Colle ‘for dummies’… Chi sono i ‘Grandi Elettori’, come votano e come si voterà per eleggere il prossimo Capo dello Stato

Colle ‘for dummies’… Chi sono i ‘Grandi Elettori’, come votano e come si voterà per eleggere il prossimo Capo dello Stato

6 Dicembre 2021 2 Di Ettore Maria Colombo

Colle ‘for dummies’… Chi sono i ‘Grandi Elettori’, come si voterà per eleggere il prossimo Capo dello Stato

for dummies

Nb: questo articolo è stato pubblicato, in forma più succinta, sul sito di notizie Tiscalinews.it

 

I ‘Grandi elettori’: alcuni precedenti tra Storia e memoria

Nel Medioevo e nella prima età moderna , sette, e poi nove, principi imperiali appartenevano al collegio elettorale . Ad ogni elettore era assegnato uno degli uffici imperiali . Il collegio originale comprendeva: tre principi-vescovi spirituali

Nel Medioevo e nella prima età moderna , sette, e poi nove, principi imperiali appartenevano al collegio elettorale . Ad ogni elettore era assegnato uno degli uffici imperiali .

Già il nome, Grandi Elettori, è singolare, arcaico, ricorda fasti di un passato medioevale. Viene dai ‘Kurfursten’ che si riunivano per eleggere l’Imperatore del Sacro romano Impero, che si fregiava del titolo di ‘re dei Romani’ (si sentiva in continuità con l’Impero romano), con una ‘costituzione’, cioè un regolamento elettorale, che fu stabilita nel 1356 per nominare, all’epoca, Massimiliano I d’Asburgo.

Massimiliano I d’Asburgo

Massimiliano I d’Asburgo

Ma il nome, ‘Grandi Elettori’, in epoca contemporanea, è diventato familiare al grande pubblico grazie alla procedura (a sua volta assai complessa) che la Costituzione degli Stati Uniti d’America prevede per eleggere, ogni quattro anni, il proprio Presidente.

Distretto di Columbia

Distretto di Columbia

Sono chiamati grandi elettori (electors in inglese) i delegati che compongono il collegio elettorale che elegge Presidente e Vicepresidente degli Usa. Siamo, dunque, in un regime presidenziale, ma anche nell’ambito di un’elezione indiretta, nel senso che il popolo americano vota, con un sistema maggioritario classico, o puro, ma non elegge direttamente il ticket presidenziale. Essi sono eletti su base statale: il loro numero è 538, pari alla somma dei senatori (100, due per ogni Stato), dei deputati (435, proporzionalmente al numero di abitanti residenti in ciascuno Stato) e dei 3 rappresentanti del Distretto di Columbia in cui si trova la capitale federale, Washington.

XXIII emendamento della Costituzione degli Usa

XXIII emendamento della Costituzione degli Usa

Questo perché il XXIII emendamento della Costituzione degli Usa prevede che il loro numero sia uguale a quello che spetterebbe se fosse uno Stato, ma comunque non superiore a quello degli elettori designati dallo Stato meno popoloso. Il District of Columbia, infatti, non fa parte di nessuno Stato della Confederazione poiché i ‘padri fondatori’ vollero evitare che uno qualunque dei 13 Stati che, inizialmente, si federarono potesse essere in un qualche modo avvantaggiato per il fatto di avere sul proprio territorio la capitale federale. Per lo stesso motivo i residenti di Columbia non eleggono alcun membro al Senato e a Camera dei rappresentanti. Per diventare presidente degli Usa, dunque, serve ottenere la maggioranza assoluta non dei voti popolari, ma dei voti dei grandi elettori, ossia 270. Insomma, essere eletti dalla maggioranza dei cittadini è condizione iniziale, ma non sufficiente, tanto che sono stati eletti presidenti degli Usa dei candidati che avevano meno voti popolari del loro competitor, ma ottenevano più ‘Grandi elettori’…
Insomma, siamo nel regno degli arcana imperi, con i Grandi elettori, e anche la procedura di elezione, tornando all’Italia, è assai barocca.

