Furto con destrezza. La riforma Fraccaro riduce i parlamentari ma uccide la rappresentanza

Furto con destrezza. La riforma Fraccaro riduce i parlamentari ma uccide la rappresentanza

11 Luglio 2019 1 Di Ettore Maria Colombo

La riforma Fraccaro è una truffa, ma pochi se ne sono accorti

 

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Il ministro alle Riforme Istituzionali, Riccardo Fraccaro (M5S)

 

Ridurre, in questo modo, il numero dei parlamentari distrugge la rappresentanza democratica. Siamo alla follia. Il combinato disposto del taglio del numero dei parlamentari (da 630 a 400 alla Camera, da 320 a 200 al Senato, totale: meno 350 scranni, cadreghe, poltrone, etc., questo nella retorica ‘anti-Casta’ dei 5Stelle, cui incredibilmente si è accodata la Lega, ndr.) e del Rosatellum (la legge elettorale in vigore, ndr.) produrrà un effetto distorsivo nella rappresentanza, con soglie di sbarramento che passeranno, dal formale 3%, anche al 10%-20% e oltre a causa dei collegi elettorali che, soprattutto al Senato, diventano enormi e ingestibili tanto da svilire la rappresentanza.

 

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Federico Fornaro

 

In pratica, specie al Senato, partiti oggi quotati alll’8-10% rischiano di non eleggere nessuno perché la soglia di sbarramento implicita diventa altissima, circa il 10%, con punte fino al 20%”, è la denuncia del deputato di LeU, Federico Fornaro. Terrorismo psicologico per impedire che la riforma passi? No, dati e numeri reali, tabelle e simulazioni alla mano che ci ha gentilmente fornito lo stesso Fornaro e che potete consultare, regione per regione, in fondo a questo articolo. Insomma, partiti importanti come Fratelli d’Italia – che ha inspiegabilmente detto di ‘sì’ alla riforma Fraccaro – o come Forza Italia – che, dopo aver detto di ‘sì’, ha avuto un ‘ravvedimento operoso‘ e voterà ‘no’ -rischiano, banalmente, di essere cancellati dalla rappresentanza politica e democratica, soprattutto al Senato della Repubblica. I 5Stelle, che la riforma la propongono, con le percentuali attuali date dai sondaggi (stanno molto sotto il 20%, intorno al 17-18%) ne verrebbero, comunque, ridimensionati e solo la Lega di Salvini, godendo di percentuali che vanno oltre il 35%, ne uscirebbe salva e forte. Per tacere, ovviamente, di partiti o cartelli elettorali come LeU o +Europa: sarebbero spazzati via. 

 

Gli effetti perversi del Rosatellum e la ‘profezia’ di Verdini

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Il sistema elettorale Rosatellum “for dummies”

 

Qualche esempio? Prendiamo il Senato della Repubblica e ricordiamo che – particolare da tenere sempre bene a mente – il Rosatellum è un mix (imperfetto) di collegi plurinominali, dove si vota con un sistema perfettamente proporzionale e una soglia di sbarramento fissata, per legge, al 3% dei voti, e di collegi uninominali che seguono la logica classica del sistema maggioritario (“il primo prende tutto”, secondo il vecchio adagio del sistema elettorale inglese, the first past all).

 

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L’ex senatore e fondatore di Ala Denis Verdini

 

Un mix fissato, nel Rosatellum, al 63% per la parte proporzionale e al 36% per la parte maggioritaria ‘secca’. Come spiegava a Berlusconi prima e a Salvini poi, un altro mago dei numeri, Denis Verdini (il ‘Celso Ghini’ si’, ma della destra italiana), e come sa bene ancora oggi (sempre lui, Verdini), “chi si aggiudica, se non tutti, i tre quarti dei collegi uninominali maggioritari, ha vinto le elezioni. I 5Stelle, alle ultime Politiche, non hanno preso la maggioranza assoluta, con il 33% dei voti, per un soffio, altrimenti avrebbero potuto, volendo, anche governare da soli”, spiegava ai suoi Verdini.

 

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Il logo storico del Carroccio

 

“La Lega di Salvini, con i sondaggi attuali (oscilla intorno al 36-38% dei voti, ndr.) potrebbe andare alle elezioni da sola e vincerle, ottenendo la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento, senza neppure doversi alleare con Forza Italia e Fratelli d’Italia, cosa che potrebbe fare, volendo, dopo, in Parlamento, arrivando, di fatto, a una maggioranza di due terzi dei seggi con cui si eleggerebbe comodamente il prossimo presidente della Repubblica e potrebbe fare le riforme istituzionali”. Questo il ragionamento ‘politico’ di Verdini, ma scendiamo ora nei dettagli più tecnici-elettorali. 

