A che punto è la notte sulla legge elettorale? A un punto morto. Trattative e diplomazie dietro le quinte

A che punto è la notte sulla legge elettorale? A un punto morto. Trattative e diplomazie dietro le quinte

30 Agosto 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

‘A che punto è la notte’ sulla legge elettorale?
Il testo base giace in commissione, ma Renzi e Zingaretti ‘si parlano’. Il cancellierato in cambio dell’ok al Brescellum l’idea di Iv. La verità è che fino al 21 settembre non si muoverà foglia

renzi e zingaretti

Renzi e Zingaretti

Lo stanco ma onnipresente ‘tormentone’ estivo

tormentone 2020
In tutte le discussioni politiche dell’estate che sta finendo, un solo tema ha continuato a fare capolino quasi ogni giorno. Il dibattito sulla nuova legge elettorale da varare. Certo, il confronto sul referendum sul taglio dei parlamentari si sta accendendo, in questa fine agosto, ma s’intreccia proprio con la nuova legge elettorale, principale ‘correttivo’ alla riforma costituzionale che il Pd chiede di varare al più presto (entro la data di celebrazione del referendum) per concedere il suo sofferto ‘sì’ al ‘taglio’ al numero dei parlamentari voluto e imposto dai 5Stelle. Certo, la campagna elettorale per le Regionali in sei regioni si è infiammata e le competizioni locali premono, ma dietro al tema delle ‘alleanze’, strategiche o meno che siano (Pd-M5s da un lato, centrodestra dall’altro, forze minori nel mezzo) che le forze politiche hanno stretto per le Regionali e, in vista del 2021, per le Comunali, aleggia sempre quel tema: ma quando ci saranno le Politiche, quale sarà la legge elettorale? Anche il – del tutto aleatorio – vociferare su una possibile crisi di governo, dopo il voto del 20/21 settembre, di un difficile rimpasto (gioco a incastri sempre pericoloso), addirittura di un cambio di governo in corso (Draghi per Conte?) si porta dietro l’eterna domanda: reggere il patto sulla legge elettorale o ce ne sarà un altro?

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Alfa e Omega della lotta politica per definizione

Alfa e Omega della lotta politica per definizione, banalmente la legge elettorale fissa le ‘regole del gioco’ delle competizioni politiche presenti e future. Detto in volgare, decide ‘come’, ‘dove’ e ‘in che modo’ vengono scelti gli eletti al Parlamento nazionale (e negli enti locali), quindi tutti i possibili aspiranti alla carica di un seggio – e, a maggior ragione, chi lo ha e vuole mantenerselo stretto – vogliono partecipare al ‘Grande Gioco’ e discettando di sistemi elettorali, improvvidi e infelici politologi e sapienti.

Una legge elettorale c’è e si chiama Rosatellum

ettore rosato

Ettore Rosato

Ma ‘a che punto è la notte’, in Italia, sulla legge elettorale? Ovviamente, una legge elettorale in vigore c’è, si chiama Rosatellum (dal nome dell’allora capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato), è un sistema per tre quarti proporzionale che fa eleggere il 64% degli eletti in collegi plurinominali proporzionali sulla base di listini ‘bloccati’ (cioè senza la possibilità di attribuire preferenze da parte degli elettori), dopo aver superato una soglia di sbarramento nazionale fissata al 3%, e il restante 36% in collegi maggioritari uninominali dove si presentano più concorrenti ma ne esce vincitore uno (principio del maggioritario secco all’inglese, detto ‘the first past the post’: il primo prende tutto). Varata nel 2017 e usata, finora, in una sola competizione nazionale, nel 2018, che ha eletto con quel sistema elettorale la legislatura ancora oggi in corso (la XVIII), il Rosatellum oggi lo ripudiano un po’ tutti e per diversi motivi. Troppo maggioritario per alcuni (Pd e M5s), troppo costrittivo nelle scelte delle alleanze per vincere i collegi (Lega e FdI oggi sono ai ferri corti), troppo a rischio per i piccoli partiti (causa la soglia di sbarramento e i collegi), erano iniziate subito le trattative e le diplomazie tra partiti per cambiarlo, già a inizio legislatura, poi stoppate dal rapido mutare della situazione politica (dal governo gialloverde al giallorosso). La lodevole intenzione di Pd e M5s ora al governo era, ma ne parlano ormai da un anno, di modificare la legge elettorale senza aspettare – come si fa, peraltro, quasi ogni volta… – che si arrivi a fine legislatura. La tesi di scuola e dottrina è, infatti, che una maggioranza potrebbe usare i suoi numeri per imporre una legge a essa favorevole, temendo di essere presto sconfitta nelle urne).

