“Cherchez la femme!”. Il gioco estivo della Politica italiana è il rimpasto. Nomi e caselle del totoministri

“Cherchez la femme!”. Il gioco estivo della Politica italiana è il rimpasto. Nomi e caselle del totoministri

9 Agosto 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Cherchez la femme! Il gioco estivo della Politica italiana è sempre lo stesso, il rimpasto. I nomi e le caselle da riempire. Gli appetiti di Pd e M5s, ma anche di Iv. I rischi per Conte

 

Conte stato emergenza

GIUSEPPE CONTE

La classe politica è in ferie, ma si annoia mortalmente…

La classe politica è in ferie

La classe politica è in ferie

Dato che la nostra classe politica non riesce a ‘staccare’ neppure se è in ferie (Camera e Senato hanno chiuso i battenti per le agognate vacanze: tre settimane piene di ferie a Montecitorio, solo due a palazzo Madama, che riapre i battenti il 24 agosto, mentre alla Camera si torna il 31), con i piedi ammollo nell’acqua, i bambini schiamazzanti intorno, il solleone che picchia, sulla spiaggia, come pure sulle alte montagne, dove ritemprare il fisico e lo spirito, e dato che quest’estate, a differenza dell’estate scorsa, non vi sono crisi di governo in vista, a rovinare le vacanze a tutte, nei boatos del Palazzi (chiusi), nelle chat di WhatsAppp dei vari compagni di cordata e di partito e nelle telefonate, ha preso a impazzare l’altro gioco estivo, quello del rimpasto.

Certo, trattasi di succedaneo del ‘gioco’ principale (crisi di governo, nuovo governo, posti e prebende da incassare), ma insomma, con qualcosa i nostri eroi devono pur consolarsi, senza dire del fatto che, con mogli e figli al seguito, ci si annoia mortalmente mentre la Politica dà sempre brividi. I giornali, naturalmente, pur credendoci poco, seguono la scia e così ecco che spuntano paginate dedicate al tema, coi nomi più fantasiosi nei posti più improbabili immaginabili.

Regole non scritte ma ferree che sovrintendono un rimpasto

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Il Conte Ter

In ogni caso,  la Politica è una scienza esatta, meglio cercare di fare ordine nelle varie possibilità e caselle che si possono liberare (al prezzo di cosa e a scapito di chi lo vedremo) nel governo Conte bis. Un’avvertenza preliminare: ove mai si dovesse procedere, sul serio, a un rimpasto del governo (non prima di settembre di sicuro, poi c’è chi dice che si farà ‘prima’ delle Regionali, con buoni argomenti, e chi ritiene che non potrebbe che tenersi ‘dopo’, con altrettanto validi argomenti, noi qui si propende per la prima ipotesi), una legge non scritta, ma ferrea, dice che se cambi uno, al massimo due, ministri ‘non’ di peso, e un sottosegretario, al massimo due, puoi evitare di passare per una crisi di governo formale.

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Il capo dello Stato Sergio Mattarella

Invece, se i cambi iniziano a essere tanti (dai due/tre in su) e pesanti (cioè nei ministeri chiavi), è altamente improbabile che il Capo dello Stato non ti chieda di tornare alle Camere per verificare se hai, o meno, ancora una maggioranza che ti sostiene. Di fatto, vorrebbe dire aprire una crisi di governo formale. Il che è sempre un bel rischio perché sai come la inizi e non sai come la finisci. Nascerebbe, dunque, a quel punto, un Conte ter, il terzo governo presieduto dall’avvocato del Popolo (ieri era il suo compleanno, assai festeggiato sui social: auguri, premier), il che sarebbe, oltre che un primato, un passaggio delicato.

Da Zingaretti a Di Maio, da Renzi a Conte ai vari ministri: tutti, ovviamente, negano che il rimpasto ci sarà mai…

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Nicola Zingaretti

Va anche detto che tutti i protagonisti principali che, oggi, siedono al governo e nei partiti della maggioranza, negano – con grande vigore – di starci anche solo pensando, al rimpasto. Il primo a negare ogni velleità del genere è stato il segretario del Pd, Nicola Zingaretti.

