“Muoia Sansone!”. Renzi allo scontro finale con Conte. Verso la ‘conta’ in Aula. Il premier e il Pd ora sperano in Carfagna&co.

“Muoia Sansone!”. Renzi allo scontro finale con Conte. Verso la ‘conta’ in Aula. Il premier e il Pd ora sperano in Carfagna&co.

8 Gennaio 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

“Muoia Sansone con tutti i Filistei!”. Renzi appare deciso, Conte pure. Si va alla rottura finale e alla ‘conta’ in Aula con l’area Carfagna che potrebbe fungere da stampella. Certo, sul Recovery Plan il premier ha ceduto, ma il leader di Iv alza la posta su Mes, servizi, giustizia. Oggi vertice di maggioranza e presto il cdm decisivo. La settimana prossima si potrebbe aprire la ‘vera’ crisi, quella formale

 

E Renzi gridò il suo ‘Muoia Sansone con tutti i Filistei!”

sansone

E Renzi gridò il suo ‘Muoia Sansone con tutti i Filistei!”

Conte ha detto che vuole andare in aula del Parlamento per sfidarci. Io gli dico: se pensi di avere i numeri vieni in aula. Ti aspettiamo. E’ un suo diritto, anzi: è la democrazia. Se Conte ha i numeri per andare avanti, con i Responsabili, bene. Noi andremo all’opposizione. Altrimenti nasce un altro governo. Una cosa è certa: fino al 2023 non si vota”. Matteo Renzi, intervistato dal Tg2 Post, in diretta (c’è anche il direttore, Gennaro Sangiuliano, che ne avalla le tesi ma lo incalza con domande non compiacenti, le ripete pure) ripete il concetto prima una, poi due, poi tre, quattro volte.

Insomma, par di capire che, stavolta, alea iacta est, come avrebbe detto Giulio Cesare, un altro che divenne dittatore, ma ci riuscì, non come Catilina – cui lo paragona Grillo – che ci provò solamente. Per dirla non con la storia romana, ma con la Sacra Bibbia, sembra proprio che Renzi stia per pronunciare il famoso grido di battaglia di Sansone, quando infuriato e furioso, i capelli tagliati dalla perfida Dalida, fece crollare il tempio dei nemici (pagani) degli israeliti, fedeli al vero Dio, “Muoia Sansone con tutti i Filistei!”. Ecco, Renzi – del grido ‘Muoia Sansone’ – ha deciso, ieri, di dare una ghiotta anticipazione giornalistica al Tg2 Post.

Il leader di Iv alza la posta su tutto: Mes, servizi, vaccini

matteo renzi Il leader di Iv alza la posta su tutto

Il leader di Iv alza la posta su tutto: Mes, servizi, vaccini

Il resto di quanto dice Renzi è contorno, ma contorno succoso. Renzi – abile oratore – dopo aver perorato la causa della democrazia americana, messa a rischio da Trump, rifiuta di rispondere solo sul tema dei servizi segreti ma solo perché ha il dente avvelenato e un diavolo per capello, con il premier (più avanti cercheremo di spiegare perché).

Prima del ‘giudizio di Dio’ finale, il leader di Iv inanella una serie di siluri – sempre col tono suadente di chi sembra ti stia dando una carezza e invece poi ti tira un ceffone – che indicano come e quanto oggi, nella riunione convocata a palazzo Chigi dal premier coi capodelegazione dei partiti (ergo, Iv compresa, che non potrà più dire né di dover ‘leggere’ i documenti, cioè l’ennesima bozza del Recovery, né potrà dire di essere stata esclusa dagli incontri con il ministro titolare delle tante, troppe, nuove bozze, Gualtieri), Iv sia pronta a creare le condizioni per quello strappo finale e rottura definitiva che, a breve, il cdm dovrà solo sancire.

