I ‘cacciatori di Draghi’ sono già all’opera. Tutti i guai, politici e parlamentari, del governo

I ‘cacciatori di Draghi’ sono già all’opera. Tutti i guai, politici e parlamentari, del governo

5 Aprile 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Tutti i “Cacciatori di Draghi”. I guai e i problemi del governo Draghi alle prese con partiti litigiosi, leggi controverse e polemiche, vaccini a singhiozzo e una ‘ripresa’ che non arriva

Draghi

Tutti i “Cacciatori di Draghi”. I guai e i problemi del governo Draghi

“Così cade il governo!” sentenzia il buon Maurizio Gasparri. A oggi, siamo al periodo ipotetico dell’irrealtà, lepperò…

Mario Draghi Fabiana Dadone

Mario Draghi Fabiana Dadone

Che il governo possa cadere perché il premier, Mario Draghi, ha affidato alla ministra per le Politiche giovanili, Fabiana Dadone (M5s, ministero ‘senza portafoglio’…), la delega in materia di droghe (tecnicamente, “politiche per le tossicodipendenze”) lo può credere, dire, pensare, solo il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia, ma con un passato in Msi-An, proibizionista della prima ora al cui confronto impallidisce persino l’ex senatore dell’Udc Carlo Giovanardi, che appare ora, dopo Gasparri, solo un pivello alle prime armi, un imberbe neofita.

Maurizio Gasparri

Maurizio Gasparri

Che, invece, nella maggioranza ‘larga’ – di unità o di responsabilità nazionale, che dir si voglia – che regge il governo Draghi si stiano iniziando ad accumulare tensioni, problemi e ‘detti&non detti’ di qualche spessore, peso, rischio è un fatto.

I ‘detti&nondetti’ tra i partiti che logorano il governo Draghi

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse – 13-02-2021 Roma Quirinale -Giuramento del governo Draghi Nella foto In prima fila da sx, Daniele Franco, Marta Cartabia, Luigi Di Maio, Sergio Mattarella, Mario Draghi, Luciana Lamorgese, Lorenzo Guerini, Giancarlo Giorgetti. Seconda fila da sx: Roberto Speranza, Maria Cristina Messa, Andrea Orlando, Roberto Cingolani, Stefano Patuanelli, Enrico Giovannini, Patrizio Bianchi, Dario Franceschini, Federico D’Incà. Terza fila da sx: Erika Stefani, Fabiana Dadone, Maria Stella Gelmini, Vittorio Colao, Renato Brunetta, Mara Carfagna, Elena Bonetti, Massimo Garavaglia. Photo Roberto Monaldo / LaPresse

Per di più, si tratta di problemi di natura politica. Si tratta, cioè, di tensioni tra partiti al governo assai diversi tra loro come ormai è chiaro a tutti: Lega e FI da una parte, M5s, Pd e LeU dall’altra (con Iv, che però conta sempre meno, nel mezzo). Peraltro, le elezioni amministrative di ottobre, che a occhio non smaliziato appaiono lontane, si avvicinano a grandi passi. Come sa bene Draghi, Competition is competition: centrodestra (a ranghi serrati e al gran completo, nella formazione classica: Lega-FdI-FI-Udc-nanetti) e centrosinistra (a ranghi sbrindellati, con un ‘asse’Pd&M5s – più LeU che però conta come il due di coppe quando la briscola è a bastoni – periclitante nonché alleanza dai confini ancora assai incerti) se le danno già ora di santa ragione, figurarsi appena si entrerà nel vivo della campagna elettorale, cioè tra l’inizio e la fine dell’estate.

La lunga campagna, già iniziata, per le comunali non aiuta

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Elezioni comunali

Certo, i principali candidati, nelle grandi città al voto, ancora non ci sono, ma presto arriveranno e allora i due schieramenti si sfideranno a singolar tenzone, anche perché le città in palio sono tante e tutte importanti (Roma, Torino, Milano, Napoli, Bologna, solo per citare i capoluoghi maggiori) e perché, da qui alle Politiche, quando mai saranno, sarà l’unico test politico ‘vero’ e non sondaggi che tutti i partiti compulsano e valgono il giusto, ma lasciano il tempo che trovano rispetto ai voti. Voti che – per il Pd di Letta come per il M5s a guida Conte – sarà esiziale, per le loro stesse leadership, verificare se ‘funzionano’ o meno. Ma anche per il centrodestra sarà importante capire se i ‘rapporti di forza’ resteranno gli stessi di ora, con la Lega a far la parte del leone, o premieranno la Meloni.

