Salvini come Mussolini? Incontra le parti sociali al Viminale, Conte e Di Maio furibondi

Salvini come Mussolini? Incontra le parti sociali al Viminale, Conte e Di Maio furibondi

16 Luglio 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Salvini come Mussolini?

Come se non gli bastassero i guai che gli sta procurando l’affaire Russian connection, Matteo Salvini, ha deciso di ergersi – novello Mussolini che i sindacati, prima ancora di abolirli, li incontrava a palazzo Vidoni perché, per incidens, era anche ministro del Lavoro – a unico interlocutore delle parti sociali. Sindacati ‘e’ imprenditori, appunto, in un’ottica post-fascista – quella delle “categorie produttive”– che ricorda tanto la dottrina, cara al Duce (quello vero), del “corporativismo”, nata, peraltro, in seno al movimento socialista di fine Ottocento e inizi Novecento.

Mussolini e il corporativismo. L’idea dello ‘Stato etico’

Salvini come Mussolini

Salvini come Mussolini

Mussolini, infatti, meglio ricordarlo, all’inizio e a lungo fu socialista (massimalista), aveva studiato a fondo la dottrina di un acceso e fervente sindacalista socialista e massimalista francese, George Sorel: è stato lui, il corporativismo, come lo Stato etico, a inventarselo e teorizzarlo.

George Sorel

George Sorel

E se il corporativismo vuol dire che la realtà (e il ruolo) delle classi sociali vanno subordinate, sempre, al bene superiore dello Stato nazionale, in un’ottica – allora mussoliniana e totalizzante – di pace sociale e armonia tra le classi che ha il compito di regolare e superare il conflitto sociale (e chi se ne frega delle libertà), quale effetto fanno, oggi, queste definizioni, in tempi di sovranisti e populisti?

 

“Quota 90” e Russia ‘amica’. I corsi e i ricorsi storici…

Salvini come Mussolini?

Salvini come Mussolini?

Un cattivo effetto, in effetti. Sindacati e imprenditori dovrebbero diffidarne di default ,ma viviamo i tempi che viviamo e, quindi, anche da sindacati un tempo battaglieri e imprenditori un tempo critici verso la politica di Palazzo, evidentemente non ci si può aspettare un granché. Anzi, sembrano belli che pronti ad omaggiare il Duce di turno, cioè Salvini, uno che l’idea di Stato etico ce l’ha eccome.

Il Duce ovvero Benito Mussolini

Il Duce ovvero Benito Mussolini

E poco importa che il Duce, quello vero, i sindacati li abolì per creare delle ‘corporazioni’ di mestieri perché, appunto, solo così si sarebbero meglio difesi gli interessi di ‘tutti’. Con il patto di palazzo Vidonidel 1925 e la legge Rocco del 1926 venne completata la ‘fascistizzazione’ dell’Italia.

La AM-Lira

La AM-Lira

Riduzione dei salari e misure deflattive furono il cuore e la chiave della politica economica del fascismo, il quale era, come si sa, un regime ‘autarchico’, cioè sovranista ante litteram: Mussolini impose il cambio fisso della lira (“quota 90”), rapporti con chi conveniva, pur di sfruttarne i commerci (l’Italia del Duce fu la prima a riconoscere l’Urss di Lenin, quando si dicono i corsi e i ricorsi storici…), la “battaglia del grano” e quella alle “inique sanzioni” dell’Onu dell’epoca, la Società delle Nazioni, contro il “sano diritto degli italiani ad allargare i confini” (guerra d’Etiopia, 1936, guerra d’Albania, 1939, e di Libia, anni Venti, uno “scatolone di sabbia” dall’“importanza strategica”).

Lenin

l’Italia del Duce fu la prima a riconoscere l’Urss di Lenin

Anche qui i paragoni abbondano, anzi: fanno proprio paura. Ci sarebbe anche da dire del fatto che, dal 1929 al 1943, la Camera dei Deputati venne sprangata e, al suo posto, arrivò appunto, la Camera dei fasci e della Corporazioni, ma qui si entra in un discorso scivoloso: nessuno ha intenzione di dire che Salvini non sia un leader meno che ‘democratico’ o che abbia pulsioni ‘fascistizzanti’.