Innanzitutto, Renzi confonde, ad arte, le mele con le pere: mette l’imprescindibile richiesta del Mes, da parte di Iv (i famosi 36 miliardi da spendere per la sanità, richiesta in sé giusta e sacrosanta) nel cesto del Recovery Plan, quando invece, come si sa, il Mes non c’entra nulla. E’ o sarebbe ‘aggiuntivo’, come capitolo di spesa. E poi si sa che l’M5s la richiesta di accedere al Mes ‘non la regge’: ergo, Renzi la avanza per rompere, una volta per tutte, con loro e Conte. Poi chiede che anche tutti gli insegnanti, e magari in futuro pure gli studenti, vengano vaccinati, visto che l’Italia è indietro sul piano vaccini e le scuole indietro colle aperture. Anche qui, cosa c’entri il Next Generation Eu è un mistero.

 

Solo di servizi segreti non parla, Renzi, ma è furibondo

AISI

Poi parla un po’ svogliato di investimenti per “turismo, giovani, cultura” che “non ci sono”, ma è vero solo a metà. Poi attacca i sussidi, il reddito di cittadinanza, persino il cash back (Renzi l’innovatore che difende l’uso del vecchio contante era una immagine che ancora mancava, in effetti), qualsiasi cosa, pur di criticare Conte, il governo, i suoi atti. Solo di un tema non parla, dopo averlo messo nel mirino per mesi, quella delega sui servizi segreti che vuole togliere dalle grinfie del premier e lo fa, dice, “per rispetto dei nostri uomini dei Servizi” ma mentre lo dice il sorriso diventa un ghigno, una smorfia: ‘ambienti’ della destra radicale Usa non meglio precisati tirano in ballo Renzi in un presunto ‘complotto’ imbastito con Obama per far vincere Biden e far perdere Trump. Renzi sospetta la ‘manina’ di qualcuno, nella diffusione della notizia, oltre che annunciare querela. Con i suoi è furibondo: “I legami tra l’amministrazione di Trump, i suoi loschi figuri che venivano in Italia e Conte, l’amico ‘Giuseppi’, sono noti e da me più volte denunciati. Attendo spiegazioni”. Intanto, però, parla il suo partito. Iv prende in prestito l’assalto a Capitol Hill per tornare a chiedere con forza che il presidente del Consiglio lasci la delega ai Servizi, una rinuncia “sempre più urgente”. Insomma, Renzi teme che Conte, ai tempi, con Di Maio (e Salvini) abbia cercato di ‘fregarlo’ pasticciando con Trump e i suoi emissari. Ecco perché fa dire ai suoi che “E’ oggi ancora piu’ urgente che Conte lasci la delega e che si faccia chiarezza” su quanto accaduto nell’estate 2019, con la visita di William Barr, attorney general di Trump, in Italia”.

assalto capitol hill

Iv prende in prestito l’assalto a Capitol Hill per tornare a chiedere con forza che il presidente del Consiglio lasci la delega ai Servizi

Visita che si inserì nella volontà dell’amministrazione Trump di approfondire la pista investigativa, sostenuta dal presidente Usa, secondo cui lo scandalo delle mail private ‘rubate’ dai russi a Hillary Clinton e poi offerte all’entourage di Trump non fosse che una trappola ordita dai democratici americani. Conte, sulla missione di Barr, riferì al Copasir il 23 ottobre 2019 affermando che l’intelligence italiana era estranea al Russiagate e che nei due incontri tra Barr e gli 007 il premier non era presente. Proprio in quei giorni, tuttavia, Renzi aveva attaccato Conte chiedendogli la cessione della delega ai servizi. Delega su cui, in questi giorni di pre-crisi, il premier sembra aver effettivamente ceduto, ma non per assegnarla a un renziano. Il premier vorrebbe cedere l’incarico ad un uomo di fiducia ma ’accettato’ anche dai partiti di maggioranza. Troppo poco e troppo tardi, per Renzi, legato a doppio filo a Obama e ai democratici Usa, da Hillary Clinton allo stesso Biden, e momenti oscuri di un recente passato che riguarderebbero anche lui. Se Renzi scopre magagne a suo danno, è la volta che Conte lo investe con la macchina, altro che sfiduciarlo.

