Pirandello o dei 5Stelle. La guerra con Casaleggio continua, i guai e gli abbandoni interni pure. Conte in mezzo al guado

Pirandello o dei 5Stelle. La guerra con Casaleggio continua, i guai e gli abbandoni interni pure. Conte in mezzo al guado

4 Giugno 2021 2 Di Ettore Maria Colombo

Pirandello o dei 5Stelle. La guerra con Casaleggio continua, i guai e gli abbandoni interni pure. Conte in mezzo al guado e un difficile seggio per lui. Tanti, troppi i problemi. Nel Movimento si soffre sempre di più a stare nel governo Draghi e la leadership di Conte

Movimento 5 stelle spaccato

I cambi di casacca, tra fughe ed espulsioni, dei parlamentari M5s è più di un’emorragia

NB: Pubblico qui due articoli. Il primo è uscito il 4 giugno 2021 sul sito di notizie Tiscalinews.it 
Il secondo, che trovate di seguito a questo, è invece uscito il 3 giugno 2021 sul sito The WatcherPost.it 

Il governo Conte e l’M5s rivisti ‘alla moviola’

casaleggio conte

Conte e Casaleggio

Nessuno, soprattutto dentro l’M5s, a giugno 2018, giorno dell’insediamento del suo primo esecutivo, avrebbe mai pensato che il destino di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio per due volte, avrebbe potuto rimanere intrecciato nella ‘guerra’, sempre più accesa, con Davide Casaleggio. Ma è con il presidente della piattaforma Rousseau – sulla quale si sono votati gli snodi più importanti della vita del Movimento – che si sono verificati i sostanziali intoppi a che “l’Avvocato del popolo”, come si era definito, diventasse il leader effettivo del Movimento 5 Stelle.

All’orizzonte è nata, intanto, la possibilità – sulla carta – che l’M5s candidi l’ex premier alle elezioni suppletive per la Camera dei deputati dopo ‘l’addio’ al seggio dell’ex viceministro agli Esteri, Emanuela del Re, che ha ricevuto un incarico Ue per il Sahel.

Barbara Lezzi.M5S. Ansa

Barbara Lezzi

Alla moviola, poi, basta guardare le foto del giuramento del primo esecutivo Conte per vedere affianco, sorridenti, le ministre della Difesa, Elisabetta Trenta – che ieri ha lasciato il Movimento – e quella del Sud, Barbara Lezzi, ‘cacciata’ per il ‘gran rifiuto’ a votare la fiducia all’attuale governo di Mario Draghi. Conte, al lavoro sul progetto – ormai ‘definito’, così detto – di rifondazione del M5s con tutto questo si è e si sta confrontando, senza perdere di vista elezioni amministrative ormai alle porte.

Un seggio ‘vacante’ come paracadute per Conte a Roma (e uno, già che ci siamo, pure per Letta, ma a Siena…)

Conte Letta

Un seggio ‘vacante’ come paracadute per Conte (e uno, già che ci siamo, pure per Letta…)

Ma la vera ‘notizia’, nel caos – giudiziario, legale e politico – che vive il M5s ormai da settimane è che Giuseppe Conte – leader/non leader del nuovo Movimento – potrebbe ‘guadagnare’ un seggio alla Camera e, dunque, legittimarsi, prima ancora che davanti all’elettorato dei 5Stelle, davanti agli elettori. Infatti, dopo l’indicazione da parte dell’Italia del viceministro agli Esteri, Emanuela Del Re, a nuova inviata dell’Unione europea in Sahel, sono diventati ben due i seggi della Camera che rimangono vacanti e per i quali si andrà al voto tra il 15 settembre e il 15 ottobre insieme alle elezioni amministrative. Quello della Del Re (M5S), eletta nel marzo 2018 nel collegio uninominale Lazio 11 Roma-quartiere Primavalle e quello di Siena, lasciato libero da Pier Carlo Padoan (Pd), dimessosi il 4 novembre 2020, dopo essere entrato nel consiglio di amministrazione di UniCredit e finora mai sostituito.

pier carlo padoan

L’ex ministro Pier Carlo Padoan

Nel Pd come nel M5s ci si interroga sui possibili candidati e il pensiero di molti corre proprio ai ‘numero uno’ dei due rispettivi partiti: Enrico Letta, rientrato in Italia per prendere in mano le redini del Pd dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti, che è senza seggio e anche senza stipendio, visto che ha lasciato la Scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi.