Come cambierebbe lo scenario politico con ‘il taglio netto’

Meno poltrone, più democrazia!” urlano i 5Stelle

Meno poltrone, più democrazia!” urlano i 5Stelle

 

Una drastica riduzione del numero dei parlamentari (-230 alla Camera e -115 al Senato, fatti salvi i senatori a vita) avrebbe – e avrà di certo – conseguenze devastanti, sulla rappresentanza politica dei vari partiti e sulla stessa concezione basilare della democrazia rappresentativa. “Meno poltrone, più democrazia!” urlano i 5Stelle. Vero? No, affatto. Meno poltrone, meno democrazia.

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La facciata principale di Palazzo Madama, a Roma, sede del Senato

 

Infatti, oltre alla soglia ‘esplicita’ di sbarramento (il 3% nel Rosatellum), con la riforma Fraccaro, e quindi riducendo di molto il numero dei parlamentari, scatta una soglia di sbarramento ‘implicita’ legata al fatto, semplice e banale ma devastante, per la rappresentanza, che il numero dei deputati e, soprattutto, dei senatori da eleggere diminuisce drasticamente.

Un dato palese soprattutto al Senato, dove la maggioranza delle regioni italiane, tranne quelle popolose (Lazio, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Sicilia, Piemonte), non potrà eleggere più di 4 senatori, nei collegi proporzionali, e un numero molto basso (tre), fissato per legge, nei collegi uninominali. Insomma, non solo per le liste ‘minori’ (dal 3% al 5% dei voti, che dovrebbero avere il diritto, in base alla soglia di sbarramento prevista oggi, di eleggere), ma anche per le liste ‘maggiori’ (tra l’8% e il 10%, fino al 20%) sarà praticamente impossibile ottenere eletti, al Senato.

Qualche esempio. Nei collegi plurinominali del Senato, quelli che si eleggono con il sistema proporzionale, in Piemonte come in Veneto, la soglia sbarramento implicita sarebbe dell’11,1%, in Friuli del 25%, in Liguria del 33,3%, in Toscana del 14,3%, in Umbria del 25%, nelle Marche del 33%, in Basilicata e Calabria del 25%, in Abruzzo e Sardegna del 33%. Solo in Lombardia (5,3%) la soglia implicita si abbasserebbe drasticamente, ma anche in regioni grandi e popolose farebbe male (Lazio al 9,9%, Emilia all’11%, Campania al 9,9%, Puglia al 12,5%, Sicilia al 10%) rendendo praticamente impossibile, stando agli attuali sondaggi, far ottenere eletti a partiti come FI e FdI.

Nei collegi uninominali, il cui numero viene invece abbattuto con l’accetta, tranne sempre che nelle regioni più popolose, dato che vige, appunto, il principio del ‘primo prende tutto’, solo partiti che possono contare percentuali dal 20% in su otterrebbero eletti, sempre parlando del Senato.

Ne consegue che, tranne un piccolo “diritto di tribuna”, nelle regioni più grandi, FI, FdI e, in parte, persino Pd e M5S in molte regioni italiane sarebbero letteralmente spazzati via e i piccoli uguale. 

 

La solitaria denuncia di Fornaro (LeU), il ‘mago’ dei numeri

 

Federico Fornaro, deputato e capogruppo di LeU alla Camera

Federico Fornaro, deputato e capogruppo di LeU alla Camera

 

I numeri di queste simulazioni ce li ha forniti, appunto, Federico Fornaro, deputato e capogruppo di LeU alla Camera, che è un ‘mago’ di sistemi elettorali e politici. Uno che, per capirsi, persino la Lega invidia, tanto che il capogruppo leghista, Riccardo Molinari, una volta gli disse “quando vuoi venire con noi, diccelo, abbiamo bisogno di gente preparata come te, nel nostro partito…”. La sua opinione è, di certo, di parte, ma suffragata, sempre, da dati e tabelle che porta con sé e che ci ha fornito.

