Compleanno col botto! Mattarella festeggia gli 80 anni criticando il governo e stoppando il Csm. I rischi per la riforma Cartabia

Compleanno col botto! Mattarella festeggia gli 80 anni criticando il governo e stoppando il Csm. I rischi per la riforma Cartabia

24 Luglio 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

Compleanno col botto! Mattarella festeggia gli 80 anni criticando il governo e il Parlamento sui decreti legge ‘disomogenei’ e stoppando il Csm sul suo parere negativo al decreto Cartabia. Ma la riforma della giustizia resta appesa ai mal di pancia del Movimento 5 Stelle e resta in bilico

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Auguri Presidente Mattarella

Nb. questo articolo è stato pubblicato, in forma ridotta, nella sua prima parte, sul sito di notizie Tiscali.it e nella seconda parte, sempre in forma ridotta, sul sito Thewatcherpost.it

Gli 80 anni del Presidente Mattarella

Gli 80 anni del Presidente Mattarella

Mattarella compie 80 anni e riceve gli auguri pure dagli azzurri

Ieri, Sergio Mattarella, ha compiuto – e festeggiato, tra la gioia e l’affetto sincero degli italiani e i peana, stucchevoli e proni, della classe politica – i suoi primi 80 anni. Li ha festeggiati in famiglia, con i tre figli, Laura, Bernardo e Francesco, e i loro ben sei nipoti, in modo schivo e riservato, come del resto è l’uomo, con un pranzo che si è tenuto – senza altri ospiti – nella sua residenza privata al Quirinale, ma ricevendo la gradita sorpresa del videomessaggio di auguri degli atleti azzurri impegnati alle Olimpiadi di Tokio, ma l’evento è stato comunque molto ‘pubblico’. Sono arrivati “telegrammi e felicitazioni da tutte le parti del mondo”, avrebbe detto Francesco De Gregori: lo squillo incessante dei telefoni del Quirinale ha scandito la giornata per gli auguri con i tanti messaggi dal mondo della politica, della cultura, dello spettacolo e anche di semplici cittadini.


Quando è diventato presidente, nel 2015, di anni Mattarella di anni ne aveva 73. Se allungasse il suo mandato – cosa che non farà: non è nelle sue corde diventare un “monarca repubblicano”, come ha più volte ricordato, sottolineato, ammonito – ne avrebbe 82, 83, o – se ne facesse altri sette – 87. Impossibile anche solo immaginarlo, conoscendo l’uomo e nonostante le mille richieste ricevute.

buon compleanno Presidente Mattarella

Buon Compleanno Presidente

Mattarella è contro l’allungamento della durata del mandato presidenziale per cultura politica, studi giuridici e vita pratica da Presidente. I partiti, l’anno prossimo, dovranno cavarsela ‘da soli’ per scegliere il suo successore, quando il suo mandato scadrà, il 3 febbraio del 2022.

Ma che Mattarella non sia ‘stanco’ di fare il presidente, ma sia, invece, nel pieno delle sue funzioni – tranne una, il potere di scioglimento delle Camere: il 3 agosto, infatti, inizia il ‘semestre bianco’ – ieri lo ha fatto capire in modo plastico. Due gli atti pubblici, uno ufficiale e uno ufficioso ma entrambi dal peso politico molto ‘pesante’, quelli messi in campo dal Presidente della Repubblica in carica. 

Il ‘cartellino giallo’ del Capo dello Stato era rivolto sia, esoprattutto, al Governo ma anche al Parlamento, sui decreti

cartellino giallo

Il ‘cartellino giallo’ del Capo dello Stato è rivolto sia, soprattutto, al Governo che al Parlamento sui decreti

L’atto ufficiale e concreto del Capo dello Stato è presto detto. Trattasi di una bella ‘botta’ inviata a Governo e Parlamento, un vero e proprio ‘cartellino giallo’. Ilnuovo messaggio inviato da Mattarella ai presidenti di Camera e Senato, e al presidente del Consiglio, serve per metterli in guardia: se arriveranno nuovi decreti legge che contengano norme non attinenti alla materia li rimanderà al Parlamento. Sergio Mattarella, nell’inviare un messaggio in cui promulga il dl Sostegni bis, fa dunque capire che la misura è colma.