“Quirinale”. Come si arriva al ‘magic number’ di 1009…

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I corazzieri a cavallo al Quirinale

Il ‘magic number’, ogni volta variabile, per eleggere il Capo dello Stato della Repubblica Italiana è fissato stavolta a 1009 Grandi elettori.
Non votano ‘soltanto’ i 945 parlamentari eletti e in carica (630 deputati e 315 senatori), cioè eletti dal popolo alle elezioni politiche (in questo caso, dato che siamo nella XVIII legislatura, si tratta del risultato delle Politiche del 2018) cui già vanno aggiunti, di diritto, i sei senatori a vita.

Sergio Mattarella capo dello stato

Sergio Mattarella Capo dello Stato

Un numero, quest’ultimo, variabile di suo: infatti, ogni Capo dello Stato può eleggere fino a cinque, e non oltre, senatori a vita (e tanti ne sono oggi: Segre, Cattaneo, Piano, Rubbia e Mario Monti), ma ogni Capo dello Stato uscente, diventando ‘emerito’, diventa lui stesso senatori a vita. Con Giorgio Napolitano, unico Presidente della Repubblica ancora vivente, il numero sale a sei, ma è evidente che, appena Mattarella lascerà il suo incarico, lo diventerà a sua volta, ‘emerito’, e dunque il numero dei senatori a vita sarà di sette.

Napolitano

Giorgio Napolitano

Il conto, parziale, già fa 951 membri, che poi corrisponde al plenum del Parlamento quando e se si riunisce nei (rari) casi di “seduta comune”.
Ma a questi 951 parlamentari, tra elettivi e a vita, vanno però aggiunti anche 58 delegati regionali. Una procedura di elezione ‘rafforzata’, voluta dai nostri padri costituenti– e lasciamo perdere che le Regioni a Statuto ordinario diventarono effettive sono a partire dal 1970, quindi fino ad allora i ‘Grandi elettori’ furono i parlamentari, i senatori a vita e i delegati delle uniche due Regioni a Statuto speciale riconosciute già dal 1948, Sicilia e Sardegna – e inserita all’articolo 83 della Costituzione. Articolo che recita così: ogni regione esprime tre delegati, scelti dai consigli regionali, tranne la Valle d’Aosta che ne esprime uno solo. Il totale, se la matematica non è un’opinione – ma scopriremo, tra poco, che, invece, una ‘opinione’ lo è eccome – fa 1009.
Tanti dovrebbero essere i Grandi elettori che, a metà gennaio (e anche la data di convocazione segue una procedura complessa, di cui parleremo dopo), eleggeranno il nuovo Capo dello Stato.

La ‘ideona’ lanciata dal governatore Stefano Bonaccini: promuovere ‘grandi elettori’ anche alcuni sindaci

La 'ideona' lanciata dal governatore Stefano Bonaccini

La ‘ideona’ lanciata dal governatore Stefano Bonaccini

Ma già sui delegati regionali siamo di fronte alla prima novità ‘spettinata’ e figlia dei tempi nuovi. Di solito i consigli regionali mandano, a farsi un ‘viaggetto’ nella Capitale e a scorrazzare per il Transatlantico di Montecitorio (il Parlamento in seduta comune si riunisce solo e sempre alla Camera, ben più grande, e mai al Senato e inoltre, per tutte le procedure da seguire, fa fede, come vedremo dopo, il Regolamento della Camera), il presidente della Giunta (detto, sbagliando, Governatore), il presidente del Consiglio regionale, che è sempre espressione della maggioranza che regge il governo regionale, e un consigliere regionale che viene scelto, di solito, per buona creanza, nelle fila dell’opposizione. La proporzione ‘politica’, cioè, è sempre di 2 a 1, tanto che, per la prossima elezione del Capo dello Stato, i conti, pur a tavolino (le votazioni, nelle varie Regioni, sono in corso in questi giorni), sono già state fatte e lo score recita: 32 delegati regionali per il centrodestra, 24 delegati per il centrosinistra e due ‘centristi’ e/o di liste civiche, per un totale, appunto, di 58 delegati regionali.

