Facce da schiaffi. Il finto assedio combinato di Grillo e Sardine al Nazareno. La ‘generalessa’ Pinotti in rampa di lancio

Facce da schiaffi. Il finto assedio combinato di Grillo e Sardine al Nazareno. La ‘generalessa’ Pinotti in rampa di lancio

7 Marzo 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Facce da schiaffi. Il Pd di Zingaretti ‘finge’ di subire l’assedio combinato di Grillo e delle Sardine al Nazareno, in realtà lo cercava. La ‘generalessa’ Pinotti si avvia a diventare il primo segretario donna del Pd

NB: L’articolo che segue è stato pubblicato sul sito di notizie Tiscali.it il 7 marzo 2021

Facce da schiaffi

Facce da schiaffi. Il Pd di Zingaretti ‘finge’ di subire l’assedio combinato di Grillo e delle Sardine al Nazareno

 

Sono ore di terribile confusione, dentro il Pd, in cui si inseriscono soggetti esterni, come Beppe Grillo che si propone come segretario, alludendo ad una alleanza tra M5s e i dem, e le Sardine che con un lungo sit-in ‘piantano le tende’ al Nazareno e ‘sposano’ in toto la linea dell’ex segretario.

In un partito ancora sotto choc per la decisione di Zingaretti di rassegnare le dimissioni da segretario, nel dibattito interno entrano così, assai provocatoriamente, sia Grillo che le Sardine, i quali ‘fingono’ di prendere a schiaffi il Pd e i suoi dirigenti, ma in realtà il loro obiettivo sono proprio gli avversari interni (gli ex renziani) del segretario dimissionario. La cosa divertente è che lo dicono.

Grillo

Beppe Grillo

Il fondatore del M5s posta un video, dettato “dall’insonnia”, in cui assicura: “Se mi invitate vengo, faccio il segretario, vi ripeto, del Partito democratico elevato, ci mettiamo 2050 nel simbolo, io ci sto un anno, un annetto, Conte sta di là un annetto, parliamo con tutti e facciamo dei progetti comuni”. Una provocazione, evidente, pure per spostare l’attenzione dalle difficoltà interne al suo Movimento.

sardine

Chi invece non scherza sono le Sardine: al Nazareno sono arrivati i tre ‘leaderini’ Mattia Santori, Jasmine Corallo e Lorenzo Donnoli, pronti a ‘occupare’ la sede Dem

Chi invece non scherza sono le Sardine: al Nazareno sono arrivati i tre ‘leaderini’ Mattia Santori, Jasmine Corallo e Lorenzo Donnoli, pronti a ‘occupare’ la sede Dem. “Il Pd deve aprirsi all’esterno. Altrimenti regaliamo il Paese alla destra”, ha detto Santori, dopo che i tre hanno incontrato Valentina Cuppi, presidente del Pd. “Credo che l’iniziativa delle 6000 Sardine vada accolta con assoluto entusiasmo, perché è un approccio combattivo ma comunque molto costruttivo”, ha risposto loro la Cuppi. Da parte sua, Zingaretti non vuole far marcia indietro, ma ‘loda’ l’occupyPd delle Sardine. 

Grillo e le Sardine ‘assediano’ il Pd, ma non certo Zingaretti

goffredo bettini

Goffredo Bettini

La verità è che la ‘visione’ di Grillo è quella di chi pensa all’alleanza ‘strategica’, per dirla con Goffredo Bettini, tra Pd, M5s e LeU, come chi nel Pd lancia la proposta di un Ulivo 2.0, cioè di una alleanza strategica e ad ‘alzo zero’ per i prossimi anni o decenni. E anche le Sardine che hanno detto la loro presentandosi in una ventina (scarsi, ma in barba a tutte le regole sul distanziamento sociale), davanti alla sede del Pd, dove sono stati ricevuti per quattro ore dalla presidente del Pd, Valentina Cuppi, sposano – con le parole delle loro due star, Mattia Santori e Jasmine Cristallo – sia la narrazione di Zingaretti sia la sua proposta politica: l’Assemblea nazionale – hanno sentenziato – dovrà “confermare il progetto Piazza Grande di Zingaretti, altrimenti lo faremo noi fuori dal Pd e gli chiederemo di appoggiarci”. Insomma, traducendo: se il partito finisce in mano ai ‘renziani meglio la scissione. Parole destinate ad avvelenare il clima e ad avvalorare i rumors incontrollati di una fuoriuscita da sinistra degli ex Ds, per lasciare il Pd ‘bad company’ ai renziani di Base Riformista.