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Il Ministro Lamorgese

Solo che, dato che da giorni frullava, sui giornali e nei boatos di Montecitorio, la sua presunta voglia di andare al governo e di sostituire, niente di meno che, la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese (profilo tecnico, in quanto prefetto di carriera, ma assai ‘scudata’ dal Quirinale che l’ha voluta a quel posto per cercare di far ‘dimenticare’ l’epopea di Salvini, ‘Zinga’ ci ha dovuto rimettere una telefonata di tasca sua (telefonata che è stata “lunga e cordiale”, si capisce), per ribadire l’appoggio del Pd alla ministra e smentire qualsiasi “iniziativa o interessamento di Zingaretti per rimpasti o incarichi di governo”.

Salvini Matteo

Matteo Salvini

Il guaio è che sono in molti, nel Pd, a ritenere che il loro segretario aspiri a entrare nella ‘squadra’ (di governo), forse anche per togliersi d’impaccio dalla sedia di leader del Pd, che alle Regionali rischia il ‘cappotto’ (cioè una sconfitta, se va bene, di 4 a 2 a favore del centrodestra) e che, anche nella regione che governa, il Lazio, vive sugli spilli di una maggioranza assai ballerina.

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Luigi Di Maio

Naturalmente, pure Luigi Di Maio, che non vede l’ora di indebolire Conte come, dove e più che può, nega ogni velleità di rimpasto (“Parlarne è da fantascienza” ha detto), ma che nel Movimento si agitino voci e nomi di rimpasto è un segreto di Pulcinella. Dentro Italia Viva, dove si dice, ormai da tempo, che la capogruppo alla Camera, ed ex ministra, Maria Elena Boschi, scalpiti per tornare a Chigi (nel senso del Palazzo) e che avrebbe puntato l’Istruzione, anche Matteo Renzi nega con decisione ogni diabolica tentazione di dare l’ennesimo scossone al governo Conte: “Se ci mettiamo a parlare di legge elettorale e poltrone, non di lavoro gli italiani ci vengono giustamente a cercare a casa. Prima di parlarne, vediamo di sbloccare i cantieri”.

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Renzi e la Boschi

I ministri dem anche fanno quadrato, intorno al loro partito, ma anche e soprattutto intorno al premier: Francesco Boccia assicura che “rimpasto e giochini d’agosto non appartengono a questo Pd, che è cambiato” (non si capisce, però, allora, perché molti dem ne parlino) e Giuseppe Provenzano garantisce che “il genere ‘rimpasto’ appartiene ai retroscena, meglio concentrarsi sulla scena”.

premier conte

Il premier Conte

Infine, dato che da giorni non si parlava d’altro, ecco Conte che, forte della fresca approvazione del decreto ‘Agosto’ (pur se nella ormai cronica e solita formula ‘salvo intese’) e di una riforma ‘globale’ del Csm, davanti ai giornalisti nega ogni ipotesi di rimpasto del governo che guida: “sono soddisfatto di tutti i miei ministri. Non c’è nessuna esigenza di rimpasto, formula logora e che non amo” taglia corto nella conferenza stampa di palazzo Chigi per il dl ‘Agosto’.

La formula sarà pure ‘logora’ ma si porta in ogni stagione. Il caso Spadafora e la ‘controriforma’ del Coni per ora sventata

Vincenzo Spadafora

Vincenzo Spadafora

Sarà anche ‘logora’, la formula, quella del ‘rimpasto’, ma chissà come mai si porta bene in ogni stagione dell’anno, figurarsi d’estate, quando le notizie ‘vere’ scarseggiano.

E così, esercitiamoci anche noi nel ‘Grande Gioco’ agostano della politica italiana. Il primo a finire sul banco degli imputati, suo malgrado, è stato il ministro allo Sport, Vincenzo Spadafora, che ha minacciato prima di dimettersi e poi di ‘rimettere’ la delega sullo Sport, conservando solo quella alle Politiche giovanili, dopo che il suo stesso partito, l’M5s, lo ha messo sulla graticola per come ha gestito il parto – faticoso, lungo, travagliatissimo – della riforma dello Sport.

