Proporzionale puro, corretto o a la coque? Partiti e leader tornano a discutere di legge elettorale

Proporzionale puro, corretto o a la coque? Partiti e leader tornano a discutere di legge elettorale

21 Ottobre 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Proporzionale puro, corretto o a la coque? Partiti e leader tornano a discutere di legge elettorale. Peones preoccupati solo del rischio di dover ‘tornar a casa’. Le proposte in campo svariano dal proporzionale semi-puro alla pdl del duo Ceccanti&Parrini (proporzionale con premio di maggioranza nel caso di ballottaggio). In più, come funzionano le leggi elettorali precedenti

Proporzionale puro, corretto o a la coque? Partiti e leader tornano a discutere di legge elettorale

Proporzionale puro, corretto o a la coque? Partiti e leader tornano a discutere di legge elettorale

Nb: questo articolo è stato pubblicato, In forma ridotta, sul sito di notizie Tiscalinews.it il 21 ottobre 2021

 

I partiti parlano di legge elettorale come se si votasse domani…

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Matteo Salvini

Il proporzionale è il caos. Noi vogliamo il maggioritario” tuona Matteo Salvini. “Siamo indisponibili a un cambiamento del sistema elettorale in senso proporzionale” recita la secca nota congiunta del vertice a tre Berlusconi-Salvini-Meloni che, dopo mesi, si è tenuto ieri a Roma.Il centrodestra cambierà idea sul maggioritario”, sentenzia il senatore Andrea Marcucci (Pd). “Serve un sistema proporzionale, ma con un correttivo maggioritario” spiegano, con una dotta nota, i riformisti del Pd con il loro Alessandro Alfieri, che poi di ‘Base riformista’ è il portavoce.

Carlo Calenda

Carlo Calenda

Serve un proporzionale pure, ma con soglia di sbarramento alto” ammonisce Carlo Calenda, leader di Azione, reduce dai ‘trionfi’ romani (è arrivato solo terzo, ma per lui è un grande trionfo). “Resterà la legge elettorale che c’è, anche se io sono per un sistema maggioritario”, nota, sconsolato, Enrico Letta, con il Messaggero.Fonti Camera”, batte il ‘barrato’ de La Presse: “allo studio un Rosatellum senza i collegi e con il premio di maggioranza”. Oddio, ‘e che vor dì’?!’.

Enrico Letta

Enrico Letta

Ma che succede? I partiti sono forse impazziti? Perché parlano, come se si dovesse andare a votare domani mattina presto, di legge elettorale? Ma – si chiede l’attonito lettore – non le abbiamo messe alle spalle, le elezioni? E, si chiederà il lettore più avvertito, non è forse vero che le prossime elezioni amministrative sono previste a giugno del 2022 o, al più tardi, a ottobre 2022? E le elezioni politiche non sono fissate, nella loro scadenza ‘naturale’ (della legislatura), alla primavera del 2023, dopo i cinque anni di ‘lavoro’ (si fa per dire) della XVIII legislatura? E l’elezione del Capo dello Stato, che pure si terrà, cascasse il mondo, a fine gennaio del 2022 (il mandato di Sergio Mattarella scade il 3 febbraio), non è, forse, una elezione ‘indiretta’, dove votano solo i ‘Grandi elettori’ (parlamentari, in numero di 945, e delegati regionali, 58)? La risposta, a tutte queste domande, è ovviamente sì.

E allora? Cosa gli ha preso, ai nostri onorevoli che di legge elettorale confabulano nel cortile di palazzo Montecitorio, e pure ai leader di partito? Sono stati forse morsi da improvvisa tarantola? E di che stanno diavolo parlando? Parlano di Legge elettorale, appunto, croce e delizia della Politica.

