“Una poltrona per due”. Renzi e Conte continuano a farsi la guerra, ma da oggi tutti parleranno solo con il Quirinale

“Una poltrona per due”. Renzi e Conte continuano a farsi la guerra, ma da oggi tutti parleranno solo con il Quirinale

28 Gennaio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“Una poltrona per due” che uno non vuole mollare e l’altro gli vuole togliere. Renzi e Conte continuano a farsi la guerra, una guerra fatta di nervi e di numeri. L’operazione Responsabili procede, seppur a fatica, e con effetti da tristissima pochade (di ieri lo scontro ‘tra vaiasse’ Lonardo-Rossi, di stanotte l’arrivo del senatore azzurro Vitali, che oggi però ci ha ripensato), ma ha l’avallo del Pd, che ‘presta’ i senatori per far fare numero ai Responsabili, oltre che quello del M5s. Renzi sospetta ci sia pure quello del Colle e la teme: permetterebbe a Conte di ottenere un incarico pieno, trovarsi una nuova maggioranza e sfidare Iv nelle aule, facendo nel frattempo una nuova campagna acquisti. Intanto, dopo FI, pure Salvini ‘apre’ al governissimo…

 

fare la guerra

Renzi e Conte continuano a farsi la guerra, una guerra fatta di nervi e di numeri.

 

 

Segnalo che, a questi due link, potete trovare due lunghi e articolati dossier sulle consultazioni precedenti a queste: 

LE CONSULTAZIONI DURANTE LA CRISI DI GOVERNO DEL 2018 (NASCITA DEL CONTE I, GOVERNO GIALLOVERDE)

LE CONSULTAZIONI DURANTE LA CRISI DI GOVERNO DEL 2019 (NASCITA DEL CONTE II, GOVERNO GIALLOROSSO)

L’ultima giornata dei cari, vecchi, boatos. Da oggi ‘parlano’ i partiti e il Colle ascolta. Da sabato, invece, ‘parla’ solo il Colle…

Palazzo del Quirinale

Palazzo del Quirinale

Oggi è giorno di ‘consultazioni’ importanti, quelle vere, forse quelle decisive: salgono al Colle i gruppi di Iv e Pd (in più ci sarebbe pure LeU, ma conta assai poco: ribadirà la sua lealtà a Conte…). Quali nomi farà Renzi, oltre Conte (che forse manco farà)? Di Maio, Gentiloni, Franceschini? E il Pd dirà ‘o Conte o morte’ o aprirà anche a governi non guidati dal presidente del Consiglio dimissionario? I pretoriani di LeU già pronti a entrare, ‘da sinistra’ (sic), nel partito di Conte. Ieri il toto-nomi impazzava. Incarico esplorativo a Fico. Incarico pieno a Gentiloni. Pre-incarico a Gualtieri.

La verità è che, non essendo mai stato sfiduciato alle Camere, si ripartirà da Conte, sempre che Iv non metta il suo veto, come chiedono Pd-M5s-LeU. Nel Pd regna una unanimità, finta di facciata, ma che per ora regge: Franceschini e Guerini hanno ottenuto una ‘mezza apertura’ di Zingaretti alla ricucitura con Renzi in base alla ‘politica della porta aperta’: riammettere Iv in maggioranza e dentro il governo in cambio di una maggiore stabilità e fiducia nell’esecutivo che Iv dovrebbe ‘garantire’.

Ma oltre al piccolo particolare che di Renzi, nel Pd, non si fida più nessuno, persino chi dovrebbe aiutarlo (Franceschini e Guerini soprattutto) lavora, come spiega chi lo conosce, “come chi cerca un lavoro e spera di non trovarlo…”. Traduzione: nel partito dice di ‘lavorare’ per ricucire con Renzi, ma in realtà spera che resti tagliato fuori da tutti i giochi, per proporsi come ago della bilancia, dentro e fuori il Pd, al posto suo, se non da premier.

Ma non ci sono solo i guai di casa dem, a complicare il quadro e la situazione. Anche i 5Stelle si sono spaccati come una mela tra chi vuole resistere sul nome di Conte (l’ala ortodossa di Di Battista-Lezzi-Toninelli) ma rompendo con Renzi e che si dichiarano pronti ad andare alle urne, con il Pd come alleato e con Conte candidato premier, e chi vuole ‘esplorare’ altre strade, da Di Maio a Fico o altri, senza dire di chi, nel M5s, è pronto a ‘bersi’ pure un premier del Pd, pur di non ‘andare a casa’.

