Il Predellino all’incontrario. Berlusconi dice sì alla federazione con la Lega, ma tra gli azzurri è rivolta

Il Predellino all’incontrario. Berlusconi dice sì alla federazione con la Lega, ma tra gli azzurri è rivolta

5 Giugno 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

“Il Predellino all’incontrario”. Berlusconi dice sì alla federazione con la Lega. Salvini, ovviamente, entusiasta. Meloni si chiama fuori. Carfagna e Gelmini si ribellano: “Non è una fusione, ma un’annessione”. Forza Italia ribolle

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 5 giugno 2021 sul sito di notizie Tiscalinews.it 

Berlusconi

Berlusconi dice sì alla federazione con la Lega

La profezia della sondaggista Ghisleri: “se il Cavaliere lascia, Forza Italia avrà esaurito la sua parabola”

Alessandra Ghisleri

La profezia della Ghisleri: se il Cavaliere lascia, Forza Italia avrà esaurito la sua parabola

Come sempre, prima ancora di Silvio Berlusconi, con il suo ‘predellino all’incontrario’ (“sì a una federazione con la Lega” ha detto ieri, tornando a parlare di politica, gettando nello sconforto FI), era arrivata Alessandra Ghisleri. In un’intervista concessa al giornale ‘nemico’ per antonomasia del Cavaliere e del berlusconismo, il Fatto quotidiano, diretto da Marco Travaglio, la direttrice di Euromedia Research, ma soprattutto sondaggista storica e di fiducia del Cav (e la sola che, a ogni elezione, ci azzecca ‘prima’ del voto, sui risultati elettorali), aveva preconizzato, ancora lo scorso 17 maggio, quando Silvio Berlusconi non solo taceva da mesi, ma – dicevano i gossip maligni – era ‘malato’ in modo irrimediabile, che “quando Berlusconi lascerà, si potrà dire compiuta la parabola di Forza Italia”. Detto, fatto.

marco travaglio

Marco Travaglio

Spiegava, in quell’occasione, la Ghisleri: “L’elettorato storico di Forza Italia resterebbe fedele al principio e al simbolo. Invece è alto il rischio che gli eletti abbiano altre suggestioni, altri orizzonti, altri lidi cui approdare”. Per questo – aggiungeva – lo ‘sciogliete le righe’ è una eventualità da qualcuno accreditata come certa”. Guarda caso, neppure una settimana dopo, ecco che arriva la scissione di ‘Coraggio Italia’ di Toti e Brugnaro che si porta via 23 deputati azzurri (e, presto, anche una decina al Senato).

Quello che è certo, per la Ghisleri, è la richiesta da parte degli italiani di politici collaudati. “L’esperienza – era il suo ragionamento – è tornata un valore assoluto. Subentra l’urgenza di trovare meccanici che sappiano dove mettere le mani. Draghi è un ottimo meccanico e un ottimo ombrello per partiti che lavorano nella sua ombra”. La Ghisleri, in quanto a ‘meccanici’, pensava dunque, a Draghi ma nel centrodestra, ormai, gli esperti di carrozzerie abbondano.

Il ‘meccanico’ Draghi  e i ‘carrozzieri’ Meloni e Salvini

Salvini draghi meloni

Il meccanico Draghi, i carrozzieri Meloni e Salvini

Due, ovviamente, i principali: Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ma con due progetti politici diversi, quanto speculari, e assai concorrenziali. La prima, la Meloni, ha posizionato il suo Fratelli d’Italia all’opposizione, vuole diventare la ‘regina’ della coalizione di centrodestra, spostandola sempre più a destra, e già oggi è a un passo dalla Lega, in tutti i sondaggi, ha ormai largamente superato il M5s e di poco il Pd.

Il secondo, Salvini, teme e soffre sempre meno la prima, prova, invece, a guadagnare spazio al centro. Arruola truppe tra gli ex-dc e neo-centristi al Sud, flirta persino con l’Udc di Cesa e De Poli e, ciliegina sulla torta, lancia la federazione con FI per continuare a stare, nei sondaggi e nei voti, sopra la Meloni che altrimenti rischia di poter chiedere, e legittimamente, la premiership della coalizione e diventare lei il candidato premier.