 

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Stefano Ceccanti, deputato e costituzionalista del Pd

 

Come lui, in Parlamento, ce ne sono solo altri due, di esperti di sistemi elettorali e politici: il deputato renziano del Pd, Stefano Ceccanti, costituzionalista di vaglia, e l’ex deputato del Pdl-FI Peppino Calderisi. Fornaro, che viene anche chiamato il “Celso Ghini della sinistra” (Ghini era il mago dei sistemi elettorali nel Pd e, insieme a Stefano Draghi, sfornava dati e proiezioni, al ‘Botteghone’, ancora prima del Viminale…), dunque, sa di cosa parla. La riforma Fraccaro che taglia, ex abrupto, il numero dei parlamentari e che, in questi giorni, è al vaglio del Senato, che la voterà entro oggi per la seconda, definitiva, lettura, “è un aborto democratico, prima ancora che politico”.

 

L’eterogenesi dei fini: la pdl Quagliariello-D’Alema…

Quagliariello-D’Alema

Quagliariello-D’Alema

 

La cosa più ‘divertente’ (si fa per dire) di tutte è che i pentastellati ‘non’ si rendono conto che la loro riforma è una ‘vittoria di Pirro’. Dati i sondaggi che oggi (non) arridono al Movimento, infatti, e che danno l’M5S molto sotto la soglia del 20% (intorno al 17-18%), sarebbero proprio loro a pagare – nelle regioni piccole come anche nelle regioni medie – maggior pegno: si troverebbero, cioè, con un numero assai basso di eletti. La parte del leone la farebbe, ovviamente, la Lega, FdI – che pure, altro mistero glorioso – voterà ‘sì’ alla riforma – verrebbe, di fatto, spazzata via e FI rischierebbe, di fatto, l’estinzione, tranne un piccolo diritto di tribuna da prendere – sempre che riesca a risalire dall’8% al 10% o anche sopra – nelle regioni più grandi. Il Pd, invece, dati i sondaggi attuali (25%), si salverebbe, ma per il rotto della cuffia, almeno nelle zone del centro Italia. Insomma, il Parlamento che ne verrebbe fuori sarebbe un Parlamento a larghissime chiazze tutte colorate di verde, qualche isola rossa e qualche altra isola gialla, specie nel Sud Italia, con azzurri e neri cancellati, per tacere dei partiti piccoli, cui la gara nemmeno conviene farla perché saprebbero già, in anticipo, di perderla.

 

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Il vicepremier e titolare del ministero degli Interni, Matteo Salvini

 

Questi dati, però, riguardano solo il Senato, perché alla Camera sarebbe un po’ meglio, in favore dei partiti medi e pure piccoli, ma in ogni caso non più di tanto. I 5Stelle vogliono fare questa fine? Contenti loro, per carità, contenti tutti, ma stanno per consegnare il Paese ‘dritto per dritto’ nelle mani di Salvini, quando, prima o poi, si tornerà a votare, magari nel 2020 o, forse, persino prima.

Ma perché, è il domandone che molti si fanno, i 5Stelle hanno sposato una causa che li condanna, sostanzialmente, alla sconfitta? Perché, per non saper né leggere né scrivere, hanno ‘copiato’ letteralmente – e hanno anche avuto l’impudicizia di dirlo – il progetto di legge, a prima firma Quagliariello (Gaetano, allora senatore Ncd-Ap) e sostenuto da D’Alema (allora non eletto) che questi due ‘scienziati’ della Politica presentarono, nel 2015, per cercare di controbattere e di contrapporsi alla riforma costituzionale di Renzi-Boschi, pigiando sul tasto della lotta alla Casta. 

 

chi di spada

Chi di spada ferisce, di spada perisce è la traduzione della frase latina Qui gladio ferit, gladio perit, che a sua volta deriva dal Vangelo di Matteo (26,52)

Sostenevano, all’epoca – Quagliariello e D’Alema – che ‘quel’ progetto di riforma istituzionale andava bocciato, come poi realmente avvenne nelle urne, e pensarono bene, per correre dietro alla retorica ‘anti-Casta’, di proporre il taglio drastico del numero dei parlamentari. “Abbiamo copiato, di sana pianta, la pdl di Quagliariello” ha confessato  Fraccaro a un senatore di sinistra, durante i lavori al Senato. “Bravi, complimenti!”, è stata la risposta del senatore, “vi siete fregati con le vostre mani!”. Insomma, chi di spada ferisce, di spada perisce, dice il proverbio.