Infine, ecco il centrodestra: solo la Meloni resta ferma, cocciutamente, sull’adagio, un vero urlo da ‘antemarcia’, “al voto! Al voto!”. FI farebbe carte false per dare vita a un governissimo, anche se a guidarlo fosse Belzebù, ma non può farlo da solo, deve aspettare che ‘maturi’ l’idea pure nella Lega, i ‘piccoli’ del centrodestra (i ‘totiani’, l’Udc, quelli di Lupi) lo farebbero anche se dovessero andare a braccetto con i ‘comunisti&grillini’, ma non possono andare avanti da soli, sperando che, dentro FI, qualcosa davvero accada. Ieri, in effetti, Salvini ha fatto delle ‘mezze aperture’, facendo capire che non c’è, sul tavolo, solo il voto anticipato, ma anche altro ove Conte dovesse cadere, come Salvini è sicuro che, venerdì, cadrà. Quale genere di ‘altro’? Il governissimo tanto invocato e guidato da Draghi e il cui sponsor è anche, dentro e fuori la Lega, il varesotto, amico di Draghi, Giancarlo Giorgetti.

CLAMOROSO: NEI RESPONSABILI ARRIVA IL SENATORE AZZURRO VITALI DI NOTTE, POI DI MATTINA CI RIPENSA…

Luigi Vitali

Luigi Vitali

Inoltre, sempre ieri, si è registrata ed è andata in onda la soap opera del neonato gruppo autonomo al Senato (alla Camera i ‘tabaccini’ fanno ancora fatica ad arrivare fino a venti, per ora sono solo 13) ma la NOTIZIA CLAMOROSA, giunta dopo l’adesione notturna – poi smentita e ripensata stamattina – ai Responsabili/Volenterosi/Costruttori/Europeisti del senatore azzurro Luigi Vitali, avvocato ed ex sottosegretario di Berlusconi, è che due o tre deputati azzurri potrebbero seguire la Polverini – di cui sono amici – nel gruppo di Tabacci alla Camera che così sarebbe a un passo da quota venti.

Stamane, però, ecco la CONTRO-NOTIZIA CLAMOROSA. Vitali ci ripensa, ha come un sussulto – di antica militanza azzurra, oltre che di personale dignità – e rivela di aver ricevuto due telefonate: una ‘degli affetti’, da parte del Cavaliere, e una ‘politica’, da parte di Salvini: gli chiedono di restare dov’è. Vitali, dunque – doveva essere l’undicesimo senatore del nuovo gruppo dei Responsabili – si ri-sfila…

Intanto, però, il gruppo del ‘fritto Misto’, quello del Maie-Centro democratico-Europeisti e che ha pure un sotto-nome, quello di ‘Italia 2023’ (il prode Raffaele Fantetti, registrò il marchio un mese fa, previdente e lungimirante, come un contadino da ‘scarpe grosse e cervello fino’…), è nato davvero, nonostante il parto sia stato molto travagliato. Gli ‘europeisti’, liberali-socialisti-democristiani etc. sono riusciti, infatti, a ‘dribblare’ il nuovo, e assai preciso Regolamento del Senato, ‘gabbando’ (o, meglio, facendosi e volendosi fai gabbare) la presidenza del Senato e la giunta per il Regolamento. Presidenza e Giunta che vieterebbero, in base al Regolamento, simboli elettorali non presenti alle ultime elezioni politiche e mancanza di eletti in quel ramo del Parlamento: si veda, sul punto, la dotta, utile e chiara analisi del professor Salvatore Curreri sulla sua pagina Facebook, nota che mi è stata segnalata dall’onorevole Stefano Ceccanti) ma evidentemente ‘qualcuno’ (solo al Senato? al Colle? Quien sabe…) ha chiuso uno o due occhi, al riguardo e permesso che il gruppo nascesse…

Il che ha provocato, e non a caso la forte arrabbiatura di Renzi che, con la nascita di gruppi forti di Responsabili, rischierebbe di diventare, dentro i nuovi assetti della maggioranza di governo, del tutto ininfluente e marginale, proprio ciò che vogliono e l’obiettivo che perseguono Conte, M5s e Pd, pronti a riprendersi Renzi solo se diventasse una tigre ‘docile’. In ogni caso ,pessima è stata la figura che ha dato di sé il nuovo gruppo al Senato: fino a martedì notte, mancavano due senatori, poi ieri mattina è scoppiata la lite tra ‘vaniasse’ napoletaneSandra Lonardo coniugata in Mastella, senatrice per grazia ricevuta, voleva introdurre nel simbolo la dicitura ‘Noi campani”mentre la ‘statista’ Mariarosaria Rossi (senatrice per ‘meriti di cura’, in quanto ex ‘badante‘ di Berlusconi…) si è opposta allo stremo all’idea, così che la Lonardo, alla fine, ha rotto ed è rimasta nel gruppo Misto.

