Il “patto della spigola” maldigerita. Pace armata tra Grillo e Conte, ma si apre il fronte giustizia con Draghi

Il “patto della spigola” maldigerita. Pace armata tra Grillo e Conte, ma si apre il fronte giustizia con Draghi

17 Luglio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Il patto della spigola buona, ma “mal-digerita”. non ha risolto i problemi in casa del Movimento 5Stelle. Pace armata tra Grillo e Conte, il quale vedrà Draghi lunedì per aprire in Parlamento il fronte ‘caldissimo’ della giustizia. Divisione dei poteri e ruoli tra i due diarchi

spigola

Il patto della spigola “maldigerita”

 

Nb: questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2021 sulle colonne di Tiscalinews.it

 

Menù, location e ‘contesto’ del “patto della spigola” Grillo-Conte

marina di bibbona

E così, Beppe Grillo e Giuseppe Conte, hanno siglato il “patto della spigola”. L’altro giorno, infatti, in quel di Marina di Bibbona (Toscana), provincia di Livorno, dove si mangia divinamente (il caciucco, per dire, è davvero da leccarsi i baffi e, per dire, legioni di militanti comunisti delle Feste dell’Unità lo cucinavano migliore di qualsiasi ristorante stellato) e dove il comico ha una villa e il suo buen retiro (in Costa Smeralda, in Sardegna, ha invece un vero e proprio ‘villone’, ma è quello dei fatti del presunto stupro del figlio e dei suoi amici ai danni di una ragazza italo-norvegese, ma è un altra brutta storia) si è presentato l’ex premier, Giuseppe Conte. Il quale – per evitare la condizione capestro di andarlo ad omaggiare in casa sua, come pure era nelle cose fare – ha chiesto che il pranzo della riappacificazione avvenisse in ‘campo neutro’. E così, ecco la scelta di pranzare in un ristorante di pesce della zona, “Il Bolognese da Sauro” (un nome, un programma) che ha preparato loro un ricco pasto a base di pesce. Menù: spigola al forno con contorno di verdure, antipasti di pesce, dolce, caffè e amaro (che hanno dovuto bere entrambi) innaffiati da un buon vino toscano, il vermentino. Il look? Semplice. Conte, dismessa giacca, cravatta e pochette, si è presentato in pantaloni bianchi e t-shirt blu girocollo molto stilé. Grillo vestiva una camicia a fiori aperta sul collo, da provinciale boro’ e portava occhiali da sole scuri, anche se il sole scarseggiava. Del resto, se è uno è provinciale lo resta. 

Il patto della spigola Conte Grillo

Il patto della spigola Conte Grillo

Sauro (nel senso del ristoratore, non del Sauron cattivissimo di tolkeniana memoria) i due ‘Beppe’ così allegri e contenti non li aveva mai visti, infatti assicura: “giovedì sono arrivati tardi, poco dopo le 14.30 e siccome avevo sempre un po’ di clienti ho trovato un tavolo in disparte. Si sono seduti come amici veri e hanno ordinato il menù”. Alle 16.30 erano ancora seduti a tavola, stile pranzo di matrimonio, o cresima, del profondo Sud. Erano sereni, distesi, e secondo Sauro – raffinato osservatore delle cose della politica, o così pare – avevano già trovato l’accordo politico sullo Statuto e i poteri di entrambi, accordo poi sancito ‘ufficialmente’ davanti l’ormai famosa spigola. “Erano già sollevati quando hanno iniziato a mangiare l’antipasto”, racconta al Corriere della Sera Celeste, la figlia chef di Sauro.

spigola grillo conte

I ristoratori con Conte e Grillo

Che poi c’è poco da scherzare. Il potere di convinzione dell’antipasto di Celeste (cozze ripiene alla livornese), la furbizia dell’oste, Sauro Guglielmi, della sorella Vania e della moglie Emanuela pare sia noto: il garante del M5S ha iniziato a elevarsi sempre più e l’ex premier è andato in brodo di giuggiole.