Cosa prendeva la ‘riforma’ Quagliariello-D’Alema (fonte: Agi.it)

 

Riduzione del numero dei parlamentari, elezione diretta dei senatori e istituzione di una Commissione di Conciliazione tra Camera e Senato, sul modello americano. Questi erano i ‘capisaldi’ della proposta elaborata da Massimo D’Alema e Gaetano Quagliariello, e presentata nell’ambito dell’iniziativa ‘Perché No‘, promossa dalle fondazioni Italianieuropei e Magna Carta con l’obiettivo di mettere in campo una proposta alternativa al ddl Boschi, qualora avessero dovuto vincere i No al referendum costituzionale del 4 dicembre, come poi è realmente avvenuto. La proposta si articolava in due interventi normativi: il primo, un ddl costituzionale con il quale si riduce il numero dei parlamentari dagli attuali 945 a 600 e si riafferma l’elezione diretta e a suffragio universale del Senato. Il secondo una proposta di legge per l’istituzione di una Commissione paritetica di Conciliazione con l’obiettivo di dirimere eventuali ‘contrasti’ tra Camera e Senato sulle modifiche da apportare ai testi dei provvedimenti.

– CAMERA DEI DEPUTATI: è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di 400 (attualmente sono 630), 8 dei quali vengono eletti nella circoscrizione Estero. Sono eleggibili tutti gli elettori che hanno compiuto il giorno delle elezioni i 25 anni di età. La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione per 392 e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

– IL SENATO DELLA REPUBBLICA: è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi è di 200 (attualmente sono 315), 4 dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a 5, il Molise ne ha 2 e 1 la Valle d’Aosta. La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi della circoscrizione Estero, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Sono eleggibili gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno di età.

– COMMISSIONE PARITETICA DI CONCILIAZIONE: l’organismo, che si basa sul modello americano (conference committee), ha l’obiettivo di ‘conciliare’ le eventuali ‘controversie’ tra Camera e Senato. Entra in funzione qualora il ramo del Parlamento che esamina per secondo una proposta di legge apporti delle modifiche al testo licenziato dal primo ramo. In concreto, una proposta di legge presentata e calendarizzata in uno dei due rami, ad esempio la Camera, seguirebbe il suo normale iter in sede referente, passando prima in commissione e poi in Aula, per poi andare all’esame del Senato, che completerebbe a sua volta l’esame del testo del provvedimento. In caso di modifiche al testo da parte del Senato, automaticamente il testo della proposta di legge verrebbe esaminato dalla Commissione paritetica di Conciliazione che ‘negozierebbe’ sui soli punti di disaccordo tra i due rami del Parlamento e licenzierebbe il testo definitivo del provvedimento. (fonte: AGI). 

Come si vede, Fraccaro ha ‘copiato’, in modo pedissequo, la riforma di Quagliariello (e di D’Alema), che continua a sostenere la bontà della sua Pdl perché, bontà sua, “bisogna adeguarsi ai tempi”. 

 

Le riforme istituzionali? “Che barba, che noia…”

 

vianello mondaini

Che barba, che noia…! Sandra e Raimondo nella popolare sitcom Casa Vianello

 

Ma – potrebbe dire uno dei nostri ’25 lettori’ – ‘che barba, che noia’. Le riforme istituzionali sono, da sempre, materia indigesta. E così, pur consapevoli che, nel 2015, causa referendum istituzionale voluto allora dal governo Renzi e dal Pd (perso, da entrambi, e sonoramente), il Paese subì un’orgia indigesta di discussione su ‘come’ doveva essere differenziato il Senato della Repubblica dalla Camera dei Deputati, se bisognava o meno abolire il Cnel e le Province, – etc. etc. etc. – la verità è che le riforme istituzionali, specie se correlate, come lo sono sempre, alla legge elettorale, cambiano il volto e la geografia politica di ogni Paese democratico in cui vengono adottate. Insomma, come direbbe ogni buon giurista di diritto costituzionale, “la forma diventa sostanza”.

 

“Doppia lettura”. L’iter complesso ma obbligato della riforma

 

Riccardo Fraccaro

Riccardo Fraccaro

 

Volendo seguire la retorica dei 5Stelle e del ministro proponente le riforme istituzionali, Riccardo Fraccaro, il Paese dovrebbe esultare, trovandosi davanti un taglio secco di parlamentari (da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato, compresi gli eletti all’Estero, da 18 a 12): in totale, esultano i 5Stelle, “345 poltrone in meno”, rispetto alle attuali 945 e “un risparmio” di “500 milioni”.