Ma in questo modo ha lasciato un buco enorme che solo la ‘gentilezza’ (interessata) del Pd ha permesso di ‘sanare’. Il gruppo dem del Senato ha prestato ai Volenterosi la senatrice Roic, eletta in quota minoranza etniche (è slovena), la quale – poco avvezza alle tattiche di Palazzo – ha candidamente confessato di ‘io però resto nel Pd, eh?!”. Insomma, una tragedia che finisce in farsa, un piccolo dramma che diventa pochade, e delle peggiori, quello di ieri. Come Mattarella possa avallare gruppi siffatti nati così male non è ancora chiaro, almeno non a fan del Colle come noi. 

Detto tutto questo, però, come sempre sarà il ‘demiurgo’ che siede al Colle, il Presidente Sergio Mattarella, a decidere e decretare non solo a chi andrà il primo incarico per formare un nuovo governo e se ve ne sarà un secondo, fallito il primo, o le elezioni, ma che tipo di incarico sarà, con quali confini e consegne. Come recita un vecchio adagio quirinalizio, il Capo dello Stato ‘dorme’ per 7 anni, tagliando nastri, conferendo medaglie, ricevendo autorità e facendo viaggi, ma ‘si sveglia’ subito quando c’è una crisi di governo perché, nel caso, è lui a decidere e potere tutto.

Ma, dunque, come finirà? Il film è appena iniziato, ieri, e oggi se ne potrà vedere, sullo schermo, solo il primo tempo. Conviene, dunque, riavvolgere il nastro e riguardarlo bene.

 

1. Tutti gli scenari che si aprono a partire da oggi dentro e sotto il Colle e le tre tipologie di incarico: pieno, pre-incarico, esplorativo

sergio mattarella 1

Mattarella non ha bisogno di ribadire, perché l’ha ripetuto continuamente, è che occorre uscire al più presto da una situazione di incertezza

Chi verrà incaricato di formare un nuovo governo, dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella? Innanzitutto, bisognerà vedere se l’attuale presidente del Consiglio, da ieri in carica come dimissionario e per “il disbrigo degli affari correnti”, Giuseppe Conte, otterrà un nuovo incarico per formare un governo, che tipo di incarico otterrà, quando e se farà le sue consultazioni, quali esiti avranno e se, una volta accolto l’invito a formare l’incarico ‘con riserva’, tornerà al Colle per ‘sciogliere la riserva’ o invece per rimettere il mandato.

Anche a prescindere dal tipo di maggioranza ‘politica’ e, ovviamente, ‘numerica’ che Conte avrà in tasca e che dovrà dimostrare di godere (ci saranno solo i Responsabili, senza Iv? Iv e i Responsabili insieme? Iv senza Responsabili?), cambia molto, però, il tipo di mandato che può ricevere. Ovvio che, se Conte avrà ottenuto un mandato pieno, molto probabilmente cercherà di sciogliere la riserva in senso positivo, garantirà al Colle che ha i numeri per andrà avanti e chiederà di essere mandato alle Camere per una nuova votazione di fiducia. Conte, pur avendo cambiato per due volte in due anni maggioranza parlamentare, non è mai stato sfiduciato, o come suol dirsi battuto, in Parlamento e in nessuno dei suoi due governi, né Conte I né il Conte II. Quindi, si sentirà in ‘diritto’ di provarci, con buone ragioni.

Conte ter in base alla maggioranza uscente, ma con dentro Iv?

casellati fico

Casellati e Fico

Se invece il nome del premier venisse e/o verrà scartato, dalle indicazioni della gran parte dei gruppi parlamentari che saliranno al Colle, quali potrebbero essere le ‘carte di riserva’ da far entrare in campo il prima possibile, dopo, stante che saremmo ufficialmente entrati nel secondo giro di consultazioni, con il relativo allungamento dei tempi?

Il presidente della Camera Roberto Fico o la presidente del Senato, Maria Alberti Casellati, potrebbe essere investito di un incarico che, in gergo quirinalizio, è detto ‘esplorativo’. Il mandato esplorativo è un classico della prassi costituzionale e della storia repubblicana: di solito, è una carta che il Presidente della Repubblica cala se una crisi di governo si trascina avanti troppo tempo, o s’ingarbuglia, e bisogna far ‘maturare’ nuove condizioni e assetti politici.

