“La mossa del gambero” è un’idea, ma perdente. Conte oggi si dimette. Il Colle: consultazioni lampo e nuovo incarico, ma a chi?

“La mossa del gambero” è un’idea, ma perdente. Conte oggi si dimette. Il Colle: consultazioni lampo e nuovo incarico, ma a chi?

26 Gennaio 2021 2 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“La mossa del gambero” magari è pure una bella idea, ma è sempre una mossa perdente. Conte stamattina sale al Colle per dimettersi, subito dopo il cdm delle 9. Consultazioni formali, ma anche lampo, tra mercoledì 27 e giovedì 28 con tutti i partiti e gruppi parlamentari. “Impensabile che Mattarella potesse non farle” si dicono, seccati e irritati, gli ambienti del Quirinale, dove si parla di “dimissioni dovute, ancorché tardive”. Oggi ha vinto “la mossa del cavallo” di Renzi che questo chiedeva: dimissioni e crisi formale ‘al buio’. Ma da domani in poi cosa succede? Scenari e attori di una crisi che, da oggi, passa nelle mani del Quirinale.

dimissioni giuseppe conte

Conte oggi sale al Colle a dimettersi

 

La decisione delle dimissioni in Conte è maturata solo ieri pomeriggio quando ha capito che: 1) i gruppi dei ‘Responsabili’ non sarebbero mai nati senza le sue dimissioni e un nuovo governo; 2) che sarebbe caduto su Bonafede, ministro che i 5Stelle non volevano immolare; 3) che il Pd era pronto a ‘mollarlo’ dal Pd e ‘riaprire’ a Renzi, vincitore di punto e set, ma non ancora del ‘gioco’.

Oggi Conte punterà a ottenere da Mattarella un reincarico, ma non è affatto scontato che le cose vadano così, anzi dalle consultazioni può uscire un nome che non sia il suo, o meglio ‘qualsiasi nome e anche qualsiasi nuovo governo sulla base di una qualsiasi nuova maggioranza’… All’orizzonte, ecco le cinque possibili strade: 1) il ‘Conte ter’, ma dal profilo ‘europeista’ e ‘liberale’, via nascita di nuovi gruppi di Responsabili, dai numeri ‘solidi’; 2) il Conte ter con il ritorno di Iv dentro la maggioranza; 3) un governo a guida Pd (Franceschini o Guerini) o M5s (Di Maio) con la ‘vecchia’ maggioranza, quindi con il rientro di Italia Viva; 3) una maggioranza ‘Ursula’ con Forza Italia e altri ‘liberali europeisti’, quindi pure Iv, ma ‘senza’ Conte; un governo di ‘salvezza nazionale’ con (quasi) tutti dentro; 5) il governo ‘elettorale’ solo per andare alle urne.

 

NB: la gran parte di questo articolo è stato scritto in forma originale per il blog, tranne – dove indicato – per Qn

 

Segnalo che, a questi due link, potete trovare due lunghi e articolati dossier sulle consultazioni precedenti a queste: 

LE CONSULTAZIONI DURANTE LA CRISI DI GOVERNO DEL 2018 (NASCITA DEL CONTE I, GOVERNO GIALLOVERDE)

LE CONSULTAZIONI DURANTE LA CRISI DI GOVERNO DEL 2019 (NASCITA DEL CONTE II, GOVERNO GIALLOROSSO)

1) “Il Big Ben ha detto stop”. Conte oggi dop il cdm si dimette…

il big ben ha detto stop

“Il Big Ben ha detto stop”. Conte si dimette…

Alla fine, per il sollievo di molti – nel Pd, nel M5s, etc., oltre che in Iv – si dimette. Lo farà oggi, in un Consiglio dei ministri convocato per le nove dopo che, per l’intera giornata di ieri, si erano rincorse le voci di una possibile salita al Quirinale già ieri, idea priva di ogni ‘grammatica’ istituzionale (il premier prima ‘parla’, primus inter pares, ai suoi colleghi del cdm, ‘dopo’ sale al Colle a dimettersi…). Alla fine, insomma, il ‘big ben ha detto stop’ esultano in Iv, pur restando guardinghi e pronti a tirare fuori la litania (finta) del ‘noi veti sui nomi non li mettiamo ma non accettiamo veti su Renzi e su Iv…”, ma anche dentro il Pd, dove ormai la ‘diffidenza’ e la ‘freddezza’ verso Conte, specie verso le sue ultime mosse, ‘caccia’ ai Responsabili, che non venivano mai fuori da giorni, in testa, è aumentata e tracimata di ora in ora, fino a quando, ieri, è esplosa. Una ‘eruzione’ sotterranea, come tutte le cose di casa dem, ma evidente: non solo le aree di Franceschini e Guerini, ma pure quelle di Zingaretti e Orlando, iniziavano a parlare della ‘necessità’ di ricomporre con Iv (e dunque con Renzi) e della ‘necessità’ che il premier facesse ‘un passo indietro’ per farne ‘due in avanti’. La famosa ‘strategia del gambero’ che, si sa, non ha mai portato nessuno da nessuna parte.

 

La ‘strategia del gambero’, però, non porta mai bene…

la strategia del gambero

La ‘strategia del gambero’, però, non porta mai bene…

In mattinata i fari di Palazzo Chigi erano puntati sulla riunione dell’Udc -nonostante la convocazione non fosse nota – nella speranza che da lì si gettasse il seme per un gruppo al Senato, cioè quei tanto cercati volenterosi da raccogliere sotto il simbolo dello scudocrociato centrista, per la nascita della tanto attesa ‘quarta gamba’ del governo. Ma il banco salta, l’Udc fa sapere che voterà contro la Relazione sulla Giustizia del Guardasigilli e boccia l’operazione Responsabili, senza se e senza ma, anche se la povera, e sola, senatrice Binetti continua invano a offrirsi (“Io ci sono, se il progetto mi coinvolge, io ci sono…”).