Il disegno di legge costituzionale che dispone il taglio del numero dei parlamentari è stato approvato in prima lettura dal Senato (7 febbraio 2019) e dalla Camera (9 maggio 2019): manca l’approvazione in seconda lettura. Palazzo Madama inizierà le sue votazioni l’11 luglio e, se approvasse il testo senza modifiche, mancherebbe solo l’ultimo passaggio a Montecitorio, previsto ai primi di settembre. Il progetto di riforma prevede la riduzione del numero dei senatori da 315 a 200 e quella del numero di deputati da 630 a 400. Il totale dei parlamentari eletti – senza quindi contare i senatori a vita – scenderebbe così da 945 a 600. Ma è un pacchetto davvero complesso.

 

fraccaro m5s

Fraccaro e la riforma

 

Infatti, è una riforma, quella Fraccaro, che, toccando e cambiando diversi articoli della Costituzione, deve seguire un iter ‘speciale’, quello di tutte le riforme costituzionali. La procedura (cioè, appunto, la Costituzione) prevede, infatti, che ogni riforma istituzionale debba esaminata in ‘doppia lettura’: le Camere deliberano una prima volta (cosa che hanno già fatto: il Senato il 7 febbraio, la Camera il 10 maggio), dopo si fermano per ‘riflettere’ e, dopo tre mesi, esaminano nuovamente il testo.

Devono trascorrere necessariamente tre mesi, dalla prima lettura del Senato come della Camera, perché così prevede l’articolo 138 della Costituzione. Le Camere però, nella seconda lettura, quella definitiva, non possono modificare il testo della riforma, ma solo approvarla o respingerla. Si tratta, dunque, di un ‘prendere o lasciare’. Ove non vengano raggiunti i due terzi dei voti (il che così sarà) è possibile adire a referendum costituzionale. Ma quale partito sarebbe così ‘matto’ da indire un referendum di fronte a una propaganda, quella grillina, che griderebbe “volete mantenere la Casta‼!” chiedendo agli italiani “volete voi, invece, tenerla in piedi?”. Nessuno si sognerebbe mai di farlo.

Il ‘pacchetto Fraccaro’: due ‘fregature’ in un colpo solo…

 

LA RIFORMA DELL'ARTICOLO 71 DELLA COSTITUZIONE

LA RIFORMA DELL’ARTICOLO 71 DELLA COSTITUZIONE

Inoltre, oltre al ‘radicale’ taglio del numero dei parlamentari, al Senato arriverà a breve, sempre in seconda lettura, la riforma dell’articolo 71 della Costituzione:  prevede che una proposta di legge di iniziativa popolare, presentata da almeno cinquecentomila cittadini, debba essere approvata dalle Camere entro diciotto mesi dalla sua presentazione. Pacchetto di riforma, questo, su cui il Pd, a differenza che sul taglio dei parlamentari, non si è opposto, ma astenuto, perché  “sono state accolte le nostre richieste” spiegava, ai tempi, Ceccanti, relatore anche di una pdl, già incardinata, che abbassa l’età dell’elettorato passivo del Senato per equipararla a quella della Camera (18 anni). 

 

Stefano Ceccanti

Stefano Ceccanti

Altrimenti, ove cioè la proposta di legge popolare non venga esaminata dalle Camere, su di essa viene indetto un referendum che però avrà un quorum ‘approvativo’ molto basso (del 25%), a differenza del referendum abrogativo, il cui quorum è fissato al 51%. In pratica, sarebbe possibile, da parte dei cittadini, spingere o addirittura ottenere che alcune leggi – quelle sulle quali sono state raccolte le 500 mila firme – vengano approvate bypassando le Camere.

Riforme radicali, appunto, di cui si parla poco, o quasi per nulla, ma che svuoterebbero, di fatto, il potere del Parlamento e i principi della democrazia rappresentativa

Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo

Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo

Il ‘combinato disposto’ delle due riforme Fraccaro corrisponde a quel principio della “democrazia diretta” che è un obiettivo primario, per i 5 Stelle, entrati in Parlamento, come si ricorderà, già nella passata legislatura, per “aprirlo come una scatoletta di tonno” e poi, magari, buttare via, con la scatoletta, la democrazia rappresentativa. Infatti, il superamento del Parlamento è un tema che affiora spesso nei progetti di Casaleggio jr, tutore dell’azione politica grillina, come già lo era del padre, Gianroberto Casaleggio come ovviamente del Fondatore Beppe Grillo.