Poi i moscardini alla diavola, che nonostante il nome pare abbiano un potere taumaturgico non indifferente, hanno sedato i residui spiriti bollenti. E, infine, un sublime piatto di acciughine fritte accompagnate dai pomodori dell’orto di casa di Sauro hanno proiettato i due ‘diarchi’ verso l’estasi. Il tutto innaffiato dal Vermentino. Ma è la spigola alla verdura che ha sancito definitivamente il ‘patto’.

 

Ma è vera pace? I contenuti dell’accordo da oggi in poi, vedranno, ai vertici del Movimento, una ‘diarchia’. Di solito, però, porta male

Ma è vera pace?

Ma è vera pace?

Un pranzo per suggellare la pace, dunque, chiarire i dissapori, le frizioni, gli sfottò che Grillo ha riservato a Conte. «È stato un colloquio lungo e cordiale», dicono le fonti. «Un gesto di rispetto di Conte», precisano, per evitare il blitz romano a Grillo memore dell’ultimo, risoltosi in un disastro.

blog

Certo, sul blog di Grillo il post in cui definisce Conte unfit per guidare il Movimento ancora c’è e pure in bella vista. Quelle parole pesanti, acide e graffianti (“Conte non ha né visione politica né capacità manageriale. Non ha esperienza di organizzazioni né capacità di innovazione. Io l’ho capito”) ancora lì restano, nella home del blog, un memento mori, ma tra i due vale il detto ‘scurdammece ‘o passato’.

Pietro Dettori

Pietro Dettori

Con loro, invitato e spedito lì proprio per ‘tenerli buoni’ c’è anche Pietro Dettori, uomo simbolo della mediazione voluta e firmata da Luigi Di Maio. E proprio Dettori —consigliere ‘diplomatico’ del ministro — firma lo scatto della pace, «l’immagine che in tanti aspettavamo», come commenta Paola Taverna. Una foto che viene subito celebrata sui social da tutti i big M5S, sollevati per lo scampato pericolo. 

Paola Taverna

Paola Taverna

Grillo e Conte, questa la realtà, sono stati ‘convinti’ a sotterrare l’ascia di guerra – cui volevano muovere – dalla mediazione dei ‘sette saggi’ pentastellati che hanno sudato ben più delle solite sette camice e compiuto ben più delle dodici fatiche di Ercole per rimetterli intorno a un tavolo: prima solo qualche messaggino, poi delle telefonate, via via più lunghe, infine il pranzo della pace di giovedì.

Di Maio e Fico

Di Maio e Fico

Soprattutto, sono stati piegati alla ragionevolezza e persino alle reciproche, catartiche, scuse per i reciproci insulti, dalla capacità mediatoria e conciliatoria che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio – ormai un ‘mediatore’ per antonomasia, e non solo perché sta agli Esteri: è proprio la sua natura – è riuscito a mettere in campo, insieme all’ormai suo ‘gemello siamese’ Roberto Fico. I due – ma qui parliamo di Fico e Di Maio – si sono detestati, sgambettati e fatti la guerra per anni, ora filano d’amore e d’accordo: segno che, nel Movimento, da nemici si può, volendo, diventare amici. Un monito e, forse, pure un buon augurio, per i diarchi, Conte e Grillo. Eppure, qualche cultore di storia romana antica potrebbe ricordare loro che le ‘diarchie’ (quelle tra Imperatore d’Occidente e imperatore d’Oriente, o tra consoli della Roma repubblicana) come pure i ‘triumvirati’ (quello Cesare-Pompeo-Crasso prima e quello Ottaviano-Marco Antonio-Lepido poi) non hanno mai portato fortuna, anzi: solo sciagure e lutti.

Anche perché, prima o poi, uno dei due (o dei tre) si fa largo, si fa bello, vince, s’impone e, la prima cosa che fa è muovere guerra all’altro o agli altri per spodestarli. Ma questa, appunto, è un’altra storia, materia in cui i pentastellati sono poco ferrati.