Il mandato ‘esplorativo’, il ‘pre-incarico’ e l’incarico ‘pieno’

Casini

Pierferdinando Casini

Il mandato ‘esplorativo’, però, a differenza di un incarico ‘pieno’ – in tal caso è il presidente incaricato che ‘scioglie la riserva’, in senso positivo o negativo, risalendo al Colle – è un incarico dimezzato, depotenziato, quindi assai debole. Proprio come il ‘pre-incarico’, altra formula di rito della prassi. Potrebbe essere affidato a un leader centrista, stimato da tutti, come Pierferdinando Casini, per formare quella che da molti viene definita ‘maggioranza Ursula’ oppure a un esponente del Pd (Franceschini, Guerini, Gualtieri) per formare un governo sulla base della ‘vecchia’ maggioranza, quella quadripartita detta anche ‘giallorossa’. I precedenti, riguardo i pre-incarico sono assai meno: quello classico è il pre-incarico affidato da Giorgio Napolitano a Pier Luigi Bersani, che aveva ‘non vinto’ le elezioni 2013.

Il pre-incarico serve a far capire, al Colle come al premier pre-incaricato, se vi sono margini, o meno, per formare una maggioranza e, dunque, ottenere dopo un incarico ‘pieno’. Nel caso nascesse un governo di ‘larghe intese’, affidato a una personalità come Mario Draghi, è considerato scontato che l’incarico non potrebbe che essere ‘pieno’, con un premier incaricato che forma la sua maggioranza a colpo sicuro. Sennò, uno come Draghi, meglio non scomodarlo.


 

2. Pd e Iv provano a parlarsi, poi si riguardano in cagnesco. Renzi e Zingaretti nervosi se la prendono uno col Colle e l’altro col Pd…

renzi e zingaretti

Renzi e Zingaretti

(Nb. Questo articolo è stato pubblicato, in forma più succinta, sul Quotidiano Nazionale il 27 gennaio 2021)

 

“I rapporti tra Pd e Iv? Oggi fanno più schifo di prima”

pd iv

“I rapporti tra Pd e Iv? Oggi fanno più schifo di prima”

“Ricapitoliamo, altrimenti finiamo solo per fare confusione – dice, un po’ stanco, un deputato dem ex renziano a un suo collega di are nel cortile della Camera dei Deputati: deserto, buio e dove il freddo è polare – ‘Zinga’ (Zingaretti, nel Pd, lo chiamano così, con l’abbreviativo…, ndr.) sta con Conte, ma non dice più ‘o Conte o morte’ e neppure ‘o Conte o voto’. Giusto?”. “Giusto, gli risponde, perplesso, il collega, “ma c’è il rischio concreto dei veti incrociati tra Iv e M5s, poi c’è il nuovo gruppo dei ‘Responsabili’, ma non ci serve a un c., manco a fare numero, poi circola l’ipotesi di un governo Fico, ma è una c. perché così si perde solo tempo”. “La verità è che i rapporti tra Pd e Iv fanno più schifo di prima – geme di nuovo il primo nostro interlocutore – e che coi 5Stelle così spaccati, e LeU così prona al ‘duce’ Conte, rischiamo di non venirne a capo e scivolare verso il voto”.

Al netto del linguaggio scurrile, tipico dei maschi democrat, la verità è che, a ieri sera, nel Pd si navigava ancora a vista. Nessuno capiva dove Zingaretti stesse conducendo il partito né cosa volesse fare Renzi e neppure Franceschini, Guerini.

“Matteo e Nicola sono entrambi nervosi, ma per motivi diversi…”

nervoso

“Matteo e Nicola sono nervosi, ma per motivi diversi…”

Matteo è molto nervoso per l’operazione Responsabili che, a sentire alcuni spifferi, non solo Conte, ma anche il Colle sta avallando, anche perché teme che crescano di numero e che Pd e M5s possano fare a meno di lui o renderlo inoffensivo”, sbuffa un renziano ‘tiepido’ che si vuole tenere anonimo. “Nicola è molto nervoso perché sente la pressione di aree non sue (Franceschini e Guerini, ndr.) e dei gruppi parlamentari che non solo non dicono ‘o Conte o morte’, ma soprattutto negano il ‘o Conte o voto’ e, in cambio della possibilità di finire serenamente la legislatura, andrebbero al governo pure con Salvini…”, si lamenta un democrat ex renziano che conosce i polli del suo partito.