Ad aver accelerato la situazione, dopo la dead line di 48 ore inutilmente fissata domenica scorsa da Luigi Di Maio, è stato di certo il fallimento dell’operazione ‘allargamento della maggioranza’, con l’Udc e Forza Italia che si sono chiamate fuori da ogni ipotesi di sostegno al Conte II, oltre al nuovo appuntamento con i numeri di palazzo Madama sul voto sulla relazione del Guardasigilli Alfonso Bonafede, che lasciava presagire esiti non favorevoli per l’esecutivo.

Tutto inizia quando il Pd inizia a ‘mollare’ Conte (e l’M5s pure)…

goffredo bettini matteo renzi

Goffredo Bettini e Matteo Renzi (collage)

Ma il guaio è anche che il Pd, e da due giorni, sta ‘mollando’ Conte. Il Pd, anche quello più ortodosso, quello ‘nazarenico’, lancia disperai segni di dialogo: “Ora Renzi – osserva persino Goffredo Bettini, suo arcinemico fino a ieri come Orlando, Zingaretti, etc. – dimostri effettivamente di avere il senso non dell’errore ma un po’ del salto nel buio che lui ha procurato e incominci in Parlamento a dare qualche segnale, se ci sono delle aperture”. Conte, pur digiuno di politica, capisce che il terreno sta franando, ma che sotto la slavina rischia di restarci da solo, senza altri.

E non a caso, l’ipotesi che più ricorre quando si diffonde la notizia delle dimissioni è che si condizioni l’ingresso in maggioranza a una discontinuità segnata da un nuovo premier: girano i nomi dei dem Franceschini e Guerini, sicuramente graditi anche a Renzi, e ci si chiede se il M5s li accetterebbe. Potrebbe essere, però, che non vi siano, per i Cinquestelle, alternativa. Perché la sola alternativa al voto sono quelle larghe intese che non solo il Pd e il M5s, ma anche Lega e Fdi respingono con forza. Nel balletto del Quirinale, però, molte pedine possono ancora muoversi.

Una giornata di passione vissuta dall’interno di palazzo Chigi. Ovverossia, “cronaca di un pomeriggio di un giorno da cani…”

pomeriggio di un giorno da cani 1

Intanto sale la preoccupazione al Nazareno, e dentro il Pd, per un governo che i numeri, nei fatti, non li ha. Lo scivolone è dietro l’angolo, e nessuno – tra le forze di maggioranza- vuole correre il rischio dell’incidente in Aula. Il premier appare all’angolo. Il M5S riunisce i suoi ministri mentre si diffonde la voce di un Consiglio dei ministri in serata dove Conte, questa è la vulgata di ieri pomeriggio, “potrebbe annunciare la decisione di dimettersi” ma è falso.

Poco dopo, mentre i cronisti sono tutti assiepati fuori dal Palazzo – con il freddo che fa – pronti ad avvistare la macchina del premier che potrebbe dirigersi al Colle, ecco che arriva la notizia: il Cdm si riunirà domani, alle ore 9. Sul tavolo le dimissioni del premier che subito dopo andrà al Quirinale dal Presidente Sergio Mattarella. Consultazioni lampo che si terranno tra mercoledì pomeriggio (la mattina Mattarella ha la celebrazione del Giorno della Memoria e non intende rinunciarvi) e giovedì lungo tutto la giornata, cioè in meno di due giorni come già accaduto per quelle che, alla fine, videro la luce del Conte II a fine agosto 2019.

La crisi sanitaria che stiamo vivendo lo impone, si precisa dal Colle, dove però da giorni preparavano la sala della ‘nuova’ Vetrata (dentro quella vecchia e abituale fervono i lavori in corso) e ‘sorteggiavano’ i nomi degli assai pochi cronisti che, causa pandemia, saranno ammessi ‘a corte’.

Al Colle fervono i lavori per le ‘consultazioni lampo’

consultazioni lampo

Al Colle fervono i lavori per le ‘consultazioni lampo’

Dopodiché, salvo sorprese, il premier tenterà la strada di dare vita a un Conte ter, ma la scelta non sarà più solo sua. Alle consultazioni ogni gruppo e partito fa un nome, poi Mattarella pesca dal mazzo ‘il’ nome che, a suo parere – parere insindacabile e in-sindacato – gode di più chanches. Potrebbe essere Conte, ma non è detto che sia Conte…

In quella manciata di ore che separano oggi da domani, il presidente del Consiglio dovrà trovare i numeri che ha cercato disperatamente dopo lo strappo di Matteo Renzi, senza trovarli. Un’impresa che sembrava fattibile, ma che si è poi rivelata di gran lunga più complicata del previsto.

La vera, unica, speranza di Conte: lo spauracchio delle urne

urne

La vera, unica, speranza di Conte: lo spauracchio urne

La speranza, ora, è che il fantasma di una fine traumatica della legislatura – si legga come ‘ritorno al voto anticipato’ – induca molti a percorrere la strada della responsabilità. ”Il passaggio per il cosiddetto Conte ter è ormai inevitabile ed è l’unico sbocco di questa crisi scellerata”, è il messaggio che arriva dalle file del M5S, compatte su Conte, almeno all’apparenza, perché dentro molti vorrebbero ricucire con Iv anche a costo di ‘buttare a mare’ il premier e, magari, promuovere Di Maio “ormai parla come uno statista”, notano i suoi, in brodo di giuggiole a ogni intervista – a premier, con il tacito accordo di Zingaretti e pure di Renzi.