Si avvicina a grandi passi il temutissimo ‘semestre bianco’

presidente mattarella

Il Presidente Mattarella

Inoltre, il 3 agosto 2021 inizia il fatidico ‘semestre bianco’, gli ultimi sei mesi di ‘regno’ del Capo dello Stato. Sergio Mattarella ha già detto, in lungo e in largo, al colto e all’inclita (cioè sia a Benigni, in diretta tv, che citando, in modo raffinato, i discorsi di Antonio Segni) che non accetterà alcun ‘bis’, come fece, invece, Giorgio Napolitano.

Roberto Benigni e il presidente Mattarella

Roberto Benigni e il presidente Mattarella

E checché ne dicano i parlamentari che ne discettano nel cortile di Montecitorio e che pensano di ‘saperla lunga’, non defletterà certo da questo suo intendimento. Il guaio è che, col ‘semestre bianco’, da un lato non si può votare (così prescrive la Costituzione) perché non si possono sciogliere le Camere (e pure qui l’attuale inquilino del Colle fa notare che la norma è, ormai, anacronistica), dall’inizio è già iniziata la corsa al successore.

Ex presidente napolitano

L’ex Presidente Giorgio Napolitano

Il ‘grande gioco’ del Quirinale, un ‘gran ballo’ cui si auto-invitano un po’ tutti. Da Casini alla Casellati, da Gentiloni a Franceschini, da D’Alema a Silvio Berlusconi non esiste politico o personaggio ‘illustre’ che non ci abbia fatto un pensierino, a salire al Colle. Il centrodestra – Salvini in testa – lo rivendica per sé, il Pd pensa sempre di avere il candidato ‘giusto’ da piazzare, come per decreto divino, e i 5Stelle non vedono l’ora di ‘contare’ (“Senza di noi nessuno i voti”) ma temono di ‘contarsi’, cioè di spappolarsi come neve al sole, nell’urna.
In effetti, le chanche migliori, stavolta, stanno nel campo del centrodestra, il quale vive, dall’inizio della Seconda Repubblica, la ‘maledizione’ di non essere mai riuscito a vincere quella gara anche quando aveva i numeri per poterlo fare.

Luciana Lamorgese

Luciana Lamorgese

Il solo che, in teoria, neppure ci pensa, è Draghi, almeno così si dice. La sua elezione sarebbe la ‘quadratura del cerchio’, ovviamente, ma ne deriverebbe un ingorgo istituzionale non di facile soluzione. L’attuale premier dovrebbe dimettersi prima che inizi, ufficialmente, la corsa al Colle (ai primi di febbraio del 2022): un premier non è mai stato promosso senza soluzione di continuità al Quirinale e, in ogni caso, il suo primo atto sarebbe quello di dover sciogliere le Camere perché è evidente che, dopo il governo Draghi, nessun governo (se non un governo Lamorgese, cioè tecnico-elettorale) potrebbe reggere a lungo.

I dissidi di natura ‘parlamentare’ che agitano la maggioranza

fantapolitica

La ‘fantapolitica

Ma senza volersi buttare troppo in avanti, con la fantapolitica, bastano già, al premier, i problemi che ci sono. Alcuni gli stanno scoppiando in casa e tra i piedi, altri sono di natura ‘parlamentare’.
Si tratta, cioè, e per la maggior parte, di guai e problemi legati a dinamiche di leggi parlamentari: il ddl sul contrasto alla omotransfobia, il ddl di legalizzazione alle droghe leggere, entrambi fermi al palo, e da mesi, arenati nelle secche, soprattutto, del Senato, ma anche riforme istituzionali e legge elettorale, ancora da scrivere, anche se, su quest’ultimo fronte, si registra il frenetico attivismo del nuovo segretario del Pd.