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Foto Valerio Portelli/LaPresse –
Vincenzo Spadafora e Giovanni Malagò

Partito per ‘strappare le penne’ al presidente del Coni, Giovanni Malagò, impedendogli di restare in carica – a lui come ai presidenti delle varie Federazioni sportive – per un terzo mandato, prima ha dovuto fare rapida retromarcia (la riforma si sarebbe trasformata in un maremoto ingestibile, per lo Sport italiano, a un anno solo dalle Olimpiadi del 2021), perché Pd e Iv lo hanno stoppato (andando in soccorso del Coni e delle altre federazioni) e, poi, ha dovuto subire il ‘processo’ interno del Movimento – e, in particolare, dei gruppi parlamentari pentastellati – che volevano, invece, una riforma più incisiva e anti-Coni, ridimensionandone il ruolo, cacciando di fatto Malagò e dando ‘pieni poteri’ alla struttura ‘Sport e Salute’ che, ai tempi del governo gialloverde, già voleva uccidere il Coni. La patata bollente della riforma dello Sport è stata rinviata a settembre, le dimissioni di Spadafora congelate da Conte, che ha difeso a spada tratta il suo ministro (cui deve molto), ma il futuro è ancora incerto e certo i pentastellati torneranno alla carica per cercare di disarcionare – bizzarrie a 5Stelle – il loro ministro. 

I tormenti interni del Movimento avvicinano il rimpasto

Movimento 5 stelle spaccato

I cambi di casacca, tra fughe ed espulsioni, dei parlamentari M5s è più di un’emorragia

Intanto è diventato chiaro che, se rimpasto deve essere, i grillini vogliono accelerare e, cioè, sfruttare la seconda parte di agosto per prepararne il terreno e realizzarlo prima del 20 settembre, quando si andrà al voto per le Regionali. Servirebbe – dicono diverse fonti pentastellate che, a quel voto, temono il bagno di sangue delle loro liste – a blindare il governo prima della tempesta elettorale. In realtà, c’è anche il timore che la sconfitta alle urne possa poi rimandare a chissà quando il tagliando dei ministri, perché le regole della politica dicono che nessuna maggioranza di governo dopo aver perso vuole mostrarsi ancora più fragile.

nunzia catalfo

Nunzia Catalfo

L’altra verità è che il partito principale che regge la maggioranza di governo, il M5S, è entrato in una tale fase di fibrillazione e spasmi interni che non disdegna affatto l’opzione del rimpasto. Un’opzione che permetterebbe ai pentastellati di avvicendare qualche ministro  – soprattutto la Catalfo, ormai in caduta libera nei sondaggi interni del M5s e giudicata inaffidabile, anche perché “troppo attenta alle ragioni dei sindacati e poco a quelle delle imprese”, sostengono fonti grilline di governo, e la Azzolina, ritenuta sempre più imbarazzante e, sostanzialmente, indifendibile, oltre che sottoposta al martellamento di opposizioni e haters – due ministre entrate in evidente debito di ossigeno.

Lucia azzolina

La ministra alla Scuola, Lucia Azzolina

Inoltre, il tentativo nascosto dei big del M5s – Luigi Di Maio su tutti – è di rimettere il cerino nelle mani del presidente del Consiglio, il quale, da un rimpasto, ne otterrebbe di sicuro più dolori che gioie. E se Conte ha imparato talmente bene a ‘surfare’ tra le spaccature grilline e le contorsioni dem da nutrire più di un dubbio sulla necessità di cambiare la squadra di governo, resta il fatto che il rimpasto, a settembre, prima o dopo il voto, potrebbe imporsi come una necessità ineluttabile.

Conte ‘surfa’ tra M5s, Iv, Pd: fosse per lui non si tocca nulla…

disfida di barletta

La Disfida di Barletta

I tempi di un eventuale ricompattamento della maggioranza, attraverso un nuovo patto di governo e l’avvicendamento in alcune caselle ministeriali, sono dunque nelle mani del presidente del Consiglio: sta a lui decidere di rischiare e rimandare tutto a dopo il referendum costituzionale e le elezioni regionali, o accelerare chiudendo la questione prima dei risultati del 20 settembre. La sostanziale presa di distanza del Pd dal referendum sul taglio dei parlamentari, però, scarica ancor maggior peso sulle elezioni regionali che rischiano di trasformarsi in una sconfitta non solo per i dem, ma anche per il premier al quale – come accaduto a tutti i suoi predecessori a palazzo Chigi – verrà attribuita una quota dell’eventuale insuccesso, soprattutto se Emiliano (e Conte dietro di lui) dovesse perdere la ‘disfida di Barletta’, e cioè le elezioni in Puglia.