luigi di maio scaled

Luigi Di Maio

Invece, per il seggio della Del Re, che il ministro agli Esteri, Luigi Di Maio, ha voluto indicare nel nuovo, prestigioso, incarico nella Ue, potrebbe entrare in campo Giuseppe Conte, l’ex premier leader in pectore del M5s. Il tema si pone, dunque, in modo netto, nel Pd come nel M5s, non solo e non tanto per garantire, in caso di vittoria, il seggio ai due leader per lo scorcio di legislatura che avanza (scadenza naturale, se non si terranno elezioni politiche anticipate, il 2023), ma per assicurare la presenza di Letta e Conte in Parlamento, si ragiona nel movimento e tra i dem, prima di quando cominceranno le grandi manovre per l’elezione del presidente della Repubblica.

Ma se questo espediente – per le suppletive si vota, in base alle norme decise in epoca Covid, insieme alle amministrative di metà ottobre – può risolvere il problema della ‘rappresentanza’ parlamentare dei due leader dei due movimenti, i problemi politici del M5s restano tutti intatti (come pure, peraltro, quelli del Pd, ma questa – come direbbero i veri narratori – “è un’altra storia”).

I dubbi, nel Movimento, sul seggio da dare a Conte

Dubbi

Anche dentro i 5Stelle i dubbi sul ‘contismo’ aumentano

Che Giuseppe Conte possa, sulla carta, correre per le suppletive della Camera – dopo l’addio della Del Re, nominata rappresentante speciale Ue per il Sahel – sembra dunque un dato di fatto. Che resti ancora solo un’ipotesi, fra i 5 Stelle, è, però, ad ora, altrettanto scontato, a meno di nuovi sviluppi. Di certo, se ne comincia a parlare e le valutazioni che si raccolgono sono diverse: c’è chi ritiene che Conte non lo vorrebbe fare (falso: lo vuole fare, e ottenere, quel seggio, eccome…); chi sostiene che per lui sarebbe un downgrading; chi osserva, anche nella maggioranza, che, invece, sarebbe un problema avere un capo politico che non sieda in Parlamento anche visto che, fra non molto, inizierà il confronto fra le forze politiche sull’elezione del capo dello Stato; chi ritiene che Conte si ‘vede’ meglio al Senato – più prestigioso e dove siedono quasi tutti gli altri leader di partito (Renzi, Salvini, etc, tranne Meloni) – e che, in ogni caso, non vi sarebbe alcuna retrocessione nell’essere scelti dai cittadini, dopo aver fatto il premier. Anzi, che sarà nell’ordine delle cose che questo accada.

Un collegio difficile, quello di Roma-Primavalle…

Virginia_Raggi_M5S_Roma

Virginia Raggi, sindaco di Roma

Certo è che se Conte accettasse, però, dato che il seggio ‘vacante’, per ora, è quello, correrebbe per la Camera nella circoscrizione Lazio 1, collegio uninominale di Roma Primavalle dove è stata eletta l’ex viceministra agli Esteri Del Re. Un collegio non facile, storicamente dominato dalla destra capitolina, dove l’impegno a sostenerlo, non solo da parte del M5s, ma anche del Pd, dovrebbe essere serio e massiccio per vincere. Il collegio di Siena, storicamente governato dal Pd, sarebbe assai più facile, ma quello è stato già ‘ipotecato’ da Letta che, sul tema, si ‘confronterà’ col Pd senese.

Emanuela Del Re

Emanuela Del Re

Infatti, il collegio uninominale Lazio 11 ricomprende i territori di Primavalle, Casalotti, La Pisana e parti dei quartieri Gianicolense, Aurelio e Trionfale. In quel territorio vige, tra varie polemiche, il progetto di Virginia Raggi della funivia Casalotti-Battistini.

Nel 2016 il M5s conquistò senza problemi quei municipi sull’onda dei voti presi e che portarono Virginia Raggi al Campidoglio, ma già nel 2018 le elezioni politiche videro la Del Re vincere solo per un soffio, con 39.550 voti su 170.706 aventi diritto e il candidato del centrodestra perdere per un’incollatura, ottenendo 38.226 voti.