Zingaretti: “mi sono dimesso, non torno certo indietro”

speranza zingaretti

Speranza e Zingaretti (foto repertorio)

Ieri, come presidente della Regione, insieme al ministro della Salute Roberto Speranza, Zingaretti ha inaugurato un centro vaccinazioni alla stazione Termini a Roma. “Le Sardine – ha detto il segretario – sono energia positiva dell’Italia e della democrazia italiana, il fatto che siano preoccupate e mobilitate conferma che il Partito democratico è una grande forza e a questo partito guardano donne e uomini. A questi dico: non preoccupatevi ce la faremo troveremo una strada”. Ma, dopo un “martellamento quotidiano” subito da lui e dal suo gruppo, adesso occorre “fare chiarezza”.

Farisei, e petulanti, gli appelli al segretario a ‘restare ancora’

Giuseppe Provenzano

Giuseppe Provenzano

A implorare Zingaretti di tornare sui propri passi sono stati anche ieri in tanti, dall’ex ministro Giuseppe Provenzano, al capogruppo al Parlamento Europeo, Brando Benifei, fino ai segretari di alcune regioni (Veneto): appelli fastidiosi e petulanti. L’interessato ha ribadito il suo niet: “Nel Pd da mesi è nata una voglia di dibattito che si è concretizzato in un martellamento quotidiano”. Le dimissioni servono a “sollecitare un momento di chiarezza” che dovrà avvenire all’Assemblea nazionale del prossimo week con l’elezione di un nuovo segretario, come prevede lo Statuto del Pd.

renzi

Matteo Renzi non perdere l’occasione per mettere il dito nella piaga e commenta

Matteo Renzi, però, non perde l’occasione per mettere il dito nella piaga e commenta: “Era normale che dopo il fallimento della strategia ‘O Conte o morte’ qualcosa potesse accadere”. La ‘chiarezza’ chiesta da Zingaretti si può tradurre in una intesa unitaria su un nome ‘di tregua’ su cui convergano tutte o quasi le correnti interne, come le sollecita Graziano Delrio, che però si chiama fuori dalla corsa. Oppure, come dicono esponenti della maggioranza interna, con un accordo entro quella stessa maggioranza (aree Zingaretti-Franceschini-Orlando con l’esclusione delle minoranze, Base riformista su tutte) su una figura che la garantisca di più sulla linea politica e sulla preparazione del congresso. I diversi nomi emersi in questi giorni rispondono ciascuno a una logica politica.

I big delle varie correnti ancora ‘non chiudono’, ma si parlano…

orlando e franceschini

Andrea Orlando e Dario Franceschini

Per esempio, si ritiene che il futuro segretario debba essere comunque esponente della vecchia maggioranza. I nomi di Andrea Orlando e Dario Franceschini rispondono a questa logica, ma con il limite del loro attuale mandato da ministri del governo Draghi. In tale logica rientrano anche Roberta Pinotti o Piero Fassino dell’area di Franceschini o Anna Finocchiaro della corrente di Orlando.

fassino finocchiaro

Fassino – Finocchiaro

Quest’ultima, personalità di grande esperienza e capacità di mediazione, è fuori dal Parlamento, cosa che c’è chi considera un atout e chi un limite, ma soprattutto viene da una storia ‘comunista’. Sta di fatto che i big delle varie correnti non si sono ancora seduti davanti al ‘caminetto’, benché si stiano svolgendo i primi conciliaboli (via Zoom) all’interno delle diverse aree e loro si siano parlati.

Tante riunioni di corrente sono previste all’inizio della prossima settimana ma nessuno esclude che, se non si trova un traghettatore condiviso, l’assemblea possa slittare. In una giornata, dunque, afona per i principali dirigenti dem, hanno fatto sentire la loro voce alcuni soggetti ‘esterni’, da Grillo alle Sardine, ‘terremotando’ il Pd, come vedremo poi.