Cherzez la femme! L’assedio alle ministre donne: Catalfo e Azzolina sulla graticola, ma Boschi e Castelli pronte ai box

cherchez la femme

Inoltre, sarà un caso, e non lo è, ma ogni discussione agostana sul rimpasto mette sempre, nel mazzo delle possibili ‘rimpastate’, donne e soprattutto donne. Insomma, come al solito, i partiti le considerano le pedine più sacrificabili e meno impegnative. Non è un caso, peraltro, che anche nel passaggio dal Conte uno al Conte due, l’allora leader pentastellato, Di Maio, sacrificò proprio due donne (Barbara Lezzi e Giulia Grillo) che da allora gliel’hanno giurata e gli fanno la guerra, pur se ne fece entrare altre due (Catalfo e Dadone).

giulia grillo

Giulia Grillo

Nella black list del M5S ci sono la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e la collega all’Istruzione Lucia Azzolina, come si diceva prima, ma anche nel Pd in tanti, a partire dall’attuale capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, vorrebbero sostituire Paola De Micheli ai Trasporti: lui tornerebbe al suo vecchio dicastero, e mai sopito amore, lei pagherebbe la cattiva gestione del dossier Autostrade.

Paola De Micheli

Paola De Micheli

Poi, come si sa, c’è la titolare dell’Interno, Luciana Lamorgese, finita suo malgrado nel tritacarne del toto-ministri per le indiscrezioni, frullate per giorni, di un possibile ingresso nel governo del leader dem Zingaretti. Come si diceva, il governatore del Lazio ha chiamato la ministra per assicurarle che si trattava solo di pettegolezzi da giornali e la storia è sembrata finire lì, ma da qui a settembre quien sabe?, senza dire che il Viminale – ma anche la Giustizia, di era titolare – è un antico pallino dell’attuale vicesegretario dem, Andrea Orlando.

anna ascani

Anna Ascani

Ma salire di grado – sempre al dicastero dell’Istruzione – è anche il sogno della dem Anna Ascani, sempre che il Movimento decida di scambiare il ministero con il Pd. In caso contrario si segnala, in ascesa, la senatrice grillina Barbara Florida.

barbara florida

La senatrice grillina Barbara Florida

E se nel Pd, dove invece pensano che il mese ‘giusto’ per il rimpasto potrebbe essere ottobre, cioè dopo il voto e anche dopo che si sarà sperimentato il ritorno a scuola, oltre che dopo le prime influenze stagionali si incroceranno al Covid, sta di fatto che la questione degli equilibri di genere è il fattore di cui si sta tenendo conto in questi giorni. Nel M5S, dove si scalcia per individuare al più presto l’occasione con la quale dare il via al rimescolamento, ma pure dentro il Pd.

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Uno dei tanti “meme” sulla Azzolina

Molto dipenderà anche da Matteo Renzi e da quanto la sua richiesta di un ministero in più per Italia Viva si farà pressante. Nel partito non si parla d’altro che di Maria Elena Boschi all’Istruzione. La diretta interessata, che si sta godendo vacanze da donna innamorata e felice, nega, ma non fa mistero di avere a cuore la scuola, nonostante si stia rivelando una bomba sociale pronta a esplodere. Ne sa qualcosa proprio la Azzolina che, a colpi di meme, vignette e fotomontaggi, si è attirata ironia e rabbia dei precari della scuola. Ancora di più nelle ultime ore, dopo aver proposto l’assunzione di “docenti Covid”, nell’infelice definizione che è stata data agli insegnanti che non verrebbero pagati in caso di nuovo lockdown e di aver vinto, proprio ora, un concorso pubblico per diventare insegnante di ruolo, con conseguente ondata di polemiche sollevata da Salvini.

Se Renzi sacrifica la Bellanova, il Pd chi manderà al martirio?

Teresa Bellanova

Teresa Bellanova

Ma Renzi, pur di accontentare la Boschi, potrebbe essere costretto a sacrificare una delle due pedine che ha e non certo la Bonetti, che sta facendo bene (con il sostegno di Conte e la non ostilità del M5s), ma ha un dicastero minore (la Famiglia e le Pari Opportunità), ma un suo pezzo da 90, la Teresa Bellanova (Agricoltura). Anche per questo e non solo per difendere la sua sanatoria, la tignosa ministra di Iv si è fatta dimettere dall’ospedale dove si trovava per alcuni accertamenti medici e si è precipitata in cdm a palazzo Chigi dove si stava approvando, senza di lei, il dl Agosto. Un modo come un altro per ‘marcare il proprio territorio’.

