“Il Cencelli colpisce ancora!”. Il ‘Draghi Uno’ nasce con un sapiente mix di pochi tecnici e molti politici

“Il Cencelli colpisce ancora!”. Il ‘Draghi Uno’ nasce con un sapiente mix di pochi tecnici e molti politici

13 Febbraio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“Il Cencelli colpisce ancora!”. Come in un film di George Lucas, lo Jedi ‘è ritornato’ e ‘la Forza’ è con lui, ma il ‘lato oscuro’ esercita ancora grande potere e grande fascino…

manuale cencelli

Il manuale Cencelli

Fuor di metafora, il governo ‘Draghi Uno’ nasce grazie a un sapiente mix: (pochi) tecnici nei posti chiave e (molti) politici in ministeri non strategici, ma comunque di ottimo peso. Insomma, il Cencelli, nel senso del manuale, non muore mai! 

draghi record

Draghi da record

Oggi il presidente del Consiglio Mario Draghi, che ieri sera, salendo al Quirinale, ha sciolto la riserva sulla formazione del suo nuovo governo e che ha illustrato e presentato la lista dei ministri del suo governo al Capo dello Stato, che ha controfirmato i decreti di nomina per ogni dicastero del governo, giurerà sempre nelle mani dello Stato, Sergio Mattarella, nel salone delle Feste del Quirinale. In questo modo si chiude, dopo diverse settimane, la crisi di governo che si era aperta il 4 febbraio. 

Qui un esame delle crisi di governo e le loro possibili soluzioni individuate nel tempo e nella prassi costituzionale e parlamentare: Dizionario della crisi di governo 2019/3. Curiosità, formule politiche, riferimenti storici e statistiche

Subito dopo un breve ricevimento, il governo si sposterà a Palazzo Chigi, dove si terrà la prima riunione ufficiale del governo e, quindi, il primo Consiglio dei Ministri. Non prima, però, di aver rispettato il rito della ‘cerimonia della campanella’ che segna il passaggio di consegne tra premier uscente, e già dimissionario (nella fattispecie Giuseppe Conte), e premier entrante (Mario Draghi).

Qui un elenco più ragionato dei passaggi formali che attendono il nuovo premier: “Il mio nome è ‘la Sfinge’…”. Draghi sale al Colle, ma non parla: ecco perché i partiti tremano

Per mercoledì 17 febbraio e giovedì 18 febbraio della prossima settimana, invece, sono stati fissati gli appuntamenti del nuovo governo al Senato della Repubblica e alla Camera dei Deputati dove il governo si presenterà per la votazione di fiducia da parte delle Camere, voto che non presenta patemi o problemi, visto che oltre tre quarti delle forze parlamentari voteranno a favore del governo. 

Qui in ogni caso, un calcolo dei numeri, possibili e impossibili: “Diamo i numeri!”. I conti sulle possibili e impossibili maggioranze pro-Draghi in Parlamento e le loro ‘fatal combinazioni’…

Disanima di un governo: quota per quota, partito per partito e ministro per ministro. La Seconda Repubblica è finita, la Terza non è mai nata, ma la Quarta, quella ‘draghista’ o ‘draghiana’, è un ircocervo. E, sotto la cenere, cova il fuoco…

 NB. questo articolo è tratto da un medesimo articolo pubblicato oggi, 13 febbraio 2021, sul Quotidiano Nazionale

Brigate_Rosse_simbolo

Il simbolo delle Brigate Rosse

La ripartizione è perfetta, cristallina, “di geometrica potenza” se il paragone con la famosa frase con la quale le Brigate Rosse annunciarono il rapimento Moro non fosse irriverente, anzi blasfemo. Lo schema – una sorta di schema da ‘allenatore nel pallone’ – recita che la squadra di Draghi, sul fronte della politica (la politique politicienne l’avremmo definita, una volta…) gioca con un 4-3-3-3-1-1, anche se è ancora da capire se trattasi di ‘catenaccio all’italiana’, modello Valcareggi e Vicini, o di ‘calcio totale all’olandese’, modello squadrone smunte del ‘bel gioco’ capitanato da Cruijff .

Johan Cruijff

Johan Cruijff

Risultato della ‘partita’: 15 politici e 7 tecnici, con una quota rilevante ma non imponente di donne (tre tecniche e cinque politiche) rispetto a quella degli uomini (cinque tecnici e dieci politici). 

NB: in questo articolo affrontiamo solo e soltanto il ‘nodo’ dei ministeri politici e NON anche di quelli tecnici…

renzi draghi

Renzi, di fatto, ha perso al 90 esimo la partita della vita che, finora, aveva vinto con una goleada

In ordine di importanza e scendendo poi giù giù pe’ li rami’ lo schema appena citato dice che ben quattro ministeri vanno ai 5Stelle, il partito più grande, tre vanno a tre partiti medi (Pd-FI-Lega), uno a testa ai due partiti piccoli (Iv e LeU), ma con una bella differenza: il ministero di Iv (Famiglia) è un fuscello (Renzi, di fatto, ha perso al 90 esimo la partita della vita che, finora, aveva vinto con una goleada), di nessun peso specifico né importanza, oltre che senza portafoglio, quello ri-dato a LeU (la Salute) è pesantissimo: è un mega-ministero di spesa e capita durante una pandemia…

I piccoli, tranne LeU, non ‘godono’: Iv penalizzata, +Eu senza nulla

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Nicola Frantoianni

LeU, ovviamente, ha di che sorridere: ‘conferma’ Speranza – sul quale, come pure sui quattro dicasteri ‘classici’ (Interni, Esteri, Difesa, Giustizia) si pone la mano del Colle, il quale, su questi cinque nomi ha chiesto continuità – che è anche, va ricordato (il che di solito non avviene…), segretario del troncone più grande e consistente dentro LeU (quello di Mdp-Articolo Uno dei vari D’Alema&Bersani), oggi in lite con l’ala ‘radicaleggiante’ e di ‘sinistra-sinistra’ di Sinistra Italiana che, guidata da Nicola Fratoianni, ancora a ieri non ne voleva sapere di dover appoggiare Draghi, ma che rischia di appiattirsi sulle posizioni estremistiche e sterili di partitini come il Prc, il Pc di Rizzo, etc.