“Sebben che siamo donne”… Pinotti versus Finocchiaro

pinotti

Roberta Pinotti

La scelta, alla fine, dovrebbe cadere sulla ‘comandante’, oggi senatore semplice della Repubblica, Roberta Pinotti, punto di mediazione e di caduta tra le varie correnti del Pd: è franceschiniana, ma gradita alla minoranza di Base Riformista (gli ex renziani), non è zingarettiana, ma può andare bene sia a loro che all’area Orlando (la sinistra). Morale è la ‘generalessa’ Pinotti, la quadratura del cerchio. Inoltre, la Pinotti è donna, ha votato Zingaretti all’ultimo congresso, mente la Serracchiani ha votato per Maurizio Martina e Anna Finocchiaro è troppo vicino alla sinistra interna di Orlando.

rosa maria di giorgi

Rosa Maria De Giorgi

Spiega la saggia Rosa Maria De Giorgi, oggi in Base riformista e deputata, ma ieri senatrice e che la Pinotti l’ha conosciuta bene e a lungo, “avere una donna segretario, per la prima volta nella nostra storia, è un segno di vitalità, dimostra il desiderio, finalmente tangibile, non fatto di dichiarazioni d’intenti, di impostare su ‘nuove’ basi una ‘nuova’ stagione di rinascita. Da una crisi come questa si deve uscire con idee ed energie nuove. E le donne in questo sono travolgenti ed hanno entusiasmo.  Senza alcuna titubanza si scelga una donna e le si affidi questo passaggio complicato. Sarà capace di gestirlo, con il coraggio e la determinazione che sono le nostre caratteristiche.  Significherebbe credere nel cambiamento, in una nuova dimensione della politica. Come Pd stavolta possiamo davvero giocare una partita vincente per i giovani e le donne di questo Paese”.

Ma sulla Pinotti ancora non è stata chiusa la trattativa tra i leader delle correnti che ancora trattano.

I big democrat navigano a vista. Il congresso? Nel 2022…

zingaretti congresso pd

Il congresso del PD si farà

Insomma, i big del Partito democratico sono ancora ‘al buio’, dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti, sulla nuova guida dei dem: lo dimostrano i nuovi appelli rivolti da molti – sempre i soliti – a ripensarci, ma tutti respinti dal segretario uscente che chiede ‘chiarezza’ dopo un logorante “martellamento”. La difficoltà dei principali dirigenti dem sta nel trovare in pochi giorni, e prima dell’Assemblea nazionale del 13 e 14 marzo, il nome di un segretario che faccia molte cose insieme: traghettare il partito verso un congresso costituente, da tenere con le primarie, e gestire le delicatissime amministrative di ottobre e, molto probabilmente, anche l’elezione del Presidente della Repubblica. Insomma, un segretario che – altro che ‘reggente’! – resti in carica da metà marzo 2021 a metà marzo 2022 (le elezioni per decidere il successore di Mattarella si terranno a febbraio 2022).

Il grande ‘vantaggio’ di essere donna, nel Pd di oggi…

valeria fedeli

Valeria Fedeli

Il fatto che possa essere una donna, di questi tempi in cui il tema delle donne, e della loro ‘sotto-rappresentanza’, nel Pd è esploso in modo così plateale e clamoroso, dopo la composizione – fatta dalla segreteria Zingaretti, è  bene ricordarlo – delle liste per i posti di ministri e di sottogoverno nell’esecutivo Draghi, è ovviamente un atout che la Pinotti saprà sfruttare a proprio vantaggio. Ligure, tutta d’un pezzo, marziale nei modi e nei toni, la Pinotti, almeno, è una che, di politica, a differenza di altre donne, ci capisce. Come sa chi la conosce  e la stima come la sua collega, senatrice riformista doc, nonché ex ministro ed ex segretario dei tessili nella Cgil, Valeria Fedeli.

Le scorie, dentro il Pd, non accennano però a diminuire

Partito Democratico

Il guaio, per la Pinotti, è che il Pd, oggi, è un covo di vipere prima ancora che un campo minato e devastato dai capataz locali (sindaci, governatori, segretari regionali) come dai vari big e loro sottoposti che animano le sue troppe correnti. Prendiamo, per dire, solo il dibattito sviluppatosi ieri.