Oggi le due delegazioni di Pd e Iv saliranno al Colle e parleranno

Interni del Quirinale

Iniziano consultazioni anomale e blindate ‘causa Covid’

Salirà la delegazione del Pd (i due capigruppo di Camera e Senato, Delrio e Marcucci, insieme al segretario del partito, Nicola Zingaretti), oggi pomeriggio, al Colle, alle 18.30, e farà al Capo dello Stato un nome solo, almeno oggi, Conte. Poi, certo ove mai, Dio non voglia, Conte dovesse fallire nell’impresa, la Direzione del Pd – che ieri ha votato la relazione del segretario approvandola all’unanimità, in modo che, ai tempi del Pci, sarebbe stato definito ‘bulgaro’ – si ‘aggiornerà’ e, ‘chissà, magari, forse…’ prenderà in considerazione anche altri nomi rispetto al premier uscente.

Salirà, la delegazione dem, poco dopo quella di Italia Viva, il cui appuntamento al Quirinale è fissato per le ore 17.30. La guiderà, è ovvio, il senatore Matteo Renzi (Zingaretti, invece, non è parlamentare), accompagnato dai capigruppo di Iv a Camera (Boschi) e Senato (Faraone), più la ex ministra Bellanova. Renzi, a differenza del Pd, però, dirà che, per Italia Viva, sul piatto c’è il nome di Conte – nel caso nasca un Conte ter che veda il rientro a pieno titolo del suo partito in maggioranza – ma aggiungerà anche che “Iv non mette veti, e non vuole ne vengano messi su altri nomi” – come ha detto ieri, a chiare lettere, proprio la Bellanova.

Bellanova e Boschi ‘sparano’ i nomi di Di Maio e di Gentiloni. “Merda nel ventilatore” rispondono seccati e stizziti Pd e M5s

merda nel ventilatore

Bellanova e Boschi ‘sparano’ i nomi di Di Maio e di Gentiloni. “Merda nel ventilatore” rispondono Pd e M5s

Bellanova fa da ieri il nome del ministro degli Esteri Di Maio, “ma solo per bruciarlo” si issano sugli scudi i 5Stelle. Terrorizzati all’idea di subire il fascino del Demonio-Renzi, in serata la reazione del Movimento è durissima: “Renzi è tornato ad avere lo stesso atteggiamento che lo ha portato a una crisi incomprensibile e scellerata”, recita una nota ufficiale M5s che poi bolla Renzi come “irresponsabile”.

Solo minore nei toni, ma non nella sostanza, la reazione inviperita del Pd rispetto al fatto che la Boschi metta nel calderone del ‘totonomi’, con una intervista a Rete4, quello di Paolo Gentiloni. “Ma come si permette di tirare in ballo il nostro commissario Ue che Renzi voleva disarcionare?! Siamo alla solita merda messa messa nel ventilatore…” era il commento un-official più gentile che girava ieri sera.

La contraerea del Nazareno spara a raffica contro ‘aerei’ renziani

il nazareno sede pd

La sede del Pd al Nazareno

Commenti, però, più che altro, anzi soltanto lato Nazareno, i quali, pubblicamente, escono con una precisa ‘contraerea’. Prima parla il ‘pesce pilota’ Michele Bordo (pugliese e, soprattutto, unico ‘uomo’ fidato di Zingaretti alla Camera): “Dopo aver aperto una crisi al buio in piena pandemia, ora Italia Viva prova a destabilizzare i partiti della maggioranza con la Bellanova che candida Di Maio a Palazzo Chigi e la Boschi che propone Gentiloni. Quanto dobbiamo aspettare perché Iv la smetta di giocare per cominciare seriamente a pensare all’Italia?” chiude, con toni ‘para-grillini’, Bordo”. Dopo il vicesegretario, Andrea Orlando, anti-renziano in servizio permanente effettivo, ci mette il carico da undici: “E’ strano che persone avvedute e intelligenti (leggi Renzi, ndr.) sostengano che per superare una fantomatica e assolutamente inventata subalternità a M5s si possa indicare Di Maio a Palazzo Chigi”. Insomma, una giornata che era iniziata all’insegna del ‘disgelo’, tra un Pd che ‘non metteva veti’ sul ritorno di Iv in maggioranza e al governo e una Iv che ‘non metteva veti’ alla possibilità di un Conte ter, è finita, ancora una volta, a piatti tirati in faccia. Oggi, però, si ‘parra la nobilitade’ di entrambi i gruppi e partiti.