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La spinta a cambiare la legge elettorale è partita dall’area di governo

Naturalmente, la spinta a cambiare la legge elettorale è partita dall’area di governo, più dal Pd – che, con Zingaretti, rispetto l’era Renzi, ha cambiato visione, tattica e strategia al partito, portandolo da una logica a vocazione ‘maggioritaria’ a una da visione di alleanze tattiche e/o strategiche con una serie di altri soggetti esterni ad esso – che dai 5Stelle, ma con questi ultimi molto consenzienti. Il precipitato della discussione tra i due partiti ha portato all’adozione di un testo, detto Germanicum, o Brescellum, dal nome del presidente della Prima commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia: depositato in commissione a inizio anno, però, finora lì è rimasto.

Che cos’è il Germanicum o Brescellum

germanicum brescellum

Che cos’è il Germanicum o Brescellum

Tecnicamente, si tratta di un sistema proporzionale che abolisce i collegi uninominali previsti dall’attuale legge (il Rosatellum) e che prevede una soglia di sbarramento più alta rispetto al passato, fissata al 5%. Altra novità è l’introduzione del diritto di tribuna per i piccoli partiti. Il testo prende in considerazione la riforma costituzionale (come se fosse, cioè, già approvata…) che taglia il numero dei parlamentari riducendoli a 400 deputati e 200 senatori: calcola, dunque, i seggi ‘effettivi’ da eleggere per 600 parlamentari e non più per 945. Una ‘fiducia’ preventiva al testo di una riforma che, però, solo il 20/21 settembre sarà sottoposta a referendum popolare confermativo.

Come funziona la nuova legge elettorale

3 articoli

Si compone di solo 3 articoli il Brescellum

Il testo del Brescellum si compone di tre soli articoli che vanno a intervenire su quattro nodi principali: l’abolizione dei collegi uninominali, l’introduzione di un sistema proporzionale, l’innalzamento della soglia di sbarramento al 5% e la creazione del diritto di tribuna. La nuova legge elettorale prevede anche una delega al governo – che avrà 60 giorni dall’entrata in vigore del testo – per determinare i nuovi collegi elettorali plurinominali.

Cosa cambia rispetto all’attuale legge elettorale

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Il Germanicum va a modificare completamente l’impianto del Rosatellum. Sparisce, innanzitutto, la parte maggioritaria del sistema elettorale, così come i collegi uninominali. La soglia di sbarramento viene alzata del 2% (dal 3% al 5%) e viene inserito il diritto di tribuna. Non si sa, ancora, se cambierà anche la formazione delle liste. Per ora non ci sono modifiche e restano i listini bloccati del Rosatellum: il nodo verrà comunque affrontato durante la discussione in Parlamento, cioè in Aula. Con l’eliminazione dei collegi uninominali e delle coalizioni pre-elettorali, inoltre, non esiste più il numero massimo di candidati (finora erano quattro), ma si prevede che i candidati siano “pari al numero dei seggi assegnati nel collegio plurinominale”. In ogni caso, tutto lascia pensare che i listini bloccati resteranno e che le preferenze non verranno affatto reintrodotte: insomma, il potere di mettere in lista i candidati, anche grazie alla sparizione dei collegi uninominali, sarà dunque in mano solo ai partiti e, in particolare, alle loro segreterie, non più agli elettori.

Addio al sistema maggioritario: sarà solo proporzionale

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Addio al sistema maggioritario: sarà solo proporzionale

Il nuovo testo elimina la quota maggioritaria prevista dal Rosatellum, facendo sparire i collegi uninominali. Con l’attuale sistema elettorale in vigore si eleggevano il 36% dei parlamentari con il sistema maggioritario e il 64% con il proporzionale. Alla Camera, in particolare, venivano scelti con il maggioritario 232 deputati su 600, al Senato 116 rappresentanti su 315. Ma a cambiare saranno anche i numeri assoluti: il Germanicum verrà applicato su un totale di 600 parlamentari, eletti tutti con sistema proporzionale.