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“Romanzo giallo”

Ma non ce n’è già una, pienamente funzionante (Sì, c’è, si chiama Rosatellum, ne parleremo dopo). Non si può votare con quella? Perché cambiarla? Tutte domande, ovviamente, più che lecite, ma a cui, per dar loro risposta, bisogna fare, come in ogni romanzo giallo che si rispetti, non uno, ma ben due passi indietro e armarsi di santa pazienza. L’argomento, infatti, è ostico al colto e all’inclìta, quindi bisogna destreggiarsi tra quello che i partiti ‘dicono’ e quello che, in realtà, ‘pensano’.
Per essere chiari, come spiega il costituzionalista e deputato dem, Stefano Ceccanti, a un collega, “i sistemi elettorali sono figli della politica dell’ora e del momento storico. Se la Lega esce dal governo e FI si stacca dal centrodestra, allora avrebbe senso fare una legge proporzionale, seguito e conseguenza di una ‘maggioranza Ursula’. Ma se Salvini resta al governo, è impensabile fargli una legge elettorale contro, anche perché non è scemo, e neppure la Meloni, legge che costringerebbe entrambi a stare e restare all’opposizione anche la prossima volta, cioè nella prossima legislatura. Ergo, serve una legge elettorale ‘mezzo e mezzo’. La politica, prima che arte, è una scienza esatta”.

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Giorgia Meloni

Ma se è vero che tutto dipende dalle convenienze politiche, è anche vero che ogni sistema elettorale produce delle conseguenze importanti, sul sistema politico, cioè vinci o perdi anche ‘grazie’, o a ‘causa’ del sistema elettorale che adotti. E dunque addentriamoci in una materia in sé assai ostica.

Una giornata, quella di ieri, ‘normale’, almeno all’apparenza…

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Lamorgese Luciana

All’apparenza, tra Camera e Senato, ieri è stata una giornata di quelle tranquille, se non del tutto inutili. Lo scontro sulle mozioni e/o ordini del giorno per ‘sciogliere’ Forza Nuova è ormai alle spalle. La contestuale discussione sulle ‘capacità’ del titolare degli Interni, Luciana Lamorgese, pure. Persino le elezioni amministrative, con i loro risultati (“L’Italia è di centrosinistra” gridava, l’altro giorno, con eccesiva enfasi, il quotidiano la Repubblica) più o meno ‘certificati’, lo sono: ha vinto, sì, il Pd e il centrosinistra, ma con delle percentuali di votanti la più bassa della storia repubblicana: il 43,9%. Ha perso, sì, il centrodestra, ma solo nelle grandi città, che le Regioni le governa quasi tutte, e saldamente. Hanno perso, sì, e rovinosamente, i Cinque Stelle, in grandi ambasce e in grande crisi interna, a rischio, tanto per cambiare, di ennesima scissione, manco fossero un partitello trotzkista (“due trotkisti insieme fanno un partito, tre trotzkisti insieme fanno due partiti e una scissione”, diceva un vecchio adagio dei tempi andati, a sinistra).

Governo Draghi

Inoltre, il governo Draghi, ‘lavora’ eccome: vaccini come se piovessero, Green Pass per tutti, manovra economica già scritta, anche se ancora da spedire a Bruxelles, in arrivo, ed ‘espansiva’. Insomma, all’apparenza – al netto delle molte intemperanze dei no-Pass e no-Vax che, come la canzone, si fanno sentire “da Trieste in giù” – sembra davvero che tutto vada per il verso giusto.

I partiti devono lenire le loro tante, e singole, ‘ferite’…

berlusconi salvini meloni

Berlusconi Salvini Meloni

Certo, i partiti devono lenire le loro tante ferite. Specie dentro il centrodestra, si capisce: di guai – tra Salvini e Giorgetti, dentro la Lega, tra la Meloni e i neofascisti, dentro e fuori FdI, tra Berlusconi e la fronda moderata e liberal, dentro FI – ne hanno parecchi e tutti di ardua, e faticosa, soluzione.

Ieri, con un vertice, che si è tenuto nella nuova villa romana di Berlusconi (palazzo Grazioli, ormai, è un lontano ricordo degli ‘anni più belli’), cioè la ex villa del regista Franco Zeffirelli, vertice che è durato due ore, Berlusconi ha accolto Salvini e Meloni e gli ha pure fatto mangiare ‘pere al pesto’.