Il ‘ritorno in campo’ del Cavaliere di fatto è un’abiura…

abiura

Il ‘ritorno in campo’ del Cav è un’abiura…

Solo che nessuno pensava che FI – e Berlusconi, soprattutto – avrebbe mai accettato simile offerta, una sorta di ‘lascito testamentario’ (a perdere) per un partito che, senza il Cavaliere, è da anni cianotico, esangue, perde pezzi ed è crollato, nei sondaggi, fino al misero 7-7.5% attuale. Insomma, l’idea era che FI sarebbe morta per autocombustione e consunzione, ma in una lenta, triste, agonia. E, invece, ieri, ecco la clamorosa novità.

Berlusconi apre alla Federazione con la Lega e, intanto Salvini preme: chiama al telefono l’alleato azzurro e, a seguire, auspica che l’operazione possa concretizzarsi “entro giugno”. Da Fdi la Meloni subito si tira fuori (“Non ci riguarda”).

Silvio Berlusconi Leader di Forza ItaliaSilvio Berlusconi Leader di Forza Italia

Silvio Berlusconi Leader di Forza Italia

Silvio Berlusconi già era tornato a parlare, con un’intervista all’house organ di famiglia, il Giornale, appena due giorni fa, il 2 giugno, per rassicurare tutti sulle sue condizioni di salute, dovute al prolungarsi dei postumi del Covid, augurare lunga vita al governo Draghi, attaccare il ddl Zan (“non risponde a principi liberali”) e ‘scomunicare’ la scissione di Toti e Brugnaro (“Non vanno da nessuna parte, falliranno”).

Forza Italia

Bandiera di Forza Italia

Ma se, appena due giorni fa, aveva rivendicato il ruolo “insostituibile” di Forza Italia, “presidio dei moderati e dei liberali europeisti”, soggetto “diverso da tutti gli altri nel centrodestra”, ieri lo spartito che decide di suonare è assai diverso.

Il contro-Predellino di Berlusconi: sì all’unione con la Lega

Berlusconi Salvini

Il contro-Predellino di Berlusconi: sì alla Lega

L’occasione, stavolta, è riservata. Silvio sta parlando ai suoi (via Zoom) e qui apre a una federazione di centrodestra insieme alla Lega. E – tanto per creare ancora più scompiglio tra i suoi – Berlusconi fa sapere loro che ha parlato al telefono con Salvini della proposta di federazione del centrodestra lanciata dal leader leghista (sempre ieri e sempre con intervista al Giornale).

Dopo un esordio affettuoso (“Mi sento in famiglia”) e i soliti convenevoli (“Come sta Presidente? Un leone!“), arriva l’affondo. “Consideriamo con grande attenzione l’ipotesi – spiega il Cavaliere ai suoi, che restano attoniti – “non diciamo no: ne parleremo nelle sedi dedicate del partito. Di sicuro – aggiunge – una maggiore unità con le altre forze del centrodestra consentirà di dare maggiore forza alle nostre battaglie storiche”.

Berlusconi predellino

Il famoso predellino di Berlusconi

Ma altre ricostruzioni si spingono a raccontare che Berlusconi avrebbe detto anche che la federazione “non significa diluirsi” nella Lega, ma sarebbe una opportunità: “Magari si arrivasse a un partito unico” sospira. Insomma, un ‘Predellino’, ma all’incontrario: nel 2009, salendo sul predellino della sua Mercedes, a piazza San Babila, a Milano, lanciò il Pdl (Partito delle Libertà) cui proprio l’ex An – i cui figli minori sono quelli che oggi stanno in FdI – aderì (per poi pentirsene, ma solo molti anni dopo), mentre la Lega, allora di Umberto Bossi, rispose picche e l’Udc, allora di Casini, pure. Solo che il progetto politico del Berlusconi di allora vedeva in Forza Italia il partito dominante, stavolta è la ruota di scorta. La ‘parte del leone’ non può che farla, nel nuovo Predellino, la Lega.