Soglia di sbarramento più alta al 5% e diritto di tribuna

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La soglia viene innalzata al 5%

Il Rosatellum prevede una soglia di sbarramento al 3%. La soglia viene innalzata al 5% con lo scopo di evitare un’eccessiva frammentazione, ma penalizzando i partiti più piccoli che dovranno coalizzarsi o puntare tutto sul diritto di tribuna per eleggere i loro rappresentanti. Esiste anche una seconda soglia, al 15% (finora era al 20%), su livello regionale: si utilizza alla Camera per le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute.

Cosa succede alle circoscrizioni e ai seggi

Circoscrizioni

Cosa succede alle circoscrizioni

Per quanto riguarda le circoscrizioni per ora non sono previste modifiche: restano 28 così come avviene con il Rosatellum. Si prevede che ogni circoscrizione venga ripartita “in collegi plurinominali tali che a ciascuno di essi sia assegnato, di norma, un numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a otto”. Alla Camera verranno assegnati 391 seggi con il proporzionale sul territorio italiano, a cui si aggiungono otto seggi all’estero e uno con l’uninominale secco in Valle d’Aosta. Al Senato i seggi assegnati con il proporzionale saranno 195, a cui si aggiungono i quattro all’estero e uno per la Valle d’Aosta.

Il diritto di tribuna

diritto di tribuna

Diritto di Tribuna

Altra novità della nuova legge elettorale è il diritto di tribuna: viene introdotto per garantire la rappresentanza anche alle forze politiche minori che non riescono a superare lo sbarramento nazionale del 5%. Chi va bene a livello regionale, quindi, può così rientrare in Parlamento anche se non supera la soglia nazionale del 5%. Alla Camera si prevede che vengano eletti con tale ripescaggio i candidati delle formazioni che ottengono almeno tre quozienti in almeno due regioni. Al Senato i candidati che ottengono almeno un quoziente in ogni circoscrizione regionale (al Senato, per ora, la base elettorale è regionale).

Brescellum, a chi conviene e a chi no

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Il logo storico del Carroccio

Il sistema proporzionale rischia, come contestano soprattutto le opposizioni di centrodestra, di non garantire la governabilità dopo il voto e impedisce, esplicitamente, la formazione di alleanze e cartelli elettorali prima del voto. La Lega continua a chiedere un sistema tutto maggioritario, infatti ha presentato un proprio testo di legge che, in pratica, ricalca quello del vecchio Mattarellum (sistema per il 75% maggioritario e per il restante 25% proporzionale), ma l’obiettivo del partito di Matteo Salvini è quello di una legge con un premio di maggioranza che favorisca chi prende più voti, come avviene per esempio per le Regioni.

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Fratelli d’Italia

Anche Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge di tipo maggioritario, una sorta di Rosatellum ‘rovesciato’ (64% di maggioritario e 34% di proporzionale), con annesso un premio di maggioranza alla prima coalizione. Un sistema di impianto sempre proporzionale ha presentato anche Forza Italia, dove però i proporzionalisti sono tanti.

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Pd e Movimento 5 Stelle

I veri, grandi, fautori del sistema proporzionale, dunque, sono Pd e Movimento 5 Stelle, che potrebbero così competere con Lega e centrodestra senza bisogno di allearsi prima del voto, lasciando liberi i loro elettori di credere che cercano i loro consensi per governare da soli, e dopo il voto stringere un patto ‘parlamentare’ per governare insieme, sempre che, si capisce, la somma degli eletti dei due partiti basti per ottenere la maggioranza assoluta. Un quorum che, nelle nuove Camere ‘riformate’ dal taglio dei parlamentari, sarà di soli 301 deputati su 600 e di 101 senatori su 200.

Le proteste dei partiti minori contro il Brescellum

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Il logo elettorale di ‘+Europa’

I partiti minori invece hanno protestato, sin da subito, per la soglia di sbarramento giudicata troppo alta. Da LeU – che pure ha chiesto e ottenuto il diritto di tribuna – ad altri partiti come i Verdi e +Europa che potrebbero di certo essere penalizzati da questa soglia così alta.