Roberto Gualtieri

Roberto Gualtieri

Le ultime suppletive a Roma si svolsero nel marzo 2020. In quel caso si candidò l’oggi ex ministro e candidato a Roma Roberto Gualteri che,per il Pd, confermò la supremazia del centrosinistra nel collegio uninominale per la Camera di Roma centro con il 62,24% dei voti mentre il candidato M5s ottenne appena il 4,36% dei consensi. Morale, quello di Roma-Primavalle è un collegio molto a rischio, per Conte.

L’altro guaio di Conte è il sostegno al governo Draghi

conte draghi

Mario Draghi – Giuseppe Conte

Ma su Conte possibile candidato a Roma molti parlamentari non immaginavano nulla e non sanno nulla: “Ormai – è il refrain – non sappiamo più niente…”. Ma sul tavolo c’è un altro tema, altrettanto di rilievo: la posizione del M5s verso il governo Draghi.

Giorgia Meloni

La leader di Fdi Giorgia Meloni

Secondo quanto si sa, non mancano quanti, soprattutto al Senato, ritengano che non sarebbe sbagliato uscire dalla maggioranza e fare opposizione, come sta facendo Giorgia Meloni che, peraltro osservano nel Movimento, ha preso il volo nei sondaggi.

Alessandro Di Battista

Alessandro Di Battista

E non solo perché questo chiede Alessandro Di Battista, formalmente uscito dal Movimento), e cioè abbandonare il governo al suo destino e riposizionare il nuovo M5s all’opposizione, per non andare con Casaleggio e rientrare nel M5s, ma anche perché il Movimento continua a perdere, dopo aver abbracciato il governo Draghi, consensi.

Patuanelli

Stefano Patuanelli

Una tesi, quella di andare all’opposizione, che si è manifestata da qualche settimana, almeno sin da quando il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli – sempre più critico e insofferente verso il governo Draghi – ha minacciato le dimissioni per lo ‘scontro’ interno sulla distribuzione del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

Inoltre, poi, sui temi della giustizia, issue fondante del Movimento e nonostante la svolta ‘garantista’ di Di Maio, l’M5s oppone molte resistenze alla riforma della ministra Cartabia che vuole abolire la prescrizione e la riforma Bonafede targata M5s.

Il ritorno di Casalino nello staff comunicazione M5s

rocco casalino

Il ritorno di Casalino nello staff comunicazione M5s

Uscire dalla maggioranza non è, comunque, in alcun modo all’ordine del giorno, anche se – si apprende in ambienti pentastellati – l’ipotesi non può non preoccupare e allertare il principale alleato dell’asse di centrosinistra cui guarda Conte, il Pd.

Intanto si profila il ritorno in Parlamento, nello staff comunicazione del Movimento, di Rocco Casalino che dovrebbe essere assunto, riferiscono voci interne, sia dal gruppo della Camera che da quello del Senato, anche perché le sue prestazioni costano molto e il Movimento è in grave deficit di liquidità perché i parlamentari non versano il dovuto al nuovo M5s. “Ma seguirà Conte, è scontato”, sospirano nel Movimento, sapendo che dovranno pagare, e bene, un consulente che per loro, in pratica, non farà nulla.

Il che crea malumori di per sé e inoltre anche un certo nervosismo lo genera il fatto che non sia stato espressamente detto loro, ai parlamentari, cosa esattamente farà Casalino (in teoria dovrebbe occuparsi delle presenze del Movimento in tv): “noi rimaniamo solo un bancomat”, notano acidi alcuni fra gli eletti.

Cresce il malumore degli eletti e su molti temi

casaleggio jr rousseau

L’Associazione Casaleggio e il ‘mito’ fondato di Rousseau

Eppure, per quanto riguarda la governance interna del Movimento, proprio Giuseppe Conte vede il traguardo vicino. Il Garante per la protezione dei dati personali ha infatti intimato all’Associazione Rousseau di cedere al M5S i dati degli iscritti, essenziali per ultimare il percorso rifondativo del Movimento 5 Stelle e chiudere il discorso sulla leadership, cioè la sua.