Casellati Fico e il premier Draghi

Casellati Fico e il premier Draghi

Infatti, il presidente della Repubblica, in una lettera inviata ai presidenti del Senato, Elisabetta Casellati, della Camera, Roberto Fico, e del Consiglio, Mario Draghi, in occasione della promulgazione del dl Sostegni bis, che pure ha firmato, dice – in buona sostanza – che “bisogna rispettare i limiti di omogeneità contenuti nei decreti” che vedono, come nel decreto in esame, “troppi commi aggiuntivi”. Un bel rimbrotto, e pure assai formale, rivolto a Governo e Parlamento. Un monito forte e chiaro, quello del presidente della Repubblica, che, dopo aver firmato la legge sul dl ‘sostegni bis’, ne accompagna la promulgazione con una lettera al Parlamento e al governo in cui contesta l’eccessivo uso di emendamenti con norme fuori tema, facendo pure un elenco di esempi.

Mattarella scrive lettera

Scrive Mattarella, “un ricorso più razionale e disciplinato alla decretazione d’urgenza”

Ma vediamo il cuore del testo della sua lettera. Occorre, scrive Mattarella, “un ricorso più razionale e disciplinato alla decretazione d’urgenza”. “I decreti legge – spiega – devono presentare ab origine un oggetto il più possibile definito e circoscritto per materia. Nei casi in cui l’omogeneità di contenuto è perseguita attraverso l’indicazione di uno scopo, deve evitarsi che la finalità risulti estremamente ampia. Nella procedura di conversione, come prescritto dai regolamenti parlamentari, l’attività emendativa dovrà essere limitata dalla materia, ovvero dalla finalità originariamente oggetto del provvedimento, come definite dal governo. La confluenza di un decreto legge in un altro provvedimento d’urgenza, oltre a dover rispettare il requisito dell’omogeneità di contenuto, dovrà verificarsi solo in casi eccezionali e con modalità tali da non pregiudicarne l’esame parlamentare”.

Anche per rimuovere la abituale prassi, ormai generalizzata, che consiste nella presentazione di maxi emendamenti sui quali porre la questione di fiducia, prassi sulla quale si è registrato un monito critico da parte della Corte costituzionale con la citata sentenza n. 32 del 2014 – prosegue -. “Formulo, pertanto, un invito al Parlamento e al Governo a riconsiderare le modalità di esercizio della decretazione d’urgenza, con l’intento di ovviare ai profili critici da tempo ampiamente evidenziati dalla Corte costituzionale, nonché nelle stesse sedi parlamentari, oltre che in dottrina, e che hanno ormai assunto dimensioni e prodotto effetti difficilmente sostenibili”.

Morale: fate meno decreti legge, mettete meno fiducie e, soprattutto, rispettate i termini di ‘omogeneità’ e i limiti di ‘contenuti’ dei decreti legge medesimi, evitando di infilarci dentro di tutto, stile omnibus.

Il democrat Stefano Ceccanti, per metterci una pezza, al guaio, vuole introdurre il rinvio presidenziale ‘parziale’

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Il dem Ceccanti, per metterci una pezza, vuole introdurre il rinvio presidenziale ‘parziale’

Subito, il professore di diritto costituzionale, e deputato del Pd, Stefano Ceccanti, interviene e, in pratica, chiede di introdurre, nel nostro ordinamento, il rinvio presidenziale ‘parziale’ per non inficiare la firma presidenziale di una legge, ma anche per poterla ‘rinviare a metà’: “E’ opportuno riflettere attentamente sulla lettera del Presidente ai Presidenti delle Camere relativa alla conversione del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73” scrive, Ceccanti, che è anche presidente del Comitato per la Legislazione della Camera: “La lettera del Capo dello Stato – dice Ceccanti richiama anche in due punti il parere del Comitato per la Legislazione, e pone di nuovo il delicato problema dell’eterogeneità di materie inserite con gli emendamenti parlamentari, tema già sollevato dal Presidente Napolitano.