Ma la costituzione di una federazione, avrebbe poi provato a rassicurare il leader di Forza Italia, non significherebbe l’annessione del partito al Carroccio. “Non siamo appiattiti sulla Lega”, chiarisce Berlusconi.I sondaggi premiano il nostro lavoro. Ho sentito qualcuno dire che saremmo appiattiti sulla Lega: ma quando? Siamo il partito guida del centrodestra e ho sempre trovato in Matteo Salvini un ascoltatore attento: i nostri rapporti sono ottimi”. E proprio parlando di sondaggi, il leader di Forza Italia ha citato cifre che vedono Forza Italia in crescita al 9,5% (falsi, FI non arriva sopra l’8%…).

Berlusconi Fini

La rottura tra Berlusconi e Fini

Insomma, da un lato Berlusconi smentisce la prospettiva del ‘partito unico’ (ma la federazione ne è, da quando mondo è mondo, lauto antipasto) e dall’altro evoca l’idea di un Great Old Party, un grande partito Repubblicano ricopiato dagli Usa, quello che, appunto, avrebbe dovuto essere il Pdl e che, tra un ‘che fai, mi cacci?’ di Fini e mille rivalità e gelosie interne, all’epoca, non decollò. Inoltre, Berlusconi si ritaglierebbe il ruolo di ‘padre nobile’ dell’operazione, mentre Salvini – “il mio ragazzo” come lo chiamava un tempo – si dovrebbe occupare di grane e guai, liste ed eletti, governo e ministri. Insomma, onori e oneri, a lui.

Sconcerto e preoccupazione dentro Forza Italia. Parte il dibattito: Gelmini e Carfagna contro Bernini e Tajani

Roberto Occhiuto

Roberto Occhiuto

Ad ascoltare l’ex premier, sempre via Zoom, ci sono una ventina di persone, sempre più perpless: tra queste, il coordinatore nazionale, Antonio Tajani, i capigruppo, Roberto Occhiuto e Annamaria Bernini, i governatori e la delegazione governativa azzurra. L’effetto delle parole del Cav è straniante.

AnnaMaria Bernini

Annamaria Bernini

Dopo l’intervento di Silvio si apre un accesso dibattito. Alcuni si schierano subito a favore del progetto federativo, come la Bernini, Giorgio Mulé, Alessandro Cattaneo.

Giorgio Mulè

Giorgio Mulè

Mentre altri, in particolare le due attuali ministre, Mara Carfagna (al Sud) e Mariastella Gelmini (alle Autonomie) – una sudista e l’altra nordista, una passionale e l’altra fredda, ieri acerrime nemiche, nel partito, oggi buone amiche, alleate – si schierano decisamente contro l’idea della ‘federazione’ anche perché la considerano, di fatto, niente più che un’annessione alla Lega.

alessandro cattaneo

L’ex sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo

Quando le agenzie iniziano a battere che “Berlusconi dice sì alla federazione di Salvini”, le due ministre vanno su tutte le furie e pretendono smentite e rettifiche che arrivano, ma parziali. Persino Gianni Letta, pare, sia contrarissimo e schieratissimo contro l’idea dell’annessione e invita chi ha ‘coraggio’ a farsi avanti, parlare, cercare di ostacolarla. 

Gianni Letta

Persino Gianni Letta, pare, sia contrarissimo e schieratissimo contro l’idea dell’annessione

Le due ministre sono preoccupate dal rischio concreto di una vera e propria annessione di FI da parte della Lega salviniana. “Dobbiamo difendere e valorizzare la nostra identità, i nostri valori, la storia di Forza Italia e quella del presidente Berlusconi”, fanno presente entrambe. “Solo con l’area moderata il centrodestra è vincente, bisogna allargare il campo, non annetterci passivamente al Carroccio”, sottolineano sempre la Carfagna e la Gelmini, chiedendo la convocazione degli organi di partito. “Oltre le due opzioni della federazione e del partito unico – arrivano a dire – c’è una terza opzione: il rilancio di FI. Dirigenti e iscritti devono essere chiamati a discuterne e a decidere” è la loro richiesta. Una di quelle cose – la convocazione degli organi dirigenti (FI ha tenuto due congressi, finti, in trent’anni di vita e, dentro FI, decide solo il Cav) – che a Berlusconi fanno venire l’orticaria solo a sentirli nominare. Una battaglia persa in partenza.