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Il presidente dell’Anci, e sindaco di Bari, Antonio Decaro

Ma il governatore ‘rosso’ dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, raccogliendo il ‘grido di dolore’ del presidente dell’Anci, Antonio Decaro, del presidente di Ali (la Lega delle Autonomie), e sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, e di altri sindaci di città importanti (Nardella di Firenze, Gori di Bergamo, tutti del Pd, cioè), ha fatto un gesto cavalleresco che nasconde una precisa proposta politica (far contare di più i sindaci in generale e, in particolare, dentro il Pd): “cederò il mio posto al sindaco (nel caso di Bonaccini vuole cederlo al sindaco di Bologna, il neo eletto Matteo Lepore, pure lui del Pd, ndr.), le altre regioni seguano il mio esempio, anche i sindaci devono eleggere il Capo dello Stato”.

Isabella Conti

Isabella Conti

Ora, al di là delle buone intenzioni – delle quali, come si sa, è lastricata la strada per l’Inferno – e al netto del fatto che Bonaccini avrebbe potuto proporre un sindaco ‘minore’ (per dire, perché non il sindaco di San Lazzaro, Isabella Conti, che è pure una donna? Ci faceva più bella figura), i consigli regionali votano a scrutinio segreto chi mandare a Roma: potrebbero, cioè, non essere in nulla o in parte d’accordo con Bonaccini e, con due preferenze in mano, eleggersi chi vogliono, tra i loro colleghi, e dunque fare di testa loro…

Il Transatlantico, con 1009 (più altri cento) ‘cristiani’ sarà pieno come un uovo o la metrò di Roma di mattina presto…

Il Transatlantico, con 1009 (più altri cento) 'cristiani' sarà pieno come un uovo o la metrò di Roma di mattina presto

Il Transatlantico, con 1009 (più altri cento) ‘cristiani’ sarà pieno come un uovo o la metrò di Roma di mattina presto

Ma superiamo, in qualche modo, tale problema, e cioè scoprire se davvero un sindaco entrerà nel novero dei Grandi Elettori (a naso, il beau geste, se lo farà, lo farà solo Bonaccini, rinunciando al posto che pure gli spetta di diritto) e si farà una bella ‘passeggiatina’ nel pieno del Transatlantico della Camera dei Deputati, da poche settimane riaperto al suo uso abituale, comprensivo della mitica Buvette e altri piaceri.

siamo pur sempre in epoca Covid

Siamo pur sempre in epoca Covid

Transatlantico che, con 1009 ‘cristiani’ in giro (più i commessi, più i funzionari, più i giornalisti, i cineoperatori, i fotografi, e pure più gli ex parlamentari: diciamo un centinaio di persone) sarà pieno come un uovo o come la più – e disastrata, una suburra – metropolitana della periferia di Roma di mattina, all’ora di punta, il che – dato che siamo pur sempre in epoca Covid – rappresenterà un bel problema, per chi dovrà, cioè il presidente Fico e i suoi alti funzionari, ‘dirigere il traffico’, in quelle fatidiche giornate. E qui, sia detto per inciso, i giornalisti, che ci rimettono sempre, già temono ‘contingentamenti’ che andranno a loro unico, e solo, scapito e dolo.

Fico è già corso ai ripari

Fico è già corso ai ripari

In ogni caso, Fico è già corso ai ripari. Infatti, di solito, per consolidata e storica tradizione, si tengono sempre due votazioni al giorno, quando si elegge il nuovo Capo dello Stato. Per l’occasione che avanza, invece, di votazioni, al giorno, ce ne sarà una e solo una. Bisognerà, nel frattempo, ‘sanificare’ l’aula, oltre che rispettare, ovviamente, tutte le norme anti-Covid che la Camera ha già preso (Green Pass e, presto, Super Green Pass, per poter accedere, mascherine, igiene delle mani, etc etc etc). Resta che, però, il Transatlantico e il cortile d’onore – l’unico luogo dove ancora è possibile fumare (parlamentari e giornalisti, si sa, fumano molto…) ma anche dove vengono approntate, a ogni elezione, le postazioni radio e tv delle testate accreditate (che sono e saranno tante, as usual) saranno come via del Corso durante lo shopping di Natale: una bolgia infernale di sapore dantesco.

Ma sono ‘davvero’ 1009 i Grandi elettori? No, ma stanno per diventarlo. I seggi ‘vacanti’ e la lotta per quello di Roma 1

Ma sono ‘davvero’ 1009 i Grandi elettori?

