“Non guardarmi, non ti sento”… Conte e Letta, sensale Bettini, si amano, ma nel M5s cova in rivolta e l’alleanza nelle città non c’è

“Non guardarmi, non ti sento”… Conte e Letta, sensale Bettini, si amano, ma nel M5s cova in rivolta e l’alleanza nelle città non c’è

30 Aprile 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

“Non guardarmi, non ti sento”… Conte e Letta, onesto sensale Bettini, si amano di corrisposto amore, ma nel M5s cova in rivolta anti-contiana e l’alleanza nelle città non c’è

amore corrisposto

Conte e Letta, onesto sensale Bettini, si amano di corrisposto amore

 

NB: questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile sul sito di notizie Tiscali.it

“Non guardarmi, non ti sento…”. Salta la linea Internet. Bettini ci scherza sopra, Conte e Letta fanno ‘i seri’…

Non guardarmi non ti sento

Non guardarmi non ti sento

La prima volta, quando salta il collegamento clou di Giuseppe Conte all’iniziativa via Zoom organizzata da Goffredo Bettini con Enrico Letta, e altri, come vedremo, l’ex premier proprio non riesce a concludere il suo intervento. Passano diversi, interminabili, minuti (ma, come si sa, su Internet un minuto è un’eternità), ma nulla da fare. Al che Goffredo Bettini scherza e si auto-cita: “E questo dimostra come i complotti siano all’ordine del giorno…”, ride e chiosa, rievocando il ‘complotto’ denunciato da lui stesso (mandanti non si capisce chi: forse Biden, forse la Ue, forse Mattarella, o forse tutti e tre, vai a sapere) che avrebbe disarcionato il Conte II per mettere al suo posto Draghi, cioè ‘i poteri forti’.

Conte Bettini e Letta

Conte Bettini e Letta

Conte prova a metterla giù seria, quando torna da off line a on line: “E’ andata via la linea, a dimostrazione che c’è ancora molto da fare per la transizione digitale”. Solo che Conte proprio non riesce a finirlo, il suo intervento. Al che Letta, serioso di suo, chiude con un “la cosa più importante è che Conte ha concluso dicendo che il M5s ci sarà” (a fare l’alleanza ‘organica’ con il Pd, ovviamente). Meno male che Bettini, che avrà pure tanti difetti, ma cui non manca l’ironia, ci scherza di nuovo su dicendo che “in assenza di Casalino (ieri portavoce di Conte a palazzo Chigi, oggi ancora suo portavoce, anche se ‘solo’ leader M5s, ndr.) le piattaforme di Conte non vanno…”.

Ecco, sembra di stare dentro un vecchio film comico, “Non guardarmi, non ti sento” (film del 1989) con Gene Wilder e Richard Pryor, in cui un cieco e un sordo cerchiamo di svelare un assassinio (film che, oggi, non sarebbe pensabile: è tutto il contrario dell’odioso politically correct).

Le alleanze, alle comunali, però, non ci sono e non si vedono

alleanze

Le alleanze, alle comunali, però, non ci sono e non si vedono

Due (su tre) dei protagonisti dell’incontro politico tanto atteso di ieri, Conte e Letta, si parlano ma ‘non si sentono’, forse, quando si parlano – nel senso che non riescono a mettersi d’accordo neppure su uno straccio di città in cui convergere, in vista delle amministrative del prossimo ottobre – mentre il terzo, Bettini, li vuol mettere insieme a tutti i costi. A dispetto dei santi e pure dei fanti. E, in parte, ci riesce pure, ma poi, se vai a cercare – città per città – le possibilità di un accordo ecco che subito evaporano, svaniscono, si annullano.