Mattarella 1

Il capo dello Stato Mattarella

A Costituzione invariata il presidente Mattarella ribadisce la possibilità di procedere comunque al rinvio, dato che peraltro gli effetti negativi potrebbero essere limitati da un’eventuale reiterazione, comunque possibile. Però, niente impedisce di introdurre una riforma costituzionale chirurgica che consenta il rinvio parziale delle leggi di conversione, analogamente a quanto previsto per il referendum abrogativo e a quanto può fare la Corte costituzionale, ben sapendo che questa analogia è parziale, giacché queste due eventualità intervengono su una legge già perfetta, mentre la promulgazione è solo una tappa all’interno del processo di formazione della legge”. “Il tema del rinvio parziale – riconosce Ceccantipuò suscitare dubbi di politicizzazione della figura del Capo dello Stato. E’ preferibile lasciare flessibile il sistema perché in alcuni casi potrebbero essere urgenti anche le normative introdotte nell’esame parlamentare; spetterà alla sensibilità presidenziale valutare se rinviare per intero o quasi integralmente le disposizioni introdotte con emendamento per prevenire tali critiche. Per queste ragioni sto per ripresentare la proposta, chiedendone la firma a tutti i gruppi”.

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Il Prof. Francesco Clementi

Clementi: Mattarella non è un “presidente dimezzato”

Aggiunge, con altrettante dotte e utili considerazioni, il professore di diritto costituzionale Francesco Clementi, ordinario di Diritto pubblico all’Università di Perugia, nello spiegare all‘AGI i contenuti della lettera, che Mattarella tutto è tranne che “un presidente dimezzato“. “Il Presidente della Repubblica – elenca Clementiha chiaramente voluto rimarcare tre punti. In primo luogo il ruolo delle fonti del diritto nell’emergenza, che a maggior ragione meritano di essere il piu’ possibile corrispondenti a quanto il testo costituzionale, la disciplina dei regolamenti parlamentari e la giurisprudenza della Corte prevede. Insomma, nell’emergenza la cura degli atti normativi deve essere doppia”. Il secondo punto “è il rilievo che il Presidente ha inteso dare al Parlamento che controlla l’attivita’ di governo e cioè il Comitato per la legislazione. Un punto molto importante perché è su quell’atto che il Capo dello Stato poggia molte delle sue critiche. Il Presidente sottolinea le problematicità del dl sostegni bis sulla base del parere del Comitato, in questo dimostrando un’attenzione sempre viva e vigile al ruolo del Parlamento nell’attivita’ di controllo dell’attività di governo e anche verso se stesso“. 

Il terzo elementoè chiaramente l’invito importante a cambiare tendenza perché questo non esclude comunque la valutazione di un eventuale ricorso al rinvio alle Camere di una legge, da lui usato finora solo una volta. Peraltro Mattarella non a caso cita la lettera del predecessore Giorgio Napolitano come precedente“, che già allora aveva spinto a presentare proposte di legge in tema, come anche in questa legislatura e’ avvenuta, ad esempio quella a firma Ceccanti ed altri. Per Clemential netto degli aspetti tecnici, emerge l’importanza di un Presidente della Repubblica che alle soglie del semestre bianco rimarca con giusta chiarezza di mantenere tutti i suoi poteri pienamente funzionanti ed integri, di non essere quindi per nulla intimidito dal semestre bianco, perche’ il ruolo di Capo dello Stato deve essere esercitato come la costituzione prevede anche durante il semestre bianco”.