Ma sono ‘davvero’ 1009 i Grandi elettori?

Inoltre, resta intatto il problema dei numeri. Sono davvero 1009, i Grandi elettori, nel loro perfetto plenum (l’endiadi il quorum del plenum sembra uno scioglilingua, ma è solo latinorum)?
No o, almeno, non in data odierna. Fino a ieri, infatti, i Grandi Elettori erano soltanto 1007. Ne mancavano, cioè, due, ma per ragioni diverse.

Roberto Gualtieri, diventato a metà ottobre sindaco di Roma

Roberto Gualtieri, diventato a metà ottobre sindaco di Roma

Alla Camera, manca il plenum (630 deputati, quindi oggi il fixing è fermo a 629 deputati) perché un seggio è vacante. Trattasi di quello di Roberto Gualtieri, diventato a metà ottobre sindaco di Roma, e per di più di un seggio uninominale, quello di Roma 1, mitica zona ‘delle ztl’ e, per ciò stesso, ‘regno’ di messe di voti per il Pd, che, come si sa, è ormai da tempo il partito delle ztl. Ergo, tocca rivotare, perché così prescrive la legge elettorale vigente, meglio nota come Rosatellum (da Ettore Rosato, presidente di Iv), quando un deputato, o un senatore, eletto in un collegio uninominale decade (come nel caso di Gualtieri) perché incompatibile, o si dimette di sua volontà (fu il caso di un M5s…) o muore.

Enrico Gasbarra

Enrico Gasbarra

La data, scelta con oculatezza, per completare il plenum del Senato e rimpiazzare il seggio vacante è il 16 gennaio, così ha deciso Montecitorio, cioè giusto in tempo per aprire il Ballo del Quirinale. Peraltro, si affastellano già i candidati, per conquistarsi un ‘posto al sole’, a Roma 1: il dem Enrico Gasbarra (diccì e poi popolare di lungo corso, ex eurodeputato, ora rifluito nel privato, ma anche uno che i voti li ha, se vuole, e tanti, ma in ogni caso i potenti ras romani vogliono lui) o la presidente delle donne dem, Cecilia D’Elia (e Letta quella vorrebbe eleggere, una donna), o Nicola Zingaretti, attuale governatore del Lazio.

Cecilia D'Elia

Cecilia D’Elia

L’alternativa sarebbe candidare Giuseppe Conte. Giusto per fargli provare l’ebbrezza di partecipare al Gran ballo del Colle, al neopresidente del Movimento, che – sempre più ammaccato, il Movimento e pure lo stesso Conte – ancora guida. E anche perché Conte, altrimenti, rischia concretamente di risultare il solo leader politico ‘nazionale’ fuori dalla porta, quando si tratterà di eleggere il Capo di Stato. Infatti, Meloni, Salvini, Renzi, etc. lo sono, parlamentari, ed Enrico Letta lo è diventato, anche se da poco, grazie all’elezione nel collegio Camera di Siena (manca, all’appello, Silvio Berlusconi, e pure Antonio Tajani, ma il Cavaliere, come si sa, fa da sé e fa per tre…).

conte giuseppe 1

Giuseppe Conte

Sempre che, però, che si chiuda davvero, in casa dem-5s, l’accordo, e si trovi un nome comune, di Conte o di altri, anche perché ‘pare brutto’ andare divisi, a Roma 1,mentre pochi giorni dopo bisognerà eleggere, si presuppone ‘insieme’, tra Pd e M5s, il successore di Sergio Mattarella.

la ex sindaca di Roma, Virginia Raggi

La ex sindaca di Roma, Virginia Raggi

E sempre che, però, la ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, non si metta di traverso, candidandosi a sua volta o in ogni caso rifiutando, nella ‘sua’ Roma, accordi col Pd, pure su Conte.

Paolo Saviane

Paolo Saviane

Ma tornando alla questione principale, quella del plenum, anche al Senato mancava un seggio, quello di Paolo Saviane, senatore leghista eletto in Veneto, ma nel listino proporzionale (liste bloccate) e deceduto a luglio: i senatori eletti, dunque, erano, fino all’altro ieri, 314 e non 315.