I congiurati sparsi in Pd e M5s ora spergiurano lealtà al premier…

conte ter

Il Conte Ter

Formalmente, ovviamente, i ‘congiurati’ giurano lealtà. “Il passaggio per il cosiddetto Conte ter e’ ormai inevitabile ed e’ l’unico sbocco di questa crisi scellerata. Un passaggio necessario all’allargamento della maggioranza”, mette in chiaro Il Movimento 5 stelle, che ‘blinda’ Conte. “Noi restiamo al fianco di Conte”, garantiscono i capigruppo pentastellati di camera e Senato Davide Crippa ed Ettore Licheri. E anche il Pd pare far quadrato attorno al premier.

Anche il Pd ribadisce il suo formale sostegno a Conte. “Con Conte per un nuovo governo chiaramente europeista e sostenuto da una base parlamentare ampia, che garantisca credibilità e stabilità per affrontare le grandi sfide che l’Italia ha davanti”, scandisce il segretario Nicola Zingaretti. Lealtà a Conte arriva ovviamente da Leu: “Conte è la persona giusta per guidare il Paese in una fase così difficile mentre Roberto Speranza dice: “Sono al fianco di Conte”. Parola di pretoriani del premier che temono, come twittava un preoccupato Arturo Scotto ieri notte, esponente di LeU-Mdp fuori dai Palazzi, teme “lo scivolamento a destra che un governo senza Conte inevitabilmente produrrebbe” (sic).

I ‘sinistri’ di Leu, ovvero gli ‘ultimi pretoriani’ di Conte

Leu logo

Logo LeU

Ma sono gli unici. Di ostacoli, su questo cammino del Conte ter, ce ne sono molti e il premier li ha bene in mente. Il primo, il più difficile da aggirare, è proprio rappresentato dal leader di Iv e da una maggioranza che, per quanto allargata, potrebbe avere numeri risicati, soprattutto a Palazzo Madama. Per Conte un ritorno con Renzi al governo è da escludere, l’unica via percorribile resta quella dei ‘Volenterosi’ con cui sostituire la pattuglia di renziani. Su questo, raccontano, il premier appare irremovibile.

Ma il Pd sembra non essere così indifferente alle sirene di Italia Viva. Almeno pezzi di Pd che stanno nei gruppi. Quando si parla di maggioranza ‘ampia’ si intende anche Iv? Ambienti parlamentari dem fanno notare che, se le dimissioni di Conte sbloccassero i nuovi gruppi a sostegno dell’avvocato, il rientro di Iv potrebbe essere gestito togliendo centralità a Matteo Renzi. Insomma, allargare la maggioranza per togliere la ‘golden share’ a Iv al Senato. Ma è un’arma a doppio taglio: il rientro di Iv al governo e in maggioranza sarebbe in pompa magna, a sirene spiegate. Per Conte lo smacco sarebbe pesantissimo, insopportabile.

I renziani provano a mantenere un ‘profilo basso’. Intanto, nel Pd e M5s si pensa a governi ‘senza’ Conte…

Pd M5S

Da ambienti renziani, ci si crede poco che la maggioranza ‘ampia’ possa fare a meno del gruppo di Italia Viva. E nella serata dell’annuncio delle dimissioni di Conte, da Iv si mantiene un profilo basso. Nessun ‘festeggiamento’ o rivendicazione su chi ha vinto. “Da parte nostra né veti e né preclusioni – si spiega – . Quanto scritto nel documento firmato da tutti i parlamentari Iv valeva prima e vale ancora di più oggi. Siamo per il dialogo e per confrontarci su come dare un governo più forte a questo Paese“, la frase retorica.

 

La diffidenza verso i propri partner di governo cresce pure a Chigi

Palazzo Chigi

Palazzo Chigi

Ma la diffidenza cresce di ora in ora, a Palazzo Chigi. Insieme ai dubbi che gli alleati di governo restino leali. Non a caso si fa spazio il timore che Conte, finora appoggiato fortemente da Pd e M5S, finisca per diventare il principale ostacolo di un nuovo governo a maggioranza invariata e che, dunque, i suoi ‘ex’ sostenitori a spada tratta – quelli del ‘o Conte o morte’, ritengano che un’altra, nuova, figura, tuteli e rinsaldi meglio il ‘quadro’ della maggioranza attuale – un modo gentile per dire che sono pronti a ‘scaricarlo’…

Anche per questo Conte – convinto che i numeri ci siano, che la ‘quarta gamba’ possa essere in grado di sostenere il peso di una nuova maggioranza e un governo di ‘salvezza nazionale’, di salute pubblica, ma guidato da lui – resiste.

La scelta delle dimissioni non frena la caccia ai ‘gruppi’ parlamentari che dovrebbero costituire i nuovi Responsabili

Conte TER

Ecco perché la scelta delle dimissioni non ferma la caccia ai ‘Responsabili’. Anzi, offre a Giuseppe Conte una partita supplementare, dove basta un minimo errore per andare a gambe all’aria, ma tutta da giocare fino in fondo.‘Con il Conte ter si apre un nuovo scenario, tutto è ancora possibile, anche recuperare Renzi”, si lascia scappare un ‘pontiere’ impegnato a trovare i ‘numeri’ necessari per andare avanti. “La notte è lunga”, scherza un parlamentare azzurro di lungo corso e che ne ha viste tante. Rinviando a oggi la salita al Colle, Giuseppe Conte guadagna tempo prezioso, un’altra notte appunto, per provare ad allargare la maggioranza il più possibile. Fermo restando che da oggi ci sarà il Capo dello Stato come arbitro insindacabile per tutti.

I gruppi ‘contiani’, alla Camera e al Senato, raccontano, ”sono in formazione”, assicura chi ci sta lavorando in queste ore. A palazzo Madama, in particolare, si parla di 9-10 parlamentari fortemente ‘tentati’, che si aggiungerebbero agli azzurri Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin, che hanno già votato la fiducia al governo. Gli occhi sono sempre puntati su Forza Italia (2-3 gli ‘attenzionati’) e i ‘centristi’, ma non sull’Udc che da ieri si è tirata tutta fuori.