Il semestre bianco, a parte il potere di scioglimento anticipato delle Camere, non sospende in nulla l’esercizio dei poteri di Capo dello Stato le cui funzioni rimangono appunto piene e integre come la Costituzione prevede“, conclude il suo ragionamento il professor Clementi

E fin qua, siamo in punta di diritto e Costituzione, ma ieri Mattarella è ‘intervenuto’ anche sul Csm, solo che lo ha fatto con un tipico, ma informale, potere presidenziale, la moral suasion, chiedendo di ‘posticipare’ il parere sulla riforma della Giustizia targata Marta Cartabia che il Csm stava per dare, dopo il parere negativo della sua VI commissione. 

Il vero fronte ‘caldo’ politico, la riforma della giustizia

Marta Cartabia

Marta Cartabia e la riforma

Come si sa la riforma della giustizia (per la precisione del processo penale) targata Marta Cartabia approderà, finalmente, il 30 luglio, nell’aula della Camera dei Deputati per un suo primo esame (dopo, ovviamente, ci sarà anche quello del Senato). Una riforma, quella per velocizzare i processi e dare certezza della pena, ma anche garanzie agli imputati, che ‘ci chiede’ l’Europa che ci deve fornire, in cambio, come per le riforme di fisco, Pa e concorrenza, i 209 miliardi del Recovery Plan (altrimenti non li dà).

Mario Perantoni

Mario Perantoni

Solo che, in commissione Giustizia, presieduta dal pentastellato Mario Perantoni, i 5Stelle hanno sommerso la riforma di ben 961 emendamenti, alcuni direttamente soppressivi e tendenti, in buona sostanza, a ‘ripristinare’ la vecchia ‘riforma’ (si fa per dire) targata Alfonso Bonafede, ex guardasigilli nel governo Conte bis giallorosso (e pure, però, in quello Conte uno gialloverde). Un atteggiamento, il loro, palesemente ostruzionistico, nonostante le rassicurazioni che il nuovo capo politico del M5s, Giuseppe Conte, aveva fornito al premier, Mario Draghi, lunedì, nel loro incontro.

bonafede

Alfonso Bonafede

A palazzo Chigi non l’hanno presa bene, la cosa. E così il governo ha deciso di mettere la questione di fiducia, votata all’unanimità dall’intero cdm e, dunque, si presuppone anche dai ministri grillini (ma la Dadone, subito dopo, se n’è pentita, annunciando sfracelli, come vedremo, fino al ritiro del sostegno al governo).

I ‘paletti’ di Draghi che pone la questione di fiducia

draghi

I ‘paletti’ di Draghi che pone la questione di fiducia

Draghi, presentando la scelta della fiducia, ieri, in conferenza stampa – convocata in realtà per spiegare le nuove norme sul Green Pass che entreranno in vigore a partire dal 6 agosto – parla chiaro e mette paletti. Accanto a lui, in giacca rossa, silente, la Guardasigilli, Marta Cartabia, condivide ogni sua parola. “Ho chiesto l’autorizzazione alla fiducia – dice Draghie significa che c’è un testo approvato all’unanimità dal Consiglio ministri, che siamo aperti e disponibili a miglioramenti di carattere tecnico. Se ci fossero, si tratterà di tornare in Consiglio per chiedere l’autorizzazione alla fiducia anche sui nuovi testi”. E qui Draghi mette due paletti. Il primo: “Le modifiche devono essere di carattere tecnico e non stravolgano l’impianto”. Il secondo: “Modifiche condivise, non emendamenti presentati da una parte”. La road map del governo è tracciata. E su questa cammina la Cartabia per trovare un accordo su “un tema difficile, ma ineludibile”.