 

L odio

La Haine

Fin qui, si potrebbe dire, come nel famoso film francese, La Haine (L’odio), in cui un ragazzo cadeva da un grattacielo, “tutto bene” perché “l’importante non è la caduta, ma l’atterraggio”. Già, il problema è quello: “l’atterraggio”, l’effetto,cioè, della riforma Fraccaro sulla legge elettorale.

 

Un report esplicativo, quello della Camera dei Deputati

 

Federico Fornaro

Federico Fornaro

 

Infatti, si potrebbe obiettare, “Ma Fornaro è di parte‼!”. Prendiamo allora quanto dice, molto chiaramente, ma con linguaggio forbito e con qualche tecnicismo, la Camera. “La proposta – spiega un report dell’ufficio studi della Camera dei Deputati – “dispone una riduzione pari al 36,5% del numero dei parlamentari, passando dagli attuali 945 a 600. Più precisamente, il numero dei deputatipassa da 630 a 400, compresi i deputati eletti nella circoscrizione Estero, ridotti da dodici a otto. Il numero dei senatori elettivi è ridotto da 315 a 200, compresi i senatori eletti nella circoscrizione Estero, che passano da sei a quattro”.

“Il testo – continua il report della Camera – interviene anche sulla previsione costituzionale dell’art. 57, terzo comma della Costituzione che individua un numero minimo di senatori per ogni Regione. Rispetto al testo vigente, si stabilisce che è pari a tre il numero minimo di senatori elettivi per ciascuna regione o provincia autonoma. Resta immutata la rappresentanza senatoriale del Molise (due senatori) e della Valle d’Aosta (un senatore) prevista dal vigente articolo 57, terzo comma, della Costituzione”.

“La riduzione del numero dei parlamentari – continua il report della Camera– trova applicazione a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e, in ogni caso, non prima che siano trascorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore”. Un motivo, detto tra le righe, per proseguire la legislatura: nessun tacchino, infatti, vuole mai festeggiare il Natale e, quindi, i parlamentari attuali (945) non hanno alcuna voglia di ‘andare a casa’ perché, in Parlamento, dato il taglio che imporrebbe la riforma, tornerebbero in pochi e ‘sforbiciati’.

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L’aula (vuota) di palazzo Montecitorio

 

“Parallelamente – conclude il report – il Parlamento ha approvato in via definitiva un progetto di legge (A.C. 1616) di modifica della normativa elettorale al fine, come evidenziato nel corso del dibattito parlamentare, di ‘rendere neutra’, rispetto al numero dei parlamentari fissato in Costituzione, la normativa elettorale per le Camere. In tal modo eventuali modifiche del numero dei deputati e dei senatori, stabilito agli articoli 56 e 57 della Costituzione, non richiederanno specifici interventi di armonizzazione della normativa elettorale che diversamente sarebbero necessari a evitare problemi di funzionamento del sistema”.

Morale: il Rosatellum c’è, non si tocca e, tra le altre cose, è immediatamente applicabile. Solo che, appunto, appena sopra abbiamo visto ‘come’ si applica alla riforma, in un modo così chirurgico e deformante che uccide la rappresentanza e la democrazia.

 

Il ministro Fraccaro esulta di gioia: “Riforma epocale”

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Il ministro alle Riforme Riccardo Fraccaro (M5S)

“Domani, giovedì 11 luglio, il Senato voterà sul taglio del numero dei parlamentari e poi passerà a Montecitorio per l’approvazione definitiva. È una riforma epocale che renderà più efficienti le Camere e farà risparmiare ai cittadini 500 milioni di euro a legislatura: per questo la maggioranza andrà avanti compatta” scrive sul blog del M5S il ministro ai Rapporti con il Parlamento, Fraccaro.

“Spiace – aggiunge il ministro – che le opposizioni, Pd e Forza Italia, perdano l’ennesima occasione per essere coerenti visto che si sono sempre dette a favore del taglio. Noi manteniamo gli impegni con gli italiani”. Con questa riforma, per Fraccaro, il “Parlamento lavorerà con maggiore agilità ed efficienza”, “l’Italia non sarà più il Paese con il più alto numero di rappresentati direttamente eletti d’Europa e si darà una decisa sforbiciata ai costi della politica”. “Governo e maggioranzasi presenteranno compatti a questo vero e proprio appuntamento con la storia” (bum), sostiene Fraccaro, concludendo che “è da trent’anni che i partiti dicono di voler tagliare il numero dei parlamentari. Ora noi passiamo ai fatti perché per noi gli interessi dei cittadini vengono prima delle poltrone”.