 

Renzi ha capito che “vogliono fregarmi, ma li frego io”

eduardo cupiello

Casa Cupiello, Eduardo “o presepe nun me piace”

Eppure, nell’ennesima bozza del Recovery Plan, a Renzi, pur di togliergli o spuntargli armi polemiche di difesa come di offesa, hanno concesso di tutto, i tecnici del Mef: il piano è lievitato, magicamente, di decine e decine di miliardi. Ma a Renzi-Sansone non sta bene lo stesso: ‘o presepe nun me piace’ sembra dire come il riottoso figlio di casa Cupiello. Tanto che l’altra frase chiave di Renzi al Tg2 Post è questa: “Piuttosto che sperperare soldi, vado all’opposizione”.
La verità è che Renzi – che ha tanti difetti, ma conserva il fiuto e sensori giusti per capire e leggere le manovre altrui, specie nel ‘suo’ Senato, dove ormai è di casa – ha capito – spiega – che “stanno provando a fregarmi, con una manovra a tenaglia e con la complicità di tutti, dal Colle al Pd, passando anche per gli azzurri, forse anche Berlusconi. Vogliono che mi bruci per emarginarmi, ma io li anticipo. Vogliono fregarmi con manovre di Palazzo, ma li frego io”. Da qui l’intervista ieri e, se è vero che da cosa nasce cosa, il redde rationem che sta per consumarsi oggi e forse domani, tra vertice e cdm che, prima o poi, ci sarà e sancirà il botto.

Il premier e il Pd gli hanno preparato la trappola

Cesare Borgia lascia la Santa Sede alla morte del padre

Cesare Borgia lascia la Santa Sede alla morte del padre, di Giuseppe Lorenzo Gatteri

Non ha tutti i torti, l’ex premier e l’ex leader del Pd, uno che, come Cesare Borgia, il Principe di Machiavelli, è così abituato a complotti, congiure e tradimenti che sa vedere, riconoscere e, a volte, ma non sempre sventare quelli altrui. Infatti, il premier – con il sostegno molto convinto del Pd e già un po’ meno convinto dei 5Stelle, che temono per il posto (“tre anni di stipendio da senatore valgono circa 360 mila euro, ci compri un appartamento in pieno centro, ti pare che uno di noi ci rinuncerebbe a cuor leggero?” geme, con un senatore renziano, un cuor di leone grillino) e forse persino con il tacito avallo del Colle, inviperito non poco, anzi: ogni giorno di più – con ‘quello spregiudicato’ – avrebbe deciso di volersi e potersi giocare il tutto per tutto.

Bettini ha convinto Conte alla prova di forza in Senato

Goffredo Bettini

Goffredo Bettini

Goffredo Bettini, e altri plenipotenziari dem (Orlando, ma anche Franceschini, pare, sempre più silente e silenzioso), lo avrebbero rassicurato: “Berlusconi ci ‘presta’ il gruppo della Carfagna e di Brunetta. Se ne andranno dagli azzurri fingendo una scissione, ma in realtà è una manovra tattica di Silvio che ha bisogno di un governo saldo in sella per coprirsi le spalle e le aziende, per difendersi da Vivendi. Quelli della Carfagna&Brunetta, al Senato, sono già pronti e sono in numero sufficiente per darci la maggioranza”.