Mario Draghi e la Ministra Cartabia

Mario Draghi e la Ministra Cartabia

La Cartabia, poi, tecnicamente, spiega le ragioni della riforma: “La durata dei processi è un problema grave in Italia, il Pnrr ci chiede di ridurre i tempi del 25%, la Costituzione chiede la ragionevole durata”. Draghi ripete che “l’intento del governo non è l’impunità” e la Cartabia aggiunge che quelle di M5S non sono provocazioni, ma “preoccupazioni da prendere seriamente in considerazione” e spiega che quella sul tavolo “non è la riforma della prescrizione, ma una riforma complessiva della giustizia per evitare processi lunghi e l’impunità”.
Ma che effetto avrà la fiducia sulla trattativa con M5S? Per ora le bocce sono cucite, ma resta che l’ala dura dei pentastellati si schiera anche contro il lodo Serracchiani-Bazoli (fino al 2024 gli Appelli possono durare tre anni anziché due e, in Cassazione, da un anno si va a sei mesi in più). Una proposta di mediazione, quella del Pd, che una parte dei 5Stelle – l’ala governista di Di Maio – sembra avallare, ma quella ‘giustizialista’ no.

Conte

Giuseppe Conte

Conte, in realtà, sembra che considera positivamente che anche il governo abbia preso atto delle difficoltà tecniche presenti nella riforma Cartabia, in particolare sul tema dell’improcedibilità. In questi giorni, l’ex premier è stato in costante contatto con Draghi e con la ministra. I suoi dicono che stia lavorando per una mediazione, dando seguito a quell’approccio costruttivo ribadito lunedì nell’incontro con Draghi, con l’obiettivo di soddisfare il bisogno di giustizia da parte dei cittadini e insieme velocizzare i processi. Conte, anche con specifiche soluzioni tecniche, vorrebbe evitare il rischio che centinaia di migliaia di processi possano andare al macero. Insomma, messa così, sembra che ‘tutto vada bene’, solo che così non è. Non solo per colpa dei 5Stelle, ma pure del Csm.

La prima bocciatura nella VI commissione del Csm

Alessio Lanzi, laico di Forza Italia

Alessio Lanzi, laico di Forza Italia

L’ombra, infatti, resta la bocciatura della riforma da parte del Csm, per ora passata solo in commissione con quattro voti su sei, compreso quello del presidente Fulvio Gigliotti, laico indicato da M5S. Si astiene Alessio Lanzi, laico di Forza Italia e la togata Loredana Miccichè di Magistratura indipendente, ma votano a favore i due togati di Area, Elisabetta Chinaglia e Ciccio Zaccaro, più Sebastiano Ardita.

Loredana Micciche

La togata Loredana Miccichè di Magistratura indipendente

Un giudizio netto, e duro, quello della VI commissione del Csm: la riforma sarebbe “un’ingiustificata e irrazionale rinuncia dello Stato al dovere di accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità sul piano penale, rispetto a un reato certamente non estinto”. Un parere del Csm che il M5S usa subito per soffiare sul fuoco.

Cafiero De Raho

Cafiero De Raho

Del resto, la riforma Cartabia non vede solo l’ostilità (preconcetta) dei 5Stelle, ma anche quella di molti magistrati – che si sono espressi contro la riforma, sparando a palle incatenate, da Cafiero de Raho a Gratteri – dell’intera Anm e dei membri togati del Csm.

La moral suasion di Mattarella al Csm: “serve un parere completo, dovete aspettare il testo finale”

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La moral suasion di Mattarella al Csm: “serve un parere completo, dovete aspettare il testo finale”

Presto, però, si doveva esprimere, sulla riforma Cartabia, il Csm nel suo complesso e, dunque, ecco che Mattarella – di cui la Cartabia è ritenuta, non a torto, la sua ‘pupilla’ e la sua ‘prescelta’ per succedergli, al Quirinale, quando passerà la mano – opera la sua moral suasion. Si tratta, appunto, si diceva, di un intervento informale che non viene registrato da nessuna ‘nota’ ufficiale.