Abbiamo solo voluto mettere insieme i fatti e ricordare che anche Mussolini ebbe il suo ‘caso Savoini’: si chiamava Del Bono e comandava la milizia fascista quando fu rapito e ucciso Matteotti. 

giuseppe conte

Giuseppe Conte

Ma torniamo all’attualità politica odierna. Il premier, Giuseppe Conte, che dell’incontro tra Salvini e le parti sociali sapeva da tempo e che non aveva fatto, tranne qualche sfogo in qualche retroscena giornalistico, neppure un plissé( come pure, del resto, il ministro ‘titolare’ del Lavoro, Di Maio), perde le staffe, pur se a scoppio ritardato, e verga una nota dura, durissima, in cui stigmatizza il ‘fattaccio’.

Fabrizio De André

Fabrizio De André

Del resto, come cantava Fabrizio De André, “la paura dà il coraggio di arrivare fino al bosco”: Salvini è, oggi, sporcato dalla Russian connection, ergo Conte fa la voce grossa. Ma meglio riannodare le fila e raccontare prima dell’incontro.

 

Una giornata di ascolto, ma convocata nel posto sbagliato…

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Salvini – in teoria solo ministro dell’Interno e vicepremier, pur se ‘anziano’, come ci tiene a sottolineare, cioè come se fosse, per ragioni anagrafiche, rispetto a Di Maio, che è vicepremier ‘junior’, più titolato del pentastellato, in ogni caso privo di alcun titolo per vedere le parti sociali incontra le parti sociali e le categorie produttive a “casa sua”.

Una giornata di ascolto, convocata al Viminale, sede assai irrituale per il confronto, tanto più perché si parla della prossima manovra economica. Quella che – scritto il Def– andrà materialmente vergata da settembre in poi, presentata in Parlamento a ottobre e approvata entro il 31 dicembre. In attesa della legge di bilancio, dunque, il leader leghista tenta, già che si trova, anche una manovra diversiva per non parlare del caso Russia che gli brucia ancora assai.

Matteo Salvini e Gianluca Savoini

Matteo Salvini e Gianluca Savoini

Mi occupo di vita reale e non di spionaggio o di fantasia, c’è un’inchiesta e attendiamo sereni la sua conclusione” diceva il giorno prima il vice-premier leghista, che si trovava a Spoleto per il concerto finale del Festival dei Due Mondi, aggiungendo che, al Viminale, “incontrerò 40 rappresentanti economici al ministero. Io penso ad occuparmi solo di tasse, lavoro, crescita e sicurezza”. Mai ‘incontro’ (e relativa polemica) fu più provvidenziale e salvifica: per un giorno, Salvini non è costretto a rispondere alle domande su Savoini, imprenditori russi, Putin, soldi…

E così, l’incontro va in scena e tutti sono belli che contenti. Tutti o quasi tutti. Salvini e Conte si rinfacciano ‘scorrettezze’ di ogni tipo, ma c’è anche da dire che i sindacati e gli imprenditori, invece di dire a Salvini “caro ministro, non è più il caso di incontrarci, stai passando troppi guai, la convocazione che ci hai fatto già era ‘irrituale’ e, con tutto quello che sta venendo fuori sui rapporti tra te, il tuo partito e la Russia di Putin, è meglio se ci vediamo un’altra volta, che ne dici?”, non hanno fatto una piega e – come le note tre scimmiette – hanno fatto finta di non aver letto un giornale o acceso la tv e si sono presentati, bel belli, all’incontro con Salvini.