Per l’ex ministro Peppe Provenzano (area Orlando) “serve un segretario, non un traghettatore”. Dice il giovane, e assai guachiste, esponente dem: “Capisco l’amarezza del segretario e gli esprimo solidarietà. Ma voglio dire che il Pd è molto meglio di com’è apparso in questi giorni. C’è una comunità democratica che merita un sussulto di dignità e responsabilità. Basta con l’ipocrisia degli appelli unanimi, ma tardivi, al ripensamento. La verità è che dopo questo gesto non si può far finta di nulla, tornare a come eravamo”. Poi, l’ex ministro per il Sud, in un’intervista a Repubblica affonda: “Serve un segretario, non un traghettatore. Non possiamo vivacchiare mentre tutto il mondo cambia in attesa di un congresso”. La sua speranza – ipocrita – è che “l’assemblea rinnovi il mandato a Nicola e che lui sia disponibile. Altrimenti servirà un uomo o una donna che rinnovi quell’impegno”. Il vero problema, dice ancora Provenzano, è che “in 13 anni il Pd ha cambiato 7 segretari e oggi solo 2 ne fanno parte. C’è qualcosa di malato in noi e ha a che fare con la mancanza di identità”. De te fabula narratur, verrebbe da dire a Provenzano…

Provenzano accusa, Boccia azzanna, Delrio si scansa

francesco boccia

Francesco Boccia

Un altro ex ministro, Francesco Boccia, azzanna Renzi, che da lui viene trattato alla stregua di un criminale, ovviamente pericoloso. Alla domanda di Rainews 24 sul perché il Pd non riesce a liberarsi della figura di Matteo Renzi, Boccia – lettiano con Letta, zingarettiano con Zingaretti, domani chissà, fidato proconsole romano di Michele Emiliano, re delle Puglie, comprese le loro alleanze con la destra becera ed ex dc riciclati – spara: “Renzi per noi non esiste più nel Pd e nel centrosinistra. Ha riportato Salvini al governo e politicamente non c’è nemmeno nel Paese, com’è noto dai numeri. Così come non dovete definire ex renziani del Pd chi lo ha sostenuto in passato, ma poi è stato tradito. Per me non esistono ex ma sono tutti compagni di partito con i quali ricostruiremo un fronte sociale e popolare ampio. È un nostro dovere comune, il rischio è l’implosione del Pd. Il lavoro del segretario Zingaretti è stato eccezionale e dobbiamo ripartire dalla rimozione delle macerie del 2018. Avevamo fatto tutti insieme tanta strada e ora saremmo tutti responsabili dell’implosione del Pd se non comprendessimo fino in fondo lo stimolo che la lettera del segretario impone”.

Michele Emiliano

Michele Emiliano

Insomma, Boccia accetta che gli ‘ex renziani’, dopo aver camminato sui ceci e aver chiesto scusa, tipo mille volte, per esserlo stati, in passato, restino nel Pd purché rinneghino Renzi almeno tre volte, come Pietro a Nostro Signore Gesù Cristo o come le streghe con il Demonio, pena bruciare sul rogo.

Renzi ci mette del suo: manco un ‘ciaone’ a Zingaretti…

Matteo Renzi

Matteo Renzi con la mascherina

Non che l’attuale leader di Iv, ed ex segretario del Pd, subito prima di Zingaretti, Matteo Renzi, non ci metta del buono e del suo per intorbidare e incattivire le acque: “Non mi interessa commentare ciò che sta avvenendo nel Pd. Era normale che dopo il fallimento della strategia ‘O Conte o morte’ qualcosa potesse accadere. L’asse con i cinque stelle sembra oggi inossidabile al punto da permettere a Beppe Grillo la provocazione della candidatura alla guida del Pd. I problemi del Pd lasciamoli al Pd” scrive il leader di Iv, nella sua e-news. “Noi come Italia Viva – aggiunge – abbiamo questi appuntamenti: sabato 20 marzo Assemblea Nazionale (via zoom); 1,2,3 settembre, Ponte di Legno, scuola di formazione per Under 30; novembre, Leopolda. Si apre una fase affascinante per la politica italiana, non sprechiamo questa opportunità”, conclude. Non una parola, insomma, su Zingaretti, un saluto, un onore delle armi. Nulla, tranne il gelo assoluto, totale, perfido, cattivo, acido.

