Opposti estremismi… I referendum (e su ogni tema) hanno successo, ma il ddl Zan è finito su un binario morto

Opposti estremismi… I referendum (e su ogni tema) hanno successo, ma il ddl Zan è finito su un binario morto

12 Settembre 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

La moda dell’estate è stata la ‘réferèndite’. Prima i clamorosi successi dei referendum di Lega e Radicali sulla giustizia, poi il boom della raccolta firme per il referendum sull’eutanasia, e ora arriva pure il quesito sulla cannabis…

referendum

Nb: Metto qui due articoli pubblicati il primo (sulla ‘referendite’) sul Quotidiano nazionale del 12 settembre 2021 e, il secondo, sul portale del gruppo QN “Luce!”, pubblicato l’11 settembre 2021

referendum lega

Referendum

Prima l’incontestabile successo dei referendum sulla giustizia lanciati da Lega e Partito radicale. Con 600 mila firme sicure, ormai quasi 800 mila, si va verso il milione di firme raccolte su sei quesiti, alcuni dei quali davvero molto ‘tecnici’, in generale detti per la ‘giustizia giusta’, alla radicale. Referendum cui hanno aderito anche molti singoli parlamentari di diversi orientamenti politici, molti intellettuali, anche ‘di sinistra’ (Sergio Staino, ideatore di ‘Bobo’), giornali  (“Il Riformista” diretto da Piero Sansonetti) e altre formazioni politiche minori, come il Partito liberale italiano, presieduto dall’ex deputato Stefano De Luca, partito che si è alleato prima con Scelta civica e poi anche con la Lega.

Referendum Eutanasia Legale

Referendum Eutanasia Legale

Poi, il clamoroso successo della raccolta di firme in calce al referendum per l’eutanasia ‘legale’. In questo caso, peraltro, il motore è solo una piccola, ma agguerrita associazione, la “Luca Coscioni”, appoggiato da diversi parlamentari, ma solo a titolo personale. Il referendum, solo grazie al passa parola, viaggia già verso il milione di firme, di cui 300 mila ‘digitali’, grazie a un emendamento inserito ‘di straforo’ nel dl Semplificazioni dal deputato di +Europa, Riccardo Magi (un ex radicale, ovviamente…) che permette, se dotati di Spid e firma digitale, di mettere la firma pure ‘da casa’.

referendum cannabis

Ieri, il lancio ufficiale della campagna per un nuovo quesito referendario, stavolta per la cannabis. La raccolta firme per un referendum (e fa tre…) sulla depenalizzazione dell’uso della cannabis è iniziata solo ieri e così pure la corsa per raccogliere le 500 mila firme necessarie, ma il quesito è già stato depositato presso la Corte di Cassazione: punta a intervenire sul piano della rilevanza penale come su quello delle sanzioni amministrative. A proporlo è un gruppo di esperti, giuristi e militanti coordinati dalle Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Antigone, Società della Ragione. Alla proposta hanno preso parte anche rappresentanti dei partiti di +Europa, “Possibile”, Sinistra Italiana e, ovviamente, dei Radicali italiani.

Italia viva renzi

Per non dire di Matteo Renzi che annuncia, “presto” (ma in questo caso la raccolta firme ancora non è partita) una raccolta di firme (e fa quattro) per abrogare il ‘famigerato’ reddito di cittadinanza. Insomma, un profluvio di referendum, come se piovessero, e milioni di italiani che rispondono sì e corrono a firmare ai banchetti o in via telematica.

La moda dei referendum che ormai si era essiccata…

Pannella contro il divorzio

I Radicali negli anni Settanta a favore del divorzio e dell’aborto

Certo, è pur vero che, in Italia, almeno una volta, andava di moda la ‘referendite’. Da quando la legge istitutiva del referendum abrogativo (quello costituzionale, che pure c’è, è stato usato quattro volte) venne, finalmente, applicata (soltanto nel 1970, pur se già prevista dalla Costituzione del… 1948) ci fu, nel Paese, una vera e propria ‘passione’ per i referendum. Quelli storici per il divorzio (1974) e l’aborto (1981), promossi sempre dal Partito radicale dell’allora suo leader, Marco Pannella, e vinti a dispetto della maggioranza filo-Dc e, anche, di un Pci assai scettico, sullo strumento e sui temi, passando per quello sul nucleare (1987), fino a quelli elettorali avanzati da Mariotto Segni che, nel 1991 (abolizione della preferenza unica) e nel 1992 (introduzione, di fatto, del sistema elettorale maggioritario), infersero un colpo di magno definitivo all’allora già agonizzante Prima Repubblica.
Al netto di alcuni clamorosi insuccessi (caccia nel 1990, giustizia nel 1997, altri elettorali nel 1999, etc.), cioè di mancato raggiungimento del quorum (il 50,1% degli elettori) funzionavano sempre. Ma, ad oggi, sono passati più di dieci anni dall’ultimo referendum che ottenne il quorum (quello sull’acqua pubblica nel 2011) e, nel frattempo, le campagne referendarie, ormai, godevano di pessima salute. Insomma, sembrava che gli italiani si fossero stancati di firmarli e votarli. E, invece, ecco la clamorosa novità dell’estate, e pure la nuova ‘moda’: si chiama ‘referendite’…