 

Sindacati e imprenditori accettano l’invito del ‘russo’…

Landini, Furlan e Barbagallo

Landini, Furlan e Barbagallo

Presenti e sorridenti, al tavolo, dunque, come se tutto quello che sta accadendo, riguardo Salvini, non fosse mai esistito, le diverse sigle delle parti sociali c’erano proprio tutte. Si andava dalla Cgil del ‘rebelde’ Maurizio Landini alla Cisl della cattolica e democratica Annamaria Furlan e alla Uil di Carmelo Barbagallo (ai tempi della Prima Repubblica, la Cgil ‘rossa’ accusava la Cisl ‘bianca’ e la Uil ‘laica’ di essere, di fatto, “al soldo degli amerikani”, ma si sa: i tempi cambiano), dalla Confindustria di Vincenzo Boccia– teorico fustigatore di tutte le magagne economiche del governo, dal reddito di cittadinanza a quota cento, che ama il titolo “Fate presto!” – a Confartigianato e all’Abi, fino a Confedilizia, Legacoop, Confcooperative e all’Ania. Insomma, tutte le sigle che contano si sono sedute al desco di Salvini. Le stesse sigle che, di solito, non sono use andare al palazzo del Viminale, ma a palazzo Chigi, dove si trova l’apposito “tavolo verde” che proprio a quello serve: far incontrare le parti sociali col governo, ma per ‘governo’ s’intende il premier e il ministro del Lavoro.

Matteo_Renzi_Pd_direzione

L’ex premier ed ex leader del Pd Matteo Renzi

Ma, in tempi di dinastia gialloverde, ‘todo cambia’. Certo, è vero che Matteo Renzi, al ‘tavolo verde’, faceva prendere polvere (nel senso che non lo convocava mai) e le parti sociali si lamentavano dello stesso atteggiamento, da parte del governo gialloverde, in questo primo anno di esecutivo. E così,  i sindacati e gli imprenditori – da Landini a Boccia, ripetiamolo: leader che di solito criticano, duramente, il governo, tutti i governi – non fanno una piega e si accomodano al desco di Salvini.

 

La presenza di Siri e le proposte leghiste sulla flat tax

Armando Siri

Armando Siri

Al fianco del vicepremier, in sovrannumero, fa il suo ritorno pure Armando Siri: l’ex sottosegretario leghista alle Infrastrutture costretto alle dimissioni dopo una lunga battaglia politica perché indagato per corruzione e cacciato dal governo su input e precisa richiesta di Di Maio,che chiese e ottenne, mesi fa, la sua testa, ma che sempre quello fa, di mestiere: il ‘consigliori’ economico della Lega. Nella delegazione leghista ci sono anche Massimo Garavaglia (domani la sentenza che potrebbe vederlo condannato), Massimo Bitonci, Claudio Durigon, Alberto Bagnai, Claudio Borghi, Dario Galli e Guido Guidesi. Insomma, i vertici economici leghisti, sia che siedano al governo sia no, a piede libero e incensurati o condannati e a rischio galera, ci sono tutti e Salvini tutti se li coccola.

Massimo_Garavaglia_Lega

Massimo Garavaglia, viceministro della Lega, è indagato a Milano

“Vogliamo che la manovra economica sia molto anticipata, vogliamo definirne i punti tra luglio e agosto e vogliamo raccogliere i vostri suggerimenti” dice il vicepremier aprendo il tavolo, che sarà seguito da un secondo round entro fine mese. “E’ l’inizio di un percorso, non vogliamo sostituirci al presidente del Consiglio”, aggiunge Salvini. Peccato che, ora vedremo, Conte sia a dir poco furioso. 

flat tax

Flat Tax

Tocca proprio ad Armando Siri illustrare la proposta leghista sulla flat tax: “Il nostro obiettivo è la flat tax con un’unica deduzione fiscale che assorbirà tutte le detrazioni. Vogliamo portare al 15% l’aliquota fino a 55.000 euro di reddito familiare. Ci saranno benefici per 20 milioni di famiglie e 40 milioni di contribuenti. Ci sarà un grande impulso ai consumi e risparmi per 3.500 euro per una famiglia monoreddito con un figlio. C’è l’intenzione di portare nelle tasche degli italiani 12-13 miliardi di euro”. E poco importa che non il Pd, ma l‘M5S, dice: “Salvini ci dica dove prende i soldi”. 