In ogni caso, si allontana almeno per un po’, lo spettro dell’ennesima scissione dei 5Stelle (e sarebbe stata, questa scissione, quella definitiva): i due ‘diarchi’ si sono messi d’accordo su (quasi) tutto.
Soprattutto, hanno iniziare a ragionare sul futuro del Movimento (“obiettivo 2050” il propagandistico invito lanciato da entrambi), a partire dal lancio del nuovo statuto che è già stato concordato per oggi: l’inizio della nuova fase data dalla pubblicazione delle nuove regole del nuovo M5S che verrà.

In soldoni, a Conte sarà in capo la titolarità piena, e ‘politica’ sul Movimento e i suoi organi interni (ma anche, per dirne una, sulla ‘comunicazione’). I tre vicepresidenti (di cui uno ‘vicario’, come se fosse il presidente del Senato supplente rispetto al Capo dello Stato, una di quelle cose che esisteva solo nella Dc), i venti membri della Segreteria (che si chiamerà Consiglio nazionale, e pure qui il paragone con la Dc scatta subito, ed è curioso), e tutti gli altri organi ‘politici’ li nominerà Conte.

Lucia azzolina

Lucia Azzolina

I tre vicepresidenti dovranno rispecchiare, in qualche modo, le anime del Movimento: di certo vi figurerà un “big” vicino all’ex premier, ma un posto sarà anche riservato anche a una donna, forse due. Ed in pole, in queste ore, sembrano esserci Lucia Azzolina, Paola Taverna e Virginia Raggi (Chiara Appendino, invece, è sospesa dal Movimento, perché rinviata a giudizio, ergo non potrà correre).

Patuanelli

Stefano Patuanelli

Per Virginia Raggi sarebbe una sorta di contentino, specie se perderà a Roma, e se può farsi largo un ministro (Stefano Patuanelli, ora diventato super contiano), è più probabile che siano tre donne: Raggi, Azzolina (super-contiana pure lei) e la Taverna, ex pasionaria grillina oggi pasdaran contiana.

davide crippa

Davide Crippa

Nella segreteria (pardon, Consiglio nazionale) di 20 membri entreranno tutti i big, dai ministri – con un capodelegazione che sarà o Patuanelli o Federico D’Incà, vicino a Fico – ai capigruppo di Camera e Senato (Ettore Licheri, super-contiano, e Davide Crippa, ‘grilliano’), il capodelegazione di Bruxelles, più una nutrita rappresentanza dei territori e pure degli attivisti. A Conte anche la nomina e le scelte sullo staff della comunicazione: Rocco Casalino, dunque, continuerà a regnare, a dispetto di tutti gli altri.

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Rocco Casalino

Invece, Grillo resta il custode dei valori del M5s, non perde sostanzialmente i suoi poteri rispetto a prima, cioè all’attuale Statuto ancora in vigore, e resta ciò che è sempre stato: il Fondatore, ma anche il Garante. In uno slogan, l’Elevato resta l’Elevato: prima aveva ‘sotto’ solo ‘reggenti’ (Vito Crimi) forme di potere collegiale (il Direttorio) e, quando ha avuto un solo vero ‘capo’ (Di Maio), ha pensato bene di brigare per farlo saltare, mentre ora il potere politico sarà in capo a Conte e lo condividerà solo con lui. A Grillo spetterà la nomina dei tre membri del Collegio di Garanzia (sicure, qui, le presenze di Fico e Di Maio, voluti da Grillo, forse appaiati da Vito Crimi) e del Collegio dei Probiviri (altri tre, ancora ignoti, ma pescati di sicuro tra gli ex ‘Sette Saggi’) che hanno poteri formali, ma poteri non da poco. 

Claudio Cominardi

Claudio Cominardi

I ‘garanti’ del Garante, infatti, possono sfiduciare il capo politico, con mozione di sfiducia motivata, votata e ratificata sul blog dagli iscritti e – horibile dictu –sfiduciare persino il Garante, seguendo la procedura. Di concerto, per ora, Grillo e Conte si sono accordati per far restare al suo posto quello cui spetta il compito più ingrato dentro il Movimento e cioè il tesoriere: è e resta Claudio Cominardi.