La moral suasion di Mattarella al Csm: “serve un parere completo, dovete aspettare il testo finale

La moral suasion di Mattarella al Csm: “serve un parere completo, dovete aspettare il testo finale”

Resta il punto. Il Csm non discuterà mercoledì prossimo, nel suo plenum, il parere (negativo) sulla riforma penale della ministra Cartabia approvato a maggioranza dalla VI commissione e che contiene un giudizio negativo sulla futura durata dei dibattimenti e boccia il sistema della improcedibilità. Lo farà, se verrà accolta la richiesta dei membri togati, in una riunione straordinaria che si terrà, però, solo nei primi giorni di agosto, quindi solo quando il parere stesso non riguarderà solo una parte della riforma, quella sull’improcedibilità dei processi, ma l’intera revisione delle norme che riscrivono la struttura e la scansione temporale dei dibattimenti penali.

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David Ermini

È stato il presidente della Repubblica – e anche presidente del Csm, Sergio Mattarella – come racconta il vice-presidente laico del Csm, David Ermini, a chiedere al Csm di presentare in plenum un parere completo. Non settoriale su un solo punto, quindi, ma complessivo. Proprio perché la riforma è un testo complesso e contiene anche norme che rivedono il processo penale nel suo insieme. Non è un un altolà, quello del Colle, come pure potrebbe apparire a prima vista, ma un suggerimento strategico per evitare che una riforma molto ampia – 16 articoli – sia valutata solo in base all’articolo 14.

Spiegazione tecnica di Ermini alla ‘mossa’ del Colle

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Il presidente del Csm David Ermini e il Capo dello Stato Sergio Mattarella

È stato proprio Ermini a spiegare il passaggio che il Csm affronterà la prossima settimana, quando mercoledì si terrà il plenum. All’ordine del giorno, già da ieri sera, figurava il parere della sesta commissione, presieduta dal laico di M5S Fulvio Gigliotti, approvato con 4 voti a favore (Gigliotti stesso, Ardita, Zaccaro e Chinaglia di Area) e due astensioni (Lanzi di FI e Micciché di Mi). Parere che, per citare due righe significative, scrive che “l’improcedibilità amputa in modo definitivo il potere decisorio del giudice”, parla di una regola che “travolge l’accertamento già effettuato” e, ancora, di “un’ingiustificata e irrazionale rinuncia dello Stato al dovere di accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità sul piano penale, rispetto a un reato certamente non estinto”. Ma, appunto, si tratta di un giudizio che riguarda solo un pezzo della riforma, l’articolo 14, rispetto a un testo che ne contiene esattamente, in tutto, ben 16 di articoli.

Fulvio Gigliotti

Fulvio Gigliotti (M5S)

Ermini ha spiegato che “il parere non è stato inserito nell’ordine del giorno ordinario del prossimo plenum per consentire al Csm di esprimersi sull’intera riforma del processo penale”. La stessa Marta Cartabia, come dice Ermini, “ha chiesto al Consiglio un parere su tutti gli emendamenti governativi presentati in Parlamento”. Un parere che, però, la Cartabia ha chiesto solo dopo la ‘bocciatura’ della sua riforma (nella parte sull’improcedibilità) da parte della VI commissione del Csm, cioè lo stesso 22 luglio.

Il Presidente Mattarella e la Ministra Cartabia

Il Presidente Mattarella e la Ministra Cartabia

Secondo Ermini, dunque, il Csm non può limitarsi a considerare un solo articolo, con la conseguenza che ciò “potrebbe assumere il significato di una valutazione di ridotta importanza o di implicito consenso su tutti gli altri temi non trattati nel parere sull’improcedibilità”. A questo punto, Mattarella – spiega Ermini – ha ritenuto opportuno “posticipare anche solo di pochi giorni l’iscrizione della pratica all’ordine del giorno del plenum in modo da completare la proposta di parere offrendo al Parlamento un’approfondita e completa valutazione tecnica”. Traduzione: la riforma va valutata nel suo complesso, non potete dare un giudizio così duro e apodittico su un articolo solo, ma dovete lasciare anche che il Parlamento faccia il suo lavoro ed esamini e voti la riforma almeno in un ramo, quello della Camera. Dopo, potrete fare le vostre valutazioni.

