ma la sua – pur essendo stato un buon sindaco e molto conosciuto e apprezzato in regione – è un’impresa in salita.

L’M5S, storicamente forte, in regione, è da mesi in calo nei sondaggi, e propone Francesco Desogus, ma dopo una serie di battibecchi e polemiche che hanno portato al ritiro della sua prima scelta, il sindaco di Assemini, Puddu. Il centrodestra punta sul senatore e segretario del Psd’Az (Partito sardo d’azione), che si è gemellato con la Lega, Christian Solinas, scelto direttamente da Salvini, il quale punta molto sui risultati elettorali della Sardegna, come anche sta facendo Berlusconi.

Entrambi sono venuti nell’isola per un tour de force elettorale: il primo, Salvini, è stato per ben due giorni in Sardegna toccando, in pratica, tutte le principali città sarde, ovunque osannato e acclamato da folle plaudenti e a cui è arrivato a dire – senza paura di sconfinare nel ridicolo – “donne sarde, se vincerà l’islam e le invasioni dei migranti vi toccherà mettere il burqua!”. ‘Burqua’ che le donne sarde – soprattutto in Barbagia, in centri come Orune e Orgosolo – portano, orgogliosamente, da secoli: colore nero, fazzoletto e vestito in tinta, aria severa, le donne sarde vestono così da millenni, almeno le più anziane, non sono mai state né islamiche né integraliste, solo orgogliosamente sarde, e continuano a ‘comandare’, cioè a esercitare una forma storica, in Sardegna, di puro matriarcato

Berlusconi anche è venuto e restato due giorni, tra giovedì e venerdì scorso, per sostenere, oltre al candidato presidente, Solinas, la candidata del centrodestra alle elezioni supplettive di CagliariQuartu Sant’Elena, Daniela Noli, che è di FI, ma che anche Lega e FdI appoggiavano continuamente.

Clamoroso, in questo caso, però, il risultato finale. Infatti, è stato eletto, alla fine, il candidato del centrosinistra, Frailis, contro ogni previsione. Infatti, al posto del deputato uscente, Adriano Mura, il quale si è dimesso dal Parlamento per le troppe assenze (è un velista e ama girare il mondo, non andare in Parlamento…) e che si è dimesso lo scorso agosto del 2018, è stato eletto proprio Frailis, giornalista e volto molto conosciuto, nell’isola, perché lavorava nell’emittente sarda ‘Videolina’. Frailis ha ottenuto il 40,46% delle preferenze mentre solo secondo è arrivato il pentastellato Luca Caschili, con il 28,92%, e solo è terza è arrivata la candidata del centrodestra (Lega, Fi, FdI, Pdd’Az), Daniele Noli, con il 27,80%, e quarto, e ultimo, Enrico Balletto, il candidato di Casa Pound (2,81%). 

Da segnalare infine che è stata altissima l’astensione, con la partecipazione al voto ferma al 15,5%

 

NB: Qui un articolo specifico sul risultato delle elezioni suppletive sarde di ieri , domenica 20 gennaio 2019. 

 

4. Ma la competizione interna al centrodestra è molto forte.

 

berlusconi salvini

Un Derby sardo fra Berlusconi e Salvini

 

Nonostante i risultati delle elezioni suppletive sarde, però, ancora oggi sembra che la vera partita si giocherà sugli equilibri interni tra Lega e FI, dunque, anche in Regione, più che con gli altri contendenti. In Sardegna, cioè, il derby è tutto tra Berlusconi e Salvini. Il Cavaliere ha trascorso ben due giornate nell’Isola, ‘onorando’ la sua seconda terra d’elezione (a Porto Rotondo ha, come si sa, una faraonica villa a mare) con l’annuncio della propria candidatura come capolista di FI in tutte le circoscrizioni, alle elezioni Europee di maggio. Gli auguri di Salvini ricevuti da Salvini a molti sono apparsi una sfida e, anche, uno sfottò. “Non temo Salvini e non mi sento in sfida con lui”, ha replicato Berlusconi. Certo, il sogno del leader di Forza Italia è che il governo gialloverde salti, il che potrebbe avvenire a patto di un cattivo risultato di M5S e di un successo della Lega, ma purché questa non cannibalizzi FI, altrimenti sarebbe del tutto inutile anche se il centrodestra dovesse vincere le elezioni regionali e, poi, europee.