Ma a tenere banco, all’interno dei gruppi di Camera e Senato, sono – come dicevamo – i malumori crescenti verso la linea del governo Draghi: molti parlamentari già lamentano una scarsa incisività del M5S su temi chiave come giustizia, transizione ecologica, ristori e si interrogano sull’opportunità o meno di uscire dalla maggioranza che sostiene l’esecutivo guidato dall’ex numero uno della Bce.

All’ex premier questo disagio non è sfuggito. Da settimane Conte è impegnato in una campagna di ascolto delle ‘truppe’ in Parlamento: dai direttivi di Montecitorio e Palazzo Madama ai presidenti delle Commissioni, il leader in pectore dei 5 Stelle è in contatto con gli eletti, ne sonda gli umori e ne trae una crescente preoccupazione.

Lui raccoglie gli sfoghi e prova a mediare per trovare una sintesi tra le tante anime del Movimento. Conte vuole un M5S compatto: è consapevole dei malumori, ma vuole incanalarli in maniera propositiva. In sintesi, la linea è questa: nessuna ‘manovra’ per uscire dal governo, come temono alcuni esponenti dell’ala del Movimento più ‘governista’ (i ministri Di Maio, D’Incà, Sileri, non Patuanelli). “Il disagio c’è, non si può nascondere, ma noi vogliamo essere leali e costruttivi nei confronti del governo”: questo il senso del ragionamento espresso da Conte in una delle riunioni recenti.

L’alleanza con il Pd e il patto alle regionali in Calabria

Davide Casaleggio

Davide Casaleggio

Ma restano molti i nodi da sciogliere. Oltre all’annosa questione degli elenchi degli iscritti, ancora nelle mani di Davide Casaleggio, c’è lo scoglio delle amministrative e, per di più, pure quelle delle regionali in Calabria pure in programma questo autunno, dove però a essere nelle peste, questa volta, è il Pd, che cambia candidati in corsa (praticamente uno al giorno: prima Irti, poi Ciconte, poi di nuovo Irti).

giuseppe conte

Giuseppe Conte

Proprio ieri Conte è intervenuto sul tema delle regionali calabresi, spronando la coalizione di centrosinistra a “compiere un decisivo scatto in avanti, nel segno del coraggio e della determinazione”: il Movimento 5 Stelle, scrive su Facebook l’ex premier, “chiede a tutte le forze progressiste di dar vita a un patto di ampio respiro programmatico”. Il M5S “da domattina è disposto ad aprire un tavolo di confronto per costruire un progetto che offra migliori condizioni di vita a tutti i calabresi”.

Luigi De Magistris

Luigi De Magistris

Ma non sarà semplice trovare la quadra, come si diceva, perché è il Pd calabrese e nazionale a essere finito nel pieno del marasma da cui non riesce a uscire mentre Luigi De Magistris è già in campo e spera di attirare a sé gli elettori e militanti M5s.

Dissidenti pentastellati a Napoli come a Milano…

manfredi gaetano

Gaetano Manfredi

Un’altra spina nel fianco del M5S è rappresentata dalla fronda napoletana che non ha digerito l’alleanza con il Pd a sostegno della candidatura di Gaetano Manfredi nel capoluogo partenopeo.

Manfredi, ex rettore della Crui ed ex ministro all’Università e alla Ricerca nel governo Conte II, in ottimi rapporti con l’ex premier come con Letta (e, ieri, con Zingaretti e con l’ideologo dell’alleanza tra dem e pentastellati, Bettini) proprio non va giù, come nome, ai dissidenti M5s: hanno già annunciato che intendono correre da soli a Napoli con un candidato “scelto dalla gente”, possibilmente sulla piattaforma Rousseau.

Patrizia bedori

Patrizia Bedori

Il timore è che una frattura simile possa consumarsi anche in altre città. Non a caso ieri la consigliera comunale milanese Patrizia Bedori ha pubblicato sui social una lettera rivolta proprio a Conte, dove definisce “inopportuna” l’eventuale alleanza con il sindaco uscente, Beppe Sala, il quale, peraltro, di allearsi col M5s non ci pensa.