Tranne a Napoli, dove l’accordo si chiuderà (forse), a Torino Pd e M5s correranno divisi, a Milano Sala dei pentastellati non vuol sentir parlare, a Bologna non si capisce chi vincerà le primarie (e le chanche di accordo da lì derivano) e a Roma… Beh, a Roma, come si sa, la Raggi si ricandida, il Pd farà le primarie tra i suoi candidati, Calenda se ne va per conto suo, e dunque di accordo tra Pd e M5s neppure l’ombra. Letta è sicuro, però, e Conte pure, che l’accordo si farà, e sarà ‘organico’, alle prossime politiche. Solo che, le prossime elezioni politiche, si fanno, se la legislatura finisce nei suoi tempi ‘naturali’, nel 2023 (solo causa cataclisma a metà del 2022) e qui conta il vecchio proverbio: ‘campa cavallo’. Letta, però, e pure Conte (e Bettini, figurarsi) intignano,ci credono e ci sperano.

Bettini sprona Conte e Letta a costruire il ‘campo largo’

Zoom app for Windows 10

“Il precedente governo è stato una premessa per un campo largo nel futuro”. A dirlo, peraltro, non porta manco bene, considerando che il governo Conte II è fallito nel breve volgere di un mese, dopo neppure un anno e poco più di governo, ma a sostenerlo è, appunto, Giuseppe Conte, rispondendo al dirigente del Pd Goffredo Bettini. L’occasione è, appunto, la video-diretta, sulla piattaforma Zoom, che si è tenuta ieri tra numerosi problemi ‘di linea’ (nel senso di connessione Internet, che andava e veniva) della nuova corrente ‘di pensiero’ – “umanesimo socialista e cristiano insieme” lo chiama Bettini, che crede, forse, nella coincidentia oppositorum – oggi ideologo dei dem come ieri lo è stato del ‘contismo’ e, ier l’altro, dello ‘zingarettismo’ (e domani, chissà, pure del ‘lettismo’). La sua nuova corrente – ma Letta non aveva detto che avrebbe mosso una guerra spietata alle correnti? Mistero – l’ha ribattezzata ‘Le Agorà’, eco delle piazze in cui i cittadini dell’antica Grecia si confrontavano (Atene, si presuppone, non Sparta, che da quelle parte erano un pochino sciovinisti e guerrafondai).

Elly Schlein

Elly Schlein

All’appuntamento organizzato dal big – in tutti i sensi – dem Bettini hanno partecipato anche il segretario del Pd, Enrico Letta, la vicepresidente dell’Emilia Romagna, Elly Schlein (nuovo astro nascente della sinistra radical) e Nadia Urbinati, politologa assai nota e molto ‘di sinistra’, tutti introdotti dall’esponente della sinistra romana (ex Prc, ex Sel, ex LeU) Massimiliano Smeriglio.

Tre partiti e un’alleanza (del futuro): il ‘campo progressista’

movimento5stelle

M5S

Il leit motiv dell’incontro è stato, dunque, e tale voleva essere, uno solo: gettare le basi di quel ‘campo largo’ che, in autunno alle amministrative e in prospettiva alle politiche, vuole abbracciare, in un afflato unitario, tre partiti (M5s-Pd-LeU) di cui gli ultimi due sono dichiaratamente collocati in quello che, ai tempi della Seconda Repubblica, si chiamava ‘centrosinistra’ e oggi non si capisce più bene cosa sia, mancando la gamba ‘centrista’.

Il terzo, invece, i 5Stelle, un giorno dicono che non sono “né di destra né di sinistra”, un giorno che sono ‘un pochino’ di centrosinistra e il giorno dopo ancora che sono anche “moderati e liberali”. Insomma, i 5Stelle sono un partito, dal punto di vista ideologico e politico, allo stato liquido, se non gassoso, ma agli altri due compagni di strada (Pd e LeU, ieri peraltro assente, alla jam session) sta bene così purché, con l’alleanza, ‘si stringano’ i bulloni. Insomma, vogliono si faccia, e punto. Alle amministrative, dove si può, e alle politiche.