I 5Stelle schiumano rabbia e la ministra Dadone ‘minaccia’ il ritiro della delegazione M5s dal governo

m5s bandiera

Il problema, ovviamente, è tutto in casa del M5s

I grillini – come si capisce subito dal titolo sparato in apertura dal Fattoquotidiano.it, house organ dei 5Stelle e schieratissimo contro la Cartabia e la sua riforma (ieri, in un editoriale, Travaglio, in pratica, le ha dato della deficiente…) – schiumano rabbia, ma non possono farla trasparire, specialmente nei confronti del Colle. Il titolo del giornale è eloquente: “Csm, l’escamotage di Cartabia e Mattarella per ritardare il voto del plenum sulla riforma penale dopo la bocciatura della commissione”, senza parlare dell’occhiello: “Giustizia&impunità”… Certo è che il mondo pentastellato, e non solo i magistrati ‘sulla breccia’ e intervistati ogni giorno sui quotidiani, fibrillano e vorrebbero poter cambiare, emendare e stravolgere la riforma. Al punto tale da ‘minacciare’ di uscire dal governo.

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Fabiana Dadone (M5s)

La ministra alle Politiche Giovanili, Fabiana Dadone, di prima mattina, ad Agorà (Rai 3) dice: “A rischio l’appoggio dei Cinque Stelle al governo? Dipende quale sarà l’apertura sulle modifiche tecniche alla riforma della giustizia”.
Sulla riforma Cartabia filosofeggia: “ci aspettiamo in questa settimana una discussione costruttiva in termini di miglioramenti, poi vedremo le decisioni da prendersi” (sic). “E’ giusto che il Parlamento presenti gli emendamenti – insiste – e la nostra forza, che è sensibilissima sul tema della prescrizione, ne ha preparati oltre 900. Ci aspettiamo in questa settimana una discussione costruttiva in termini di miglioramenti, poi vedremo le decisioni da prendersi”. Una discussione ‘costruttiva’, con 916 emendamenti? Impresa improba. E, alla domanda se siano possibili le dimissioni dei ministri del M5s, qualora la riforma Cartabia passasse senza modifiche, risponde che si potrebbero “valutare le dimissioni” dei ministri Cinque Stelle “assieme al leader in pectore Giuseppe Conte”.

La ministra Dadone lo dice chiaramente, non molla: “l’appoggio dei ministri del Movimento al governo dipende da queste modifiche”. E se la riforma passa così com’è? “Eventualmente, le dimissioni sarà ipotesi da valutare con Conte”.

La Ministra Cartabia e Giuseppe Conte

La Ministra Cartabia e Giuseppe Conte

Certo, poi, nel pomeriggio, resasi conto di aver fatto la frittata, prova a ricomporre le uova e fa dietrofront: “Non è nel mio stile minacciare, quindi respingo i titoli apparsi in tal senso ma è nel nostro stile dialogare e confrontarci”, scrive su Facebook, parlando della “chiara apertura del presidente Draghi e della ministra Cartabia di cui va preso atto”. Il problema – al di là del ‘prendere atto’ che la Dadone, in poche ore, s’è rimangiata la sua ‘minaccia’ di far ritirare lei e gli altri ministri dal governo (non osiamo pensare cosa possa avergli detto Di Maio, ma una bella strigliata di capo gliel’ha fatta di sicuro) – è che la coperta, dentro la maggioranza di un governo istituzionale composto da forze politiche molto diverse tra loro, si fa sempre più corta. E che i tormenti dei 5Stelle sul tema giustizia sono appena iniziati.