 

Oggi il video di Conte, poi 15 giorni di pausa, infine il voto sulla nuova piattaforma: il rischio che il tutto avvenga tra pochi intimi

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La Piattaforma Rousseau, il sistema operativo del M5S

Un video, che verrà pubblicato oggi (da Conte) darà il via tecnico ai 15 giorni che devono passare per Statuto (quello vecchio) prima della formale consultazione tra gli iscritti del Movimento sul nuovo Statuto e il Codice etico (lì dentro ci sarà anche la vexata quaestio del tetto dei due mandati, altro tema scottante che sarà rimesso alla volontà degli iscritti, almeno così hanno deciso Conte e Grillo) ma che, soprattutto, dovrà votare il capo politico (Conte) e anche i membri di tutti gli altri organismi.

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L’Associazione Casaleggio e il ‘mito’ fondato di Rousseau

Consultazione che, però, non si terrà più sulla piattaforma Rousseau (il divorzio, almeno quello, tra M5s e Casaleggio è definitivo, passato ormai pure dai reciproci avvocati, manca solo un giudice che sentenzi, in via formale, la ‘separazione consensuale’), ma sulla nuova piattaforma scovata dai 5S, Skyvote. Il voto, dunque, oggi sarà solo ‘lanciato’, poi si dovranno aspettare 15 giorni per le osservazioni, infine saranno aperte le urne. Intanto, la piattaforma Skyvote avrà il suo battesimo del fuoco – non foss’altro che per testarlo ed evitare brutte figure – il 21 luglio con la scelta del candidato sindaco per Torino, anche se è una gara ‘a perdere’: dopo 5 anni di Appendino, chiunque verrà scelto per rappresentare il M5s non ha alcuna chance di arrivare al ballottaggio, una fine assai misera.

Il guaio è che siamo già al 17 luglio, quindi il voto non potrà arrivare prima del 30 luglio, se proprio si vuole correre, o nei primi giorni del mese di agosto, quando ‘persino’ gli stoici (e storici) militanti del Movimento, più che davanti a un pc, si troveranno davanti una spiaggia corallina, palette e secchielli dei bambini, un daiquiri, uno spritz, un negroni, o magari fresche montagne da scalare e verdi praterie.

L’altro guaio è che la prima votazione deve ottenere la maggioranza assoluta degli iscritti, solo dalla seconda in poi basta quella semplice, ma eleggere Conte nuovo Capo politico con un pugno di voti, insomma, non è che sarebbe molto bello, sarebbe meglio di no, ma alle tempistiche di voto – un po’ come al cuore – non si comanda.

Vito Crimi

Vito Claudio Crimi

L’altro guaio ancora è che le liste per le prossime elezioni amministrative vanno presentate, per i piccoli comuni siamo già fuori tempo massimo e per i grandi la tempistica scade ai primi di agosto. Vuol dire ritrovarsi a fare una corsa contro il tempo, con i territori in preda alle faide interne, molti candidati che proprio mancano del tutto e la possibilità che a firmare le liste sia il solito, povero, reggente Crimi (seguiranno, è ovvio, nel caso, centinaia di ricorsi da parte di ex ed esclusi) e che il buon Conte non possa metter il suo sigillo a un atto così importante come fare le liste elettorali.

Inoltre, un sondaggio Demos pubblicato ieri da Repubblica riporta il M5s al 15,3% in calo di due punti e mezzo (-2.5 dal 17,7%) rispetto ad una rilevazione analoga compiuta a maggio. La guerra e le liti interne, come si sa, non pagano.