 

“Ho parlato con diversi parlamentari della Lega – ha confidato il Cavaliere ai suoi – e sono consapevoli che le cose non possono andare avanti così. Presto questo governo dovrà finire perché è un caos totale ed è masochista nei confronti dell’Italia”. Ma il paradosso è che, più che la vittoria in Sardegna di un candidato scelto da Salvini, il probabile sorpasso (se non il vero e proprio rischio di ‘doppiaggio’) del leader leghista su quello azzurro nei voti ai due partiti, come pure nelle preferenze singole ai leader, porterebbero FI in una condizione di semi-vassallaggio verso la Lega.

 

5. Le elezioni sarde: tutte le liste e tutti i candidati.

 

Ines Pisano

Ha ritirato la propria candidatura Ines Pisano

 

Al fotofinish ha ritirato la propria candidatura Ines Pisano, l’unica donna in corsa, nonché magistrata del Tar del Lazio, che era l’ottava candidata alle elezioni a governatore sardo e che aveva già presentato il suo contrassegno elettorale (“Sardegna di Ines Pisano”). Ma nell’abbandonare la corsa (motivata dal “rischio reale di contribuire esclusivamente all’eccesso di frammentazione che dobbiamo superare”), la Pisano fa un endorsement al candidato del centrosinistra, Zedda, definito “uomo indisponibile a facili compromessi”.

Oltre a Zedda (centrosinistra), dunque, restano in lizza ‘solo’ sette candidati: Christian Solinas (centrodestra), Francesco Desogus (M5S), Mauro Pili (Sardi uniti), Paolo Maninchedda (Partito dei sardi), Andrea Murgia (Autodeterminatzione), Vindice Lecis (Sinistra sarda).

 

Tribunale di Cagliari

Corte d’Appello di Cagliari

 

Sono invece 26 i contrassegni elettorali presentati nell’ufficio elettorale della Corte d’Appello di Cagliari in vista delle regionali del 24 febbraio. Della coalizione di centrosinistra (Progressisti di Sardegna) che sostiene il candidato governator, e sindaco di CagliariMassimo Zedda, fanno parte sei liste: Campo Progressista SardegnaPd Sardegna, Liberi e Uguali Sardigna-Zedda presidente, Cristiano Popolari Socialisti, Progetto Comunista Sardegna, Sardegna in Comune con Zedda. Sempre con i Progressisti, ma fuori dalla coalizione di centrosinistra, sono presenti altre tre liste che sostengono il nome del sindaco di Cagliari: Noi, la Sardegna con Zedda; Futuro comune con Zedda; Giovani sardi con Zedda. In totale, dunque, sono nove le liste che sostengono Zedda.

Per la coalizione di centrodestra, che sostiene Christian Solinas come candidato governatore, le liste sono in totale 11: Riformatori, Unione di Centro, FI, Fdi-An, Psd’Az, Lega Salvini Sardegna, Uds-Unione dei sardi, Fortza Paris, Energie per l’Italia, Sardegna Civica, Sardegna Venti-Tunis.

Le altre liste sono singole e presenti in appoggio ad altri quattro, rispettivi, candidati: M5S (Francesco Desogus), del Partito dei Sardi (Paolo Maninchedda), Sardi liberi (Mauro Pili), Autodeterminatzione (Andrea Murgi).