I guai e gli assilli principali ‘di casa’ dentro il Movimento

goffredo bettini

Goffredo Bettini

Non a caso, all’inizio dell’incontro on-line è stato proprio Bettini a esortare gli esponenti del Movimento 5 Stelle(che deve ancora decidere tutto del suo futuro: leadership, nome, simbolo, Statuto, Carta dei Valori, nuova piattaforma, etc), come del Pd, a mettere in campo un’alleanza alle prossime amministrative. “Come è stato durante la nostra esperienza di governo degli ultimi due anni – ha detto Bettini – ci sembra essenziale il rapporto tra le due grandi forze democratiche e anti-sovraniste, il Pd e il M5S. Nella loro diversità – ha concluso il dirigente dem – devono trovare il modo di intendersi, di collaborare e di unirsi in vista delle elezioni politiche”.

Davide Casaleggio

Davide Casaleggio

Vaste programme, direbbe il generale De Gaulle, anche perché, appunto, i 5Stelle sono alle prese con una crisi di identità verticale: scontro aperto con la Casaleggio&Associati di Davide Casaleggio, che rivuole indietro 450 mila euro di mancate ‘restituzioni’ e che, non solo per dispetto, non vuole mollare l’elenco di iscritti al Movimento; decisione del Tribunale di Cagliari (pendente e incombente per il 30 aprile, cioè entro oggi) sulla legittimità del nuovo Direttorio e di chi deve dirigerlo e di chi ne è il legale rappresentante; leadership di Conte, il quale neppure iscritto, al Movimento, ma che intende guidarlo; ruolo, sempre più scomodo, del vecchio ‘Garante’, Beppe Grillo, che ha in testa ben altre faccende (il rinvio a giudizio del figlio per causa di stupro).

I tanti ostacoli a 5Stelle che ha davanti a sé Giuseppe Conte

conte

Giuseppe Conte

Insomma, nel M5s c’è una mezza rivolta in corso, e una mezza scissione (l’ennesima) alle porte, ma nel Pd di Letta fanno finta che tutto vada bene e che, alleati con i 5Stelle, i ‘progressisti’ sbancano. Bettini ne è arci-sicuro e il suo invito viene prontamente raccolto dal leader del Movimento. “Il campo largo è l’obiettivo prossimo” dice, sicuro delle sue ragioni, Conte, che poi, rispetto al futuro del partito di Grillo, annuncia: “Ancora qualche giorno e completiamo questo processo costituente. Chiariremo anche la questione della piattaforma perché la gestione tecnica sia distinta assolutamente dalla gestione politica. Sono passaggi importanti – ha concluso Contecome chiarire che la competenza è importante: ‘uno vale uno’ non può significare che quando si tratta di investire di responsabilità istituzionali non occorre competenza”.

Insomma, Conte vorrebbe rivoltare il Movimento come un calzino e farne una ‘cosa’ assai diversa da oggi, ma dipende se, da un lato le ‘cause’ pendenti (con Casaleggio e di ex M5s al Tribunale di Cagliari) come pure il vociare malmostoso dei parlamentari – che non hanno ‘gradito’, usando un eufemismo, che Conte ritardi ancora il lancio della nuova ‘creatura’ e che la prima uscita pubblica sia un evento, quello di ieri, nato ‘in casa’ del Pd – glielo lasceranno fare o, invece, si ribelleranno.

‘Rivolta’ anti-contiana dei parlamentari 5Stelle più in vista

Vittoria Baldino

Vittoria Baldino

Non a caso, ieri sera, nell’assemblea-confronto tra Conte e i presidenti e i capigruppo di commissione, cioè la creme dei parlamentari M5s, molti ci sono andati giù duri e polemici.  I dubbi, le preoccupazioni e le lamentele dei parlamentari, che del suo nuovo progetto sanno ancora troppo poco, sono tanti e assai puntuti. Vittoria Baldino, capogruppo in Commissione Affari costituzionali, si dice invece preoccupata in vista di alcuni appuntamenti elettorali delicati: amministrative di Roma e regionali in Calabria.

pesco daniele

Daniele Pesco

Fra gli interventi, il più teso è quello di Daniele Pesco, presidente della commissione Bilancio del Senato. Parlando delle elezioni amministrative, dice che il Movimento è “in difficolta. Siamo allo sbando”, parole che suscitano le ire immediate del capo politico, Vito Crimi.