Resta l’interrogativo su cosa farà ‘Cambiamo’ di Giovanni Toti: ”Mai parteciperemo al Conte ter”, assicura il governatore ligure, che punta a un esecutivo di unità nazionale, ma i boatos parlano di forti pressioni nei confronti dei tre senatori ‘totiani’. C’è chi poi scommette che anche qualche ‘renziano’, impaurito dalla strategia kamikaze del suo leader: i boatos danno come ‘papabili’ 2-3 senatori, ma dentro Iv se la ridono (“Siamo stati compatti come non mai fino a ora e ti pare che cediamo proprio adesso?!”). Insomma, alla fine, i nuovi acquisti sarebbero tre/quattro. Troppo pochi per scavallare in agilità la soglia di sicurezza dei 161 voti che garantisce la maggioranza assoluta.

Una volta uscito dal Quirinale, in ogni caso, Conte avrà il quadro più chiaro della situazione e se farà un ”governo di altro profilo” e di emergenza nazionale, come gli chiedono i centristi che lo sostengono, porrebbe spuntarla, magari tirando dentro pure Italia Viva. Tutto dipenderà, però, da Matteo Renzi: “se lui vuole tornare sui suoi passi, non può pensare di ripartire da una posizione di forza come prima” dicono i contiani, “Nessuna chiusura all’ex rottamatore, ma non potrà certo tornare a dettare l’agenda a M5S e Pd”. Insomma, “Conte non potrebbe fare a meno di Renzi, ma neanche Renzi di Conte” è l’ultima speranza dei contiani, ma si basa su un assunto fallace, sempre lo stesso, e cioè che Renzi si ‘accontenti’ con un paio di poltrone ai suoi.


2) Guerini ammonisce Renzi e Pd: “E’ finito solo il primo tempo…”

guerini

Lorenzo Guerini

Infatti, mentre Pd e M5s navigano a vista, in preda a dubbi, ansie, timori, paure e persino forti conati di vomito, c’è Renzi che esulta, sorride perché ‘la partita l’ho vinta io’.

Forse, però, Renzi ha parlato troppo presto e, in ogni caso, non dovrà fare i conti solo con il Nazareno, ma pure con gli ex renziani come quelli di Lotti&Guerini (Base riformista), oltre che i franceschiniani (Area dem), i Giovani turchi, etc.

Il concetto base delle leggi della Politica ‘dorotea’ – nessuno può dirsi vincitore, aspettiamo, wait and see – lo enuclea un ex diccì di lungo corso come Lorenzo Guerini. E lo dice, il ministro alla Difesa, mentre è in volo verso Herat, dove oggi incontrerà il contingente militare italiano per un avvicendamento nel comando Usa e Interforze della missione militare Onu in Afghanistan di cui l’Italia fa parte in quello che, in un senso o l’altro, sarà il suo ultimo impegno da ministro e il suo ultimo impegno istituzionale. “E’ finito il primo tempo – spiega – ma ancora non è iniziato il secondo. Ho parlato sia con Renzi che con Conte, a lungo, cercando sempre di far prevalere la ragionevolezza e la coesione, perché il mio ruolo è quello di mediatore. Ma le cose sono andate come sono andate, cioè male, e per colpa di tutti, anche nostra, del Pd. Potevamo e dovevamo essere più incisivi e lasciarci aperte più possibilità di quante sembrava. Ma ormai è andata così. Per fortuna siamo nelle sagge mani di Mattarella. Ora, dopo le dimissioni di Conte, però, serve un percorso ragionato e ordinato. Per fortuna c’è il Colle che ci guida, dobbiamo affidarci alla sua mano. Io? Non dispero. Anzi, vedo la possibilità di far nascere un vero governo dai solidi tratti europeisti, moderati, atlantisti e liberali, che abbia come orizzonte di cose da fare il Recovery Plan e come confini la Nato e la Ue, non altri… Conte potrebbe essere lui, il premier di tale nuovo governo – ammonisce Renzi e tutti gli altri protagonisti della partita sempre Guerini, mentre scruta carte militari e visita truppe – ma non è detto che lo sia. In ogni caso, ripeto, serve un percorso ordinato e coordinato, anche tra noi democrat, anche nella mia area, Base riformista, come ripeto ai miei”.

E Base riformista, come dimostrano i ‘pesci pilota’ Alfieri e Romano (il capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci, “ormai parla solo per sé” dicono e sottolineano dentro Br), sta cercando, con grande rispetto anche verso il Nazareno (dal quale la dividono le idee sul voto anticipato come pure l’idea di fondo di una futura alleanza organica con l’M5s), ce la sta mettendo tutta, per governare questa difficile crisi. Poi, magari, potrebbe ritrovarsi con Guerini agli Interni, o persino con Guerini premier (lui nega, e molto duramente, ogni suo interesse a tale ipotesi e scenario), e rafforzarsi, oppure rischiare di essere schiacciata, dagli zingarettiani, su Conte e precipitare verso la strada del voto, ma si vedrà poi. Una prospettiva rispetto cui, però, Guerini è corazzato: “la ingenuità non è una virtù, in politica, e non è neppure una virtù tanto cristiana…” (e chi vuol capire, nel Pd, capisca).


  

3) Renzi si sente il vincitore della partita e carica i fedelissimi

Nb: questo articolo, in forma più breve, è stato pubblicato sul Quotidiano nazionale il 26 gennaio 2021

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Point. Game. Set. Match (gioco, partita, incontro, ndr.)” dice un soddisfatto Matteo Renzi ai suoi, appena appresa la notizia che oggi Conte salirà al Colle per rassegnare le sue dimissioni. Esattamente quello che chiedeva Renzi da mesi: dimissioni, consultazioni formali, apertura di crisi ‘al buio’. Ed esattamente quello che Conte, da mesi, non voleva fare.