m.cartabia

La Ministra Cartabia

Del resto, con un Parlamento sempre in ritardo, e sempre in affanno, sull’eutanasia (c’è il testo base, ma è ancora fermo in commissione), come sulla cannabis (idem: il testo base c’è, finalmente, ma solo in commissione), e ha ‘legiferato’ solo sulla riforma della giustizia a firma Marta Cartabia, la ‘spinta’ popolare e referendaria è quanto di meglio, dal punto di vista politico, per smuovere le acque e ottenere un risultato, anche se a ‘rischio’ quorum e, ovviamente, a rischio di approvazione del relativo quesito. Finirà, magari, che pure sui diritti delle persone Lgbt+, bisognerà ricorrere allo strumento referendario?


Il ddl Zan ‘parce sepulto’, parcheggiato al Senato. La verità è che non ci sono i numeri. Il Pd se n’è accorto

La verità è che non ci sono i numeri

La verità è che non ci sono i numeri

Nb. l’articolo è uscito su “Luce!”, il portale delle “diversità, inclusione e coesione” del gruppo Qn

Il ddl Zan è finito su un binario morto, al Senato

ddl zan voto

DDL ZAN

Tanto tuonò che piovve” dicevano le nostre nonne. Il ddl Zan è finito su un binario morto, praticamente rimandato a ‘data da destinarsi’, ma la verità è che ‘nun jene po’ frega de meno a nessuno” come dice un senatore dem romano.
Niente proclami di Fedez, sull’argomento, niente dichiarazioni infuocate di ‘pasionare’ dei diritti Lgbt+, niente discussioni accese sui social. Niente di niente. E, soprattutto, non una dichiarazione ufficiale una da parte del Pd – come pure di M5s e LeU – che sull’altare del ddl Zan volevano immolarsi, a costo di ‘cercar la bella morte’, in Senato, come pareva fino a luglio.
Il ddl Zan è finito su un binario morto – come “Luce!” aveva pronosticato sin dagli inizi di agosto parlando con diversi senatori democrat – e la cosa non sembra interessare davvero a nessuno. Ma conviene prima capire prima cosa è successo.
Il ddl Zan – quello che, per il Pd, Letta in testa, andava approvato “al più presto” e “così com’è” – non è più una ‘urgenza’, per il Pd, come pure per 5Stelle e LeU. Questa la realtà dei fatti, su cui la destra, ovviamente, salta sopra a pié pari, tra finte domande retoriche (“Ma non era ‘urgente’ per voi?”) e veri e propri sfottò. Che succede? Urge prima ‘decrittare’ quanto è successo martedì nella conferenza dei capigruppo che, ogni settimana, si riunisce per decidere il calendario dei lavori.

paola taverna

Paola Taverna

La nota ufficiale che battono le agenzie – mentre tutte le attenzioni sono concentrate sulla Camera dove ci si accapiglia sul nuovo decreto Covid-Green Pass – è assai ‘formale’, fredda, ‘ufficiale’. La nota recita così: “La conferenza dei capigruppo del Senato ha approvato all’unanimità il calendario dei lavori. Questa settimana si prosegue come previsto con i lavori delle commissioni. Il 14 settembre approderà in aula il decreto Covid-Green Pass, a seguire l’assemblea affronterà le riforme del processo penale e di quello civile, entrambe attualmente all’esame della commissione Giustizia. E’ quanto ha riferito la vicepresidente di turno dell’assemblea, Paola Taverna (M5S)”. E il ddl Zan? Rimandato a miglior sorte, magari più avanti, chissà quando, si vedrà… Dal Pd ‘official’, sia quello del gruppo che del partito, non arriva nessuna reazione. Silenzio di tomba. Il Pd cerca di ‘tenerla bassa’. Intanto, il leader della Lega, Matteo Salvini, piomba in Vaticano per una visita tutta politica con il numero tre della Santa Sede, mons Gallagher, proprio per parlare di difesa della famiglia “tradizionale” e migranti, ricevendo puee il plauso di mons. Parolin, numero due del Vaticano.