A palazzo Chigi rifanno i conti: Carfagna+Responsabili

renato brunetta

Renato Brunetta

Insomma, confidando nella ricognizione dei numeri affidata alle telefonate partite da palazzo Chigi e alle rassicurazioni fornite da Brunetta (e dalla Polverini e altri ‘carfagnei’) a Bettini, Conte si è convinto di essere pronto alla grande conta a palazzo Madama: 168 è oggi, senatore più o senatore meno, il numero di chi regge oggi la maggioranza, senza Italia Viva, (18 senatori, che ne perderebbe un paio), fa 150, assai pochi, ma dieci ‘Responsabili’ raccattati qua e là (3 del Maie, due ex FI, cinque ex M5s) sono già garantiti, e fa 160, me mancano pochi, pochissimi. I ‘carfagnei’ riporterebbero, addirittura, la maggioranza a circa 168. Resterebbe solo il piccolo problema di spiegare al Colle l’operazione di ‘sostituzione’ dei renziani con i transfughi assortiti, per quanto Responsabili, di FI, M5s, altri gruppi, ma forse il Colle – se anche il Pd, che ne è il corazziere, ora crede l’operazione possibile, dopo averla bocciata – dirà ok. La linea del Quirinale, infatti, dopo aver detto – come il Pd – di ‘no’ a ogni operazione transfughi ammantata da (finti) Responsabili, ora sarebbe diventata un ‘sì’ con la scusa, e/o la giustificazione che “se nasce un nuovo gruppo politico e parlamentare, allora è diverso. Sarebbe un fatto politico”.

‘L’operazione Mara’ vedrebbe l’ok silente del Cavaliere

mara carfagna e silvio berlusconi

‘L’operazione Mara’ vedrebbe l’ok silente del Cavaliere

Insomma, basta trovare un simbolo depositato alle elezioni (proprio come Nencini che prestò quello del Psi a Renzi) et voilà, il gioco è fatto: nasce il gruppo ‘Moderati per Conte’, al Senato lo presiede uno qualsiasi pescato dal Misto (magari lady Mastella, giusto per fare uno sfregio a Renzi) e, alla Camera, lo presiede Brunetta mentre Mara Carfagna benedice e guida l’operazione dall’alto scranno di vicepresidente di Montecitorio, magari convolando a nozze con Toti e i totiani (al Senato sono tre, alla Camera ben più) mentre Berlusconi se la ride sotto i baffi. Formalmente, il Cavaliere resta ben saldo dentro il centrodestra, non tradisce Salvini e Meloni (e le giunte locali non rischiano), ma nella sostanza ‘presta’ a Conte i ‘carfagnei’: li benedice dicendo loro andate in partibus infidelium, predicate bene e soprattutto portatemi a casa provvedimenti che mi servono.

 

Un governo pentapartito eterogeneo e dalla vita stentata

governo

Un governo pentapartito eterogeneo e dalla vita stentata

E dunque, ecco che se Berlusconi chiude un occhio e il Colle li chiude tutti e due, il gioco sarebbe fatto. Conte resta in sella, Renzi finisce all’opposizione, nessuno si fa male, dentro il governo (tranne un rimpasto soft, assai necessario, che vede al massimo due sottosegretari andare ai carfagnei e il Pd guadagnare un ministro in più, l’M5s non perderne), mentre Renzi, circondato dallo sconcerto tremebondo di molti dei suoi, finisce a terra, disarcionato e nella polvere. Certo, la coesione, la tenuta e l’operatività di un governo pentapartito Pd+M5s+LeU+Responsabili nelle commissioni come nella vita parlamentare quotidiana sarebbe tutta da verificare, il che proprio un dettaglio non è. La vita di un governo siffatto sarebbe assai stentata, ma l’importante è ‘passare ‘a nuttata’, ‘sfangarla’, come si dice a Milano. Conte avrebbe vinto, Renzi avrebbe perso, almeno per ora. Poi, quando inizia il semestre bianco, ed è davvero sicuro che non si vota più fino al 2023, allora, casomai, si rivede il tutto e si capisce se ci sono possibilità di nuovi scenari. Ma è inutile scrutare il dopodomani, meglio restare all’oggi e riannodare i fili di una giornata convulsa, concitata, cattiva.