Carfagna e Gelmini invocano ‘il congresso’ mentre i parlamentari oscillano tra speranza e paura

Carfagna e Gelmini

Carfagna e Gelmini

Gelmini e Carfagna vogliono difendere “valori, identità e storia” di Fi, ora che a insidiarli dal versante centrista è arrivato anche Brugnaro con le sue disponibilità economiche. La titolare del Sud, Carfagna, si spinge, appunto, a chiedere il congresso: “così si seppellisce la storia di FI, non sarebbe una fusione, ma una incorporazione. Dico di no”.

Berlusconi Salvini

Berlusconi Salvini

Lettura respinta con forza da Berlusconi: “Non voglio più sentire questa storia che siamo sottomessi a Salvini”. Anzi, l’ex premier parla l’ipotesi partito unico “in futuro”, con “tutte” le forze di centrodestra, sperando di “convincere anche FdI”, ma suona tutto falso.

Argomento che invece non può non influenzare le scelte di deputati e senatori forzisti, consapevoli che in pochi potranno essere rieletti, in virtù del calo nei sondaggi e della riduzione del numero dei parlamentari. Anche per questo Berlusconi avrebbe usato parole dure nei confronti di Toti, ricordando che anche in passato chi ha lasciato Forza Italia “non è andato da nessuna parte“. Ma proprio verso le fila di Toti e Brugnaro, a questo punto, potrebbero arrivare altri parlamentari azzurri in fuga da Forza Italia.

I due ‘dogi’ Toti e Brugnaro prendono il largo

I due ‘dogi’ Toti e Brugnaro prendono il largo

I parlamentari si dividono tra scetticismo sulla fattibilità dell’operazione e speranza di un futuro: se la legge elettorale non cambia, le liste comuni sarebbero la manna dal cielo per alcuni: l’alleanza con la Lega salva i collegi del Nord, ma solo quelli. Al Sud sarebbe una Caporetto. I rumors raccontano del gruppo al Senato più favorevole mentre la maggior parte dei deputati sarebbe perplessa. Nessuno fa le barricate, molti predicano cautela. Solleticano l’orgoglio di Berlusconi, spingono sul rilancio del “suo” partito. Giacomoni sta organizzando i gazebo per la raccolta firme sulla riforma fiscale.

Osvaldo Napoli

Osvaldo Napoli

Si tratta di tornare alle origini: il partito delle imprese, meno tasse per tutti. “Questo è il nuovo predellino di Salvini – ragiona l’ex forzista Osvaldo Napoli, che ha già fatto, e da tempo, le valige in direzione Totiper evitare il sorpasso della Meloni. Se riesce, FdI resterà la seconda forza della coalizione”. E, con la benedizione del Cavaliere, Salvini guidare la sua Lega a restare il primo partito e lui il ‘naturale’ candidato premier.

Salvini prende la palla al balzo: “Subito la federazione”

Berlusconi Salvini e il netto no della Meloni

Berlusconi Salvini e il netto no della Meloni

L’ex ministro dell’Interno, ovviamente, prende la palla al balzo e il tandem con il Cavaliere sa di operazione preordinata e concordata ‘a freddo’: prima ha parlato con Berlusconi, in un giro di telefonate con i leader dei partiti dell’area di centrodestra che appoggiano il governo Draghi.

Governo che, ora, Salvini – piccola concessione a Berlusconi, che vuole lasciare Draghi lì dov’è perché il premier gli piace e ha lavorato per averlo lì – cambia idea e percorso e dice che, di fatto, non lo vuole più candidare al Quirinale, per andare al voto, ma lasciarlo, appunto, al suo posto a Chigi: “Noi contiamo di arrivare con Draghi a fine legislatura, a marzo 2023”, spiega Salvini, “spero continui a fare il presidente del Consiglio perché lo sta facendo bene. Se poi desiderasse fare il presidente della Repubblica, sarei il suo primo sostenitore. Ma ora sono discorsi prematuri”.