Il frenetico attivismo del neo-segretario del Pd sulle riforme

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Enrico Letta

Infatti, Enrico Letta ha proposto, nell’ordine, di modificare i regolamenti parlamentari con norme ‘anti-transfughi’ e anti-gruppi Misti o neo-gruppi che ricordano il peggior ‘grillismo’ delle origini; di allargare la platea di voto delle Camere ai 16enni, stante che il Parlamento neppure riesce, da tre anni, a portare a dama l’abbassamento del voto ai 18enni per quanto riguarda il Senato, né a modificare il corpo elettorale del Capo dello Stato e neppure a modificare le circoscrizioni elettorali, stante il referendum che ha ridotto la platea dei parlamentari, con il taglio secco di 345 onorevoli.

Dario Parrini

Dario Parrini

Infine, Letta vuole pure cambiare il Rosatellum, l’attuale legge elettorale, e propone un sistema maggioritario all’inglese (o alla spagnola, si vedrà, la proposta di legge ufficiale ancora non c’è ma le due teste d’uovo democrat in materia elettorale, Dario Parrini e Stefano Ceccanti, ci lavorano già).

Ceccanti Stefano

Il costituzionalista e deputato dem Stefano Ceccanti

Insomma, vaste programme, per dirla in quel francese che tanto piace a Letta, ma con laconica e ironica sentenza del generale De Gaulle, che sta movimentando, e parecchio, la scena politica e i rapporti tra partiti. Senza dire del gioco a ‘batti&ribatti’ tra Letta e Salvini su ogni tema dello scibile umano che causa non pochi problemi, con relative tensioni, alla maggioranza e al governo, tanto che i cdm, con scontri interne e polemiche annesse (ne scrive, ormai quasi ogni giorno, deliziandoci, Francesco Verderami sul Corriere della Sera), iniziano a ricordare da vicino il caos (non) creativo del Conte I e del Conte II. Governi che, come si sa, hanno fatto la fine che hanno fatto.

Francesco Verderami

Francesco Verderami

Draghi vede, osserva, medita e, ovviamente, essendo Draghi… Draghi, nulla dice, ma proprio tanto contento non è, pare e riferisce chi ci parla.
Tornando ai problemi di natura ‘parlamentare’, il loro esito – e il loro sbocco, effettivo o meno – è affidato al ‘libero’ dibattito tra le forze politiche ma non è un mistero per nessuno che rischiano di complicare la vita a un governo dai numeri saldi e solidi ma che registra, appunto, continue frizioni, sia all’interno del cdm che dentro il Parlamento.

“La droga è morte!”. Salvini la spara grossa, ma svicola mentre la Meloni entra a gamba tesa sulle droghe di Dadone

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Salvini la spara grossa, ma svicola mentre la Meloni entra a gamba tesa sulle droghe di Dadone, Gasparri abbocca

La querelle intorno alla delega sulle droghe date alla Dadone è presto detta. Il caso, oltre Gasparri (che sta in maggioranza, almeno in teoria), lo solleva la Meloni che almeno sta all’opposizione. Non appena la delega ‘dello scandalo’ viene fuori, con pubblicazione in Gazzetta ufficiale, scoppia il finimondo. La ministra pentastellata, infatti, è notoriamente un’anti-probizionista e si è schierata, in più di un’occasione, a favore della legalizzazione delle droghe leggere, nonché è pure co-firmataria di una proposta di legge in materia che, ovviamente, giace nei cassetti delle Camere, come già avvenuto più volte in passato.

logo fdl

Fratelli d’Italia

Alla pugnace leader di FdI non pare di vero di poter cogliere i classici due piccioni con la stessa fava. Da un lato, la Meloni attacca il governo, e grida allo scandalo, dall’altro chiede, indignata, che battano un colpo i suoi alleati, contro i quali lucra voti nei sondaggi. La ‘sollevazione’ di Lega e FI, in realtà, arriva ma i due partiti ci stanno, al governo. “Fatevi sentire con decisione – dice la Meloni – che su tali temi non sono accettabili cedimenti”. Gasparri, subito, abbocca all’amo. La Lega tace per poi diffondere una nota vergata di pugno da Salvini che dice: “Ogni droga è morte, è la morte. Nessun regalo agli spacciatori. Viva la vita! (sic)”. I due capogruppo leghisti di Camera e Senato, Molinari e Romeo, ribadiscono egual concetto, ma chiedono che il governo si occupi di “altro”, evitando però di chiedere le dimissioni della Dadone o il ritiro delle deleghe da parte del premier alla ministra. Invece, da parte degli azzurri, che così scavalcano ‘a destra’ la Lega, è un coro di ‘stupore’, ‘dolore’ ed ‘esecrazione’ per l’affidavit delle politiche ‘anti-droga’ a una “pericolosissima” (ri-sic) antiproibizionista.