Ma il vero stress test è la riforma Cartabia…

Marta Cartabia

Marta Cartabia e la riforma

Ma sarà la riforma della giustizia il vero ‘stress test’ per la tenuta del M5S e della maggioranza. I 5 Stelle vogliono circoscrivere la materia all’interno della riforma del processo penale e, soprattutto, non intendono tornare indietro rispetto alla prescrizione della riforma Bonafede. La svolta garantista avviata da Luigi Di Maio con le scuse all’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti è stata apprezzata da Conte, ma il futuro capo politico pentastellato, in un post pubblicato il 30 maggio, ha fissato molti ‘paletti’ in peius, spiegando che il Movimento non è disposto a cedere su uno dei suoi cavalli di battaglia: “Continueremo ad assicurare il nostro massimo impegno per realizzare le riforme già avviate, nel segno di un ‘sistema giustizia’ più celere, più efficiente, ma anche più equo e giusto”, ma “sia chiaro”, ha avvertito: “La via maestra è realizzare un sistema che offra risposte chiare e certe alla domanda di giustizia, non scorciatoie nel segno della ‘denegata giustizia’”. E’ un’ostilità preconcetta quella dei 5Stelle alla riforma Cartabia che non lascia ben sperare in un esito positivo della trattativa ad oggi ancora in corso.

L’abbandono della Trenta e il record di fuoriuscite

ministro difesa elisabetta trenta

L’ex ministra alla Difesa, Elisabetta Trenta

Infine, tanto per spargere sale sulle ferite è sempre di ieri l’ufficializzazione dell’abbandono, da parte dell’ex ministra alla Difesa, Elisabetta Trenta, di un Movimento che – dice lei – “Lascio i 5 Stelle, più precisamente questo Movimento. Questa non è più la casa della trasparenza”. La Trenta – che contestualmente annuncia, però, che “non lascia la politica, ma vuole ricominciare con una formazione politica di centrosinistra” (non dice quale, ma potrebbero essere i ‘nuovi’ Verdi) – non è, però, un fulmine a ciel sereno, per il M5s, ma di una storia che parte da lontano, dal 2019, quando, l’allora capo politico e ora ministro degli Esteri annunciò la nascita dei ‘facilitatori’: sedici-diciotto referenti territoriali, in tutta Italia, nuovo perno dell’organizzazione a 5 Stelle, con l’obiettivo di occuparsi di Ambiente, Sicurezza, che, inaspettatamente, escludevano il suo nome.

Ora, però, la Trenta formalizza il suo ‘addio’, ma – altra cosa curiosa – non si rivolge mai a Conte, cui in pratica non riconosce legittimità, ma a Di Maio, che ringrazia per averla voluta fare ministra, ma cui rivolge l’accusa precisa che “dovevamo e volevamo cambiare il Paese e invece tra troppe paure è cambiato il Movimento” (e, d’altra parte, come darle torto?).

Con la Trenta, non parlamentare, sono ben 260 le fuoriuscite che stanno dissanguando la truppa parlamentare del Movimento: infatti, in tre anni, su 204 parlamentari coinvolti in totale e su un monte di 260 ‘cambi di casacca’, il M5s ne vanta un ben -93 (-60 deputati e -33 senatori). Un record (negativo) di partito in questa legislatura.

Casaleggio non molla: è ‘stallo’ con Rousseau

Pasquale Stanzione

Avv. Pasquale Stanzione

Non vanno meglio le cose sul fronte della ‘guerra legale’ con l’Associazione Rousseau e Davide Casaleggio che, nonostante il parere del Garante della privacy, cerca di fatto di ributtare la palla in tribuna, allungando i tempi della svolta del M5S. Oltretutto accusando, Casaleggio, di ‘non imparzialità’ l’autorità del Garante, sottolineando che l’avvocato Pasquale Stanzione che ha emesso il parere è stato nominato dal Conte 2.