Lo ‘Zingaretti boys’ Ricci: alleanza con M5s la nostra stella polare

matteo ricci

Matteo Ricci

Nella maggioranza, però, non tutti – solo perché non fanno più i ministri, ecco – hanno il dente così tanto avvelenato. Matteo Ricci – ieri renziano, oggi zingarettiano, sindaco di Pesaro, uomo di cultura e, forse per questo motivo, dotato di cotanto senno – ha almeno il pregio e il cuore di mettere il dito nella piaga in un’intervista con il manifesto: “Il Pd corre grandi rischi, prima della fine dell’anno sarà impossibile fare le primarie e in questo tempo lunghissimo ci giochiamo l’esistenza”.

Ricci, però, poi, in un’altra intervista, a Tg2 Post, sguaina la spada laddove solcava la terra l’aratro di mussoliniana memoria. Il suo zingarettismo pervicace, e senza Zingaretti, lo porta a sostenere che “L’evoluzione dei M5s e la leadership di Conte pone i 5s come il nostro alleato naturale in questo momento. Del resto con chi si dovrebbe alleare il Pd?. A meno che qualcuno pensi davvero che la maggioranza che sostiene il governo Draghi possa diventare un progetto politico in un unico corpaccione moderato indistinto in cui stanno tutti. Io non penso questo, noi siamo a sostegno di Draghi perché è un governo fortemente europeista ma penso dobbiamo costruire uno scenario bipolare con coalizioni riformiste e ambientaliste democratiche e la destra dalle altre: lo vedremo nelle prossime amministrative ad ottobre che saranno il primo banco di prova. Tutti i candidati del Pd, civici e 5S dovranno provare a trovare un’alleanza nei territori per vincere nelle città più importanti d’Italia nelle quali andranno a votare 21 milioni di italiani. Non credo – ha proseguito Ricci ci sia un’alternativa a questa idea: da una parte ti devi alleare con i 5s di Conte, dall’altra devi sperare che Calenda, o chi per lui, riorganizzi la parte più liberale moderata dello schieramento e al tempo stesso devi rafforzare il Pd”. “Penso che se avessimo avuto un segretario non delegittimato, in campo a tutti gli effetti, – ha detto ancora – saremmo riusciti meglio a rafforzarci, a costruire le alleanze. Se verranno confermate le dimissioni dovremo essere molto uniti e responsabili perché fuori le persone guardano a vaccini, crisi economica, difficoltà sociali e occupazionali e noi dovremo essere compattissimi da qui alle amministrative per poi fare un congresso di rilancio per definire la linea per il futuro del Pd”.

La minoranza di Br, fatta di molte anime, tranne che dei cuor di leone, prova a rinviare il congresso a data da destinarsi…

Andrea Marcucci

Andrea Marcucci

Nella minoranza degli ex renziani, in ogni caso, dove non sono cuor di leone (anzi, non lo sono mai stati), si mostrano guardinghi, prudenti, oltre che assai sospettosi verso i ‘complotti’ altrui. Ecco perché aprono un fuoco di melliflue e gentili dichiarazioni dove premettono 1) l’onore delle armi verso il ‘compagno Zinga’ (falsi come Giuda, fino al giorno prima lo volevano morto e cadavere); 2) cercano di allontanare l’amaro calice del congresso, perché ancora deboli, e spostarlo a data da destinarsi, una data così indistinta che non si capisce neppure se sarà il 2022, il 2023, o pure dopo.