Il sottosegretario al Tesoro, Massimo Bitonci

Il sottosegretario al Tesoro, Massimo Bitonci

Il sottosegretario al Tesoro, Massimo Bitonci, spiega, inoltre, che il governo lavora alla ‘fase due’ della pace fiscale per chiudere i contenziosi delle imprese con un intervento di natura forfettaria, intervento che, per Bitonci, riguarderà solo i casi di evasione fiscale, e dice anche che “far emergere 150 miliardi dalle cassette di sicurezza, l’emersione di tale contante, è un obiettivo prioritario”. 

Conte vede Siri e sbotta: “basta, la misura è colma”

Conte Siri

Conte Siri

La reazione di Conte, alla vista di Siri, è a dir poco furibonda. Il premier, già irritato perché, sui giornali, era uscita la ‘velina’ padana di un incontro tra lui e Salvini per parlare del ‘caso Russia’ e, soprattutto, perché Salvini lo ha giudicato “scorretto” (“Ma come fa a dire una cosa del genere?!”è l’osservazione tra l’irritazione e l’incredulità) per la nota di palazzo Chigi che attribuiva solo a Salvini la responsabilità della presenza di Savoini alla cena con Putin (“la nota era concordata con Salvini nei dettagli”), quando scorre le agenzie di stampa e si accorge, dalle foto diffuse dall’entourage del leader del Carroccio, che si staglia la nitida figura di Armando Siri, seduto accanto a Salvini, Conte perde le staffe: “È inaccettabile”, dice. Conte aveva già bollato l’annuncio del summit come una sgrammaticatura istituzionale, ma vedere, e in una posizione chiave, proprio l’uomo dimissionato dal suo governo perché reo di reati, rende la misura davvero colma.

Segue briefing con i suoi e la scelta di una linea durissima. “Se qualcuno pensa che non solo si raccolgono istanze da parte delle parti sociali, ma anticipa temi, dettagli di quella che ritiene dovrebbe essere la manovra economica, questo non è corretto affatto, si entra sul terreno di scorrettezze istituzionali”, tuona l’Avvocato del popolo, aggiungendo che “se è stato un incontro governativo la presenza di Siri non ci sta bene”. E così, ecco che Conte tira fuori quegli ‘attributi’ che, a lungo, gli vengono rimproverati non avere. Risponde, non a caso, con un eloquente “perché no” alla domanda se Salvini dovesse presentarsi alle Camere per riferire sul Russiagate: “Tutte le occasioni e tutte le sedi, in primis il Parlamento, sono le sedi giuste per onorare le linee guida dell’assoluta trasparenza e dell’assoluta fedeltà agli interessi nazionali che ispirano il mio governo”.

Salvini e il "Russiagate"

Salvini e il “Russiagate”

In più, dal suo staff si risponde che non c’è bisogno di nessun incontro, Conte non ha nulla da chiarire, con Salvini, perché tutto è già chiaro, non sono in agenda e nemmeno all’orizzonte vertici di governo a tre per spiegarsi: la manovra si fa tra il Tesoro e Palazzo Chigi, sulla Russia serve che la Lega faccia chiarezza. E’ una ‘linea dura’ quella del premier, più che ‘irritato’ dalle mosse di Salvini. Morale: al voto anticipato non si andrà, ma i rapporti, dentro il governo e dentro la maggioranza, sono al livello di ground zero. Sarà un’estate calda e un inverno caldissimo.

I 5Stelle snobbano l’incontro, Di Maio ci va giù duro

Armando Siri e Luigi Di Maio

Armando Siri e Luigi Di Maio

Anche fonti 5 Stelle lamentano la presenza di Siri al tavolo del Viminale dicendo che “dimostra che è un incontro politico, non di governo, scevro da ogni carattere istituzionale”, e quindi, in altre parole, non vincolante, un ‘divertissement’ salviniano, che invece ci crede moltissimo.