I ‘tre amigos’, in un “clima di massima collaborazione” (e si capisce, poteva essere altrimenti?), come recita una nota, hanno deciso di tenere uno “schieramento compatto per l’elezione del Capo dello Stato” (pare che Berlusconi ci speri ancora, di andare al Colle…) e hanno detto il loro ‘no’ secco a una legge elettorale di impianto proporzionale, oltre a ribadire che “i prossimi candidati alle elezioni li sceglieremo per tempo e politici” (per la serie: chiudere la stalla coi buoi belli scappati).

congresso del pd

Ma pure il Pd ha il suo bel daffare a cercare di costruire un ‘nuovo Ulivo’ che vada “da Calenda a Conte” (mission impossible, se lo dice da solo, Enrico Letta, che però conta di riuscirvi uguale, auguri!). Per non dire, appunto, del M5s, alle prese con un nuovo organigramma interno che doveva partire mesi fa ma che, riuscendo nella nobile impresa di scontentare troppi, e tutti insieme, non sembra voler partire mai, latita, mentre invece si affastellano le voci di nuove, ulteriori, scissioni.

Spunta, come il sole all’improvviso, il dibattito sulla legge elettorale. Cosa è il Rosatellum, come funziona e come elegge

 

rosatellum

Ma ecco che, appunto, nei ragionamenti di tutti, fa ‘capolino’, nei conversari, la legge elettorale. Ora, qui sì che bisogna fare ‘il punto’ della scena, e pure del retroscena. La legge elettorale attuale, innanzitutto. Si chiama Rosatellum perché, sul finire della XVII legislatura, la fece approvare, a maggioranza (risicata: Lega a favore, M5s contro) il Pd col suo capogruppo, allora Ettore Rosato, che poi ha preso armi e bagagli ed ha seguito Matteo Renzi nella scissione di Italia Viva, di cui è coordinatore nazionale.

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Ettore Rosato

E’ un sistema di base proporzionale, il Rosatellum in realtà, perché i collegi sono plurinominali, su liste bloccate, per il 61% dei seggi che assegna, ‘ma’ – particolare non di poco conto – presenta un 37% di collegi uninominali che vengono assegnati con metodo uninominale, secondo la vecchia ‘legge’ del maggioritario all’inglese (the first past all, il primo prende tutto, e se non vi tornano i conti è perché il 2% dei seggi è la ‘riserva indiana’ degli eletti all’Estero, che esistono solo da noi). Tradotto: chi ha anche solo un voto in più, vince il collegio (esempio recente: l’elezione di Enrico Letta nel collegio di Siena). Checché se ne dica, dunque, il Rosatellum ‘non’ è un maggioritario (lo era il Mattarellum), ma un proporzionale, con correzione maggioritaria, pur se assai robusta.

I guasti causati dalla ‘schifosa’ del taglio dei parlamentari e la paura dei peones di restare tutti ‘tagliati’ fuori al prossimo giro

i problemi sono due e, per metterla in elegante, corrispondono a un ‘combinato disposto’ dagli esiti prevedibili e deflagranti

I problemi sono due e, per metterla in elegante, corrispondono a un ‘combinato disposto’ dagli esiti prevedibili e deflagranti

Ora, i problemi sono due e, per metterla in elegante, corrispondono a un ‘combinato disposto’, come si usa dire, dagli esiti prevedibili e, in sé, deflagranti. Il primo problema è assai palese. Con il taglio del numero dei parlamentari (la cd. Riforma Fraccaro, che andràa regime la prossima legislatura) – una riforma insensata, voluta dai 5Stelle ma votata, in modo unanime e ‘pecorone’ da tutti gli altri partiti, la quale riduce il numero dei parlamentari, ma senza toccare e differenziare le funzioni delle due Camere – il numero dei posti cui si può concorrere sarà drasticamente ridotto. Infatti, si passerà da 945 parlamentari (630 deputati e 315 senatori, gli altri cinque, o sei, sono senatori a vita: fa 321) a soli 600 (400 deputati e 200 senatori). Un taglio netto, di quelli che, in economia, si dice ‘lineare’ e, in brocardo, ex abrupto. Insomma, saranno troppi i ‘tagliati’ o sommersi e troppo pochi i ‘salvati’.

Il secondo problema è consustanziale al primo. I collegi, specie quelli uninominali, già grandi, e specie quelli del Senato, già grandi di loro, diventano enormi, eccessivi, di fatto ingestibili. Nelle regioni medie e piccole, in pratica, uno – al massimo due – senatori eletti si troveranno a ‘rappresentare’ un’intera regione. E gli sconfitti? E le minoranze? Di fatto, finiscono tutti kaputt.