Il Pd cerca di ‘tenerla bassa’, la Lega e FI li sfottono

Alessandro Zan

Alessandro Zan

La verità è che – spiega un senatore dem di peso – “è che facciamo slittare lo Zan per la stessa ragione per cui Letta non ha chiesto di concludere la discussione ad agosto… La preoccupazione è sui numeri, e quindi sul risultato finale. Letta non vuole “letture” sullo Zan in campagna elettorale”.
Ecco, i numeri. Proprio Alessandro Zan, padre della legge, nel suo libro, appena uscito, Senza Paura (Mondadori), in cui ha anche rivelato di aver visto, in Grecia, un senatore leghista ‘baciare’ un uomo (Pronta la replica di Salvini:Mi mancavano i parlamentari guardoni…”) – rivela che Matteo Renzi, leader di Iv, lo aveva avvertito, via WhatsApp: “Ale, siete sicuri di avere i voti? Attenti ai voti…”.
Ecco, il problema è sempre quello: i voti, specie quando arriveranno quelli a scrutinio segreto, ‘non’ ci sono e il Pd, ora, finalmente, dopo aver ‘intignato’ per mesi, sullo Zan. lo ha capito. Ergo, meglio soprassedere, buttare la palla in avanti, rimandare l’esame del ddl a – presunti – giorni migliori.

Il centrodestra ‘azzanna’ il Pd per il suo imbarazzo

l Senato – sillaba il capogruppo di FdI, Ignazio La Russatornerà a discutere del ddl Zan per il contrasto dell’omofobia dopo le elezioni amministrative

Ignazio la russa

Il Senato – sillaba il capogruppo di FdI, Ignazio La Russa – tornerà a discutere del ddl Zan per il contrasto dell’omofobia dopo le elezioni amministrative”

Ovviamente, però, a destra, non stanno nella pelle. “Il Senato – sillaba il capogruppo di FdI, Ignazio La Russatornerà a discutere del ddl Zan per il contrasto dell’omofobia dopo le elezioni amministrative. Nessuno della maggioranza ha proposto di proseguire nel programma originario che prevedeva per questa settimana il ddl Zan. Ricordo – aggiunge, e qui il ghigno di La Russa si fa davvero mefistofelico – che ci hanno fatto impazzire, ci hanno fatto portare il provvedimento in Aula prima che fossero conclusi i lavori della commissione e senza relatore per l’urgenza che avevano. Adesso se ne parla dopo le elezioni. Non è escluso – ghigna La Russa – che alla prossima riunione lo chiediamo noi, di inserirlo”. Accusa con sfottò, Nessuna reazione, da parte del Pd, degna di nota.

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Il senatore della Lega Simone Pillon (foto ANSA/FABIO CAMPANA)

Il senatore, ultra-cattolico-tradizionalista, Simone Pillon (sbeffeggiato da Fedez&co. sui social) si prende la sua personale rivincita: “Non si vede neanche l’ombra, del famigerato ddl Zan, che scompare ancora una volta dal calendario del Senato. Dopo aver bloccato il Parlamento per mesi, ol’urgenza non c’è più, esattamente come dicevamo noi, prendendoci accuse di omofobia. Come al solito, due pesi e due misure”. Come dar torto al povero, e tanto bistrattato, povero, senatore Pillon?

La mancanza di numeri ‘certificati’ e la paura di Letta…

Enrico Letta

Enrico Letta

Il ‘problemino’ che ha spinto il Pd – ma anche M5s e LeU – a non chiedere, nella conferenza dei capigruppo del Senato, la calendarizzazione del ddl Zan – tema, peraltro, uscito dalle battaglie ‘identitarie’ del Pd in meno di un’estate come un gelato che si scioglie troppo presto sotto il sole – è presto detto. Sono due, uno politico e uno di tattica parlamentare. Il primo, quello politico, è che Letta non voleva fare ‘brutta figura’, sotto campagna elettorale, vedendosi affossare il ddl, di cui per mesi ha fatto una bandiera, dentro l’Aula perché, banalmente, senza Iv (che vuole riaprire la discussione sul testo), i giallorossi non hanno i numeri per far passare, da soli, il testo in Aula.

L’emendamento ‘killer’ a firma Calderoli contro lo Zan

L’emendamento ‘killer’ a firma Calderoli

L’emendamento ‘killer’ a firma Calderoli

Il secondo, quello di tattica parlamentare, è che – come spiega uno dei senatori ‘lupi’ smaliziati che presidiano l’aula di palazzo Madama per il Pd – “il primo voto sarebbe stato un emendamento preclusivo dell’intero testo del ddl che, se passa, affosserebbe lo Zan”. A tenerselo in canna, l’emendamento ‘preclusivo’ è il solito Roberto Calderoli, mago leghista dei numeri come delle battaglie parlamentari condotte in Aula, anche grazie al suo ruolo di vicepresidente del Senato.