 

Vertice di maggioranza e forse cdm: il weekend decisivo

war games

“passiamo a Defcon 1” scherza un frequentatore del Colle, come si dice,in War Gamews

Le poche certezze sono che il consiglio dei ministri della resa dei conti non è ancora fissato, ma potrebbe arrivare nel pieno del weekend, a ‘mercati chiusi’, dicono i protagonisti, consapevoli di quanto dannose possano essere le loro azioni. Per ora, da palazzo Chigi, si è preferito ripiegare su un meno enfatico incontro con i capi delegazione di maggioranza che è stato previsto per oggi alle ore diciotto, ma già questo sarà un banco di prova non di poco conto. “Leggeremo le carte e i documenti che ci sottoporranno”, dicono sospettosi da Iv, “e risponderemo a tutti per iscritto. Poi prenderemo una decisione”. Ma la Bellanova annuncia: “Da domani potrei tornare a fare la senatrice semplice”. Insomma, il formale atto del ritiro della delegazione di Iv, quella ministeriale, potrebbe andare in scena già oggi. E, dunque, la crisi aprirsi, compresa la ‘vetrata’ del Quirinale, la loggia d’onore dove sfilano le delegazioni dei partiti quando il Colle le convoca perché c’è una crisi di governo. I quirinalisti sono tutti in stato d’allerta, i ‘mezzi’ pronti, “passiamo a Defcon 1” scherza un frequentatore del Colle, come si dice, nei film d’azione e di guerra (termonucleare) made in Usa quando si vuol dire che l’Apocalisse è vicina.

 

“Passiamo a Defcon 1”: la crisi corre verso il baratro

defcon1

War Games Defcon 1

Siamo a un passo dal baratro, dunque: la rottura e la conta, in Aula, al Senato. La crisi si è avvitata per tutto il giorno: la nuova bozza di Recovery plan, inviata ai partiti dopo ore di tensione e ‘irritazione’ tra Iv – esclusa dal vertice del giorno precedente, ma pure i 5Stelle erano ‘irritati’ col Pd e con Conte: il vertice è stato un paso doble tra Conte e il Pd – e gli alleati, non sembra soddisfare il partito di Renzi: “A una prima lettura è un maquillage, non una riscrittura”, dicono i colonnelli del renzismo. Il Pd avverte: Conte non è sostituibile, se Iv romperà, si andrà alla conta in Aula e poi eventualmente al voto. E’ la benedizione, controreplicano i renziani, dell’operazione “Responsabili” che “ha scelto Conte” e che starebbe decollando con l’obiettivo di spaccare Iv e sostituirla con un nuovo gruppo di ex azzurri e simili.

 

I dem: “Meglio governare con Carfagna che con Renzi”

mara carfagna

Mara Carfagna

Non è quello il nostro obiettivo – scuote la testa un ministro dem – ma è sempre più complicato uscirne, al di là delle volontà di ciascuno. Così salta il governo”. “Meglio governare con i Responsabili e la Carfagna che con Renzi sbotta un dem che, per di più, è un ex sindaco renziano. Uno spiraglio, assicurano i più ottimisti, ancora c’è: i pontieri sono, come sempre, al lavoro per aprire davvero il tavolo del confronto. Ma il tempo corre: una riunione di Conte con i capi delegazione dei partiti, stasera, dovrebbe siglare l’intesa sulla bozza del Recovery plan da portare in Consiglio dei ministri nelle ore successive, probabilmente sabato. Solo dopo si aprirebbe – questa la road map condivisa da Conte, Pd, M5s e Leu, ma non da Iv – il tavolo sugli altri temi del programma di governo la trattativa per il rimpasto. Ma Renzi insiste e intigna: vuole vedere tutte le carte insieme, vuole che Conte molli la delega ai Servizi e chiede che si riparta dalle sue dimissioni e da un Conte ter. Un iter cui Conte, come si sa, non è affatto disponibile. Ecco perché prevale il pessimismo e si ipotizza già la rottura in cdm con le dimissioni delle ministre renziane.