Morale, i peones – che, quando i big e i leader decidono contano poco, ma quando si vota in aula (per eleggere il Capo dello Stato o per scrivere una legge elettorale, entrambi voti che avvengono a scrutinio segreto e non palese) – più che malmostosi, come già sono, di default, sono già andati su tutte le furie: pensano al loro futuro. Degli attuali 945 parlamentari rischiano di tornare in assai pochi. Una sorta di suicidio di massa, quello che li aspetta, o una carica della cavalleria leggera polacca contro i panzer tedeschi hitleriani, ecco.

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M5S

Infatti, se si considera che 1) urge far spazio ai ‘nuovi’ di ogni partito (Letta ai suoi, Salvini e Meloni idem, Conte manco a dirlo): 2) alcuni partiti (vedi alla voce: M5s) oggi al 30% e rotti, sono quotati intorno al 10%, se va bene, o meno; 3) i partiti piccoli rischiano di non avere alcuna rappresentanza, dato il ‘ritaglio’ dei collegi in base alla legge elettorale esistente e, appunto, dato il taglio del numero dei parlamentari, bene ecco che i peones, e molti partiti, fremono, si agitano, si indignano, tremano, protestano e un po’ frignano perché rischiano di ‘tornare’ in pochi, pochissimi, a prendersi i loro lauti stipendi e i loro agevoli benefit e la cosa, ovviamente, non fa piacere a nessuno di loro.

I più o meno recenti tentativi di cambiare la legge elettorale: dal Brescellum di Brescia alla proposta del duo Ceccanti&Parrini

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Giuseppe Brescia, ed il Brescellum

Pensa che ti ripensa, durante il governo Conte II, gli ex alleati giallorossi (Pd-M5s-LeU-Iv) tirano fuori dal cilindro una bella idea, cioè un vero e proprio ritorno all’antico: il grido di battaglia diventa “torniamo al proporzionale!”. La proposta la studia, e la scrive, il presidente della Prima commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia (M5s), ecco perché si chiama, volgarmente, Brescellum, o anche Tedeschellum (ricorda da vicino il sistema in uso in Germania).

E’ un sistema, nei fatti, semplice: un proporzionale puro, con sbarramento nazionale fissato al 5%, niente coalizioni, per governare ci si accorda solo dopo, in Parlamento. Poi, collegi plurinominali, a liste bloccate o le preferenze (non era, ciò, chiaro). Ma dato che il Diavolo fa, notoriamente, solo le pentole e non i coperchi, Iv di Renzi – sempre lui – si mette in mezzo e impedisce che il Brescellum esca dai cassetti della I commissione, dove giace, parce sepulto. Renzi rilancia per il maggioritario, ma in realtà non vuole lo sbarramento al 5%, bensì al 3% perché il suo partito vale il 2%, circa.

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Il professore e deputato del Pd Stefano Ceccanti

Morale, non se ne fece più nulla. Nel frattempo, il Conte II cade (per precisa volontà di Renzi), arriva Draghi, che però se ne lava subito le mani, dicendo che “di legge elettorale si occupa il Parlamento, non il governo” (cosa anche nobile, di suo, anche perché quando il governo Renzi ci ‘pensò’ lui fu un disastro) e tutto si ferma. Ora, però, il dibattito, come il sole all’improvviso, si rianima e accende.

Due parlamentari del Pd, il costituzionalista dem Stefano Ceccanti, deputato, e il senatore Dario Parrini, presidente della I commissione del Senato (l’omologo di Brescia, in pratica), pensano, scrivono e hanno intenzione, presto, di presentare una proposta di legge che, ancora, non ha un nome (Parrinellum? Ceccantellum? Si vedrà in futuro, se mai sara formalizzata e se mai passerà), in quanto non ancora formalizzata, ma che disegna un sistema elettorale raffinato, quanto complicato.