Senza dire del fatto che, dal 3 agosto, inizia il semestre bianco in cui l’attuale Capo dello Stato non può più, neppur volendo, sciogliere le Camere. E insomma, per dirla in soldoni, un capo ‘serve’ – come la ‘serva’ di Totò – non foss’altro perché, qualsiasi scossone politico o rottura dentro la maggioranza – magari provocata proprio dai 5Stelle (un tema a caso: la giustizia) – se il governo va in crisi o cade, alle consultazioni qualcuno bisognerà pur mandarci, e di certo non ci può andare il povero Crimi che c’ha i guai suoi e fin troppe ne ha viste e passate, in questi mesi.

Nel frattempo, forse ci sarà ‘un evento’ pubblico per presentare il nuovo Statuto, e forse invece no, perché ‘il piatto’ – nel senso della cassa – piange, i parlamentari non ‘rendicontano’ e non versano il dovuto oggi come non lo facevano prima a Rousseau (che ancora è lì che gli chiede i soldi mancanti), e il ‘nuovo Movimento’ rischia di partire zoppo, afono, povero, nel senso tecnico: con pochi soldi.

 

Le prime grane politiche del nuovo M5s: giustizia e non solo

Marta Cartabia

Marta Cartabia e la riforma

Infine, c’è la politica. La riforma della giustizia targata Cartabia a Conte – e a molti 5stelle con lui, a partire dal suo ‘consigliori’, Marco Travaglio che tutti i giorni la fa a pezzi sul Fatto quotidiano paragonandola, addirittura, ai decreti ‘salvaladri’ dei governi Berlusconi I, II, III e IV – fa schifo.

Il reddito di cittadinanza, inoltre, va difeso e su questo fronte si è speso e si spende, parecchio, pure Di Maio, che invece sulla giustizia ha mediato assai con Draghi e che, sul tema, non è un pasdaran.

Al netto della telefonata ‘risolutoria’ di Grillo che ha fatto passare i ministri 5S dall’astensione al sì dentro l’ultimo cdm – quello in cui Conte voleva, invece, che i ministri si facessero auto-esplodere, pur di non approvare il boicottaggio di quella ‘riforma’ Bonafede (una vera ‘schi-forma’) che sia Conte che il suo ex ministro ancora difendono – la verità è che i 5S potrebbero sfilarsi dalla maggioranza di governo e orientarsi verso il no o l’astensione, sulla giustizia, dalle conseguenze politiche devastanti.

Infatti, la maggioranza resterebbe tale, in Parlamento (Lega+FI+Pd+LeU+gruppi minori) garantiscono, infatti, numeri saldi, ma specie per il Pd sarebbe un grosso guaio: la trazione della maggioranza, e dunque del governo, diventerebbe tutta e solo di centrodestra, con il Pd a fare da ‘ruota di scorta’. 

Morale: formalmente, non è ancora capo politico, ma per Conte c’è, subito una prima, delicatissima grana da affrontare, quella della riforma Cartabia. Il testo – approdato alla Camera in ritardo per un errore nell’invio degli emendamenti del governo (termine ultimo per presentarli: martedì 22) – al Movimento non piace e non piacerà. E ad aumentare i malumori c’è la ferma intenzione di Draghi di approvare il ddl al più presto e “così com’è”, un po’ come direbbe il Pd del ddl Zan che sta al Senato.

 

L’incontro Draghi-Conte di lunedì prossimo e il ‘nodo’ giustizia

L’incontro Draghi-Conte

L’incontro Draghi-Conte e il ‘nodo’ giustizia

Di tutto questo, lunedì prossimo, Conte parlerà con il premier Mario Draghi che finalmente lo riceverà, anche perché, fino a ieri, non gli riconosceva, più di tanto, legittimità, dato che ancora non s’era capito chi ‘comandava’, dentro il Movimento. Una ‘delegittimazione’ di fatto che Conte – il quale non ama Draghi dal primo giorno in cui gli ha portato via la campanella, un po’ come Letta con Renzi – non ha affatto gradito e che ora gli vuole far pagare caro, rendendo pan per focaccia. Prima, però, l’ex premier incasserà finalmente il lancio della votazione sul nuovo Statuto. Il giorno giusto, secondo fonti del M5S, è sabato, ma per l'”incoronazione” vera dovrà attendere agosto. E saranno giorni assai tribolati.