 

Il Parlamento italiano è davvero il ‘più affollato’ d’Europa?

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L’ex ministro alle Riforme Maria Elena Boschi

 

Il Parlamento italiano è davvero è il più “affollato d’Europa”.? Sì, su questo, Fraccaro ha ragione…. In effetti, l’Italia è il Paese con il più alto numero di rappresentanti direttamente eletti della Ue. Già Maria Elena Boschi (Pd), quando era ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento, aveva affermato che quello italiano era “il Parlamento più numeroso dell’Occidente”. Ma, a differenza di Fraccaro, l’ex ministro non prendeva come ambito di confronto la sola Europa, ma tutto l’Occidente, ma non distingueva tra parlamentari eletti direttamente e non.

House of Lords

House of Lords

Eppure, è quest’ultima questione quella che fa la differenza. A una verifica delle parole dell’ex ministro Boschi, si vede, infatti, come l’Italia si piazzi seconda, e non prima, con 950 parlamentari tra senatori(315 eletti e un minimo di 5 senatori a vita, minimo perché il numero è variabile: anche gli ex presidenti della Repubblica sono, di diritto, senatori a vita) e deputati (630). Il primo posto spetta, invece, al Regno Unito, che ha 650 deputati nella Camera bassa e ben 791 rappresentanti nella Camera alta, la House of Lords: in totale, si tratta di ben 1.441 parlamentari (sic).

Bundestag Berlino

Il Bundestag

Ma i membri della House of Lords non sono “direttamente eletti” dal popolo, ma nominati dalla Regina al termine di una complessa procedura. Tutti gli altri Stati europei, anche considerando i parlamentari non eletti direttamente, si piazzano, invece, già ora alle spalle dell’Italia. L’Italia si colloca, dunque, oggi, come la prima in classifica: davanti alla Germania (che elegge direttamente i 709 membri del Bundestag e indirettamente i 69 membri del Bundesrat), al Regno Unito (che elegge direttamente i 650 membri della House of Commons e indirettamente i 791 della House of Lords), alla Francia (che elegge direttamente i 577 membri dell’Assemblea Nazionale e indirettamente i 348 membri del Senato della Repubblica) e alla Spagna (che elegge direttamente i 350 deputati e 208 dei 266 senatori).

Se la riforma Fraccaro verrà approvata, dunque, l’Italia non si troverebbe più in vetta alla classifica, anzi. Con 400 deputati e 200 senatori, Roma arriverebbe alle spalle di Berlino e Londra, e di poco davanti a Parigi e Madrid.

riforma fraccaro parlamento

L’Italia, oggi il Paese in Europa con il maggior numero di rappresentanti eletti in Parlamento

In conclusione, però, almeno su questo, Fraccaro ha ragione: l’Italia, oggi il Paese in Europa con il maggior numero di rappresentanti eletti in Parlamento, se venisse approvata la riforma costituzionale che ne riduce il numero a 600, perderebbe il primato. Se non contiamo i rappresentanti non eletti direttamente dal popolo (come i senatori a vita in Italia, i membri della House of Lords nel Regno Unito, quelli del Bundesrat in Germania, i senatori francesi e parte di quelli spagnoli), l’Italia è prima in questa classifica. Se la riforma che prevede la riduzione del numero di parlamentari a 600 verrà approvata, Roma passerebbe dal primo al terzo posto.

Una considerazione politica e diverse tabelle esplicative 

 

Evviva?! No, come abbiamo visto, e neppure per sogno… La riforma Fraccaro ‘uccide’ la democrazia e la rappresentanza, distrugge e impedisce di ottenere eletti a partiti anche del 10-20%, almeno al Senato, distorce in modo devastante il rapporto tra eletti ed elettori, etc. etc.. Insomma, un disastro.

 

Ma ecco alcune tabelle per inquadrare meglio il problema

 

APPENDICE.