Insomma, l’ex ‘bullo’ si sente il trionfatore del momento e, in prospettiva, ‘l’ago della bilancia’ per risolvere la crisi. “Beh, dai, tutto si può dire tranne che Matteo non sappia far politica!”. La deputata renziana pasdaran gongola e sorride, parlandoti, anche perché ne ha ben donde, per una volta. “Voi tutti – redarguisce il povero cronista un colonnello di Iv – pensavate che Matteo fosse finito in un angolo, isolato, solo e costretto a vedere, ogni giorno che passava, l’emorragia dei suoi che se ne andavano. E invece ha fatto ancora una volta la mossa del cavallo e ha vinto! Perché Matteo non gioca a poker, sappiatelo, ma a scacchi!”.

I renziani sono, comprensibilmente, su di giri: Conte oggi salirà al Colle per dimettersi e il Quirinale non gli affiderà nessun incarico – pieno o pre o esplorativo – ma passerà prima per le consultazioni di rito. Per Renzi si tratta di una vittoria doppia e ‘col baffo’: Conte costretto a dimettersi e consultazioni formali in cui tre quarti dei gruppi politici e parlamentari ‘non’ faranno, a Mattarella, il nome di Conte.

Lo ‘stretto riserbo’ che Renzi si è imposto negli ultimi tre giorni

italia viva

Eppure, il leader di Iv ha passato l’intera giornata di ieri – giornata decisamente drammatica per le sorti del premier – in un curioso e stretto riserbo. Silenzio assoluto sui media, sui social, persino nei consueti ‘spin’ offerti ai giornalisti, se non per far trapelare il ‘ringraziamento’ a “Ivan, Teresa ed Elena (il sottosegretario e le due ministre che si sono dimessi, ndr.)” perché “Avevano e avevamo tutti contro ma siamo rimasti compatti e così siamo riusciti a portare la discussione sui contenuti”. Poi, la conferma, trapelata dal gruppo Iv al Senato, che il ‘no’ dei renziani su Bonafede sarebbe stato confermato, “anche se dal Pd, in cambio dell’astensione, ci farebbero ponti d’oro” e che “il gruppo è compatto, sul no, e senza defezioni”. Ecco, solo questo, ma è già tanto: infatti, la posizione rigida di Iv su Bonafede ha, oggettivamente, ‘accelerato’ la scelta di Conte di dimettersi.

Peraltro, anche per l’intero week end l’ex premier si era auto-imposto – per lui una sorta di autopunizione zen – un totale black out della comunicazione interna ed esterna. Tornato a Firenze, a casa sua, da cui è rientrato a Roma solo ieri sera, si era solo premurato di ricordare e incitare i suoi parlamentari – alcuni fedeli come Giovanni e Pietro, altri dubbiosi come Tommaso, altri in odor di far Giuda… – “ragazzi, se restiamo uniti siamo e saremo decisivi nella soluzione della crisi. Sia sulla mozione Bonafede che su quello che succederà dopo il Conte bis, in via di esaurirsi”.

“La crisi noi l’abbiamo aperta, solo noi la possiamo chiudere”

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“La crisi noi l’abbiamo aperta, noi la possiam chiudere”

“La crisi – concludeva Renzi nel messaggio ai suoi deputati e senatori, che oggi torneranno a riunirsi formalmente per affrontare sia i nuovi scenari di crisi che il caso Bonafede – la possiamo chiudere noi proprio come l’abbiamo aperta. Divisi, contribuiamo solo allo spettacolo indecoroso di questi giorni, al mercato delle vacche e delle poltrone che stanno offrendo a tutti, in Parlamento, non solo a noi. Uniti, invece, siamo una forza e decidiamo noi il futuro governo”.

Bellanova e Rosato, in tv, dicevano che “Iv non pone veti sui nomi, neppure su quello di Conte”, lasciando intendere che è pronta anche a un Conte ter di “salvezza nazionale”, ma l’obiettivo vero di Renzi è l’arrivo di un premier ‘altro’, a palazzo Chigi. Di Maio? Glielo aveva già offerto. Franceschini? Renzi non avrebbe problemi. Guerini? Idem, “è un amico”, sorride quando sente il suo nome. Draghi? E’ la prima scelta di Renzi e da mesi, lo sanno anche i sassi, e lui ne parla con tutti, parlamentari e giornalisti. Altri tipo Lamorgese o Giovannini? A Renzi vanno bene quasi tutti, tranne uno, che si chiama Giuseppe Conte e sedeva a Chigi. Intanto, da ieri, come un gatto che si lecca i baffi dopo aver mangiato e digerito il topo, Renzi si sta godendo la scena.


4) La scelta del Colle sui tempi della crisi, le consultazioni lampo e l’irritazione manifesta per dimissioni “dovute, ancorché tardive”

Palazzo del Quirinale

La scelta del Colle sulla crisi

“Ma pensavate davvero che al Colle siede un ignorante?!” Lo sfogo degli ambienti del Quirinale di fronte alla ‘tesi’ di chi pensava, a palazzo Chigi come dentro la maggioranza, di poter ‘fare a meno’ delle consultazioni e di poter ‘dare’ a Conte un incarico, pieno o dimezzato, solo ‘sulla fiducia’…

(NB. Questo articolo, in forma più succinta, è stato pubblicato sul Quotidiano Nazionale del 26 gennaio 2021)

Si va verso un Conte ter con i neo-Responsabili o con Iv? Verso un governo di salute pubblica o responsabilità nazionale, cioè un governo istituzionale? Oppure si va verso un governo elettorale che porterà il Paese al voto? E, ognuno di questi governi, guidato da chi? A oggi non si sa. La sola cosa certa è che si terranno formali consultazioni. Il Capo dello Stato vuole ‘guardare in faccia’ e ‘negli occhi’ tutti i protagonisti – in positivo e in negativo – dell’attuale crisi di governo, che solo da oggi sarà aperta in modo formale, e chiedere loro: “cosa vuoi, tu Renzi, e la tua Iv? Un Conte ter? Un governissimo? E tu, caro Berlusconi? E tu, Pd, appoggerai solo Conte o appoggeresti anche altri?”. Idem per i 5Stelle e per tutti gli altri gruppi parlamentari.