E così, LeU esulta – dopo aver ‘schifato’ per settimane anche solo l’idea di un governo con la Lega –  mentre dentro Iv schiumano rabbia: “Ci hanno fregato, a noi e a Matteo” è il commento più gentile. Renzi, con i suoi, parla di “diversi problemi, con questi nomi“. Il leader di Iv non ne fa, di nomi, ma è facile correre con il pensiero alle presenze di Franco (Economia, ndr.) e Garofalo (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ndr.) con cui Renzi, quando era premier, si è scontrato più volte (anche i 5Stelle, contro questi due ‘gioielli’ di Bankitalia, in prestito al Mef, ci avevano dato dentro, durante il loro primo governo, quello gialloverde…), ma soprattutto su quella del dem Orlando al delicato e importante ministero del Welfare – Renzi sperava che la sua Bellanova potesse aspirarvi – e anche sulla presenza di Enrico Giovannini (ex sodale di Enrico Letta) alle Infrastrutture e Trasporti  non lo rende sereno, anzi gli fa dormire sonni inquieti. Pure la consolazione di vedere ‘un amico’ come Stefano Cingolani, il neo-ministro al neo-ministero della Transizione Ecologica è relativa.

Elena Bonetti

Elena Bonetti -Italia Viva

Renzi ha creduto, fino alla fine, nella presenza di Ernesto Maria Ruffini, in un dicastero economico. E invece ecco che, per Iv, spunta uno solo debolissimo dicastero, la Famiglia per Elena Bonetti. Povera prof! Doveva tornare all’università e, dunque, a un sostanziale anonimato e invece che torna prepotentemente alla ribalta con un altro ministero a lei affidato. Renzi vede anche ‘azzoppata’ la corsa verso migliori destini della sua fedelissima pasdaran, Teresa Bellanova, ma non c’è riuscito. La Bellanova resta una – ingombrante – senatrice, dato che il gruppo ha già un capogruppo, Faraone, e la Bonetti – assai più impolitica e molto poco smaliziata – dovrà attendere per tornare ai suoi studi (a differenza dell’avvocato professor Conte, che ai suoi studi ora ci dovrà tornare, e pure per forza). 

Insomma, davvero ‘poca roba’ prende Renzi, pur essendo chi, come il leader di Iv, ha permesso che il governo Draghi nascesse e, soprattutto, che il governo Conte due morisse. Senza tale atto ‘politico’, infatti, il governo Draghi, semplicemente, non sarebbe nato. Ma – così si dice – tutti gli altri partner di governo, con Iv, nell’ex governo Conte, dal Pd al M5s, passando per LeU, hanno voluto far ‘pagare caro’, a Renzi, il suo duro strappo. Curioso, però, che Draghi non abbia mostrato alcuna gratitudine…

Draghi annuncio governo

Il Premier Draghi annuncia la squadra di governo

Ma lasciamo, per un attimo, da parte o meglio sullo sfondo Iv – un piccolo partito, alla fine – e invece guardiamo tante aspettative, speranze e desideri che l’attesa del governo Draghi aveva accumulato nei partiti ed esaminiamoli uno a uno. Per quanto riguarda il  partito più grande, i 5Stelle, è vero, ‘tengono’ le posizioni, ma sono pur sempre il primo partito italiano, dentro il Parlamento, e prendono molto poco, quantomeno rispetto ai due governi precedenti (Conte Uno e Conte due), in cui avevano fatto man bassa di posti (e che posti!), e perdono anche in quanto a peso specifico dei singoli posti.

‘Miracolo’ in casa dem: tutte le correnti sono felici e contente

pd forza italia lega

Tre ministeri ciascuno vanno a Lega, Pd e Forza Italia

Tre ministeri ciascuno vanno a Lega, Pd e Forza Italia. Tre partiti che vengono messi tutti e tre sullo stesso piano, anche se, tra loro, i rapporti di forza, dentro le Camere, sono assai diversi (Lega in testa a tutti, segue FI, Pd ultimo) il che è un dato di fatto numerico che fa storcere il naso alla Lega.

I rapporti di forza, però, che sono stati stabiliti ora, con il governo Draghi, privilegiano Pd e FI sulla Lega. Infatti, guardando meglio alle ‘caselle’ dei tre partiti, le differenze balzano subito all’occhio. Il Pd prende fior di ministeri ‘di peso’ (il Lavoro, soprattutto, e anche la Difesa, ma pure la Cultura è un dicastero per nulla disprezzabile) e, soprattutto, riesce – in una sorta di ‘miracolo’ collettivo figlio dell’impegno, della tenacia e della costanza che ci ha messo il Nazareno e il suo segretario – a bilanciare in modo perfetto, dal punto di vista algebrico e insieme politico, le sue tre aree principali.

Lorenzo Guerini nuovo ministro alla difesa

Lorenzo Guerini, ministro della Difesa

Alla Difesa resta Lorenzo Guerini, m su precisa richiesta del Colle, però,  il cui nome è stato a lungo in bilico, ieri, perché sembrava che il Pd ‘non’ avesse messo, nella rosa dei ministri, il suo nome, notizia seccamente smentita dal Nazareno: si tratta del leader dell’area politica, cioè della corrente più forte dentro i gruppi parlamentari (‘Base Riformista’ che conta 35 deputati e 18 senatori nel Pd). Alla Cultura permane il ‘regno’ di Franceschini, leader della piccola Area dem, ma benvoluto, lo si sa, da sempre su al Colle. Al Lavoro, ministero pesante e strategico, oltre che assai delicato, va Orlando, leader della corrente più di sinistra del Pd, legato a doppio filo con Zingaretti e con Bettini.