fabiana dadone

Fabiana Dadone (M5s)

La Dadone preferisce non commentare gli attacchi che subisce da giorni, e ad alzo zero, dalla Meloni come dagli azzurri Ronzulli, Occhiuto (capogruppo alla Camera) e del ‘solito’ Gasparri, ma fa sapere che intende convocare la ‘annuale’ conferenza sulle droghe che, per legge, dovrebbe tenersi ogni anno, ma che non si tiene dal 2009.
Invece, il Pd è in pieno imbarazzo e tace del tutto, sul punto, anche perché storicamente spaccato tra proibizionisti (gli ex Margherita ed ex Popolari, oggi ex renziani) e anti-probizionisti (gli ex Ds). Solo i 5Stelle difendono la ‘loro’ ministra. Tace anche il premier, il quale però si dubita che mai ritirerà le deleghe alla Dadone, anche perché, in tal modo, smentirebbe sé stesso, e non è proprio il tipo.

Il ddl anti-omofobia bloccato al Senato dal leghista Pillon sbatte contro il ‘contro-muro’ dei cantanti e dei vip dei social

Alessandro Zan

Alessandro Zan -LeU

L’altro tema che intorbida le acque, ma in questo caso, più che del governo, della maggioranza che lo sorregge, è la legge contro la omotransfobia. In ‘parlamentarese’ è meglio nota come ddl Zan, dal cognome del deputato di LeU, Alessandro Zan, che l’ha portata in porto, alla Camera, pur se tra mille difficoltà. Solo che la legge si è arenata, guarda caso, al Senato, dove per le leggi sui diritti il terreno è storicamente minato, ostico, faticoso.

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Il senatore della Lega Simone Pillon (foto ANSA/FABIO CAMPANA)

Qui succede che il leghista Simone Pillon, senatore leghista, ultra-cattolico e ultra-omofobo, dichiara candido candido che “se la legge Zan non è ancora stata incardinata al Senato è per le resistenze della Lega”. Una dichiarazione di ‘colpevolezza’ che Pillon infarcisce, da par suo, con dichiarazioni apertamente omofobe e surreali (il tema “è divisivo”, “ideologico”, “lesivo dei diritti degli eterosessuali” e altre amenità simili), mentre il centrosinistra ritrova la sua compattezza e chiede che si vada avanti “al più presto” per approvare una legge “di civiltà” e “per i diritti”, incrociando dichiarazioni – tutte uguali, fatte con lo stampino – rilasciate da Pd-Iv-LeU-M5s.

Andrea Ostellari - Lega

Andrea Ostellari – Lega

Peccato che la commissione Giustizia del Senato è presieduta da un leghista, Andrea Ostellari: ha già messo i sacchetti di sabbia contro la legge e si rifiuta persino di far iniziare la discussione. Inoltre, FI – tranne alcune possibili defezioni (le senatrici Giammanco e Masini) – è compatta sul ‘no’ e definisce, con il valdese Lucio Malan, il ddl Zan “delirante”. Insomma, per ora non se ne esce, dai meandri del Senato, per questo ddl, ma Letta promette, pure qui, “battaglia” su una rogna che proprio Draghi si risparmierebbe volentieri.