Mattarella vuole ‘guardare negli occhi’ i protagonisti della crisi e chiedere loro cosa pensano ‘davvero’ per cercare di risolverla…

Sergio Mattarella

Mattarella sa che il Paese è a rischio

Ergo, il percorso, nella testa di Sergio Mattarella, è chiaro: dimissioni di Conte – “dimissioni arrivate troppo tardi, cui è stato costretto dall’evidenza dei fatti, la consapevolezza che non aveva i numeri né i gruppi, al Senato, su Bonafede, dunque dimissioni tardive, ancorché dovuto, che hanno irritato il Presidente, che a Conte le aveva già chieste il 20”, nota una fonte molto vicina agli ambienti del Quirinale – consultazioni di rito, incarico a Conte oppure a mister ‘X’, il che dipenderà dall’esito delle consultazioni medesime.

“Ma pensavate davvero – sbotta un frequentatore assiduo dei corridoi del Quirinale – che un custode rigido e scrupoloso della Carta costituzionale, nonché professore di diritto costituzionale, come Sergio Mattarella possa affidare a un premier che sale al Colle per presentare le proprie dimissioni da presidente del Consiglio una qualsiasi forma di reincarico (pieno, esplorativo, pre-incarico, etcetera, etcetera, ndr.) senza passare per le consultazioni di rito?!”.

Il premier si è dovuto ‘fare una ragione’ della fermezza del Colle. Conte ha perso il suo vero, e unico, ‘Lord Protettore’?

giuseppe conte

Il premier Conte

Ecco, meglio pensare di no, e farsene una ragione, nei panni del premier fino a ieri in carica e da oggi dimissionario che invece, nella strada delle ‘dimissioni-niente consultazioni-reincarico’ ci aveva creduto eccome. “Ma un premier che ha la maggioranza non si dimette e va a prendersi la fiducia nelle Camere sicuro di averla – ribattono dal Colle – mentre un premier che non ha la maggioranza viene qui, si dimette, ma sapendo che, dopo, non è detto che si sia per forza lui, perché ci sono le consultazioni di rito con tutti, qui da noi”.

Insomma, a differenza della vulgata fin qui troppo diffusa, durante una crisi strisciante e mai ‘formale’ (formale, la crisi, invece, lo diventerà eccome, ma a partire da oggi), “le consultazioni – prosegue un’altra fonte quirinalizia – non sono scritte nero su bianco dentro la Costituzione, è vero, ma fanno parte della prassi e storia repubblicana. Non è che si possono tenere ‘al telefono’ o ‘via What’s App’ come qualche geniale ‘consigliere’ di Conte credeva di fare…”.

Ergo, oggi Conte – come pure i suoi sempre più scarsi e sempre più riottosi ‘trombettieri’ e ‘giannizzeri’ (ministri, pezzi di Pd e M5s), all’interno della (ex) maggioranza di governo, quella che dalla rottura di Iv di fatto non esiste più – si dovrà rassegnare a fornire dimissioni ‘al buio’ senza alcuna certezza, né politica né tantomeno istituzionale, che – dopo le consultazioni che si terrà al Colle in due, rapidi, giorni, mercoledì e giovedì – avrà in mano un reincarico. E, cioè, esattamente quello che non voleva, l’attuale premier, e cui, invece, mirava il suo ‘nemico numero 1’ Matteo Renzi: dimissioni, crisi al buio, nessuna certezza di un reincarico. Tutto il resto, dunque, è ‘letteratura’, speculazione politica.

Conte ‘obbligato’ a quanto gli aveva chiesto, da mesi, Renzi: dimissioni formali, consultazioni, crisi ‘al buio’… Un disastro.

Conte al telefono

Conte al telefono

Resta, però, irrisolto il busillis che si pongono i quirinalisti, genere giornalistico abituato a spaccare il capello in quattro. Si va, per dire, verso il re-incarico a Conte, cioè un Conte ter, come spera di ottenere oggi il presidente del Consiglio? Ma ci si va con una maggioranza di ‘neo-Responsabili’ rappattumata alla bella e meglio – gli ormai tanto ricercati e poco trovati ‘Volenterosi’ europeisti, moderati e socialisti che però allo stato scarseggiano – poco più ampia dell’attuale? O con una maggioranza ‘Ursula’, con dentro FI, in quanto tale (Fi che però, in questo caso, dovrebbe rompere in via totale e definitiva con Lega e FdI: difficile), e anche Iv? O si va verso una ‘semplice’ ricomposizione della ormai ‘vecchia’ maggioranza, quella quadripartita (Pd-M5s-LeU-Iv), magari con una spruzzata di centristi?