Vito Crimi

Vito Claudio Crimi

Inoltre, a giorni si attende un altro pronunciamento, quello del tribunale di Cagliari, che deve legittimare – o meno – la figura di Vito Crimi come attuale legale rappresentante del Movimento. Se così non fosse, toccherebbe riprovare a trovare un accordo economico per chiudere una vicenda stucchevole che, se portata ancora avanti, rischia di diventare letale per tutti i protagonisti: Casaleggio ha bisogno di soldi, il M5S di liberarsi dalla morsa burocratica in cui si è cacciato con le proprie scelte del passato.

rousseau piattaforma

Rousseau

Con Rousseau, dunque, il rischio è che si arrivi alle carte bollate in tribunale. Se l’M5s esulta perché ritiene sia sbloccata l’impasse che possa portare, a breve, alla leadership di Conte, Davide Casaleggio lancia un warning ritenendo che il Movimento sia privo di una guida. Per questo, osserva, serve un voto che indichi il direttivo a 5, varato dagli Stati generali, e che mandi in soffitta la figura del capo politico. E sulla premiership del M5s rilancia: “Dal momento che per potersi candidare” a essere a capo del Movimento “è necessario essere iscritti da almeno 6 mesi e Giuseppe Conte non si è iscritto al Movimento, per poter consentire di svolgere la sua attività di rifondazione del Movimento 5 Stelle è sufficiente prevedere l’inserimento di una nuova figura nello Statuto riconosciuta ed eletta democraticamente. Questo consentirebbe di poter presentare e condividere immediatamente il suo progetto, in attesa da oltre 3 mesi, anche a prescindere da questioni burocratiche che richiedono tempo”. Una dichiarazione di guerra in piena regola, quella di Casaleggio, foriera di altri guai e ricorsi per quella che ormai per l’M5s è una triste storia.


Nb: questo articolo è stato pubblicato il 3 giugno 2021 sul sito di notizie The WatcherPost.it

Pirandello o dei 5Stelle. Il Movimento è debole, diviso, in preda a liti e querelle giudiziarie e politiche

luigi pirandello

Luigi Pirandello

“Qui è il Movimento? No, qui è Pirandello”…

di maio M5S

Luigi Di Maio

La sensazione è che, proprio una volta capitava con il Pd, con i 5Stelle non ci si annoia mai. Più che un partito – pardon, Movimento – sembra una novella di Luigi Pirandello: ‘personaggi in cerca d’autore’ che recitano più parti, in commedia, e che, non essendo d’accordo su nulla, si prendono a sberle in pubblico o si tirano colpi sotto la cintola in privato. In ogni caso, inconcludenti. Prendiamo solo l’ultima settimana ora trascorsa.

simone uggetti

L’ex sindaco Simone Uggetti assolto

Luigi Di Maio ha cercato di imprimere una svolta ‘garantista’ al Movimento, chiedendo scusa per gli attacchi ‘giustizialisti’ contro l’ex sindaco di Lodi, il dem Simone Uggetti, con una lettera al Foglio. Conte prima si è messo in scia, a scoppio ritardato, poi, di fatto, lo ha sconfessato dicendo che il M5s è contro la “giustizia negata”.

Una querelle che va avanti a colpi di ricorsi

Davide_Casaleggio_Rousseau

Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione Rousseau

Nel frattempo, la pesante querelle – a colpi di avvocati, ricorsi e pareri legali, etc. – tra ‘nuovo’ (ma non ancora formalmente nato) ‘partito’ (ex Movimento), guidato da un leader nominato da sé stesso (Conte) e mai votato prima, che del Movimento non ha neppure la ‘tessera’ (che non esiste, almeno ad oggi: per dirsi iscritti e ‘militanti’ dei 5Stelle bisogna registrarsi sulla piattaforma Rousseau, che ora ha defezionato), e vecchia piattaforma digitale (sempre Rousseau), che detiene data base degli iscritti (nominativi, dati anagrafici, etc.), ma iscritti alla piattaforma (e non a un partito che, appunto, ancora non c’è), ha segnato un punto a favore del nuovo ‘partito’. Con una pronunzia del Garante della Privacy lo scorso I giugno, quest’ultimo ha intimato alla Casaleggio&Associati di consegnare, entro cinque giorni, il database al Movimento.

vito crimi

Vito Crimi

Ma Casaleggio oppone resistenza, vuole fare ricorso in sede civile e non riconosce il reggente del Movimento (Vito Crimi), in effetti non è stato votato da nessuno, sulla piattaforma (l’ultimo voto riguarda un Direttorio, mai nato), ma a cui, implicitamente, il Garante della Privacy riconosce il ‘diritto’ di ottenere i famosi database.