Giuseppe Brescia

Giuseppe Brescia

Ma che il M5S sia in crisi, o si senta in crisi, emerge da più di un intervento: Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, vicino a Roberto Fico, punta il dito sul presente: “Non c’è una direzione esatta. Tutti i parlamentari fanno fatica e questo ci indebolisce agli occhi degli altri gruppi. Servono strumenti per prendere decisioni politiche, il rilancio avrà successo se ognuno potrà dare il suo contributo. E serve – avverte – un collegamento diretto con Conte”. Pesante l’avvertimento di Vita Martinciglio: “Il rischio scissione non è remoto, ti potresti ritrovare – dice a brutto muso a Conte – con una forza politica che non è più la prima in Parlamento”.

Vita Martinciglio

Vita Martinciglio

Gilda Sportiello, capogruppo in commissione Affari sociali, punta il dito sulla scarsa coesione interna. “La linea politica su alcuni temi non l’abbiamo mai avuta e ora abbiamo difficoltà a trovare una sintesi”, dice. Tra i nodi da sciogliere che più stanno a cuore agli eletti c’è la questione della nuova struttura e del modo in cui dovrebbe essere finanziata.

Gilda Sportiello

Gilda Sportiello

Non è un segreto che la proposta di versare i contributi direttamente al M5S, invece che a Rousseau, ma senza sconti (1500 euro al mese invece di 300…), non susciti entusiasmi nei gruppi parlamentari.

Filippo Gallinella

Filippo Gallinella

Per Filippo Gallinella, presidente della commissione Agricoltura della Camera, “trasformarsi in un partito è difficile. Serve una struttura chiara e non può essere annunciata da una conferenza stampa. Come troviamo i fondi? Con il 2 per mille (forma residua di finanziamento volontario dei partiti che però Grillo osteggia, ndr.)? Sono nodi da sciogliere”.

sergio battelli

Sergio Battelli

Per Sergio Battelli, che non ha nascosto e pubblicamente dubbi e preoccupazioni, Conte deve “coinvolgere i gruppi parlamentari nel soggetto nuovo, farci capire come superiamo la piattaforma Rousseau, se scegliamo il 2xmille”. E soprattutto, ammonisce Battelli, che parla la lingua del realismo, quale il destino degli eletti: “I parlamentari devono sapere al più presto cosa li aspetta”. Traduzione: ci sarà o meno il tetto al limite dei due mandati o verrà rimosso? Carne e sangue per gli onorevoli, molti al secondo giro.  

Conte e Letta parlano la stessa lingua, pronti a giuste nozze

Conte e Letta

Conte e Letta

Ma, se davvero il Movimento 5Stelle, o come si chiamerà in futuro, sarà guidato da Conte, e non perderà troppi pezzi per strada che lo renderebbero alla fine residuale o del peso specifico di un Tabacci o di una LeU in grande, metterlo d’accordo con il Pd sarà un gioco da ragazzi. Sulle alleanze, infatti, Letta e Conte parlano la stessa lingua, si capiscono al volo. Si sono visti la prima volta, vis a vis, il 24 marzo e, da allora in poi, non si contano telefonate e sms. Tanto che i pentastellati già sbottano: “quello (Conte, ndr.) parla di più con Letta che con noi”.

Di MAio

Luigi Di Maio

E, ieri, il leader in pectore dei Cinque Stelle ha perfino suggerito una collocazione precisa per il Movimento: “Potrebbe rivelarsi una forza politica senz’altro di sinistra” (e qui, però, Luigi Di Maio potrebbe anche avere uno svenimento: la sua ultima intervista politica’ parlava di una forza “moderata e liberale” come evoluzione futura dei 5Stelle). Letta e Conte, insomma, appaiono in sintonia, si danno e ridanno la palla come due virtuosi del Brasile di Pelé e Nana, tutto un gioco di sponda, tutto un fraseggio infinito di centrocampo (anche se, qui, la capacità di goleare è dubbia…).