Roberto Speranza

Roberto Speranza

Il che, però, aprirebbe un bel problema per il Pd, che dovrebbe ‘per forza’ mandare al martirio, cioè sostituire e giubilare, qualcuno dei suoi, giusto per non ‘restare indietro’ rispetto al rivolgimento che Iv produrrebbe dentro l’assetto di governo. Da questo punto di vista, detto che la Paola De Micheli è di certo la prima pedina utile, e la più sacrificabile, non è detto che sia l’unica. Altri possono rischiare. Chi, invece, dorme sonni tranquilli è LeU: ha un solo ministro, Roberto Speranza, che proprio nessuno intende toccare, grazie alle competenze e allo sforzo profuso durante la gestione della pandemia.

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Pietro Grasso, il leader di LeU

Anzi, al massimo, a LeU, che non ha ottenuto nessuna presidenza di commissione, toccherebbe una compensazione: il giubilato, alla carica di presidente della commissione Giustizia del Senato, Pietro Grasso potrebbe ambire a un posto alla Giustizia, ma al massimo da viceministro. 

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Il viceministro all’Economia Laura Castelli (M5S)

Tornando ai 5Stelle vorrebbero ‘promuovere’ l’attuale viceministro all’Economia, Laura Castelli, facendola ministra perché la tipa è tosta, solida, preparata e lavora: proprio lei potrebbe sostituire la Catalfo al Lavoro. Poi, però, ci sono pure i ‘maschietti’. Sempre tra i 5 Stelle, chi non fa mistero di ambire a una promozione sono Stefano Buffagni e Giancarlo Cancelleri, entrambi insofferenti di dove si trovano: aspirano, almeno, al rango di viceministri. Invece, nel Pd, come detto, sgomitano Andrea Orlando (Viminale o Giustizia) e Graziano Delrio (Trasporti).

stefano buffagni

Stefano Buffagni

Certo è che, per una donna (o più) che se ne va (Catalfo e Azzolina), altre ne potrebbero entrare (Boschi e Castelli), tenendo ‘pari’ il conto delle quote rosa dentro il governo.

Infatti, su 22 ministri attuali, solo otto sono donne. Conte sa che sostituirne anche una sola stravolgerebbe ogni buon proposito sulle quote rosa. L’ingresso di Boschi e Castelli aiuterebbe nel mantenere il bilanciamento ‘di genere’, ma la speranza di chi scommette sul rimpasto è di aprire un risiko delle caselle, con diverse uscite sia femminili che maschili.

Il rimpasto di governo come l’araba fenice del Metastasio: “Che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa”…

la fenice

La Fenice “Che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa”

Certo è che di questo rimpasto ormai parlano proprio tutti, nel governo e ai vertici dei partiti. Al punto che si è anche tornati a discutere, tra Pd e 5 Stelle, dell’opportunità di avere due vicepremier, come ai tempi del governo M5S-Lega, con Dario Franceschini e Luigi Di Maio i candidati più papabili per ‘alleggerire’ il potere di Giuseppe Conte.

logo m5s

Inoltre, un altro punto dolente è il ‘peso’ dei ministeri. Per capirsi. I dem si rifiutano di affidare ai 5Stelle, che hanno già gli Esteri con Di Maio, anche gli Interni (Bonafede, se spostato dalla Giustizia, lì vorrebbe o potrebbe finire), al massimo potrebbero concedere loro laDifesa, ma solo dietro assicurazione che Guerini, l’attuale titolare, possa traslocare al Viminale, facendo però saltare la Lamorgese, il che vorrebbe dire, appunto, far saltare un’altra donna. Infine, se la Boschi assurgesse all’Istruzione potrebbe volere ‘mangiarsi’ anche il nuovo ministero, appena costituito, quello dell’Università e della Ricerca, regno del bravo Manfredi, che macina chilometri, riforme e lavoro, ma ha la pecca di essere un altro ‘tecnico’ non di partito.

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Bettino Craxi, storico leader del Psi

Certo è che, in questi giorni, i telefoni tra i dirigenti dem come tra quelli pentastellati sono e restano roventi. E se c’è chi, come Franceschini, per la linea quieta non movere (“il tema non è in agenda” dice), nel timore che, col rimpasto, poi ‘venga giù tutto’, o che il “generale Agosto farà il resto”, come diceva Bettino Craxi, negli anni Ottanta – quando i governi di pentapartito sembravano sempre sul punto di saltare e poi, invece, dopo le ferie, restavano su – l’ipotesi rimpasto continua a girare come pallina impazzita.