Agli azzurri vanno ministeri ‘leggeri’ ma i nomi sono ‘pesanti’

Gelmini Carfagna Brunetta

Carfagna, Gelmini e Brunetta

Gli azzurri piazzano al governo fior di personalità (Carfagna, Gelmini e Brunetta) che, a loro volta, rispondono alle tre aree specifiche in cui è divisa oggi FI: la Carfagna (Voce libera, detti gli ‘Azzurri per Draghi’…) al Sud, la Gelmini (area azzurra del Nord e assai vicina alla Lega) alle Autonomie regionali, e Brunetta alla PA, per conto dei ‘Moderati per Draghi e la Ue’ (sic). Certo, si tratta di tre ministeri tutti e tre ‘senza portafoglio’ (Sud, Autonomie e PA), ma dal grande peso strategico.

Inoltre, sempre in casa azzurra, da notare e sottolineare la ‘sconfitta’ del fronte ‘sovranista’ e ‘di destra sociale’, vicino cioè alla Lega e a FdI, rappresentato da Tajani e Bernini, entrambi rimasti fuori dal governo, nonostante le mille – e petulanti – richieste con cui almeno uno di loro ha inondato Draghi di messaggi, telefonate, preghiere, ceri accesi, etc. Ha vinto, invece, l’ala moderata (Gelmini) e riformista (Brunetta), ma soprattutto l’ala (Carfagna) che guarda al Sud per rivitalizzare il partito. 

Adante moderato… La Lega è soddisfatta, ma non troppo

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Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini

La Lega, invece, un po’ storce il naso. I ministeri sono tre, ma solo uno è davvero strategico (lo Sviluppo economico), affidato all’amico ‘leghista’ per eccellenza di Draghi, Giancarlo Giorgetti, uno di buon peso (il Turismo, e pure nuovo di zecca) messo nelle mani del sapiente, e moderato, Massimo Garavaglia, e uno di nessun peso ma che Salvini reclamava a gran voce, la Disabilità, affidata all’ex ministra gialloverde ErikaStefani. La Lega un po’ sorride e un po’ storce la bocca: si aspettava almeno un ministero, di buon peso, in più (l’Agricoltura, che Salvini voleva a tutti i costi), deve mordere il freno vedendo una forza pesante come la sua avere gli stessi posti di Pd e FI, ma soprattutto è ‘costretta’ a non inserire nessun esponente dell’ala ‘sovranista’ del partito. Salvini, cioè, ha dovuto scegliere tutti e soltanto esponenti ‘moderati’, veramente ‘atlantisti’ e ‘filo-europeisti’.

Cura dimagrante a 5Stelle: l’M5s perde, in termini di potere

M5S_logo

Il logo del Movimento 5Stelle

Quattro dicasteri, infine, vanno al M5s (Esteri, Agricoltura, Rapporti con il Parlamento, Politiche giovanili) e sono stati perfettamente e sapientemente ripartiti tra le correnti interne pentastellate, correnti che ormai si muovono con le accortezze e il pelo sullo stomaco dei vecchi squali della Dc.

I due dicasteri di scarso peso, in quanto senza portafoglio, sono quello ai Rapporti con il Parlamento di Federico D’Inca – assai apprezzato da tutti i partiti, di governo come di opposizione – che va però ad occupare un ruolo strategico per le dinamiche parlamentari (dovrà occuparsi di legge elettorale e riforme istituzionali, croce e delizia di tutti i partiti e di tutte le legislature…), mentre la FabianaDadone, invece, occuperà una sedia assai minore, le Politiche giovanili.

Federico DIncà

Federico D’Incà

Entrambi – D’Incà e Dadone – fanno parte dell’area ‘Fico’, l’attuale presidente della Camera, cioè i movimentasti pro Pd. Patuanelli gioca per sé, ma è molto vicino al Pd e a LeU. Di Maio ‘è’ Di Maio: capo di se stesso e della più importante e consistente corrente, quella ‘governista’, organizzata dentro il Movimento 5S.

Infine, è vero che il ministero alla Transizione ecologica è stata una (felice?) intuizione di Beppe Grillo e che il neo-ministro Cingolani può essere considerato ‘vicino’ al M5s (e anche Giovannini…), ma sempre tecnici sono e, alla fine, sempre e solo al premier, fino alla fine, risponderanno, non ai 5S.

Luigi Di Maio confermato

Di Maio riconfermato

Da notare, però, che, rispetto ai due precedenti governi (il Conte Uno e il Conte due) l’M5s perde terreno, prestigio e posti di potere, anche se non è detta l’ultima parola. La partita del ‘sottogoverno’ si deve ancora aprire e sarà lì che i partiti, a maggior ragione, diranno la loro.

Manca un ministero per i ‘piccoli’: saranno gli Affari europei?

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Benedetto Della Vedova

Va anche notato che, al momento, manca un ministero per i tanti ‘piccoli’ da scegliere tra i vari e variopinti gruppi che, a loro volta, appoggiano il governo Draghi: si va dai Responsabili di Tabacci alle Autonomie, dal Misto in quanto tale ai vari sotto-gruppi del centrodestra (Udc, Noi con l’Italia, Cambiamo di Toti, etc.), restati, per ora, tutti a bocca asciutta. Potranno rifarsi, e presto, anche loro quando si aprirà la partita del ‘sottogoverno’: lì i partiti si spartiranno sottosegretari e viceministri. Però si parla anche, nel breve volgere di qualche giorno, della possibilità che, agli Affari europei (delega che, allo stato, il premier ha trattenuto a sé), vada un europeista convinto come l’ex radicale Benedetto della Vedova, tra l’altro uno degli esponenti di punta della formazione +Europa-Bonino.