Ma almeno davanti a Mattarella dovranno dire ‘sì-sì’ o ‘no-no’…

Presidente sergio mattarella

Il presidente Mattarella

Renzi – nervoso perché ‘teme’ l’operazione Responsabili cresca nei numeri e apra la strada davvero al Conte ter – e Zingaretti – nervoso perché molte aree diverse dalla sua (Franceschini, Guerini, Orfini, parlamentari singoli, etc.) lo spingono pesantemente a ‘mollare’ Conte al suo destino e cambiare cavallo – al Colle dovranno usare parole chiare e ‘non biforcute’, ma di spirito evangelico: ‘sì-sì’ o ‘no-no’ dovranno dire, tradendo loro stessi. Perché sia Zingaretti che Renzi amano, invece, dire una cosa e pensarla un’altra. Ma quando il Capo dello Stato li guarderà negli occhi non potranno che svelare i loro piani e parlare, stavolta, chiaro.


3. Ancora un’impasse. Il ‘toto-nomi’ impazza, ormai, anche sul Colle più alto. Gli scenari – futuribili? – del post-Conte…

toto nomi

Ancora un’impasse. Il ‘toto-nomi’ impazza, ormai, anche sul Colle più alto

Il totonomi impazza, tra i Palazzi del potere, mentre le quotazioni del Conte ter perdono quota, visto che l’allargamento della maggioranza non decolla. E così si torna a parlare con insistenza di un governo politico guidato da un tecnico, sul modello dell’esecutivo Ciampi, ossia il governo guidato nel 1993 dall’allora Governatore della Banca d’Italia. I nomi che girano con insistenza per una soluzione di questo tipo sono quelli di Carlo Cottarelli, Ignazio Visco -per un vero e proprio ‘remake’ del governo Ciampi – Marta Cartabia e Luciana Lamorgese, con le due donne in pole, mentre l’ipotesi Mario Draghi sembra tramontare: in pochi credono che l’ex numero uno della Bce potrebbe mai accettare.

Ma il toto-nomi si fa più interessante quando si ragiona su un governo tutto politico, ipotesi che vedrebbe Conte col cerino in mano, tanto più se la maggioranza dovesse restare invariata. In questo caso, in cima alle quotazioni c’è senz’altro Luigi Di Maio. Il suo nome gira a tal punto da costringere il titolare della Farnesina a ribadire, con una nota, e ripetutamente, il suo pieno sostegno a Conte, per allontanare i dubbi di un suo interesse a prenderne il posto.

A tirarlo in ballo ci ha pensato anche l’ex ministra renziana Teresa Bellanova, che ha detto chiaramente, alle telecamere di Tgcom24, che Conte non è l’unico nome e che su Di Maio Iv non porrebbe alcun veto. Sempre sul fronte M5S, si fanno anche i nomi del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e del presidente della Camera Roberto Fico, che tuttavia accetterebbe – è pronto a scommettere chi gli è vicino – solo se il Colle lo mettesse all’angolo per uscire dalla crisi con un governo istituzionale, ma che ieri – in modo del tutto irrituale – ha ‘esternato’ con i giornalisti, uscendo dai colloqui al Colle: ma di solito, quando escono dalle consultazioni, i due presidenti delle Camere, tacciono per rispetto istituzionale.

Sul fronte del Pd, invece, circolano i nomi del segretario dem Nicola Zingaretti, ma anche del suo vice, Andrea Orlando, dei ministri Dario Franceschini, Lorenzo Guerini e del responsabile del Mef, Roberto Gualtieri, fino all’ ipotesi, circolata nelle ultime ore, e messa in giro da Iv del ritorno a Roma e a Chigi di Paolo Gentiloni.


4. “A che punto è la notte?”. La guerra dei veleni e il gelo tra Conte e Renzi permane e complica il lavoro del Colle. Sospetti su Di Maio. Voci su un mandato esplorativo a Fico

roberto fico

Voci su un mandato esplorativo a Fico

Zero contatti tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. E’ un dato di cronaca. Ma dà la misura di quanto sia avvitata la crisi. La situazione, osservano in ambienti del Quirinale al primo giorno di consultazioni, è “molto complicata”. In Parlamento si avvertono accenti ancor più preoccupati. Perché l’operazione Responsabili condotta finora è fallita: i gruppi di Italia viva sono e restano essenziali per formare un governo, ma Renzi e i suoi continuano a usare parole assai dure, danno corpo a chi sostiene che sostituire il premier uscente sia “l’obiettivo vero di Renzi”. Sia da Iv che dal M5s smentiscono che contatti siano in corso tra il senatore di Rignano e Di Maio per portare il ministro degli Esteri a Palazzo Chigi. Ma una fonte renziana a taccuini chiusi dice che “una sintonia ci può essere” su un nome alternativo a Conte. Quando ancora il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non è entrato nel vivo degli incontri con i partiti, in Parlamento si diffonde l’ipotesi che, per la difficoltà di comporre il caos nella potenziale maggioranza, il capo dello Stato possa affidare un mandato esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico.