 

  • ‘Tabelle’ del deputato Federico Fornaro (Mdp) sul Nuovo Senato della Repubblica (200 eletti):

 

  1. Eletti nei collegi plurinominali:

(Numero degli eletti – soglia di sbarramento effettiva)

 

Piemonte: 9 – (soglia sbarramento implicita) 11,1%

Lombardia 19 – 5,3%

Trentino 1 – 1

Veneto 9 – 11,1%

Friuli 4 – 25%

Liguria 3 – 33,3%

Emilia 9 – 11,1%

Toscana 7 – 14,3%

Umbria 4 – 25%

Marche 3 – 33,3%

Lazio: 11 – 9,9%

Abruzzo: 3 – 33,3%

Molise: zero – zero

Campania: 11 – 9,9%

Puglia: 8 – 12,5%

Basilicata: 4 – 25%

Calabria: 4 – 25%

Sicilia: 10 – 10%

Sardegna: 3 – 33,3%

 

Totale: 122 collegi plurinominali più 4 eletti estero

 

  • Eletti nei collegi uninominali

 

Piemonte: 5

Valle d’Aosta: 1

Lombardia: 11

Trentino-Alto Adige: 4

Veneto: 6

Friuli: 1

Liguria: 2

Emilia-Romagna: 5

Toscana: 4

Umbria: 1

Marche: 2

Lazio: 6

Abruzzo: 2

Molise: 1

Campania: 7

Puglia: 5

Basilicata: 1

Calabria: 2

Sicilia: 6

Sardegna: 2

 

Totale eletti nei collegi uninominali maggioritari: 77

(fonte: Federico Fornaro, deputato di LeU, elaborazione personale)

 

  • Le tabelle dell’ufficio studi della Camera stilate sulla base del rapporto popolazione/aventi diritto:

 

  1. Nuova composizione della Camera dei Deputati (numero attuale/ numero futuro/ variazione %):

 

Piemonte: Piemonte 1: 23 – 15 (-34,8%). Piemonte 2: 22 – 14 (-36,4%).

Lombardia: Lombardia 1: 40 – 25 (-37,5%). Lombardia 2: 22 – 14 (-36,4%). Lombardia 3: 23 – 14 (-39,1%). Lombardia 4: 17 – 11 (-35,3%).

Veneto: Veneto 1: 20 – 13 (-35,0%). Veneto 2: 30 – 19 (-36,7%).

Friuli Venezia-Giulia: 13 – 8 (-38,5%).

Liguria: 16 – 10 (-37,5%).

Emilia-Romagna: 45 – 29 (-35,6%).

Toscana: 38 – 24 (-36,8%).

Umbria: 9 – 6 (-33,3%).

Marche: 16 – 10 (-37,5%).

Lazio 1: 38 – 24 (-36,8%) – Lazio 2: 20 – 12 (-40,0%)

Abruzzo:14 – 9 (-35,7%).

Molise: 3 – 2 (-33,3%).

Campania: Campania 1: 32 – 20 (-37,5%). Campania 2: 28 – 18 (-35,7%).

Puglia: 42 – 27 (-35,7%).

Basilicata: 6 – 4 (-33,3%).

Calabria: 20 – 13 (-35,0%).

Sicilia: Sicilia 1: 25 – 15 (-40,0%). Sicilia 2: 27 – 17 (-37,0%).

Sardegna: 17 – 11 (-35,3%).

Valle d’Aosta:1- 1 (0,0%).

Trentino-AA: 11 – 7 (-36,4%).

Estero:12 – 8 (-33,3%).

Totale Camera dei Deputati Italia: 630 – 400 (-36,5%).

  • Nuova composizione del Senato della Repubblica

(numero attuale/ numero futuro/ variazione %):

 

Piemonte: 22 – 14 (-36,4%).

Valle d’Aosta: 1 – 1 (0,0%).

Lombardia:49 – 31 (-36,7%).

Trentino-AA: 7 – 3+3 (-14,3%).

Veneto: 24 – 16 (-33,3%).

Friuli Venezia-Giulia: 7 – 4 (-42,9%).

Liguria: 8 – 5 (-37,5%).

Emilia-Romagna: 22 – 14 (-36,4%).

Toscana: 18 – 12 (-33,3%).

Umbria: 7 – 3 (-57,1%).

Marche: 8 – 5 (-37,5%).

Lazio: 28 – 18 (-35,7%).

Abruzzo: 7 – 4 (-42,9%).

Molise: 2 – 2 (-0,0%).

Campania: 29 – 18 (-37,9%).

Puglia: 20 – 13 (-35,0%).

Basilicata: 7 – 3 (-57,1%).

Calabria: 10 – 6 (-40,0%).

Sicilia: 25 – 16 (-36,0%).

Sardegna: 8 – 5 (-37,5%).

Estero: 6 – 4 (-33,3%).

Totale Italia Senato: 315 – 200 (-36,5%).

(fonte: Report della Camera dei Deputati)