Conte parla di “clima proficuo di dialogo, unito alla determinazione di lavorare insieme per risposte concrete”. Letta, immaginifico, usa un’immagine: “Io, Giuseppe ed Elly Schlein in una piazza grande, davanti a tanti elettori. La gente capirebbe che siamo persone che si stimano” e questo “consentirebbe ai cittadini italiani di avere fiducia in noi” (e qui l’idea di un Ulivo ‘4.0’ magari, invece, farà venire i brividi ai – pochi – ulivisti veri rimasti in circolazione nel Paese, alla Prodi, ma tant’è). Conte, però, deve arrendersi di fronte l’evidenza e, di prima mattina, mette le mani avanti: “I tempi – aveva detto in mattinata, intervenendo al Festival del Lavoro – non sono maturi per un’alleanza a tutto tondo, ma dobbiamo coordinare gli sforzi per buone amministrazioni”.

La realtà è più dura dei sogni che di solito muoiono all’alba. Le ‘alleanze’ tra Pd e M5s nelle città non sono mai nate

M5S PD

Pd e M5S

Di buone intenzioni, infatti, è lastricata la strada per l’inferno. Pd e M5s fanno i conti con lo stato dell’arte. Il primo campo di prova dovevano essere le comunali di ottobre ma, tranne Napoli, le trattative nei Comuni sono quasi tutte al palo. Tanto che lo stesso Letta mette le mani avanti. Finora parlava dell’appuntamento di autunno come di un primo test del dialogo fra Pd e M5s. Ora frena, invece: “Viviamo le amministrative come una tappa, come una idea di convergenza che arriverà. L’obiettivo principale è essere vincenti nel 2023”.

roberto fico

Il presidente della Camera, Roberto Fico

A Napoli il patto è a buon punto e il negoziato si sta spostando sui nomi. Si parla del presidente della Camera Roberto Fico, e da mesi, che però non ha ancora ufficializzato alcuna decisione, e sta sfogliando la margherita. Il rincalzo è l’ex ministro Gaetano Manfredi, più gradito al governatore Vincenzo De Luca, il quale, su Fico, continua a mantenere fermo il no.

Stefano Lorusso

Stefano Lorusso

A Torino il patto col M5s è saltato prima di farsi. A sancire la rottura è stata la scelta del Pd di fare le primarie, fissate per il 12 e 13 giugno. La priorità è stata quella di riunire il centrosinistra. Una convergenza con i 5 Stelle potrebbe esserci in caso di ballottaggio, si vedrà. Fra i nomi dem in campo per le primarie c’è quello del capogruppo comunale Stefano Lo Russo (Pd).

Isabella Conti

Isabella Conti

Anche a Bologna la decisione di ricorrere alle primarie – arrivata con la candidatura di Isabella Conti (Iv) – ha allontanato l’accordo con il M5s. I pentastellati, per ora, restano al tavolo di maggioranza: decideranno se ‘stare dentro’ la coalizione solo dopo l’esito delle primarie. Insomma, a Bologna, il menu del M5s è ‘a la carte’: se vince la Conti, andranno da soli, invece se vince il candidato a loro gradito, l’assessore uscente della giunta Merola, Matteo Lepore (è in pole position, in quanto uomo di Unipol e di tutti i centri di potere ‘ex Pci’ che contano in città), l’accordo col centrosinistra fin dal primo turno è cosa fatta.

Matteo Lepore

Matteo Lepore

Ma anche le regole delle primarie sono terreno di dibattito. Il nodo è la formula: se saranno aperte a tutti o se per votare servirà un qualche tipo di requisito. Una delle opzioni è che possa servire una pre-registrazione a chi voglia partecipare on line e non andare fino ai gazebo.