mario-draghi

Insomma, alla fine, va bene tutto, dall’articolo 92 Costituzione fino alle ‘gesta’ eroiche e sovraumane di ‘Super-Mario’, ma ieri, mentre il premier leggeva la lista della sua squadra, si è capito bene che la politica si è presa la sua bella rivincita. Una rivincita tutta giocata in nome del ‘manuale Cencelli’…

“Abbiamo vinto noi! Anzi, meglio: ha vinto il compagno Cencelli!”

abbiamo vinto noi

Abbiamo vinto noi! Anzi, meglio: ha vinto il ‘compagno Cencelli’‼!”. Il sospiro di sollievo che tira la classe politica – quella che appoggia, sotto forma di ‘base parlamentare’ (M5s-Lega-Pd-FI-Iv-LeU∓Europa-Resp) il governo Draghi – è talmente corale, e genuino, che tradisce il rischio più grosso che – tremanti e impauriti per ore, anzi, per giorni – i leader, i big e alcuni ministri (tutti quelli riconfermati…) uscenti del Conte Due hanno temuto e hanno tremato fino all’ultimo minuto.

Mario Draghi ha tenuto all’oscuro, e sulla corda, una intera classe politica fino all’ultimo minuto. Gli alti lai, i lamenti, già si sentivano suonare, le vesti già si vedevano stracciare: “Ci toccherà donare il sangue e votare ogni provvedimento di un governo che non ci rappresenta o in via marginale!” il grido di dolore che da più parti del Parlamento giungeva. “Sarà peggio che con Monti, vedrai!” urlavano disperati, sentendosi al telefono, i segretari dei partiti tra loro alleati. E, invece, ecco il Miracolo. Il governo Draghi ‘è’ politico quasi più di quanto non sia – e non sarà mai – ‘tecnico’. Per la gioia e gloria dei partiti. E pure del Cencelli, che, pur novantenne, anche lui è ancora in vita…

Il caro, vecchio, ‘metodo Cencelli’ è tornato di gran moda 

Massimiliano cencelli

Massimiliano Cencelli

Il caro, vecchio, Cencelli, dunque, ha ‘colpito ancora’. Per chi non lo ricordasse, trattasi di un arci-noto, nei Palazzi, manuale ideato, vergato e scritto, alla metà degli anni Settanta, da un esponente di una delle correnti allora di minoranza della Dc, quella ‘di Base’, Massimiliano Cencelli, il quale ‘costituzionalizzò’ quanti posti di governo, e pure di sottogoverno, spettavano a ogni corrente diccì. Un metodo, quello del Cencelli, passato poi dalla Dc a tutti gli altri partiti e perpetrato di Repubblica in Repubblica, fino ad oggi. Pensato e scritto come un perfetto ‘bilancino’ tra partiti e correnti è ancora attuale, anzi: attualissimo!, come si può vedere, se persino uno come Draghi deve usarlo…

Ps. il manuale Cencelli venne pubblicato, e reso noto al pubblico, dal giornalista Renato Venditti, compianto anchorman del Tg3, fieramente comunista, che raccolse le confidenze di Cencelli in un libro edito nel 1976 per Editori Riuniti, presto diventato introvabile, da poco ristampato per ???

Lo scontro sulle ‘quote rosa’ rovina la festa all’interno del Pd…

valeria fedeli

Valeria Fedeli

Ma intanto nel Pd scoppia una polemica per l’assenza totale di donne dem nella lista dei ministri. “Nemmeno una donna del mio partito, non mi capacito”, dice la senatrice riformista Valeria Fedeli. Il tweet della Fedeli si porta dietro, modello shit-storm, un nugolo di vespe puntute, le donne dem che – dalla Madia alla Pini passando per Pinotti e Serracchiani – subissano il Nazareno di feroci critiche. Zingaretti prova a replicare, ma la replica è debole (“Deploro la scarsa presenza di donne al governo“) e di certo questo ‘maschilismo’ imperante che ha salvato tre ‘uomini’, dentro il Pd, verrà rimproverato, presto e insieme a molto altro, a Zingaretti, non appena si aprirà la fase congressuale. 

All’opposizione del governo Draghi non c’è nessuno, solo FdI

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L’unica leader dell’opposizione, Giorgia Meloni

L’unica leader di partito che starà all’opposizione del governo Draghi (all’opposizione ci saranno anche gli scissionisti di casa M5s, guidati da Di Battista, ma non sono ancora costituiti in un gruppo formale)Giorgia Meloni, commenta cosi la squadra: “Come dimostra la casella strategica del ministero del Lavoro affidata al Pd, i nostri timori di un governo ostaggio della sinistra vengono confermati”

Le conferme e le sconferme del Draghi I rispetto al Conte II

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Sono sette i ministri che il nuovo premier Mario Draghi ha confermato nello stesso dicastero

Sono sette i ministri che il nuovo premier Mario Draghi ha confermato nello stesso dicastero rispetto al Conte 2, altri due hanno cambiato ministero. Le conferme riguardano due del M5S (Federico D’Inca’ ai Rapporti con il Parlamento, Luigi Di Maio agli Esteri), due del PD (Dario Franceschini alla Cultura, Lorenzo Guerini alla Difesa), uno di Italia Viva (Elena Bonetti alle Pari Opportunita’), uno di Leu (Roberto Speranza alla Salute) e un tecnico Luciana Lamorgese all’Interno. In più ci sono Stefano Patuanelli che resta ministro ma passa dallo Sviluppo economico all’Agricoltura e Fabiana Dadone che passa dalla Pubblica amministrazione alle Politiche giovanili.


SCHEDA/1. I NOMI DEI MINISTRI E LE LORO ‘APPARTENENZE’

draghi mattarella

Dal cilindro del nuovo presidente del Consiglio (il secondo in tre anni, dentro la XVIII legislatura, non certo il primo premier tecnico, ma il quarto – dopo Ciampi, Dini, Monti, il ??? in ???) Mario Draghi – e, ovviamente, di Mattarella… – esce alla fine un governo con 8 tecnici e 15 politici, secondo il modello ‘misto’ che fu già del governo Ciampi, che dell’ex governatore di BankItalia fu maestro e mentore.