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Al contrario, Italia Viva di Matteo Renzi, invece, prima ha chiesto di eliminare il diritto di tribuna, in modo da avere meno concorrenti per l’ingresso in Parlamento, poi ha drasticamente cambiato parere: a gennaio aveva firmato il ‘patto’ che, all’interno della maggioranza, dava il via libera al Brescellum, poi invece, prima dell’estate, lo ha sconfessato. Maliziosamente c’è chi dice perché, visti i sondaggi che non lo schiodano dal 2,5-3%, Renzi teme una soglia di sbarramento per lui ormai irraggiungibile se non dovendosi mettere insieme ad altri competitor che ormai affollano il centro (Calenda con Azione civile, +Europa), ma certo è che Renzi ha detto che il proporzionale ‘non va bene’ e ha proposto, in cambio, una riforma elettorale, politica e istituzionale per introdurre il modello del ‘sindaco d’Italia’. Insomma, come si suol dire, ha buttato la palla in tribuna. Ed è qui che il dibattito sul Brescellum si è arenato.

La battaglia del Pd per arrivare comunque a un voto

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La rappresentazione della battaglia di Marengo

Infatti, nonostante l’ostinazione del Pd che, su spinta del suo segretario ha fatto fuoco e fiamme per riuscire a portare in Aula, prima dell’estate, il testo base della riforma elettorale così come era stato depositato in commissione, l’impresa si è rivelata impossibile proprio per l’ostilità di Iv oltre che del centrodestra. In pratica, i voti dei soli Pd-M5s-minoranze linguistiche non sarebbero bastati, in commissione, per battere la somma di Iv e del centrodestra. Per carità di patria, il presidente, Brescia, ha evitato il voto, sia in ufficio di presidenza della commissione che tra i membri della commissione stessa (50), evitando sfracelli.

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Giuseppe Brescia, ed il Brescellum

Il risultato, però, è che il testo – senza poter essere prima votato in commissione sotto il nome di ‘testo base’ e, dunque, senza mandato al relatore per essere portato in aula – non può affrontare la prova dell’aula perché, banalmente, non c’è – ancora, ad oggi – un testo base da votare e spedire dalla commissione all’aula, dove poi può essere emendato, oltre che discusso, e infine votato per la sua approvazione. Senza dire del fatto che si tratterebbe solo del primo passo (serve poi equivalente trafila al Senato) e che basterebbe una modifica anche di un comma o di un articolo per far tornare indietro il provvedimento alla Camera di origine (si chiama ‘bicameralismo perfetto’), è evidente che non solo prima dello svolgimento del referendum ma anche prima di diversi mesi di là da venire, la nuova legge elettorale non vedrà la luce per evidenti problemi ‘materiali’ e temporali. Nel frattempo, però, le trattative tra partiti impazzano e si infiammano come se il voto finale sulla nuova legge elettorale ci fosse domani.

Renzi e Zingaretti ora, finalmente, ‘si parlano’…

renzi zingaretti

Renzi e Zingaretti ora, finalmente, ‘si parlano’…

Dopo aver passato un’intera estate a guardarsi in cagnesco, Renzi e Zingaretti si sono parlati. Il primo ha concesso al secondo una mezza apertura che sembra però molto ‘finta’. “La strategia di Zingaretti è logica, lui vuole il proporzionale e allora io gli ho detto: bene, mettiamo il sistema tedesco con la fine del bicameralismo perfetto e la sfiducia costruttiva” ha detto l’ex leader del Pd proprio ieri. Insomma, da un lato Renzi sembra fare un passo in avanti, mettendo da parte il sistema maggioritario del ‘sindaco d’Italia’ (radicalmente opposto a ogni logica proporzionale), dall’altro accetta di ‘sbloccare’ i lavori dentro la commissione per arrivare a scrivere un testo condiviso proponendo, però, dietro l’accettazione del proporzionale obtorto collo, “l’introduzione del monocameralismo e del meccanismo della sfiducia costruttiva”, punti cardine del sistema vigente oggi in Germania. A prima vista, sembra ‘l’uovo di Colombo’, cioè un modo per accontentare tutti, ma la proposta – come sempre quando si parla di Renzi – nasconde molte insidie. Infatti, mentre la legge elettorale è una riforma ordinaria che abbisogna solo di doppia lettura conforme e che si vota a colpi di maggioranza semplice, gli altri punti sollevati da Renzi sono modifiche costituzionali che seguono un iter rafforzato quanto lunga: quattro letture (come minimo) tra Camera e Senato e obbligo di ottenere la maggioranza assoluta in ogni passaggio. Insomma, ‘campa cavallo’.