Ma Di Maio capisce presto che la posizione del Movimento, rispetto al reato di ‘lesa maestà’ (il titolare del dicastero del Lavoro, in teoria, è lui…), è troppo debole. E allora pure lui sbotta: “Parlino pure con Siri, parlino pure con chi gli vuole proteggere le pensioni d’oro e i privilegi. Hanno fatto una scelta di campo, la facciamo pure noi! Per quanto mi riguarda, basta recite, pensiamo a governare!”. E, sulla flat tax dice: “Se la Lega è pronta facciamola subito, anche prima di settembre. Basta che aiuti le famiglie normali e non si facciano scherzetti agli italiani”. Insomma, Di Maio prova – inutilmente – a superare ‘a destra’ Salvini, attaccando i sindacati e gli imprenditori, straparlando di ‘Casta’, ma la verità è che lo insegue sempre più in affanno.

 

I sindacati si arrabbiano, sì, ma con Di Maio…

Loghi Sindacati

I sindacati si arrabbiano

Ma la reazione più incredibile di tutte arriva dai sindacati. Molto dura, infatti, è la risposta di Cgil, Cisl e Uil: davanti a Salvini non fanno una piega, ma attaccano… Di Maio. I tre sindacati confederali, in una nota unitaria, sottolineano “di essere stati convocati oggi da Salvini insieme ad altre 40 organizzazioni di rappresentanza in vista della prossima legge di bilancio, incontro ampiamente annunciato nei giorni scorsi. Appaiono, quindi del tutto inaccettabili ed offensive, nei toni e nella sostanza, le osservazioni nei confronti dei sindacati avanzate dal vice-premier Di Maio. A lui ricordiamo che siamo stati ricevuti 15 giorni fa da Conte insieme allo stesso Di Maio e siamo ancora in attesa di ricevere la calendarizzazione degli incontri specifici, così come aveva garantito il presidente del Consiglio, per affrontare i temi contenuti nella nostra piattaforma unitaria, illustrata peraltro già tre volte al presidente del Consiglio”.

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Il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, stringe le mani del suo vicepemier, Luigi Di Maio

Insomma, da un lato i sindacati confederali si danno la zappa sui piedi da soli (Conte e Di Maio ci hanno già ricevuto, e per ben due volte…: magari volevano farsi una scampagnata al Viminale, con tanto di pranzo al sacco), dall’altra si sentono punti sul vivo se Di Maio parla di ‘Casta’ e di pensioni d’oro, tema dolente e che grida scandalo ma che il sindacato italiano non ha mai affrontato. Ancora oggi, un sindacalista – dopo aver preso uno stipendio medio-alto per stare una vita dietro una scrivania – va in pensione prendendo cifre da capogiro, molto più alte, per capirsi, di quelle di un deputato o di un senatore. Inoltre, i sindacati mica sono offesi per essersi sedersi al tavolo con un ministro che non c’entra un beato fico secco con le vertenze industriali, aziendali e sociali, visto che fa il titolare dell’Interno, ma con il povero Di Maio – che sarebbe, in teoria, il ‘loro’ ministro di riferimento – perché ‘osa’ attaccarli, appunto, sul tema delle ‘pensioni d’oro’. Una casta, quella sindacale, che pensa solo e soltanto a se stessa, come o forse peggio della ‘Casta’ dei cattivi .

Che dire, dunque? Si vede proprio che il fascino di Salvini è contagioso e che anche sindacati e imprenditori lo subiscono. Del resto – suvvia! – cosa sarà mai un’inchiesta della procura di Milano per finanziamento illecito ai partiti da parte di uno stato estero che ha le sembianze dell’orco cattivo come la Russia di Putin? Vuoi mettere con il fascino del Potere che emana dal novello Mussolini?  

 


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2019 sul sito di notizie Tiscalinews.it