Il capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci (Zingaretti, per anni, ha provato a chiederne la testa, alla fine Zinga si è dimesso e Marcucci, definito al Nazareno “più renziano di Renzi”, è ancora là…) prova a confondere le acque: “Il Pd deve scegliere un reggente, magari una donna, che guidi il partito fino al congresso, dopo le amministrative dice in un’intervista al Messaggero. Marcucci esprime “rispetto per le scelte” di Zingaretti, cui riconosce di aver affrontato problematiche complesse garantendo il coinvolgimento del partito in tutte le decisioni importanti. Ma ora, “credo che quell’esigenza di un confronto approfondito e serio che noi stavamo portando avanti sia ancora più valida. Quello che io mi auguro accada è che il congresso vero parta dopo le elezioni amministrative”. La designazione di un reggente “può essere fatta già nell’assemblea del 13 o a breve“. E “avere un segretario donna – aggiunge – sarebbe un gran bel segnale e ci sono tutte le condizioni. Un nome in mente ce l’ho ma non mi va di farlo”. Per il futuro, dice, “Bonaccini è una risorsa, come ne abbiamo altre tra i parlamentari, nella classe dirigente, tra i sindaci e i presidenti di Regione. Sicuramente lo considero una persona autorevole e adeguata, ma non credo sia l’unico”.

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Dario Nardella

Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, uno dei primi a sfidare Zingaretti sulla ‘politica’ (alleanze, identità, futuro) e in tempi non sospetti, ora mette i piedi nel piatto e dice che “comprendo molto la sua amarezza e lo stato d’animo, ma con la formalizzazione delle sue dimissioni rischiamo di acuire dentro il partito uno scontro sui nomi e sui personalismi, una resa dei conti sul segretario, quando ora la priorità è occuparci dell’emergenza e soprattutto rilanciare il nostro ruolo nel governo Draghi”. Secondo Nardella, in un’intervista data al Corriere della Sera, fare ora un congresso del Pd ora è fuori discussione. E poi precisa: “noi sindaci non abbiamo mai chiesto le dimissioni del segretario. Mai, nella maniera più assoluta. Anzi, in molte occasioni ci siamo rivolti a Zingaretti chiedendogli di dare una svolta al partito, che fatica a parlare alla società civile, al Paese reale, ai giovani, ai lavoratori. L’assemblea nazionale del 13 e 14 marzo era nata proprio per rilanciare il ruolo del Partito democratico, per parlare dei problemi dell’Italia, non per contarsi o per scontrarsi”. A suo avviso, “fare il congresso adesso è fuori dal mondo. Peraltro, noi amministratori sono settimane che diciamo che ora non serve un congresso”, per la pandemia e “perché finiremmo ancora una volta per parlare di nomi invece di affrontare il tema dell’identità e del modello del nostro partito”.

Graziano Delrio

Graziano Delrio

Intanto capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, nega di essere un ‘papabile’ e di voler correre per la segreteria: Delrio sta bene dove sta, al massimo voleva tornare a fare il ministro, ma amen… Pure tanti altri ‘maschi’ si tirano indietro e anche se il ‘paladino’ Orlando avrebbe una gran voglia di farlo dovrà attendere, quantomeno, che si possano davvero ‘chiamare’ le primarie quando, con ogni probabilità, sarà lui il campione della sinistra interna che sfiderà il riformista emiliano Bonaccini.

Ma ‘quelle’ primarie – con il doppio voto prima nelle sezioni e poi nei gazebo, e le tante file relative – in tempi di pandemia sono vietate dal buonsenso e dalla logica, prima ancora che da leggi e dpcm. Un segretario, però, il Pd deve averlo, in sella. Ecco perché, almeno per ora, e cioè in questa prima fase, dovrebbe spuntarla la franceschiniana Pinotti, detta la ‘generalessa’ (ma lei preferisce l’appellativo ‘comandante’) perché, da ministra alla Difesa, usava pugno di ferro in guanto di velluto pure con i generali dalle tante stellette. Non risparmierà di certo le correnti e i ‘maschietti’ del Pd.


Grillo&leSardine. Un assedio ‘finto’ e ‘combinato’ al Nazareno?

NB: questo articolo che segue è stato pubblicato sulle pagine del Quotidiano Nazionale del 7 marzo 2021

assedio

Grillo&leSardine. Un assedio ‘finto’ e ‘combinato’?