Si tratta di un governo tecnico nelle sue caselle chiave: nomi di esperienza e di grande prestigio, in ossequio allo sprone del Colle per un esecutivo di “alto profilo” e “non identificabile con alcuna formula politica“. Ma Draghi chiama al “whatever it takes” moltissimi politici, con alcune new entry e diverse conferme, nel segno della continuità chiesta dal Colle. Otto le donne (3 tecniche e 5 politiche): Cartabia, Lamorgese, Messa, Gelmini, Carfagna, Dadone, Bonetti, Stefani.

Quindici gli uomini (5 tecnici, 10 politici): Franco, Colao, Giovannini, Cingolani, Bianchi, Di Maio, Speranza, Franceschini, Guerini, Orlando, D’Incà, Giorgetti, Patuanelli, Brunetta, Garavaglia.

Elevata l’età media: 55 anni. Dei 23 ministri del governo Draghi, 17 avevano già ricoperto dicasteri in precedenti governi, 7 sono gli esordienti.

roberto speranza ministro salute

Roberto Speranza Ministro della Salute

Rappresentate tutte le forze politiche della nuova maggioranza (ma non Azione-+Europa), ma con dicasteri di peso diverso. Quattro ministri al M5s (Di Maio, Dadone, Patuanelli, D’Incà).

Tre ministri al Pd (Franceschini, Orlando, Guerini), espressione delle 3 componenti dem che hanno eletto Zingaretti. Tutti uomini, così come il ministro di Leu, Speranza.

Va meglio per la rappresentanza di genere in Forza Italia: 2 donne (Gelmini e Carfagna) e 1 uomo, (Brunetta), tutti già ministri nei governi Berlusconi. Donna anche l’unica ministro di Iv (Bonetti).

La Lega ha tre ministri: il ‘pesante’ Giorgetti al Mise, Garavaglia e Stefani.

Tra gli otto tecnici, vi sono 3 donne (Cartabia, Lamorgese e Messa) e 5 uomini (Franco, Cingolani, Colao, Giovannini, Bianchi). Interessanti le novità. A spendere il 37 per cento dei 209 miliardi del Recovery Found, nel ministero nuovo di zecca della Transizione Ecologica, fortemente voluto da Beppe Grillo e da M5s, Draghi chiama il fisico Roberto Cingolani, responsabile dell’Innovazione tecnologica di Leonardo, dal 2005 al 2019 direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Vittorio colao

Vittorio Colao

All’Innovazione va Vittorio Colao, già alla guida della Task force di Giuseppe Conte per un piano poi mai attuato, manager di grandi gruppi editoriali e capo operativo mondiale di Vodafone.

Una novità anche i ministeri del Turismo e della Disabilità, per i leghisti Garavaglia e Stefani.

Nei dicasteri chiave del suo governo di “alto profilo” Draghi ha voluto quattro uomini e due donne. Al Mef Daniele Franco, bellunese, esperto di finanza pubblica, direttore generale di Bankitalia, fedelissimo e braccio destro di Draghi. Tre conferme agli Esteri, alla Difesa, alla Salute, con il M5S Luigi Di Maio, il Pd Lorenzo Guerini , il Leu Roberto Speranza.

Marta cartabia

Marta Cartabia

Confermata anche Luciana Lamorgese agli Interni mentre la new entry è Marta Cartabia alla Giustizia: costituzionalista, giurista, accademica, appassionata di sci fuori pista, ha infranto il soffitto di cristallo diventando la prima presidente donna della Corte Costituzionale.

La continuità che aveva chiesto il Quirinale trova espressione anche nella conferma del Pd Dario Franceschini alla Cultura e del 5 stelle Federico D’Incà, nel delicato ruolo di ministro per i Rapporti con il Parlamento di un governo che dovrà fronteggiare una maggioranza composita e variegata, ma soprattutto nella conferma di Lorenzo Guerini alla Difesa, che stava per ‘saltare’, e della Lamorgese.

Tornano al governo dopo molti anni anche il leghista Giorgetti al Mise e il vicepresidente del Pd Andrea Orlando, al Lavoro. Altri nomi tecnici di peso sono quelli dell‘Istruzione (Patrizio Bianchi), e dell’Università (la professoressa Maria Cristina Messa, medico chirurgo, della Bicocca di Milano).

Infine, nel ruolo importantissimo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Draghi sceglie Roberto Garofoli, un uomo di struttura molto stimato, spesso entrato in conflitto con Renzi e i 5s.

SCHEDA/2. IL RIEPILOGO DELLE TAPPE PIU’ IMPORTANTI DI VENERDI’ 12

Il presidente incaricato Mario Draghi è arrivato al Quirinale da Sergio Mattarella alle 19 e un minuto per sciogliere la riserva, con la lista dei ministri. Il momento della svolta, dopo giorni di lavoro nel massimo riserbo, in stretto contatto con il presidente della Repubblica, mentre i partiti sono stati a lungo tenuti in dispart:  40 minuti di colloquio e poi la lettura della lista. I ministri sono in tutto 23, di cui 15 politici e 8 tecnici. Le riconferme negli stessi ministeri sono 7. In più Patuanelli resta ministro ma passa dallo Sviluppo economico all’Agricoltura e Fabiana Dadone dalla Pubblica amministrazione alle Politiche giovanili. Otto, in tutto, le donne. L’età media è 54 anni. Oggi, a mezzogiorno, il giuramento. Ma ecco tutti i nomi. E se il governo Conte bis era a trazione meridionale, questo ha ben otto ministri lombardi nella squadra.