Ma con la Grande Riforma tedesca i tempi si allungano

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La riforma tedesca

I tempi si allungano parecchio e la riforma della legge elettorale arriverebbe non solo ‘non’ subito, come vuole il Pd, ma solo verso la fine legislatura, accompagnando la modifica del sistema costituzionale. Quanto tempo ancora è disposto ad aspettare Zingaretti, considerando che, da mesi, ogni giorno chiede di ‘fare presto’ nell’adottare una nuova legge elettorale? Eppure, il Pd – pur di sbloccare l’impasse registrato in commissione – sembra abboccare.

dario parrini presidente della commissione Affari costituzionali del Senato

Dario Parrini presidente della commissione Affari costituzionali del Senato

Il nuovo presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, il dem Dario Parrini, appoggia la proposta di Renzi per “l’introduzione del cancellierato alla tedesca” e lo stesso Zingaretti, che si appresta a schierare il suo partito sul sì al referendum nella Direzione del 7 settembre, apprezza il ‘disgelo’ con Renzi. Per lui, l’importante è ottenere lo scalpo di far uscire il Brescellum dalle secche della commissione, far celebrare un voto che sancisca che quello è il testo voluto e votato dalla maggioranza di governo e poter dunque ottenere, dalla presidenza della Camera, la calendarizzazione definitiva per l’Aula. Anche se il compromesso dovesse poter contare sulla sola astensione di Iv in commissione e l’accettazione delle sue richieste di ‘incardinare’ un modello costituzionale di governo davvero ‘alla tedesca’, Zingaretti è pronto a venire incontro a Renzi per potere dire: ‘ecco i nostri correttivi’…

Le rassicurazioni di Di Maio: “rispetteremo i patti”

di maio

Le rassicurazioni di Di Maio: “rispetteremo i patti”

Intanto, da Di Maio e dai 5Stelle, ha incassato, quest’estate, l’assicurazione che “i patti saranno rispettati”, i ‘correttivi’ alla riforma costituzionale saranno tutti spinti e varati (correttivi tra i quali non c’è solo la legge elettorale) e, dunque, il patto di governo riconfermato e rilanciato. Brescia, dal canto suo, assicura che “i correttivi sono già in campo” e che “a partire da martedì I settembre “proporrò ai gruppi di adottare in settimana tre testi base fondamentali: la proposta di legge elettorale a mia firma (il Brescellum, ndr.), la proposte di legge costituzionale che adegua la Carta alla riforma, inclusa la base territoriale per l’elezione del Senato e infine la proposta sul conflitto d’interessi”.

Generale De Gaulle

Vaste programme, direbbe il generale De Gaulle…

Vaste programme, direbbe il generale De Gaulle

 

Ma il proporzionale rischia una brutta fine in Aula

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L’Italia, oggi il Paese in Europa con il maggior numero di rappresentanti eletti in Parlamento

Di certo c’è solo che, se il testo base sulla legge elettorale, andasse subito in aula non avrebbe una corsia preferenziale (i tempi ‘contingentati’ di discussione sono applicabili solo a disegni di legge non messi nell’ordine dei lavori all’ultimo momento), passerebbe per uno ‘stop’ immediato (quello legato alla campagna elettorale perl’election day) e, in ogni caso, i voti di Pd-M5s-minoranze-LeU non bastano, né basterebbero, in aula, senza un pieno sostegno di Iv, a superare la ‘tombola’ dei voti segreti che, in materia di legge elettorale, sono sempre consentiti. Il proporzionale rischia di finire, dunque, affossato in Aula, grazie alla saldatura di centrodestra-Iv-democrat-grillini dissidenti. A quel punto bisognerebbe ripartire da capo, ma una sconfitta così plateale della maggioranza avrebbe effetti sul governo.

Matteo Renzi

Matteo Renzi – Foto LaPresse –

Quasi quasi ha ragione Renzi: meglio prenderla alla larga, con una bella – l’ennesima – riforma costituzionale per introdurre il cancellierato alla tedesca e rimandare tutto di un paio di anni, verso il 2022, cioè a fine legislatura. Il che confermerebbe l’adagio che le leggi elettorali si fanno quando i Parlamenti sono in scadenza (e i governi pure). Farle prima ‘puzza’ sempre parecchio.

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Una pistola sul tavolo

Perché se hai una pistola puntata sul tavolo, come è una legge elettorale, prima o poi qualcuno vuole usarla e portare il Paese – e tu che l’hai votata – a rischiose elezioni politiche anticipate. Meglio, appunto, non rischiare e lasciare tutto com’è.


Nb: questo articolo è stato pubblicato sul sito di Tiscali notizie il 30 agosto 2020