L’eterna questione dei soldi e i peggiori divorzi

divorzio

L’eterna questione dei soldi e i peggiori divorzi

La querelle, peraltro, si svolge anche su un altro piano, quello del vil denaro. Casaleggio accampa mancate restituzioni, per implementare e tenere le votazioni on line della piattaforma, per 450 mila euro, il Movimento gliene darebbe solo 250 mila e la trattativa, come nei peggiori divorzi, si è arenata, senza possibilità di fare passi in avanti. Poi c’è il problema dei mancati introiti che dovrebbero dare i parlamentari al nuovo Movimento, come lamenta il tesoriere (e pure Conte), e che servono come il pane per dotare il M5s 2.0 di sede (nuova), struttura, staff, soldi ai territori.

Non mancano, naturalmente, le fuoriuscite che stanno dissanguando la truppa parlamentare: in tre anni, su 203 parlamentari coinvolti in totale e su un monte di 259 ‘cambi di casacca’, il M5s ne vanta ben 93 (-60 deputati e -33 senatori), il massimo assoluto di un partito nella legislatura.

Ovviamente, i sondaggi vanno malissimo e, dal 33% preso alle Politiche, oggi l’M5s oscilla, al massimo, intorno al 16% dei voti (15,8%-16,5%).

Le alleanze ‘a macchia di leopardo” con il Pd

pd m5s e1598766547367

Inoltre, i 5Stelle, sul piano delle alleanze, corrono da soli a Roma, con la sindaca uscente, Raggi, correranno da soli a Torino, non si sa con chi, come pure a Milano (il sindaco Sala non li vuole), decideranno, in base a chi vincerà le primarie dem, se correre insieme al Pd a Bologna, correranno insieme al Pd a Napoli (con Manfredi) e ancora sono in attesa di sapere se, in Calabria, causa i guai interni dem, correranno col Pd (Conte chiede un “patto per la Calabria”).

Conte correrà per ottenere un seggio a Roma?

Elisabetta_Trenta_Difesa_M5S

Elisabetta Trenta (M5S)

Infine, mentre la ex ministra Elisabetta Trenta annuncia che lascia il Movimento (“Non è più la casa della trasparenza, volevamo cambiare il Paese, è cambiato il M5s”, difficile darle torto), esce la notizia che proprio Giuseppe Conte – che su vari temi sta dando filo da torcere al governo (prescrizione, su cui fa le barricate con Bonafede contro la riforma della giustizia della Cartabia, ambiente, dove non ama il ministro Cingolani) – potrebbe ottenere, finalmente, un seggio in Parlamento, per la precisione alla Camera, accreditandosi finalmente come ‘interlocutore’ del governo e degli altri partiti. Succede, infatti, che il Comitato politico e di sicurezza della Ue ha nominato Emanuela Del Re, deputata eletta nel 2018 in un collegio uninominale di Roma (Primavalle), rappresentante speciale dell’Ue per il Sahel, su ‘suggerimento’ del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di cui è stata viceministra nel Conte II (ma lo è stata anche nel Conte I). A ottobre si terranno le elezioni suppletive e, se il patto con il Pd, regge (come reggerà), per Conte si aprirebbero finalmente le porte del Parlamento, smentendo così gli attriti, che ci sono, tra Conte e Di Maio su chi è il ‘capo’ del M5s.

Un bilancio, per i 5Stelle, non entusiasmante…

Beppe_grillo_gianroberto_casaleggio_m5s

Grillo e Casaleggio. il leader dell’M5S e il suo Richelieu Gianroberto Casaleggio, sempre nell’ombra

La verità è che ha ragione la… Trenta. I 5Stelle sono cambiati, e in modo più che radicale. Sono entrati in Parlamento nel 2013 impugnando un apriscatole per aprirlo “come una scatoletta di tonno” e scardinare il sistema politico dall’interno. E invece, oltre otto anni dopo, si ritrovano ripiegati su se stessi, imballati e vittime di spire burocratiche che loro stessi hanno creato.