Dario Parrini

Dario Parrini

Di base, siamo sempre nel ‘regno’ dei sistemi proporzionali. I collegi sono ritagliati su quelli del Provincellum (non ci addentriamo nella descrizione tecnica, sennò al lettore viene il mal di testa, comunque sono collegi di base provinciale e di metodo proporzionale) e i parlamentari vengono eletti sulla base di collegi uninominali proporzionali (cioè di liste presentate dai vari partiti o liste singolarmente e senza alleanze). Il sistema quindi rappresenterebbe una sorta di “terza via” tra le attuali liste bloccate e le vecchie preferenze. Ovviamente il tutto, cioè gli eletti, sarebbero ottenuti con metodo proporzionale e una soglia di sbarramento fissata al 3% ma ‘implicita’, cioè nascosta, mentre nel sistema del Rosatellum lo sbarramento al 3% (e al 10% le coalizioni) è fissato per legge.

Il premio di maggioranza, ‘barbatrucco’ del duo Ceccanti&Parrini

Il ‘barbatrucco’ del sistema Ceccanti&Parrini

Il ‘barbatrucco’ del sistema Ceccanti&Parrini

‘Ma’ c’è un ‘ma’, una sorta di ‘barbatrucco’. Il sistema ideato da Parrini&Ceccanti prevede un doppio turno, e dunque un eventuale ballottaggio, tra le prime due liste, o coalizioni di liste, più votate, ove nessuna raggiunga il 50,1% dei voti al primo turno, come cioè già è, oggi, nel sistema dei sindaci.

Il ‘premio’ che viene assegnato al secondo turno, però, non permette, per legge, alla lista/coalizione vincente di superare il 55% dei seggi. Perché? Perché, con il Rosatellum, per dire, la coalizione che vincesse tutti, o quasi, i collegi uninominali, avrebbe, di default, o di risulta, ben più del 55% dei seggi, cioè del Parlamento. Il che, in soldoni, vuol dire che potrebbe pure, volendo, cambiare la Costituzione. Metti che, per dire, il centrodestra vince: magari vieta l’aborto, come in Texas, o abolisce i diritti agli immigrati residenti, o blocca il Mediterraneo con le navi da guerra o – Dio non voglia – decide di uscire dall’Euro o dalla Ue (in realtà, per farlo, ci vorrebbe un referendum…). Soprattutto, però, una maggioranza può cambiarsi la Costituzione a piacimento, cioè a colpi di maggioranza, magari introducendo il sistema semi-presidenzialismo o altre amenità del genere.

alessandro alfieri

Alessandro Alfieri

Evitarlo è, in buona sostanza, lo ‘spirito’ della pdl – non depositata – dal duo Ceccanti&Parrini, i quali, però, ‘non’ hanno ricevuto l’imprimatur di Letta. Il leader del Pd si limita a dire che “io vorrei un sistema maggioritario, ma temo ci terremo il Rosatellum”. Solo che, giusto per intorbidare le acque, quelli di Br (Base riformista, la corrente di Lotti&Guerini, cui appartengono anche Ceccanti&Parrini, e che raccoglie gli ex renziani rimasti nel Pd), con il loro portavoce, il senatore Alessandro Alfieri, parlano al centrodestra in modo un po’ inesatto o, meglio, con lingua biforcuta. Infatti, Alfieri propone “un sistema elettorale proporzionale che può aiutare a definire meglio l’identità del Pd ed insieme a favorire evoluzioni nel centrodestra per come l’abbiamo conosciuto in questi anni”.

Certo, poi Alfieri dice anche che “Il proporzionale può essere declinato in molti modi, comprendendo anche correttivi maggioritari. Credo che sarebbe un sistema gradito anche ai nostri alleati” (il ‘nuovo Ulivo’ di Letta), ma la proposta, messa giù così, è decisamente ‘irricevibile’ per la destra. Infatti, Salvini – prima ancora della Meloni – fiuta il ‘trappolone’ e scatta subito su a dire che “il proporzionale è il caos, non lo accetteremo mai”. Morale, fine dei giochi, almeno per ora.