Una voce, nulla di più. Anche perché, se l’obiettivo fosse far sedere allo stesso tavolo Conte e Renzi per provare a superare l’apparente incomunicabilità, il mandato esplorativo potrebbe essere affidato allo stesso premier uscente. In alternativa, se una maggioranza si materializzerà con più chiarezza, a Conte potrebbe andare un vero e proprio reincarico, con l’obiettivo di trovare l’accordo su un nuovo programma e una squadra di governo.

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Il capo dello Stato Sergio Mattarella

La delegazione di Iv al capo dello Stato dovrebbe ribadire la disponibilità a sedersi al tavolo di maggioranza, anche con Conte premier incaricato, “senza veti”, ma dovrebbe anche sottolineare l’assenza di contatti e segnali da Palazzo Chigi: “le nostre domande sono note, le risposte di Conte mai pervenute. Il nostro sostegno è legato a una forte discontinuità nel metodo e nel merito”, dice un renziano quando, a mezzanotte circa, finisce la lunga riunione, tenuta via Zoom, dei parlamentari di Iv tenuta ieri notte da Renzi.

Spiegheremo a Mattarella – aggiunge un senatore di Iv –i punti politici fondamentali per poter ripartire con una maggioranza e per un governo politico che possa tenere fino alla fine della legislatura, ma senza fare veti sui nomi”.

A Palazzo Chigi continuano a non fidarsi affatto di Renzi, anzi a pensare che abbia disseminato già il percorso verso il Conte ter di trappole, ma il barometro sulla possibilità di poter fare un tentativo vero sembra volgere un po’ più al positivo, anche perché gira voce di una trattativa in corso con un ‘big’ di Forza Italia (Renato Brunetta il sospettato) per il passaggio tra gli Europeisti. Ma, soprattutto, rassicura il discorso di Nicola Zingaretti durante la direzione Pd, che anche Conte avrebbe ascoltato in diretta streaming.

Il segretario del Pd, che ha favorito con un “prestito” del gruppo dem la nascita della quarta gamba “Europeista”, crede fino in fondo nel tentativo convinto per il Conte ter e tiene in campo – pur non auspicandolo – lo scenario delle urne, oltre a puntare il dito contro l’inaffidabilità di Renzi.

I dem sono divisi sulla imprescindibilità o meno di Conte, ma in una direzione assai stringata e preceduta da contatti serrati tra le correnti, convergono su una linea compatta per garantire un tentativo forte sul Conte ter. Su cosa fare se invece il premier uscente, ma probabilmente di nuovo incaricato, sabato, dal Colle fallisse, le idee divergono.

Anche Di Maio, che trascorre il pomeriggio a Palazzo Chigi, garantisce di non lavorare a subordinate, a tra i Cinque stelle c’è chi afferma che subordinate possibili ce n’è più d’una. La partita è lunga, le prime battute si giocano a carte coperte, serpeggiano sospetti e veleni in tutti i partiti. Il fatto che il Pd punti così decisamente su Conte, ad esempio, da alcuni alleati di maggioranza – di Iv e M5s – viene interpretato come una mossa per “mandare a sbattere” il premier. Tra i dem c’è chi teme che il vero obiettivo, d’intesa con Conte, del Nazareno sia andare alle elezioni.

Lo spauracchio delle urne sembra ancora quello in grado di scompaginare i giochi al ‘secondo giro’, se l’avvocato dovesse fallire. Renzi sarebbe pronto a sostenere Di Maio, non è un mistero, mentre Maria Elena Boschi rispolvera anche il nome di Paolo Gentiloni, che negli scenari più vari potrebbe tornare da Bruxelles per lasciare il posto a Conte proprio da commissario europeo in chiave ‘compensativa’.

In chiave “maggioranza Ursula”, invece, continuano a girare, nonostante le nette smentite dei diretti interessati, i nomi dei ministri Lorenzo Guerini e Dario Franceschini. E poi le opzioni tecniche, in chiave di larghe intese o di un governo elettorale: da Carlo Cottarelli a Marta Carabia. Ma sottotraccia si parla anche già di toto-ministri. Alessandro Di Battista potrebbe entrare al governo con un Conte ter e Fabio Panetta viene ‘quotato’ come ministro dell’Economia ma con quale premier è ancora un mistero.