Nodo giustizia

Nodo giustizia

Già nei prossimi giorni, tuttavia, l’ex premier sarà probabilmente chiamato a riunire i gruppi parlamentari anche perché l’incontro di lunedì a Palazzo Chigi è quello tra un capo di governo e un capo di partito. Solo che, appunto, il nodo giustizia – e in particolare la riforma della prescrizione che, per Conte, “crea isole di impunità” e “demolisce la nostra riforma”, quella Bonafede, rischia davvero di spaccare i Cinque Stelle. E il timore, nel Movimento, è che con un rallentamento dei tempi in commissione il governo possa non solo contingentare il dibattito in Aula (se il provvedimento, calendarizzato per il 23 luglio alla Camera, scavallasse ad agosto l’esecutivo è legittimato a farlo) ma perfino mettere la questione di fiducia, già paventata e sventolata da Draghi. “E lì come voteremmo?“, è la domanda che, angosciosi e perplessi, si fanno molti pentastellati all’ombra di Montecitorio.

 

I 5Stelle ‘non si fidano’ di Draghi e ormai hanno dubbi pure sul Pd

logo m5s

Se il M5S votasse contro il governo e una sua riforma così importante e ‘cuore’ delle richieste dei fondi per il Recovery Plan le conseguenze sarebbero imprevedibili. Con una postilla: solo prima del 2 agosto in teoria la legislatura può finire, dopo no, causa semestre bianco. “La partita finisce quando l’arbitro fischia…”, ironizza un parlamentare citando Boskov. Infine, serpeggia anche più di un malumore rispetto al Pd: “non hanno fatto neanche finta di fare da sponda“, sottolinea una fonte.

Nel governo, tuttavia, non si parla di fughe in avanti. “Non mettiamo il carro davanti ai buoi“, spiega una fonte di primo piano dell’esecutivo. Rilevando tuttavia un elemento che Draghi ha ben presente: “il M5S è un partito che sostiene e tutta la maggioranza e i capi di partito hanno dichiarato di voler accelerare sulle riforme“. Speranze, più che fatti, anche se arrivano da un iper-realista come Draghi.

Nel pomeriggio di ieri, in commissione Giustizia della Camera, si è tenuto un nuovo ufficio di presidenza ed è stato deciso di far slittare i termini per i sub-emendamenti a martedì alle ore 18. Anche perché sui testi della Cartabia giunti in commissione è sorto un piccolo giallo. A Montecitorio, mercoledì, sono arrivate due versioni diverse degli emendamenti del governo.

Mario Perantoni

Mario Perantoni

Il governo è dovuto correre ai ripari inviando, solo giovedì sera, la versione corretta. Solo che, sostiene più di un esponente M5S, nella nuova versione per alcuni reati l’aumento dei tempi di prescrizione in caso di sua interruzione risulta persino ridotto. Il clima, insomma, si preannuncia incandescente. “Stiamo facendo del nostro meglio per garantire un adeguato approfondimento dei testi“, sottolinea il presidente della commissione Mario Perantoni, che è grillino e super-contiano.

Giusi Bartolozzi

Giusi Bartolozzi, magistrato di raffinata levatura

E nella riunione di ieri anche la deputata azzurra Giusi Bartolozzi, magistrato di raffinata levatura, palermitana tosta e combattiva, riferiscono i presenti, parlando a titolo personale e non a nome di FI ha rimarcato l’esigenza di tempi adeguati per il dibattito. Come dire: la giustizia è un tema incandescente e delicato, da maneggiare con cura, per tutti. Figurarsi per i 5Stelle: “quelli sono pure capaci di farsi esplodere come dei veri kamikaze – sbotta un dem che non li ama – sulla qualsiasi, figurarsi sulla giustizia, che iè l loro core business”. Meglio preparare i popcorn: ne vedremo di belle.