Maurizio Gasparri

Maurizio Gasparri

In pratica, il dispositivo Calderoli chiede di stoppare l’esame e tornare in Aula. “Se passava, lo Zan era morto”, fanno notare dal Pd. Poi, certo, c’è la propaganda di entrambi gli schieramenti, sull’argomento. Maurizio Gasparri (FI) attacca il centrosinistra, dicendo che “sanno che è una norma impopolare, ecco perché l’hanno accantonata”.

Monica Cirinnà

Monica Cirinnà – Senatrice PD

Monica Cirinnà, senatrice Pd in prima linea sui diritti civili, parla di “una decisione saggia”, ma “non legata al merito dei contenuti del ddl ma per due ragioni. Il Senato, in questa fase, è ingolfato, tra le due riforme della giustizia legate ai fondi del Pnrr da chiudere e la sessione di bilancio che inizia, al Senato, il 15 ottobre. Inoltre, l’acuirsi della campagna elettorale, che rende le posizioni ideologiche, finendo per stritolare un testo che si occupa di crimini d’odio contro le persone”. Motivazioni pietose che nascondono cruda realtà.

I candidati dem di Rimini si scambiano i vestiti tra di loro

scambio vestiti

Una foto che ha smosso le coscienze, Edoardo Carminucci e Annamaria Barilari

Uscendo, però, dalle aule parlamentari ci si trova con comportamenti che, nel Pd, sembrano ispirati dalla ‘filosofia’ di chi il ddl Zan lo vuole veder approvato “subito, così com’è” (Letta dixit) come dimostra il caso raccontato, giovedì scorso, sulle cronache di Rimini del Resto del Carlino.
Con una foto che ha smosso le coscienze e che è subito diventata ‘virale’ sui social, Edoardo Carminucci e Annamaria Barilari, entrambi candidati nelle fila del Pddi Rimini a sostegno del candidato sindaco, Jamil Sadegholvaad, ‘parlano’ alla comunità Lgbt+ meglio di qualsiasi ‘tattica’ parlamentare da esperti di regolamento.

Jamil Sadegholvaad

Jamil Sadegholvaad

Nella foto, la Barilari, 49 anni, è vestita con un completo da uomo mentre Carminucci, che ne ha 22, indossa un abito da sera da donna con tanto di tulle. Perché – scrivono i due su Facebook – “i vestiti non hanno genere! Vogliamo andare oltre gli stereotipi di genere! Perché i vestiti, le scarpe, gli accessori sono e rimangono meri oggetti. Cosa è da uomini e cosa da donne? Decidiamolo noi!”.

Marco Tonti

Marco Tonti

Piovono, ovviamente, le critiche, e non solo gli applausi dell’Arcigay – che parla di un’iniziativa dallo “spirito giocoso e giusta dose di provocazione e di una iniziativa importante ed esistenziale per molte persone”, con il presidente Marco Tonti, a sua volta candidato e capolista della lista Rimini Coraggiosa – ai due candidati dem. Due democrat che, almeno loro, al ddl Zan ci credono davvero.

Il Pd non ‘crede’ più alla bontà del ddl Zan “così com’è”?

Alan Ferrari

Alan Ferrari

Il Pd, oggi, invece, ci ‘crede’ assai meno. Del resto, come aveva anticipato a “Luce!” Alan Ferrari, vicepresidente del gruppo dem al Senato, ancora ai primi di agosto, “siamo pronti, per aggirare l’emendamento killer di Calderoli, a presentare un ordine del giorno che chiede all’aula del Senato che chiede di ‘salvare’ i principi generali ispiratori del ddl Zan, ma che, di fatto, chiede anche che torni in commissione…”. Esattamente quello che chiedevano, dal canto loro, Iv e, ovviamente, Lega e FI, e pure da mesi. La verità è che il ddl Zan, di cui si discuterà ‘formalmente’, dopo le elezioni amministrative, quando le Camere subiranno una pausa ‘forzata’, è ‘morto’.
Infatti, il Senato, come la Camera, a partire da metà ottobre inizieranno la ‘sessione di bilancio’, dove si discute solo e esclusivamente della legge Finanziaria, e di nessun altro tema. In pratica, il ddl Zan, per ora, parce sepulto. Non sembra, però, che, al Pd, la cosa dispiaccia più di tanto.