Se pensate che ‘l’assedio’ delle Sardine e le uscite di Grillo siano estemporanee o casuali non avete capito un c.zo di quello che sta succedendo! – sbotta un dirigente della minoranza interna, Base riformista, con un suo collega di partito – Zingaretti vuol continuare a comandare dentro il Pd pur senza esserne più il segretario. Altro che ‘Cincinnato’!”. Ecco, il clima che si respira nel Pd è così, da tragedia greca. Il ‘tragediatore’ principe sarebbe Zingaretti, dimissionario. L’attacco al Pd appare concentrico, o almeno così appare. Da un lato c’è Beppe Grillo, che ne ‘spara’ una delle sue: “Se mi invitate – scrive sul suo blog – vengo, faccio il segretario ‘elevato’ del Pd, ci mettiamo 2050 (è la data della transizione green, Di Maio ha annunciato che vuole metterla nel simbolo del M5s, ndr.), io ci sto un anno, un annetto. Conte sta di là (a capo dei 5Stelle, ndr.) un annetto, parliamo con tutti e facciamo dei progetti comuni”. Il modo ‘alla Grillo’ per rilanciare l’alleanza a tre M5s-Pd-Leu.

Dal Pd, nessuno reagisce, neppure dalla minoranza interna. Tantomeno parlano da quel Nazareno in cui Zingaretti è dimissionario, ma che sempre ‘suo’ resta. Forse non è un caso che la commissione ‘tecnica’ che la Cuppi ha cooptato per gestire la importante e delicata Assemblea nazionale del 13/14 è zeppa di zingarettiani doc (Telesca, Braga, Furfaro, Oddati, Vaccari, etc.). E tra presidente (la Cuppi) e vicepresidenti (Ascani e Serracchiani), più la ‘capa’ delle donne (D’Elia), un esponente delle minoranze non lo si trova col lanternino. In ogni caso, la minoranza non è fatta di cuor di leone.

Tommaso Nannicini

Tommaso Nannicini

Solo il senatore Tommaso Nannicini, produce un ruvido tweet contro Grillo che recita: “Caro Beppe, per candidarsi alla guida del Pd servono due requisiti di base. 1) Iscriversi al Pd. 2) Rimangiarsi i ‘Vaffa’ contro una comunità che ha una voglia matta di buona politica, non di avanspettacolo”.

Mattia Santori

Mattia Santori

Ma il clou della giornata di ieri al Nazareno passa sotto l’assedio, altrettanto ‘finto’, delle Sardine di Mattia Santori (ormai una star: con l’attore Usa Stanley Tucci gira spot in cui loda la – sic – mortadella… forse per prendere soldi, forse per vantare i prodotti locali), Jasmine Cristallo, Lorenzo Donnoli.Il Pd deve aprirsi all’esterno – sentenziano i tre a favor di tg – altrimenti regaliamo il Paese alla destra”. Invocano una nuova “Piazza Grande” (l’evento con cui Zingaretti lanciò la candidatura alle primarie dem del 2019, poi nome della sua mozione congressuale) e giurano, ai microfoni di Agorà (Rai 3), che: “Zingaretti è bravo, ha democratizzato l’M5s”. Santori intigna: “Il Pd è preda del pantano delle correnti, ma se salta il campo largo con M5s e LeU gli chiederemo di seguirci fuori dal Pd”. Morale, le Sardine incitano Zingaretti a fare la ‘scissione’ se vincono i renziani. 

valentina cuppi

Valentina Cuppi

Ed ecco che si prefigura una scissione. Poi i tre ‘leaderini’ salgono al terzo piano per incontrare la Cuppi, la quale li riceve con tutti gli onori per quattro ore. Le Sardine hanno “approccio combattivo, ma costruttivo” assicura Cuppi. Zingaretti non c’è, ma da lontano parla di “energia positiva per l’Italia e la democrazia”. Poi torna sul “martellamento quotidiano” che lo ha costretto a dimettersi.

Ad oggi, dovrebbe spuntarla la franceschiniana Pinotti, detta la ‘generalessa’ (lei preferisce l’appellativo ‘comandante’) perché, da ministra alla Difesa, usava pugno di ferro in guanto di velluto pure con i generali dalle tante stellette. Non risparmierà di certo le correnti e i ‘maschietti’ del Pd.