Accomunata, ovvia, dalla stessa convinzione, espressa durante diverse riunioni di entrambi i big e colonnelli dei due partiti: “Conte non si tocca”, ma tutto il resto sì. Sempre che, si capisce, togliendo un paio di appoggi alla torre che pende, alla fine non sia la stessa torre a venir giù.

 

NB: Una versione puiù breve di questo articolo è stata pubblica il 9 agosto 2020 sul sito di notizie Tiscali.it


Che cos’è un rimpasto di governo (fonte Openpolis.it)

Il rimpasto di governo è un istituto informale (cioè non previsto né dentro la Costituzione né nell’ordinamento statale) che consiste in un cambiamento nella composizione del governo senza le dimissioni del governo per intero.

Definizione. Con l’espressione “rimpasto di governo” si intende un cambiamento nella composizione dell’esecutivo senza che si arrivi alle dimissioni di tutto il governo, al fine di adeguare la distribuzione delle cariche governative a un cambiamento politico intervenuto in corso d’opera.

Non si tratta di un istituto formale, previsto dalla costituzione o da altre fonti normative, come si diceva. Per questa ragione è necessario osservare la prassi al fine di comprendere appieno in cosa consiste.

Talvolta si utilizza, erroneamente, il termine anche per indicare unnuovo governo, guidato dal medesimo presidente del Consiglio dei ministri. Tuttavia, in questo caso, poiché il presidente in carica rassegna le dimissioni e si presenta nuovamente davanti alle Camere per ottenere la fiducia, si dovrebbe e deve parlare più propriamente di crisi di governo extraparlamentare, cioè la prassi consolidata nella settantennale storia della Repubblica. Infatti, quella che dovrebbe essere la ‘normalità’, e cioè la crisi di governo parlamentare – e che implica l’approvazione di una mozione di sfiducia, o la mancata approvazione di una questione di fiducia, da parte del Parlamento al governo – in Italia non si è mai registrata tranne che in due casi: il Prodi I (caduto nel 1998) e il Prodi II (caduto nel 2008).

Al contempo, non si può parlare di vero e proprio rimpasto di governo nel caso in cui si sostituisca un singolo ministro o sottosegretario. Si parla, in tal caso, di avvicendamento.

Dati e serie storica. Come si diceva, nel nostro paese sono sempre state molto frequenti le crisi extraparlamentari, che portavano alle dimissioni dei governi per costituirne di nuovi o alla fine della legislatura con elezioni anticipate.

A fare largo uso dell’istituto del rimpasto di governo è stato Berlusconi. Ad esempio, nel maggio del 2011 (XVI legislatura) ben nove nuovi sottosegretari sono entrati a far parte del governoBerlusconi IV. In quel caso il rimpasto fu utilizzato per “premiare” politici che avevano sostenuto l’esecutivo in occasione di un voto di sfiducia alla Camera.

Più di recente, è stato solo Renzi (Pd) a procedere a un rimpasto di governo, nel gennaio del 2016. In quel caso i 12 nuovi incarichi (1 ministro, 4 viceministri e 7 sottosegretari) sono stati assegnati a seguito delle richieste che provenivano dal Nuovo Centrodestra, che faceva parte della maggioranza, in particolare a seguito delle dimissioni del ministro delle infrastrutture, Maurizio Lupi (Ncd).

Infatti, ben 5 dei nuovi incarichi furono assegnati a esponenti di Ncd(anche se di questi due già avevano un ruolo all’interno del governo). In seguito al rimpasto, Ncd passò da 10 a 13 membri, il Pd da 32 a 34, Sc da 3 a 4.

Analisi. L’istituto del rimpasto di governo è solitamente utilizzato quando viene meno il rapporto di fiducia tra il Presidente del consiglio e alcuni suoi ministri. Si può anche usare per adeguare la composizione del governo a un nuovo equilibrio politico, spesso a seguito di eventi elettorali che dimostrano quanto l’elettorato non sostenga più, come prima, le forze che sostengono il governo.

In altri casi, come per il governo Berlusconi III (2005), il presidente del Consiglio si dimise per poi formare un nuovo governo, portando a quella che formalmente è una crisi di governo, anche se finalizzata a un più semplice rimpasto.