Subito dopo il premier ha lasciato il Quirinale per il Senato, per incontrare la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati. Dopo sarà la volta del presidente della Camera Roberto Fico. Tra le novità di questo governo, lo sdoppiamento di Cultura e turismo, che in precedenza erano accorpati. Da Franceschini un augurio di buon lavoro al ministro leghista che si occuperà di turismo.

SCHEDA/3. NASCE IL GOVERNO DELL’AMORE, CIOE’ ‘DI SAN VALENTINO’?

Il grande giorno è arrivato, Mario Draghi ha sciolto la riserva. Alle 19, al termine di una giornata in cui l’agenda è più volte cambiata e in cui si sono susseguite voci di possibili allungamento dei tempi, si è recato al Quirinale e ha incontrato il presidente Sergio Mattarella comunicandogli la composizione del suo nuovo governo. Il giuramento è previsto per domani alle 12. In serata Draghi ha incontrato la presidente del Senato Elisabetta Casellati e a seguire sono in programma i colloqui con il presidente della Camera Roberto Fico e con il premier uscente Giuseppe Conte. Conte che Draghi rivedrà oggi, a Chigi, ma che ha voluto salutare. 

Il neo premier, davanti alle telecamere, si è limitato a leggere l’elenco dei nuovi ministri, senza aggiungere considerazioni e senza intrattenersi con i giornalisti per rispondere alle domande. Le sue uniche parole sono quelle riportate da un gruppo di fotografi che gli hanno augurato «in bocca al lupo»: abbassando il finestrino dall’auto che si allontanava dal Quirinale, Draghi ha sorriso e ha risposto loro con il classico «Crepi il lupo!».

I nuovi ministeri del governo Draghi e tutti i link per sapere chi sono i ministri

La squadra che lo affiancherà è composta da 23 ministri — 15 uomini e 8 donne — e, per ora, un solo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. Come da previsione, si tratta di un esecutivo misto, composto da figure tecniche e figure politiche. Ci sono diverse novità, come il ministero per la Transizione ecologica, affidato a Roberto Cingolani; quello alla Transizione digitale, che sarà guidato da Vittorio Colao; e quello del Turismo, materia che sarà scorporata dai Beni culturali, che andrà al leghista Massimo Garavaglia; quello per la Disabilità, affidato a Erika Stefani.

Le riconferme attese e quelle inattese tra i ministri del Conte due

Molte le riconferme, rispetto al governo Conte: Luciana Lamorgese all’Interno; Luigi Di Maio agli Esteri; Roberto Speranza alla Salute, Riccardo D’Incà ai Rapporti con il Parlamento; Lorenzo Guerini alla Difesa; Dario Franceschini alla Cultura; Elena Bonetti alle Pari opportunità e alla famiglia (Bonetti, esponente di Italia viva, si era dimessa assieme a Teresa Bellanova, non riconfermata, causando di fatto la crisi del governo Conte bis). Conferma anche per Stefano Patuanelli, che passa dallo Sviluppo economico all’Agricoltura, e di Fabiana Dadone, che passa alle Politiche giovanili e che dovrebbe avere la delega allo Sport.

Il ruolo dei tecnici nei posti chiave per il governo del Recovery Plan

Il ministero dell’Economia, forse il più importante della partita, viene assegnato ad un tecnico, Daniele Franco, direttore generale della Banca d’Italia.

Ad un politico, il leghista Giancarlo Giorgetti, considerato il vero fautore dell’avvicinamento di Matteo Salvini al progetto del governo di unità nazionale, è andato i dello Sviluppo economico, altro ministero «pesante» dal punto di vista economico. Un profilo tecnico di alto livello, quello di Marta Cartabia, già presidente della Corte costituzionale, è stato scelto invece per la Giustizia, che di fatto è stato il casus belli per la caduta del precedente esecutivo (le dimissioni di Conte sono arrivate alla vigilia di un voto sulla relazione del ministro uscente Alfonso Bonafede, per il quale la maggioranza non sarebbe stata autosufficiente).

È un tecnico anche Enrico Giovannini, che aveva già avuto un’esperienza di governo, al Lavoro, con Enrico Letta e che qui viene chiamato ad occuparsi di Trasporti. E lo sono il nuovo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi; e quello dell’Università e Ricerca, Cristina Messa.

I ‘grandi ritorni’ di esponenti politici di peso presenti in precedenti governi

Ci sono poi dei ritorni a ruoli ministeriali: per Renato Brunetta, alla Pubblica amministrazione; Maria Stella Gelmini, agli Affari generali e alle Autonomie; Mara Carfagna, al Sud e alla Coesione territoriale; Andrea Orlando al Lavoro.

Il peso dei partiti resta forte, come abbiamo già detto e scritto…

Nonostante il mix, gli esponenti politici sono più dei tecnici: i primi sono 15, i secondi 8.

Il M5S ottiene quattro poltrone (Di Maio, Patuanelli, Dadone e D’Incà), tre vanno rispettivamente a Pd (Orlando, Guerini e Franceschini) , Forza Italia (Brunetta, Gelmini e Carfagna) e Lega (Giorgetti, Garavaglia, Stefani) e una per ciascuno a Leu (Speranza) e Italia Viva (Bonetti). Il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha espresso subito soddisfazione per la scelta di istituire due ministeri che erano stati fortemente chiesti dal Carroccio, quello del Turismo e quello della Disabilità, ma ha espresso dubbi sulle riconferme di Lamorgese e Speranza: «Speriamo che cambino marcia rispetto a quello che hanno fatto con Conte». Nel M5S si registrano malumori: «Non c’è il super-ministero chiesto da Beppe Grillo e il ricco ministero dello sviluppo economico va alla Lega» dice Barbara Lezzi, stellata del fronte del no.