Sono almeno cinque i possibili, e futuribili, scenari…

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Sono almeno cinque i possibili, e futuribili, scenari…

Ma soprattutto il Conte ter nascerà, nelle mani del Colle, con un incarico ‘pieno’ o con un incarico esplorativo (come pure è accaduto diverse volte, spesso però affidandolo a nomi di alto profilo istituzionale come i presidenti di Camera o Senato) o un ‘pre-incarico’ (esempio classico quello affidato da Napolitano a Bersani nel 2013)? Oppure, se Conte dovesse fallire nelle sue ‘esplorazioni’, si andrà verso un incarico affidato a un big del Pd (Franceschini? Guerini? I nomi) o dei 5Stelle (Di Maio?). Oppure ancora si va verso un governo di ‘salvezza nazionale’ o di ‘responsabilità istituzionale’ come chiedono Forza Italia e molti ‘piccoli’ di centrodestra e pure centristi, magari guidato dalla ‘riserva della Repubblica’ Mario Draghi? O si finirà verso le elezioni anticipate e, dunque, al Colle non resterà che dare vita a un governo ‘elettorale’, guidato da una figura eminentemente tecnica (Lamorgese? Cartabia? Cottarelli? Giovannini? Altri ancora? La fantasia, qui, non conosce limiti…) e di ‘garanzia’ per tutti i partiti  – opposizioni di centrodestra in testa che lo chiederanno – il cui solo compito è quello di accompagnare il Paese al voto?

Il Colle chiede due cose: “Maggioranza stabile e governo coeso”

Giovanni grasso

il portavoce del Presidente, il giornalista Giovanni Grasso

“Una maggioranza stabile e un governo coeso” ripetono, a tutte queste, e altre – infinite e affannate – domande dei cronisti, la voce quotidiana e più autorevole del Quirinale, il portavoce del Presidente, il giornalista Giovanni Grasso. Saranno questi i parametri con i quali Mattarella valuterà i passi che dovranno seguire alle dimissioni di Conte quando stamattina il premier salirà al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni. Il percorso non avrà grandi sorprese, dunque, anche se, nelle concitate ore di ieri, la fantasia di molte ‘fonti’ para-quirinalizie, politiche e giornalistiche si è esercitata fino a sera in scenari del tutto irrealistici, siderali.

“La prassi e i precedenti” – spiegano le fonti del Quirinale – prevedono che dopo le dimissioni del presidente del Consiglio il Capo dello Stato indica le consultazioni dei gruppi, che potranno essere accompagnati dai leader di partito o di coalizione. Saranno sicuramente “consultazioni lampo” – come lo furono nell’estate del 2019, quando nacque il governo Conte II o Conte bis – e molto probabilmente si terranno in un giorno e mezzo. Dovrebbero svolgersi, ma il condizionale è d’obbligo, tra il pomeriggio di mercoledì 27 gennaio (al mattino il Capo dello Stato è impegnato con la celebrazione della giornata della Memoria e non ha alcuna intenzione di rinunciarvi) e l’intera giornata del 28 gennaio: il pomeriggio del 27 sarà dedicato ai gruppi parlamentari più ‘piccoli’, il 28 ai grandi.

Il Quirinale procederà a consultazioni lampo, ‘a passo di carica’

sergio mattarella

Sergio Mattarella, durante le consultazioni

Certo, il passo del Colle sarà un passo di carica, assai svelto perché più volte il Presidente ha richiamato tutti gli attori politici e istituzionali a diradare rapidamente le incertezze, date le gravi urgenze sanitarie, economiche e sociali che incombono sul Paese, ma il sondaggio dei gruppi di Camera e Senato viene considerato da Mattarella “necessario e ineludibile”, anche e soprattutto per rispetto del Parlamento.

La giornata di ieri, del resto, è stata veramente convulsa e ha messo a dura prova anche i nervi del Colle: per molte ore sono circolate voci che anticipavano al pomeriggio di la salita al Colle da parte del premier. Come se molti commentatori e osservatori avessero dimenticato la ‘grammatica istituzionale’, quella che prevede che, prima di tutto, sia il Consiglio dei ministri a essere informato delle intenzioni del suo primus inter pares di dimettersi e che solo dopo questi salga al Colle per rassegnare le dimissioni.

Una giornata convulsa, ma resta la ‘grammatica’ istituzionale…

grammatica istituzionale

Grammatica istituzionale

Visto poi che non tutti, dentro l’attuale maggioranza di governo – quella al netto di Italia Viva, ovviamente – soprattutto per le ‘diverse’ opinioni tra Pd e M5s, ma anche quelle ‘interne’ ad entrambi i partiti – sono stati concordi sulla strategia da usare per evitare la crisi, alla fine Conte ha deciso di lasciare passare ancora qualche ora per far sedimentare la polvere e, secondo alcuni, anche per trovare qualche altro sostegno in Parlamento dopo la cesura delle dimissioni invocata da molti dei presunti ‘Responsabili’ che avrebbero dovuto corroborarne e rafforzarne il governo.

Ma una volta pronunciata la parola ‘dimissioni’ e rassegnate le medesime nelle mani del Colle, la crisi sarà anche formalmente – e finalmente, si può aggiungere… – aperta e la palla passerà al Capo dello Stato. I riflettori di scena, dunque, si sposteranno, a partire da oggi, da palazzo Chigi al Quirinale dove, nel giro di poche ore, saliranno i gruppi parlamentari, accompagnati – se lo vorranno – dai loro leader e segretari di partito (Berlusconi per gli azzurri, Zingaretti per il Pd, difficilmente Grillo per i 5Stelle, etc.).

Riflettori puntati su ‘chi sale’: nasceranno ‘già oggi’ nuovi gruppi parlamentari ‘già pronti’ per andare alle consultazioni?

riflettori

Riflettori puntati su ‘chi sale’: ci saranno nuovi gruppi parlamentari ‘già pronti’ per andare alle consultazioni?

Solo durante le consultazioni, dato anche che vi saranno ammessi solo gruppi formalmente costituiti in Parlamento. si capirà chi ha ‘i numeri’ per comporre una nuova maggioranza di governo e quale premier vorrà indicare.