I mal di pancia dei 5Stelle e l’irritazione del Pd

Giovanni Vianello

Giovanni Vianello

Per dire, il deputato Giovanni Vianello – già fortemente critico martedì scorso nell‘assemblea congiunta con Conte – ha votato contro la fiducia e ora rischia l’espulsione. Ma soprattutto, con la riforma Cartabia in arrivo, almeno una trentina di deputati sarebbero pronti a seguirne l’esempio, pronti a uscire da maggioranza e M5s.Numeri destinati a salire vertiginosamente”, assicurano i malpancisti all‘Adnkronos, “ma bisogna anche vedere cosa si ottiene”. Del resto, la richiesta di autorizzazione alla fiducia in Cdm, avanzata da Draghi e appoggiata da tutti i presenti, avrebbe in realtà gelato anche i quattro ministri grillini, che proprio sulla riforma Cartabia erano finiti nelle settimane scorse nel mirino dei gruppi parlamentari. Già nel pomeriggio, quando era uscita la nota di convocazione della conferenza stampa del premier alla presenza di Cartabia, si temeva una doccia fredda. Puntualmente arrivata, con la decisione di Draghi di tirare dritto, pur aprendo a miglioramenti tecnici al testo, “ma senza stravolgimenti”.

Ora, per Conte, sarà davvero complesso uscirne, individuando una mediazione che accontenti tutti o quanto meno ne scontenti il meno possibile. Su questa strada va avanti il confronto con Draghi e Cartabia ma intanto era già deflagrato, nel Movimento, dove tutti cercano di restare ‘abbottonati’ sull’impasse giustizia, il caso Dadone. I 5S assicurano che la ministra è stata fraintesa, che non era sua intenzione un affondo così duro. Fatto sta che le sue parole hanno mosso le già tormentate acque grilline, facendo storcere il naso anche agli alleati dem.

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Alfredo Bazoli

Alfredo Bazoli, capogruppo dem in commissione Giustizia, parla a suocera perché nuora intenda: Forza Italia chiede oggi in commissione Giustizia alla Camera un allargamento delle materie oggetto della riforma della giustizia. Il che ovviamente comporterebbe una istruttoria aggiuntiva, con buona pace dell’approvazione della riforma entro l’estate. C’è da rimanere a bocca aperta. Il Partito democratico si opporrà senza dubbio, perché condividiamo l’esigenza rappresentata dal presidente Draghi di approvare la riforma nei tempi stabiliti”. Insomma, se la prende con FI, ma avverte pure i grillini: “la riforma va votata così com’è o, al massimo, con piccoli accorgimenti tecnici” (che poi sono i suoi).

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Enrico Letta

E ahi voglia, il segretario del Pd, Enrico Letta, assicurare che “Il governo non scricchiola, è naturale che di fronte a passaggi complessi ci siano discussioni. Questo (la riforma della giustizia, ndr.) è un passaggio complesso come lo sono stati altri e lo saranno altri”. Salvini e la Lega – infuriati per come sono stati trattati da Draghi sul Green Pass e dalle sue parole sull’obbligo morale di vaccinarsi (“Un invito a non vaccinarsi è un invito a morire”) – fanno sapere che la loro “irritazione” per “i 5Stelle che minacciano sfracelli sulla Giustizia (e proprio in queste ore si fanno notare per le troppe assenze in Aula) e il Pd che tira la corda su tasse e ddl Zan” è “massima”. Poi, in serata, Salvini chiosa perfido così: “Magari se (sic) il M5s uscisse dal governo. Non penso che in Italia ci sarebbero manifestazioni di disperazione nelle piazze”. Nelle piazze forse no, ma nel Parlamento sì. E mentre la riforma Cartabia sarà votata scatta pure il semestre bianco.

Sergio Mattarella Mario Draghi

Sergio Mattarella Mario Draghi

Il – da oggi – ottantenne Sergio Mattarella non avrà più il potere di sciogliere le Camere e, dunque, Draghi non potrà più ‘minacciare’ di volersi dimettere. Nascerebbe un nuovo governo. Magari sempre con Draghi ma con una diversa maggioranza. Senza i 5Stelle, probabilmente ma con il centrodestra sempre in sella. E il Pd? Ecco una prospettiva da far tremare le vene nei polsi perché finirebbe come l’asino di Buridano. Suonato da tutti.