Parità di genere e distribuzione geografica che favorisce il Nord sul Sud

Non c’è una vera parità di genere nel nuovo esecutivo Draghi: le donne sono solo 8 su 23, circa un terzo. E neppure geografica: tre ministri su quattro vengono dal Nord, cioè tanti. In particolare, nove vengono dalla Lombardia, quattro dal Veneto, due rispettivamente dalla Basilicata, dalla Campania, dall’Emilia e dal Lazio e uno da Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia e Liguria.

Inoltre, si alza l’età media dell’esecutivo, rispetto ai due precedenti governi a guida Conte: 54 anni a fronte dei 47 e 48 dei precedenti esecutivi. La squadra del governo guidato da Mario Draghi, come si diceva, è a ‘trazione’ nordista: 18 esponenti su 24.

Mario Draghi, 73 anni, e’ il piu’ anziano, il piu’ giovane e’ il 34enne Luigi Di Maio. Ancora nei trenta, anche la pentastellata Fabiana Dadone. Poi c’e’ il 42enne Roberto Speranza.

I ministri vengono prevalentemente da regioni settentrionali: Soverchiante la presenza di ministri provenienti dal Nord Italia. Sono 18 su 24 (pari al 75%), contando anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Diversi i ministri lombardi (Cartabia, Cingolani, Colao, Garavaglia, Gelmini, Giorgetti, Guerini, Messa, Bonetti). Di regioni del Nord anche Dario Franceschini (emiliano), Andrea Orlando (ligure), Federico D’Inca’ (bellunese). Il centro e’ rappresentato dallo stesso premier Draghi e dal ministro Giovannini. Sono del Sud Lamorgese e Speranza (entrambi lucani); Carfagna e Di Maio (campani), il  ministro Cingolani (di Taranto).

SCHEDA/4. L’ABILE E SAPIENTE MIX DI TECNICI E POLITICI FUNZIONERA’?

Mario Draghi tiene all’oscuro la politica fino all’ultimo ma dal suo cilindro esce alla fine un governo con 8 tecnici e 15 politici, secondo il modello misto di Ciampi, che dell’ex Governatore fu amico e mentore. Un governo tecnico nelle sue caselle chiave: nomi di esperienza e di grande prestigio, in ossequio allo sprone del Colle per un esecutivo di “alto profilo” e “non identifcabile con alcuna formula politica“.

Ma Draghi chiama al “whatever it takes” moltissimi politici, con alcune new entry e diverse conferme, nel segno della continuità chiesta dal Colle.

Otto le donne (3 tecniche e 5 politiche): Cartabia, Lamorgese, Messa, Gelmini, Carfagna, Dadone, Bonetti, Stefani. Quindici gli uomini (5 tecnici, 10 politici): Franco, Colao, Giovannini, Cingolani, Bianchi, Di Maio, Speranza, Franceschini, Guerini, Orlando, D’Incà, Giorgetti, Patuanelli, Brunetta, Garavaglia. Elevata l’età media: 55 anni.

Dei 23 ministri del governo Draghi, 17 avevano già ricoperto dicasteri in precedenti governi, 7 sono gli esordienti. Rappresentate tutte le forze politiche della nuova maggioranza (ma non Azione-+Europa), certo con dicasteri di peso diverso. Quattro ministri al M5s (Di Maio, Dadone, Patuanelli, D’Incà). Tre ministri al Pd (Franceschini, Orlando, Guerini), espressione delle 3 componenti dem che hanno eletto Zingaretti. Tutti uomini, così come il ministro Leu Speranza. Va meglio per la rappresentanza di genere in Forza Italia: 2 donne (Gelmini e Carfagna) e 1 uomo, (Brunetta), tutti già ministri nei governi Berlusconi. Donna anche l’unica ministro di Iv (Bonetti). La Lega ha tre ministri: il ‘pesante’ Giorgetti al Mise, Garavaglia e Stefani.

Tra gli otto tecnici 3 donne (Cartabia, Lamorgese e Messa) e 5 uomini (Franco, Cingolani, Colao, Giovannini, Bianchi). Interessanti le novità. A spendere il 37 per cento dei 209 miliardi del Recovery Found, nel ministero nuovo di zecca della Transizione Ecologica fortemente voluto da Beppe Grillo e da M5s, Draghi chiama il fisico Roberto Cingolani, responsabile dell’Innovazione tecnologica di Leonardo, dal 2005 al 2019 direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. All’Innovazione Vittorio Colao, alla guida della Task force di Giuseppe Conte per il piano poi mai attuato, manager di grandi gruppi editoriali e capo operativo mondiale di Vodafone. Una novità anche i ministeri del Turismo e della Disabilità, per i leghisti Garavaglia e Stefani. Nei dicasteri chiave del suo governo di “alto profilo” Draghi vuole quattro uomini e due donne. Al Mef Daniele Franco, bellunese, esperto di finanza pubblica, direttore generale di Bankitalia, fedelissimo e braccio destro di Draghi. Tre conferme agli Esteri, alla Difesa, alla Salute, con il M5S Luigi Di Maio, il Pd Lorenzo Guerini , il Leu Roberto Speranza.

Confermata anche Luciana Lamorgese agli Interni mentre la new entry è Marta Cartabia alla Giustizia: costituzionalista, giurista, accademica, appassionata di sci fuori pista, ha infranto il soffitto di cristallo diventando la prima presidente donna della Corte Costituzionale.

La continuità che aveva chiesto il Quirinale trova espressione anche nella conferma del Pd Dario Franceschini alla Cultura e del 5 stelle Federico D’Incà, nel delicato ruolo di ministro per i Rapporti con il Parlamento di un governo che dovrà fronteggiare una maggioranza composita e variegata, ma soprattutto nella riconferma di Lorenzo Guerini alla Difesa, su richiesta del Colle.Tornano al governo dopo anni anche il leghista Giorgetti al Mise e il vicepresidente del Pd, Andrea Orlando, al Lavoro. Altri nomi tecnici di peso, all’Istruzione (Patrizio Bianchi), e all’Università (la professoressa Maria Cristina Messa, medico chirurgo, della Bicocca di Milano). Infine, nel ruolo importantissimo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Draghi sceglie Roberto Garofoli, uomo di struttura molto stimato, spesso in conflitto con i 5s. 