Qui il ink a un articolo che parla della questione delle ‘regole’ alle primarie: Città che vai, primarie che trovi; Il Pd alle prese con il guazzabuglio delle amministrative nelle grandi città

“Questa è Roma!” Il caso-caos delle alleanze nella Capitale

Raggi e Zingaretti

Raggi e Zingaretti

L’accordo fra centrosinistra e M5s, infine, non sembra per nulla possibile a Roma, dove il M5s correrà con il sindaco uscente, Virginia Raggi. Il centrosinistra farà le primarie, il 20 giugno. Nel Pd è sicura la candidatura dell’ex ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri, ma Letta vorrebbe tanto che si candidasse Nicola Zingaretti, che i sondaggi arrivati in questi giorni sui tavoli dem darebbero in vantaggio di 20 punti su tutti gli altri nomi di centrosinistra. Il governatore del Regione Lazio finora ha risposto solo tanti, e cortesi, ‘no’.

Gualtieri

Nel Pd è sicura la candidatura dell’ex ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri

Ma la partita non è solo cittadina: ‘Zinga’ potrebbe cambiare idea se Pd e Cinque Stelle riuscissero a trovare un accordo blindato, cioè sin dal primo turno, in Regione Lazio che, in caso di un suo lancio alle comunali, dovrebbe tornare a votare, e in via anticipata, ance se non è detto che succeda ad ottobre: con la scusa di approvare il bilancio a fine anno e non mandare la Regione in esercizio provvisorio le regionali potrebbero pure slittare a febbraio 2022. Se si fa l’accordo a Roma, è pronta la grillina Roberta Lombardi, che ha portato l’M5s a entrare in giunta regionale, altrimenti c’è l’assessore alla Sanità, D’Amato. La soluzione, però, ‘deve’ arrivare entro pochi giorni: il Pd romano e nazionale, cioè, non può aspettare oltre, altrimenti rischia di arrivare già ‘spompo’ alle elezioni.

Patrizia Prestipino

Patrizia Prestipino

Non a caso, la deputata romana, di rito ‘Base riformista’, Patrizia Prestipino, ieri ha messo il dito nell’occhio alla Raggi e al M5s, sollevando un vespaio: “Da cittadina, da elettrice del Pd, dico che bisogna fare di tutto per convincere Zingaretti. L’unico che ha la forza di ‘scavalcare’ tutti, da Calenda alla Raggi, e vincere. E’ 20 punti avanti nei sondaggi ed è il nome che dà maggiori tranquillità” dice la deputata romana, ex prima cittadina di Municipio, che le primarie a sindaco le ha fatte nel 2013. Poi la Prestipino intinge il curaro nel veleno: “Conte deve risolvere il problema Raggi, se no non si va da nessuna parte.. Deve sgomberare il campo dalla sindaca, è una richiesta dalla quale non si può prescindere. Se fossi Conte direi: andiamo insieme in Regione a prescindere, perché si vince solo con Pd, M5s e una alleanza di centro. A Roma a battere la Raggi ci penserebbe Zingaretti. Altrimenti c’è Gualtieri e ci sono le primarie, ma per allargare il campo e, ‘conditio sine qua non’, con candidate donne. Se no il discorso iniziato da Letta con i capigruppo va a morire. Oggi, a Roma non ci siamo proprio. I 5 stelle – continua la Prestipinonon parteciperanno mai alle primarie, ma gli conviene appoggiare i candidati di centrosinistra. Loro non hanno ancora imparato a formare una classe dirigente e sul fronte amministrativo sono un disastro. Il loro più grande fallimento è stata la Raggi. Diano il buon esempio partendo da Roma: il M5s appoggi il candidato del Pd anche se la Raggi si candida”.

Apriti cielo. I 5Stelle rispondono per le rime alla Prestipino: “il Pd rispetti la Raggi”, “il Pd risolva il problema Zingaretti”, “il Pd risolva il problema Prestipino”, etc. Insomma, la linea è: la Raggi non si ritira, voi fatevi i fatti vostri. Ecco, a Roma e altrove, ‘il catalogo è questo’, per Pd e M5s, pessimo.