C’è uno statuto che, nonostante i continui ritocchi per plasmarlo alle esigenze di partito, ingabbia chiunque voglia partecipare attivamente al Movimento. Non basta essere attivisti, simpatizzanti o persino ex premier “di bandiera”. Chi non è iscritto (e da almeno sei mesi, per di più), non può aspirare ad alcun ruolo. Non può nemmeno candidarsi alle Comunali di un piccolo centro, figuriamoci entrare nel comitato direttivo o (auto)proclamarsi leader. Lo statuto è stato uno dei fondamenti del Movimento stesso, l’atto costitutivo firmato da Beppe Grillo che più volte in passato lo ha sventolato quando è stato chiamato a decidere delle diatribe interne, sia prima da capo politico sia ora da Garante.

garante privacy

Poi c’è una legge, quella sulla tutela della privacy, che stabilisce le regole per la raccolta dei dati personali. Dopo varie ramanzine da parte del Garante per la privacy, con la nascita dell’Associazione Rousseau il Movimento si era messo in regola: titolare del trattamento dei dati è l’Associazione stessa (che fa capo a Casaleggio) in nome e per conto del M5S. Ora, però, con il divorzio ufficializzato nelle scorse settimane, la situazione si è complicato. Il titolare per legge resta l’associazione Rousseau, anche se quei dati “appartengono” agli iscritti al Movimento.

E qui si scopre l’altro problema: chi è il legale rappresentante del M5s? Non è più Beppe Grillo (ora solo Garante), non è più Luigi Di Maio (che si è dimesso a gennaio), non è Vito Crimi (capo politico ad interim, dopo il passo indietro di Di Maio). A fine 2020, quando la caduta di Conte non era neanche ipotizzabile, la tanto decantata ‘democrazia diretta’ ha sancito il ritorno alle origini con un nuovo Direttorio (a cinque) in grado di ‘spersonificare’ il M5s, ma non c’è stato tempo (e la volontà) di nominarlo.

Il ‘tavolino’ di Conte e il ‘non futuro’ dei 5Stelle

conte tavolino

Il ‘tavolino’ messo davanti a Palazzo Chigi da Conte, non più premier da poche ore, ha costretto Grillo a ridisegnare un ruolo per l’ex premier che nel frattempo era diventato il volto dei 5Stelle di governo. Peccato che l’Avvocato del Popolo non abbia titoli per mettersi alla guida del partito. Né può essere – in punta di diritto – nominato tra i membri del Direttorio. Nel frattempo, una sentenza del tribunale di Cagliari ha nominato un curatore legale del Movimento che comunque non ha a titolo per ottenere gli elenchi richiesti. “Il Garante indica di consegnare genericamente i dati al MoVimento 5 Stelle, ma non indica chi sia la persona che riveste il ruolo di rappresentante legale, quindi il legittimo titolare dei dati al quale Rousseau può consegnarli”, è stata la risposta dell’associazione Rousseau, anche se, implicitamente, spetterebbe al reggente, cioè a Vito Crimi, pur mai votato e deciso da nessuno.

Infine, come dicevamo, c’è la questione dei soldi, i famigerati rimborsi da parte degli eletti. Nell’ultimo anno la linea è diventata sempre più morbida e nessuno ha più rischiato seriamente l’espulsione per questo motivo, ma offrendo così a Casaleggio ‘l’arma’ per tenere in ostaggio i dati in suo possesso. Persino ora che è lo stesso Garante della privacy a sostenere che i database spettino al Movimento e non all’Associazione Rousseau, l’imprenditore si appella al “dovere di onorare gli impegni presi”. Morale, non se ne esce, se non al prezzo di una guerra legale, tra tribunali e ricorsi che si annuncia lunga e faticosa per tutti, per Rousseau come per il Movimento.

Di Maio

Luigi DI Maio

Cosa diventerà il ‘nuovo’ Movimento 5 Stelle è ancora tutto da scoprire e da capire, ma resta che – a prescindere dalla guerra legale con Rousseau – la divaricazione tra l’ala ‘governista’ (Di Maio) e quella ‘movimentista’ (Di Battista, mezzo fuori e mezzo dentro, ma anche lo stesso Conte, che al governo Draghi preferisce creare problemi, invece che aiutare a risolverli) continuerà, probabilmente al prezzo di nuove, sanguinose, scissioni e fuoriuscite che lo indeboliranno e lo divideranno anche di più di quanto non lo sia ora. Perché il Pd insista a vedere in un Movimento così debole, diviso e dal futuro incerto un alleato ‘naturale’ resta, a questo punto, davvero un mistero glorioso.