SCHEDA/5. LA LISTA DEI MINISTRI DEL GOVERNO DRAGHI

Ricevuto da Sergio Mattarella al Quirinale, Mario Draghi ha sciolto la riserva. Dopo una settimana intera di lavoro, prende forma il Governo Draghi, un mix di tecnici e politici, con diversi elementi di continuità rispetto allo scorso esecutivo. Con Draghi giurerà oggi al Colle una squadra di 23 ministri, con 8 donne.

Sono 4 i ministri per M5S, 3 ciascuno per il Pd, la Lega e Forza Italia, 1 per Leu e Italia Viva, con 8 tecnici. Il giuramento è fissato per le 12.00 di sabato 13 febbraio al Quirinale.

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO a Mario Draghi, 73 anni, dal 1991 al 2001 direttore generale del Tesoro, dal 2005 al 2011 governatore della Banca d’Italia e dal 2011 al 2019 presidente della Banca centrale europea.

MINISTERO DELL’INTERNO a Luciana Lamorgese, 67 anni, già titolare del Viminale nel Conte 2, ex prefetto a Venezia e Milano.

MINISTERO DEGLI ESTERI a Luigi Di Maio, 34 anni, ex capo politico del Movimento 5 stelle, ex ministro dello Sviluppo Economico nel Conte 1 e alla Farnesina nel Conte 2.

MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA a Marta Cartabia, 57 anni, ex presidente della Corte Costituzionale.

MINISTERO DELLA DIFESA a Lorenzo Guerini, 54 anni, esponente del Partito Democratico, ex presidente del Copasir, già titolare dello stesso Ministero nel Conte 2.

MINISTERO DELL’ECONOMIA a Daniele Franco, 67 anni, dal 2013 al 2019 Ragioniere generale dello Stato e dal gennaio 2020 direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass.

MINISTERO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA a Roberto Cingolani, 59 anni, fisico, da fine 2005 presidente dell’Istituto Italiano di Tecnologia, dal 2019 Chief Technology and Innovation Officer di Leonardo Finmeccanica.

MINISTERO DELLA TRANSIZIONE DIGITALE a Vittorio Colao, 59 anni, dirigente d’azienda, ha guidato Vodafone e Rcs MediaGroup, prima di passare a Verizon. Nell’aprile 2020 è designato dal Governo Conte 2 per guidare la task force della cosiddetta “Fase 2” per la ricostruzione economica del Paese.

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO a Giancarlo Giorgetti, 54 anni, vice segretario della Lega, già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel Conte 1.

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI a Enrico Giovannini, 63 anni, ex presidente dell’Istat, già ministro del Lavoro del Governo Letta e attuale presidente dell’Asvis.

MINISTERO DELLO TURISMO a Massimo Garavaglia, 52 anni, esponente della Lega, già viceministro dell’Economia del Conte 1.

MINISTERO DEL LAVORO ad Andrea Orlando, 52 anni, vice segretario del Partito Democratico, già ministro dell’Ambiente nel Governo Letta e della Giustizia nel Governo Renzi.

MINISTERO DELL’AGRICOLTURA a Stefano Patuanelli, 46 anni, esponente del Movimento 5 stelle, ex titolare dello Sviluppo Economico nel Conte 2.

MINISTERO DELLA CULTURA a Dario Franceschini, 62 anni, esponente del Partito Democratico, già titolare dello stesso Ministero nel Conte 2 e dal 2014 al 2018, nei Governi Renzi e Gentiloni.

MINISTERO DELLE POLITICHE GIOVANILI a Fabiana Dadone, 37 anni, esponente del Movimento 5 stelle, titolare del Ministero della P.A. nel Conte 2.

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE a Patrizio Bianchi, 68 anni, direttore scientifico dell’Ifab, coordinatore della task force istituita dalla ministra Lucia Azzolina per la gestione della ripartenza scolastica.

MINISTERO DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA a Maria Cristina Messa, 59 anni, ricercatrice di medicina nucleare, ex rettrice dell’Università Milano-Bicocca.

MINISTERO DELLA P.A. a Renato Brunetta, 70 anni, esponente di Forza Italia, già titolare dello stesso dicastero dal 2008 al 2011 nel Governo Berlusconi.

MINISTRO DELLA SANITÀ a Roberto Speranza, 42 anni, segretario di Articolo Uno, in Parlamento con Liberi e Uguali, già titolare del Ministero nel Conte 2.

MINISTERO DELLA FAMIGLIA E DELLE PARI OPPORTUNITÀ a Elena Bonetti, 46 anni, esponente di Italia Viva, già titolare dello stesso dicastero nel Conte 2.

MINISTERO PER I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO a Federico D’Incà, 45 anni, esponente del Movimento 5 stelle, già titolare del medesimo dicastero nel Conte 2.

MINISTERO PER GLI AFFARI REGIONALI E PER LE AUTONOMIE a Maria Stella Gelmini, 47 anni, esponente di Forza Italia, già ministro dell’Istruzione dal 2008 al 2011 nel Governo Berlusconi.

MINISTERO PER IL SUD E PER LA COESIONE TERRITORIALE a Mara Carfagna, 45 anni, esponente di Forza Italia, attuale vicepresidente della Camera, ex ministro delle Pari Opportunità dal 2008 al 2011 nel Governo Berlusconi.

MINISTERO PER LA DISABILITÀ a Erika Stefani, 49 anni, esponente della Lega, già titolare degli Affari regionali nel Conte 1.

SOTTOSEGRETARIATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO a Roberto Garofoli, 54 anni, magistrato, giudice del Consiglio di Stato e condirettore della Treccani Giuridica.