 

Il Quirinale attende le mosse altrui, ma non è inerte

mattarella s

Il capo dello Stato Sergio Mattarella

A quel punto sarà chiaro, osservano di rimando i contiani, che al dialogo offerto dal premier è stato Renzi a chiudere. Ma Iv non vuole il cerino della crisi: “Se si rompe, è per volontà di Conte che vuole sostituirci, Renzi lo dirà in Aula al Senato. Il Conte ter è già morto. Si va a nuovi governi”. I renziani ne sono sicuri, tutti gli altri, invece, per nulla.

A questa dinamica assiste il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in questa fase semplice ‘osservatore’ di una crisi che – ribadiscono al Colle – non è nelle sue mani. Il momento storico, con la pandemia che morde e il rilancio da preparare, sconsiglierebbe di aprire una crisi di governo, si ragiona in ambienti quirinalizi, ma se accadesse, in ambienti parlamentari vicini al Colle escludono che al capo dello Stato possa essere gradito un governo che nasca con il solo scopo di evitare le elezioni, il ‘governicchio elettorale’.

Vorrebbero un governo ‘vero’, al Colle, per rispettare tutte le scadenze indicate nel discorso di Capodanno (soldi del Recovery Fund da prendere, G20 da ospitare, pandemia e piano vaccini da affrontare, economia da far ripartire, etc.), ma se non sarà possibile, come sembra, dare vita a un ‘governissimo’ (l’opposizione non vuole, Draghi neppure), allora meglio andare al voto o avallare nuove maggioranze? Il dilemma, per il Colle, non è da poco, ma spiragli ci sono.

 

La novità è il Pd: apre al governo con gli ex azzurri…

Zingaretti Nicola

Nicola Zingaretti

Il voto è l’ultima carta. Eppure, il Pd ne agita lo spettro. Il vicesegretario, Andrea Orlando, ormai più ‘contiano’ di Zingaretti e più ‘quirinalizio’ di Franceschini, riconosce che sulle spalle di un gruppo di responsabili – ognuno mosso dai suoi interessi – nascerebbe una maggioranza ‘friabile, ma dice anche, come Bettini, che “dopo Conte ci sono solo le urne”. Un Conte ter coi Responsabili, scommettono i più, avrebbe vita breve e difficile, a partire dalle commissioni. Nicola Zingaretti nelle prossime ore, alla Direzione del Pd, convocata in via straordinaria, dovrebbe indicare l’obiettivo di un vero rilancio del governo, su programma e Recovery.

 

Gli alleati di maggioranza ora difendono tutti Conte…

zingaretti bettini

Zingaretti e Bettini

Ma la novità del giorno è che i dem avvertono Renzi che non farebbero le ‘barricate’ contro la nascita di un esperimento del genere, come invece detto fino al giorno prima. Goffredo Bettini – ormai auscultato come la Pizia, come l’Oracolo di Delfi, ormai parla più lui di Zingaretti, definisce Conte il ‘pilastro’ dell’alleanza giallorossa e avverte: “Conte è il pilastro dell’attuale alleanza che ha lavorato bene e che per il Pd non ha alternative. In caso di crisi saranno il Parlamento, e poi eventualmente gli elettori, a decidere se dovrà continuare a lavorare al servizio della Repubblica”. Traduzione: se cade si va alla conta in Aula e solo poi, casomai, al voto. Un repentino cambio di passo. Dato che larghe intese con Lega e FdI non sono possibili, assicurano i dem, non restano che allearsi cogli ex azzurri.
Ovviamente, anche tra le fila M5s sembra prevalere il ‘partito’ dei filo-premier, a costo di dover ‘cenare col Diavolo’ cioè con i berluscones tanto disprezzati e odiati. LeU, neanche a parlarne, sta con il premier e con il Pd. Gli alleati, dunque, scelgono Conte. A tarda sera circolano voci di una spaccatura (smentita dai renziani) dei gruppi di Iv e della nascita di un gruppo con centristi, Maie ed ex M5s, come abbiamo detto prima. Ancora a tarda sera, i conti non tornano, ma almeno tre renziani avrebbero bussato alla porta del Pd e i contatti tra Renzi e Berlusconi per preparare soluzioni alternative non sarebbero andati a buon fine. Uno scenario di unità nazionale potrebbe essere sostenuto dal Cavaliere, e anche dalla Lega, osservano fonti di opposizione, ma il Pd si è messo di traverso e anche FdI non ci starebbe. Altri scenari di altri governi sono fantasie.