Lucio Malan

Lucio Malan

Ciliegina sulla torta, contro Salvini e la Lega si è scatenato il ‘fronte del porto’ dei cantanti (da Fedez a Mahmood, dai Maneskin, vincitori di Sanremo, alla star Achille Lauro, da Elodie a Levante, dallo Stato sociale a Willy Peyote, gli unici che almeno sanno leggere e scrivere, oltre che cantare) e vip più o meno assortiti che hanno lanciato una campagna in appoggio al ddl Zan e che chiedono che la legge si approvi “subito”. Un ‘subito’ che non fa i conti con il Parlamento…

La soap opera ‘Copasir’ e la lotta sul suo nuovo presidente

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Raffaele Volpi Photo: GIUSEPPE LAMI Copyright: ANSA

Parlamento dove, peraltro, neppure i presidenti di Camera e Senato, Casellati e Fico, riescono a venire a capo di una vera ‘soap opera’ dal nome presidenza del Copasir. La Lega non vuole mollare la presidenza della –delicatissima, specie in tempi di ‘spie’ italiane al soldo della Russia – commissione bicamerale. Presidenza che è stata affidata in tempi non sospetti a Raffaele Volpi, ex sottosegretario alla Difesa e uomo di Giorgetti, attuale ministro al Mise e molto vicino a Draghi.

Nicola Fratoianni

Nicola Fratoianni

Ma Fratelli d’Italia – “sola forza di opposizione, presente nelle aule parlamentari e nel Paese”, come garantisce la sua leader, Giorgia Meloni, dimenticando che, in realtà, ne esiste un’altra, seppur piccola, quella di Sinistra italiana, guidata da Nicola Fratoianni, almeno nelle aule – ne rivendica, abbastanza legittimamente, la guida. Dovrebbe andarci, al posto di Volpi, Adolfo Urso (attuale vicepresidente del Copasir).

adolfo Urso - Vice Presidente Copasir

Adolfo Urso – Vice Presidente Copasir

Ma Volpi – che, di suo, è ‘una volpe’ – non ha alcuna voglia di mollare la poltrona e, da due mesi, si rifiuta di convocare la commissione, per allontanare da sé – e dal suo partito, su ordine di Salvini – l’amaro calice di dover rinunciare al suo oneroso incarico.

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Casellati e Fico

Fico e Casellati si incontreranno la prossima settimana, subito dopo la ‘ripresa’ dalle vacanze – anche il Parlamento, si sa, ‘santifica’ le Feste – per dirimere, in qualità di ‘arbitri’, la contesa, che è giuridica e insieme politica. Sempre che, però, prima Silvio Berlusconi non riesca a ‘metter pace’ tra i due contendenti, Meloni e Salvini.

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Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia

La questione – sostiene il segretario del Pd, Letta, che ha promesso alla Meloni, dati i suoi pessimi rapporti con Salvini, di darle manforte, sul punto, “ha superato i canoni della civiltà istituzionale”. Paroloni, in realtà, ma in effetti è ormai dai giorni della crisi di governo (precisamente, 20 gennaio) che il Copasir, che vigila sull’intelligence italiana interna ed estera, non si riunisce. Secondo legge (del 2007) la presidenza spetta, di diritto, a chi sta all’opposizione.

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L’ex premier e leader del Pds-Ds Massimo D’Alema

Ma Volpi si appella a un precedente, quello di D’Alema che, nel 2011, rimase inchiodato alla presidenza del Copasir, nonostante il Pd fosse entrato in maggioranza, peraltro in un altro governo di larghe intese, quello guidato da Mario Monti. Chi ha ragione? Fico e Casellati si sono presi tempi lunghi per ragionarci e per decidere, nel frattempo, però, è successo di tutto, e non sono state per nulla cose belle.

L'ambasciatore italiano, Luca Attanasio, ucciso in Congo

L’ambasciatore italiano, Luca Attanasio, ucciso in Congo

Innanzitutto, l’omicidio dell’ambasciatore italiano, Luca Attanasio, in Congo e ora pure la spy story‘all’amatriciana’, by in Spinaceto, dell’ufficiale italiano Biot che ha venduto, “per sbarcare il lunario”, dossier riservati alla Russia. Ne è nato un caso, e un caos, diplomatico di prim’ordine, con tanto di attaché militari russi espulsi dal ministro degli Esteri Di Maio mentre al povero ministro alla Difesa, Lorenzo Guerini, è toccato l’onore e l’onore di difendere il decoro delle Forze Armate macchiato da spie da operetta. Manca solo il ritiro dell’ambasciatore italiano a Mosca ‘per consultazioni’ e poi saremo sul punto di dichiarare guerra alla Russia, cioè alla cara, vecchia, Unione sovietica.