5. Consultazioni: due giorni pieni, poi il Colle tira le somme. Le soluzioni ‘innovative’ che Mattarella potrebbe adoperare…

Consultazioni due giorni pieni

Consultazioni: due giorni pieni, poi il Colle tira le somme

Concluso il primo giorno di consultazioni, con la presenza al Quirinale di Elisabetta Casellati e Roberto Fico e una telefonata di Sergio Mattarella al presidente emerito Giorgio Napolitano, si aprono dunque, a partire da oggi, altri due giorni di sondaggi del Capo dello Stato con tutte le forze politico-parlamentari.

Dopo le dimissioni di Giuseppe Conte si è aperta infatti una crisi al buio: nessuna soluzione è già scritta e tutte le possibilità sono ancora sulla scrivania del Capo dello Stato. Il Presidente ieri ha chiesto ai presidenti delle Camere il dettaglio dei numeri parlamentari, mentre da stamattina chiederà alle delegazioni non tanto un giudizio sull’attuale premier, quanto piuttosto quali sono le loro intenzioni, quale premier propongono con quale programma e con quale maggioranza assoluta. Al momento M5s, Pd e Leu hanno annunciato che proporranno di nuovo il nome di Conte, per dar vita al cosiddetto Conte ter. Stessa proposta giungerà dal neonato gruppo, per ora formalizzato solo al Senato, Europeisti-Maie-Centrodemocratico. Ma per ora, se non giungeranno novità sui numeri, questi numeri non sarebbero sufficienti senza il sostegno anche di Italia viva.

Dunque bisognerà ascoltare cosa diranno i rappresentanti del partito di Matteo Renzi quando, oggi alle 17,30, varcheranno la soglia dei saloni degli Arazzi di Lille e del Bronzino dove, causa Covid, si tengono quest’anno le consultazioni, e non allo studio alla Vetrata, come al solito.

Fin qui le cose certe. Da oggi, però, si apre più di un ventaglio di possibilità. In linea teorica e pallottoliere alla mano, infatti, se Iv non ponesse alcun veto su Conte, nulla vieterebbe di incaricare il premier dimissionario già entro il fine settimana. Se invece da Iv giungesse un veto sul nome dell’attuale inquilino di palazzo Chigi, la crisi non avrebbe una soluzione immediata.

A quel punto la cassetta degli attrezzi del Capo dello Stato ha diversi strumenti usati nelle crisi passate e alcuni di questi strumenti – si pensi al mandato esplorativo con perimetro circoscritto (a Lega prima, M5s poi) concesso durante la crisi del 2018, sono stati ‘inventati’ proprio da Mattarella.

Dunque, se il Conte ter non avesse futuro, il Presidente potrebbe prendersi una rapida pausa di riflessione, potrebbe convocare un secondo giro di consultazioni, potrebbe dare un incarico esplorativo a una figura istituzionale (si parla di Fico ma è una notizia che ha origine dai partiti e non dalle istituzioni) o a una personalità che possa al termine dell’esplorazione aspirare a essere poi incaricato premier. Sullo sfondo, avvolto dalla preoccupazione del Quirinale, resta il fallimento di ogni ipotesi e il drammatico scivolare verso il voto anticipato.

Ma ieri si è svolta solo la prima puntata di questa crisi, le prossime tappe devono essere ancora tutte scritte e la situazione è ancora molto complicata: i partiti devono fare chiarezza e prepararsi a scoprire le carte davanti al Presidente dopo aver a volte usato un gioco di specchi nelle dichiarazioni pubbliche. Non a caso, il Presidente si è chiuso in un impenetrabile silenzio, rotto solo da un saluto ai giornalisti che, sempre causa Covid, sono ospitati questa volta nel salone dove solitamente si svolgono i giuramenti dei governi. “Ne approfitto per auguravi buon lavoro, e’ una situazione particolare ma siamo nel Salone delle feste” ha detto il presidente ai pochi cronisti sorteggiati per assistere alle dichiarazioni delle delegazioni in uscita dalle consultazioni. “Siamo tutti al lavoro per il bene del Paese, buon lavoro” ha affermato poi Roberto Fico prima di lasciare il Quirinale. Parole, di certo, non di circostanza, specie quelle di Fico che si sente l’incarico in pectore.