 

In tale clima il ‘confronto’ sul Recovery è una farsa…

bellanova italia viva mai con salvini

Teresa Bellanova

E’ in questo clima che si prova a confrontarsi sul Recovery plan. Un lungo tira e molla che si protrae per ore, con il rifiuto di Iv di incontrare il ministro Roberto Gualtieri, che mercoledì aveva visto Pd, M5s e Leu, prima di aver letto la nuova bozza del Recovery. “Irritazione e sconcerto” fa trapelare la ministra Teresa Bellanova lamentando disparità di trattamento del suo collega verso Iv rispetto agli alleati. Ma dal Mef la risposta non si lascia attendere: è stata Iv a rifiutare il confronto, chiedendo prima di avere un testo in mano di cui discutere. Dispettucci tra (ex?) alleati. Nel pomeriggio, una bozza di sintesi viene inviata a tutti i partiti: “Non è il piano, solo una tabella e alcune linee che non danno risposte a nostre domande, dalla cybersecurity, alla governance”, lamentano subito da Iv come risposta. E aggiungono che sono sì aumentati i fondi alla sanità, ma spostandoli dai fondi per la coesione, extra Recovery, che sale a 222 miliardi, mentre i fondi per la sanità registrano un balzo in avanti decisivo, passando da 9 a 19,7 miliardi.

Sulla governance il ministro Enzo Amendola evoca un confronto in Parlamento che porti magari ad assegnare la delega – come suggerisce l’Ue nelle sue linee guida – a un ministro (e gira pure la voce impazzita che possa essere Renzi…), se non alla creazione di una struttura di missione.

 

Il rimpasto si allontana, la crisi di governo si avvicina

rimpasto

Il vero tema è uno solo: ‘rimpastino’ o ‘rimpastone’?

E’ una delle novità che potrebbe emergere da un rimpasto, se si trovasse una via per un accordo con Iv e una ripartenza del governo. Ma la soluzione minimal, quella che – senza aprire la crisi – porti a un ‘semplice’ rimpasto sembra ormai già la più difficile. Insomma, Conte è “disponibile – spiega un ministro dem – a cambiare alcuni ministri per un rimpasto ma non a dare le dimissioni”. Un sentiero stretto perché il percorso ipotizzato dai pontieri prevede sì il cambio di diverse caselle (un vicepremier – nel caso in pole Orlando o Franceschini, e ministeri chiave come Interni e Difesa), ma non le dimissioni formali davanti a Mattarella. L’esecutivo, con il presidente del Consiglio in Aula, si presenterebbe solo dopo alle Camere per la fiducia ma senza il passaggio formale del passo indietro del premier, e senza aprire, appunto, crisi formale e dar vita al Conte ter.

La soluzione hard, quella del confronto/scontro nelle Aule del Parlamento, prende invece ogni ora di più quota. Il Conte ter, se nascerà, non sarà quello che sognava Renzi, ma un ‘governicchio’ della maggioranza attuale senza Iv e con l’innesto dei Responsabili variamente assortiti tra ex M5s, cani sciolti, azzurri singoli e azzurri organizzati da Mara Carfagna e Renato Brunetta. I quali potrebbero presto diventare i nuovi compagni di viaggio di Conte&co. (grillini compresi, Pd entusiasta, sinistra-sinistra rassegnata) mentre Renzi va all’opposizione. Insieme al centrodestra. Sansone ha deciso il suo destino. Ora deve farlo Conte.

 

NB: questo articolo, in forma ridotta, è stato pubblicato sul sito di notizie Tiscali.it il 9 gennaio 2021.