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Matteo Salvini

E dove le dice, tutte queste cose, Salvini? Il leader leghista ne parla, guarda caso, a Il Giornale: “Sto incontrando i potenziali candidati alle comunali, espressione del mondo civico, nel giro di qualche giorno decideremo. Ma non è tutto. Credo e spero entro giugno di arrivare alla federazione delle forze di centrodestra, almeno di quelle che sostengono il governo Draghi. Tutte”. Nessuna annessione di Forza Italia, giura: “Siamo tutti sullo stesso piano ma dobbiamo fare un passo in avanti”. Per esempio, spiega Salvini, “creando gruppi unici alla Camera e al Senato. Ancora, con un lavoro di coordinamento, con conferenze stampa comuni, con iniziative legislative nel segno dell’unità. Ci sono tanti modi per rafforzare l’unità del centrodestra”.

giorgia meloni

Giorgia Meloni

In questo “rafforzamento dell’unità” è esclusa però Giorgia Meloni: Mi sembra difficile federare forze di maggioranza e di opposizione”, osserva Salvini. “Ma io dico che abbiamo il dovere di creare con tutti liste comuni nel 2023. Tutti insieme nel maggioritario, scegliendo candidati comuni a tutto il centrodestra, poi ciascuno farà la sua gara nel proporzionale e lì esprimerà la propria identità”. E sulla legge elettorale sostiene che può andare bene anche il Rosatellum: “Non voglio perdere tempo con Pd e 5 Stelle in discussioni estenuanti, per mesi, su questi temi”, taglia corto, ben sapendo che il proporzionale non si farà mai (“La Lega farebbe le barricate, a costo di far saltare il governo” preconizzano i più, anche in casa dem) e che la riforma del sistema elettorale nel senso auspicato dal Pd (un sistema a doppio turno con ballottaggio, premio alla prima coalizione/partito e collegi maggioritari basati su quelli provinciali, la proposta del duo riformista Ceccanti-Parrini) è conveniente per la Lega, ma invotabile per l’M5s. Ergo, si andrà a votare con la legge attuale che al centrodestra va benissimo (assicura un premio di maggioranza forte in seggi a chi vince anche di poco) e amen.

Invece, la proposta concreta dei gruppi unici, come sa sempre chi li propone (il Pd ai 5Stelle, per dire, poi rimasti lettera morta) sono sempre il prodomo di una unificazione, se non di una vera annessione, nella storia dei partiti politici. Infatti, di solito li propone sempre chi è più forte: pesce, cioè partito grande, mangia pesce/partito piccolo.

Il no secco della Meloni alla Federazione con Lega e FI

Giorgia Meloni

Il no secco della Meloni alla Federazione

Ma, ovviamente, non è un caso che la proposta di Salvini e il rilancio di Berlusconi vedano contro Fratelli d’Italia. “La federazione – riferiscono fonti del partito della Meloniriguarda i gruppi del centrodestra che sono in maggioranza con Draghi, ed è uno strumento per difendersi dallo strapotere della sinistra nella maggioranza. È un’operazione anche giusta che però non riguarda Fratelli d’Italia che è all’opposizione di Draghi”. La Meloni guarda con maggiore serenità degli alleati alle prossime elezioni e al taglio del numero dei parlamentari. Per la serie: “noi facciamo il pieno dei voti e, alle Politiche, eleggiamo chi vogliamo. Volete fare la federazione per cercare di superarci? Il problema è vostro, che vi dovrete scannare per dividervi i collegi e per chi va dove“.

Solo il futuro, a questo punto, dirà chi ha ragione. Una cosa è certa e su questo sempre la Meloni – che lo sussurra a mezza bocca – e Guido Crosetto che lo dice apertamente (qui un articolo che ne parla: “Il sospetto di FdI sugli alleati: vogliono impedire il sorpasso“, articolo uscito su Repubblica il 3 giugno 2021 e che trovate qui a questo link:

https://www.repubblica.it/politica/2021/06/03/news/centrodestra_meloni_sospetti_salvini_berlusconi-303949771/?ref=search ) e cioè che, appunto, l’intera manovra a tenaglia di Salvini e Berlusconi serva solo a fermare l’ascesa della Meloni. E, di solito, Crosetto è uno che non parla mai in pubblico, ma quando dice le cose è perché le sa o perché ci azzecca.