Da notare che a pesare, per le sorti del candidato del Movimento 5 Stelle, oltre alla scarsa affluenza – come già sottolineano subito molti attivisti sui social – già registrata ieri alle elezioni suppletive di Cagliari, ci sono anche le accuse sulla scarsa trasparenza attorno alle candidature pentastellate, nonché lo spaesamento dopo l’addio forzato della prima scelta come candidato alle regionali, l’ex sindaco di AsseminiMario Puddu, per una condanna per abuso d’ufficio cui è subentrato Desogus .

Va infine notato – sempre in merito alle candidature di casa nell’M5S che, nella scorsa tornata elettorale regionale, quella del 2014, a circa un mese dal voto, il M5S non si è presentato, per problemi sui simboli e di liti con lo staff romano. Una partecipazione incompiuta al fotofinish.

 

5. La cervellotica legge elettorale sarda e il ‘caso Murgia’.

 

Michela Murgia

Michela Murgia

 

A vincere le elezioni sarde sarà il candidato che prenderà più voti, ovviamente, ma anche se la sua coalizione dovesse raccoglierne meno di quelle del suo diretto avversario. Secondo la complessa legge statutaria elettorale, approvata nel 2013, infatti, al candidato arrivato primo va, per intero, il premio di maggioranza. Può perciò accadere che, a causa del voto disgiunto, presente e di solito molto usato, un leader raccolga più preferenze delle liste a lui collegate. E così, anche se ha ottenuto meno voti degli avversari, a queste andrà comunque la maggior parte dei seggi grazie al premio di lista assegnato al candidato presidente di quell’insieme di liste.

E proprio così sono andare le cose già nel 2014 quando le liste di centrodestra totalizzarono il 43,89% e quelle di centrosinistra, tutte insieme, il 42,45%. I rispettivi candidati, invece, ottennero un risultato opposto: il presidente uscente, Ugo Cappellacci (FI), concluse la corsa elettorale con il 39,65%, Francesco Pigliaru (Pd) con il 42,45%. Finì che al centrosinistra vennero assegnati 36 seggi sui 60 disponibili e, dunque, fu Pigliaru a diventare governatore. Le soglie di sbarramento sono un altro elemento da tener presente, all’interno della legge elettorale sarda: per accedere al ‘parlamento dei sardi’ le coalizioni devono superare il 10 % dei voti e le liste singole il 5% dei voti. 

 

Mauro Pili

Mauro Pili, ex governatore della Sardegna

 

La ricorda bene, questa soglia, l’esperienza della scrittrice Michela Murgia che, nonostante le quasi 76 mila preferenze raccolte sempre alle elezioni del 2014, in cui si presentò come candidata presidente per una coalizione indipendentista, rimase fuori dal Consiglio regionale. La sua candidatura ottenne il 10,30% delle preferenze, ma le tre formazioni collegate al suo nome preso solo il 6,77% dei consensi. Discorso analogo per Mauro Pili, ex governatore della Sardegna per il centrodestra ed ex parlamentare di FI: lui superò il 5%, ma la sua coalizione no e non ottenne seggi.

Cinque anni dopo Pili ci riprova con la coalizione “Sardi liberi”, risultato dell’accordo fra la sua formazione, Unidos, e “ProgRes” (che nel 2014 sostenne Michela Murgia) e con un gruppo di fuoriusciti del Psd’az, oggi alleato della Lega che non ha accettato la svolta ‘a destra’ dei sardisti.

Un quadro politico, come si vede, molto frammentato e ricco di partitini e mini-coalizioni localistiche, praticamente tutte ‘sardiste’ che non aiutano alla semplificazione e che potrebbero incidere sul risultato finale. Come non aiuta, appunto, una legge elettorale così complicata e cervellotica che può riservare, proprio a cauda del gioco del rapporto tra candidato-governatore e coalizioni che lo sostengono, ‘sorprese’ dell’ultima ora, sempre che ci sia o meno un vero fotofinish.

 


NB: Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2019 sul sito di notizie spraynews.it