Andrea Marcucci

Andrea Marcucci

E ahi voglia, l’ex capogruppo dem, Andrea Marcucci, a dire che “Un accordo istituzionale su un proporzionale alla ‘tedesca’ è una soluzione ragionevole per tutti i partiti” (il senatore dem Luigi Zanda peraltro, la pensa allo stesso modo). Con il proporzionale, banalmente, il centrodestra non esiste più, scatta il ‘tana libera tutti’, nasce un ‘nuovo Grande Centro’, a metà strada tra Iv-Az di Calenda (il quale, non a caso, quello chiede, un proporzionale, pur se con sbarramento ‘alto’…) –+Europa di Bonino-Coraggio Italia di Toti e chi più ne ha ne metta (magari pure i moderati di FI, sempre più a malpartito, dentro il centrodestra). Così, di fatto, i poli e le coalizioni attuali – centrodestra e centrosinistra – andrebbero in frantumi. Ergo, su queste basi, non se ne farà nulla.

Ma la proposta Ceccanti&Parrini, con il suo proporzionale di base, ma con in più il premio di maggioranza a ‘incentivare’ i poli e le coalizioni a stare insieme, per il ballottaggio, è, appunto, ben altra cosa. E dunque, che succederà? Troppo presto, per dirlo. Una cosa è certa, garantita al limone: di solito, di leggi elettorali, si parla a ‘fine’ legislatura, e non in corso d’opera. Se se ne parla già ora, nel 2021, è perché più d’uno inizia a pensare che, nel 2022, si potrebbe anche andare a votare. Ma, stabilito che i tacchini (alias i parlamentari) non amano festeggiare mai il Natale, anche questo potrebbe succedere, a forza di discutere e discettare di leggi elettorali, andare al voto anticipato…

Quali erano e come funzionavano le leggi prima del Rosatellum?

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Il Capo dello Stato Mattarella

Il – presunto – ritorno al proporzionale, puro o semi-puro, riporta, in ogni caso, come disseppellito, un sistema che credevamo, appunto, morto e sepolto. Sì, proprio quello, tanto vituperato, della Prima Repubblica (un proporzionale puro con sbarramento, implicito, che stava sull’1% circa).

Peccato che l’onda anomala dei referendum Segni del 1992-1993, poi recepiti dalla legge ‘Mattarella’ (no, non è un caso di omonimia: è proprio lui, l’attuale capo dello Stato, ai tempi capogruppo del PPI, che scrisse, materialmente, la legge elettorale in vigore dal 1994 fino al 2005) lo spazzò via, il proporzionale, per introdurre il Mattarellum, un maggioritario ‘vero’ (75% di collegi uninominali e 25% di recupero proporzionale, con ‘scorporo’). Al Mattarellum, con cui si votò dal 1994 in poi, nel 2005 seguì una nuova legge elettorale, il Calderolum (dall’allora capogruppo della Lega, Calderoli), meglio noto, alla pubblica opinione, come Porcellum (tutti i nomi di tutte le leggi elettorali della II Repubblica li ha ‘inventati’ il politologo Giovanni Sartori, che poi li criticava tutti).

il politologo Giovanni Sartori

il politologo Giovanni Sartori

Un altro sistema di base proporzionale, il tanto vituperato Porcellum, ma che, grazie a un premio di maggioranza abnorme, assegnava, alla prima coalizione vincente, il 55% dei seggi, quindi un premio che garantiva, in teoria, governi stabili, senza soglie di sbarramento di sorta, per il premio (la legge aveva anche le liste bloccate e, come ricorda il professor Arturo Parisi, “fu voluta dall’Udc di Follini per eliminare i collegi uninominali, liberando così il suo partito dall’abbraccio con il Pdl e per ridimensionare il nostro imminente successo” quello dell’Unione di Prodi alle Politiche del 2006). Legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta, nel 2015, ma con la quale si è votato ben tre volte.

Matteo Renzi appoggerà Letta

Matteo Renzi

Segue l’Italicum, by Matteo Renzi, unico caso (al Mondo) di legge elettorale non solo mai adottata, ma dichiarata incostituzionale prima dell’uso, record ineguagliato e ineguagliabile, dalla Consulta.
Segue, appunto, nel 2017, giusto in tempo per votare nel 2018 (in Italia si può fare di tutto, volendo, ma restare senza una legge elettorale valida e operativa, no, proprio non si può), il Rosatellum. La legge elettorale che, oggi, nei conversari di Palazzo, tutti dicono che ‘così com’è non va bene’, ma che rischia di essere, una volta ancora, nel 2022 o 2023, il sistema elettorale con cui si voterà…