Lorenzo Guerini

Lorenzo Guerini

Cui, nel frattempo. ‘dichiara guerra’ proprio FdI, e non solo per un rigurgito di anti-comunismo da ‘guerra fredda’, ma proprio per ottenere il Copasir tanto che il capogruppo della Meloni alla Camera, Francesco Lollobrigida, parla di “intollerabili ombre e ambiguità sulla sicurezza nazionale”. Ma anche il responsabile Sicurezza del Pd, Borghi (Enrico, da non confondere con il leghista Claudio) parla di “traccheggiamento ormai inaccettabile”.

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Enrico Borghi

Insomma, entro breve Draghi dovrà alzare la voce e i presidenti delle Camere sbloccare la situazione con un esito che, ormai, è già scritto: bisognerà far rotolare la testa di Volpi per mettere al suo posto l’ex aennino, ed ex finiano, Adolfo Urso.

I ‘veri’ – e drammatici – problemi che ha di fronte il governo

Il Generale Figliuolo

Il Generale Figliuolo

Poi, ovviamente, e qui veniamo alle ‘cose serie’, ci sarebbe la ‘normale’ attività di governo. solo che il governo Draghi, che non è ‘normale’ di suo proprio perché è nato in condizioni eccezionali, è affaticato da una vita quotidiana faticosissima.

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C’è il tema della lotta alla pandemia, che continua a infuriare, con tutte le sue ‘varianti’. C’è il piano vaccini, che stenta a decollare, nonostante il prodigarsi del generale Figliuolo. C’è il ‘gioco’ delle zone rosse-arancioni-gialle che fanno impazzire, ogni giorno, gli italiani. C’è il braccio di ferro, estenuante, con le Regioni (ma anche con i Comuni) che reclamano sempre più poteri, nonostante gli enormi danni e disastri commessi nell’insensata gestione della pandemia. C’è la platea dei beneficiari dei ‘ristori’ – a molte categorie promessi, ma a molte categorie negati, col risultato che si fanno malmostose entrambe.

Il warning ‘politico’ dei ministri ‘tecnici’ al loro premier…

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Il warning ‘politico’ dei ministri ‘tecnici’ al loro premier…

C’è il nuovo scostamento di bilancio (da 30, forse no, da 40 miliardi, la Lega vorrebbe che siano 80…) da varare entro poche settimane. C’è il Recovery Plan da licenziare al più presto, al massimo entro la fine di aprile, altrimenti la Ue, che già scalpita, ci sanziona e con i ministri ‘tecnici’ – cioè quelli voluti al governo da Draghi – che, da Franco a Giovannini, da Cingolani a Colao fino alla Cartabia (alle prese con una buona riforma della giustizia che suscita le ire di tutti) – che hanno avvertito il premier: “licenziamo il Recovery prima che inizi il semestre bianco, altrimenti la tenuta della maggioranza salta”… Warning assai assennato, per i motivi detti sopra.

Draghi, sul Titanic, vede stagliarsi davanti a sé un iceberg

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Draghi, sul Titanic, vede stagliarsi davanti a sé un iceberg

C’è pure il Def, da scrivere, sempre entro la fine di aprile, e che deve avere durata triennale e la manovra d’autunno ancora tutta da definire. Ci sono le liti dentro il cdm, con Salvini che attacca Speranza (minacciato di morte via mail), Letta che lo difende, i 5Stelle inebetiti, come al solito, e persi in guai più prosaici (l’arrivo di Conte come leader), Forza Italia che punge e Renzi che gode dei guai altrui e piange le disgrazie proprie, cioè i suoi viaggi in Arabia Saudita, Emirati, etc.

Francesco De Gregori

Francesco De Gregori

E così, il ‘povero’ Draghi – che, almeno sulla carta, doveva procedere con “c’è davanti un poco di nebbia, ma andiamo avanti tranquillamente” come sul famoso Titanic di Francesco De Gregori (a proposito, compie 70anni: auguri pure da noi!) – si ritrova immerso in un mare di guai e vede, davanti a sé, ergersi un potentissimo icerberg: l’eterna, infinita, litigiosità della politica italiana.

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 5 aprile 2021. Buona Pasqua fatta) e buona Pasquetta ai miei ’25 lettori’!!!