Per capirsi: se entro oggi o domani non verranno costituiti, alla Camera, dove servono 20 deputati, come al Senato, dove servono 10 senatori e un simbolo depositato alle ultime elezioni, i più fantasmagorici gruppi di ‘neo-Responsabili’ (siano di Tabacci o Nencini poco importa), non avranno, questi gruppi, ‘diritto’ di salire al Quirinale. Caso diverso, invece, per i sottogruppi del gruppo Misto che si sono presentati, con un simbolo, alle elezioni: ecco perché vedremo sfilare i sottogruppi di ‘Noi con l’Italia’ (Lupi), Udc (qualcun altro dovrà andare al posto di Cesa), Cambiamo-Idea (Toti-Romani), dentro il centrodestra (oltre a naturalmente Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia). Invece, +Europa-Azione (Bonino-Calenda), Maie-Misto (Merlo), LeU (Fornaro-Depetris), Centro democratico (Tabacci), oltre naturalmente a Pd-M5s-Iv, dentro il centrosinistra. Più la presenza del gruppo Autonomie del Senato (Casini più le minoranze linguistiche) e Misto-Autonomie della Camera, mentre dei presidenti emeriti in vita, Giorgio Napolitano è ormai troppo malato per potersi permettere le consultazioni. Mercoledì, dunque, cioè il giorno riservato ai ‘piccoli’, si vedrà se sarà nata, per allora, anche una ‘gamba’ liberale, o socialista, o centrista o di altro tipo a sostegno di Conte…

“Le urgenze del Paese”, dirà Mattarella ai partiti, “non aspettano”

Matarella

“Le urgenze del Paese” dirà Mattarella “non aspettano”

Toccherà, in ogni caso, solo e soltanto a Mattarella, nel rispetto dell’autonomia e del ruolo del Parlamento e dei gruppi parlamentari, ‘scoprire’ le loro valutazioni per capire se sia possibile dare “una maggioranza stabile e un governo coeso al Paese, necessario per uscire dalla pandemia e per affrontare nodi ineludibili come il Recovery Plan, il G20, i nuovi rapporti dentro la Ue e con gli Usa, il piano vaccini” e tutti gli altri punti sollevati, dallo stesso Capo dello Stato, nel corso del suo ultimo discorso pubblico, quello di Capodanno, quando – fintamente da tutti applaudito e, dopo, inascoltato da tutti – inneggiò ai ‘Costruttori’. Una parola che – di questo si può essere certi – Mattarella non ha affatto gradito che sia stata impropriamente accostata a gruppi di ‘straccioni’, parlamentari ‘raccogliticci’, senza ‘arte né parte’ con cui Conte avrebbe dovuto puntellarsi. Costruttori – o, meglio, ‘Responsabili’ o ‘Volenterosi’, come li si voglia chiamare – mai arrivati, fino ad oggi. Ecco il perché delle dimissioni di Conte. Dimissioni che il Colle, abbastanza ‘stanco’ e ‘irritato’ prima dai ‘giochini’ di Renzi e poi da quelli di Conte, alla fine ha drasticamente preteso.


5) Il centrodestra. Salvini ‘non si fida’ di FI e centristi, i quali reggono a stento di fronte al governissimo che già fa capolino

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Dobbiamo restare uniti. Di fronte all’ipotesi di un Conte ter, Matteo Salvini ‘convoca’ un vertice di centrodestra per domani pomeriggio, dopo la salita al Colle del premier. Una nuova ‘war room’ per serrare i ranghi e provare a blindare la coalizione. Il pressing dei pontieri ‘contiani’ si farà ancora più forte nelle prossime ore per trovare più ‘responsabili’ possibili e nonostante le smentite, restano ‘attenzionate’ Forza Italia e i ‘piccoli’, a cominciare dai tre senatori ‘totiani’ di ‘Cambiamo’, guidati da Paolo Romani, che ieri ha ‘aperto’ a un Conte ter ma allargato alla ‘responsabilità’.

Il leader della Lega, insomma, non si fida e appena esce la notizia che Conte andrà domani a dimettersi e non oggi, prendendosi altro tempo per allargare la sua maggioranza, sente al telefono gli alleati e invoca compattezza. Salvini, riferiscono fonti, ha chiamato Giorgia Meloni e Antonio Tajani, ma anche Silvio Berlusconi, che, in una lunga nota, torna a escludere trattative per un soccorso al Conte ter.

Oggi, al summit di centrodestra per l’Udc, al posto del dimissionario segretario nazionale, Lorenzo Cesa, ci sarà il questore anziano del Senato, Antonio De Poli, presidente della piccola formazione centrista che, dopo un vertice di chiarimento in mattinata, si è tirata fuori dalla partita dei ‘Costruttori’. Oltre allo spettro dei ‘Responsabili’, Salvini proverà anche a ricompattare l’opposizione sulla ‘formula’ per affrontare la crisi: anche se fonti della Lega ribadiscono che c’è unità e “la linea della coalizione resta quella espressa pochi giorni fa al Quirinale”, il centrodestra resta diviso sulla prospettiva del ritorno alle urne, qualora dovesse fallire  il Conte ter: Salvini (stando alle sue parole) e Meloni continuano a spingere per le elezioni anticipate, mentre Berlusconi, appellandosi alla saggezza del Colle, vede un governo di unità nazionale con ‘tutti’ (quasi) dentro – ‘quasi’ perché la Meloni di certo direbbe e dirà di no mentre Salvini potrebbe essere convinto da Giorgetti e dall’ala ‘filo-Draghi’ della Lega (Zaia-Fedriga-Fontana, cioè tutti i governatori del Nord più un pezzo di partito) a convergere su un governo ‘nazionale’ e di ‘salute pubblica’.