Clotilde Miniasi

Clotilde Miniasi

Il Senato, però, nei giorni scorsi, ha provveduto a rimpiazzarlo, il povero Saviane, ma il suo posto lo prenderà Clotilde Miniasi, prima eletta della Lega sì, ma non in Veneto, bensì in… Calabria perché, in Veneto, la Lega aveva esaurito i nomi degli eletti, nel senso che aveva già fatto il pieno. Il che ha provocato dure polemiche tra la Lega, che chiedeva, ed ha ottenuto, quel seggio per sé, e FdI che reclamava, a sua volta, quel seggio a sé. La questione, di lana caprina, ma consustanziale sempre alla legge elettorale vigente, era se dovesse essere rispettato il principio dell’appartenenza al partito di elezione (la Lega) o alla regione di elezione (il Veneto).

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Palazzo Madama

Alla fine, l’aula del Senato ha votato e il seggio lo ha vinto la Lega. E così la Miniasi si farà il suo scorcio di legislatura, con stipendio incorporato, tra i severi busti di palazzo Madama, realizzando un piccolo sogno personale, mentre la Lega avrà un senatore in più (di questi tempi, tutto fa brodo, in vista del Colle e in generale). D’altronde, questi sono i ‘bachi’ della legge elettorale attuale, il Rosatellum, ma chi non li ha, tra le leggi elettorali che si son via via succedute?

I due quorum utili e necessari per eleggere un Presidente e il ‘come si vota’, in concreto, un Presidente della Repubblica

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Ma perché il numero dei Grandi elettori – che, dunque, da 1007, come era fino all’altro ieri, entro il 16 gennaio sarà ristabilito a 1009 – è così importante? Perché serve a stabilire il quorum. Quorum che sempre la Costituzione prescrive così: il Capo dello Stato necessita, per essere eletto, di una maggioranza qualificata dei 2/3 nei primi tre scrutini e di una maggioranza assoluta (50+1 dei voti) dal IV scrutinio in poi. Tradotto in numeri, con il plenum fissato a 1009, l’asticella da superare dice questo: servono 673 voti (e sono tanti) nei primi tre scrutini e 506 dal quarto in poi (e comunque resta un bel numero).
Questi i numeri, e le ‘asticelle’, che i tanti pretendenti al ‘trono’ (Draghi, Berlusconi, Casini, Amato, Cartabia, o altri) dovrà, necessariamente, superare se vuole andare ad ‘abitare’ al Quirinale.

nel caso dell’elezione per il Quirinale – si vota in modo segreto

Nel caso dell’elezione per il Quirinale – si vota in modo segreto

E qui entrano ed entreranno sicuramente in gioco i famosi ‘franchi tiratori’, bau bau di ogni elezione per il Colle che si rispetti, oltre che di ogni governo, e di ogni legge, quando e se – come nel caso dell’elezione per il Quirinale – si vota in modo segreto. Per la precisione, le schede saranno poste nell’apposita ‘insalatiera’ e ogni grande elettore entrerà, per votare, nell’apposita cabina elettorale, meglio nota come ‘catafalco’ in quanto trattasi di cabina ermeticamente coperta.
Durante la seduta comune non sono ammessi interventi volti a proporre candidature o a esprimere dichiarazioni di voto. Lo scrutinio avviene in seduta pubblica. Allo spoglio procede sempre il presidente della Camera che da lettura di tutte le schede, tranne di quelle identificabili come nulle. Per prassi si dicono “dispersi” i voti ai quei candidati che raccolgano un numero di preferenze inferiore a due.

La seduta per l’elezione del presidente della Repubblica è ‘unica’.

La seduta per l’elezione del presidente della Repubblica è ‘unica’.

La seduta per l’elezione del presidente della Repubblica è ‘unica’. Significa che, finché non viene eletto il successore al Quirinale l’assemblea non si scioglie, ma tra una votazione e l’altra sono previste delle interruzioni, anche per favorire il dialogo tra i partecipanti al voto e trovare un accordo su un possibile candidato. La durata media di ciascuno scrutinio è pari a quattro ore e mezzo, secondo i dati della Camera.
Ma i ‘conti’ su chi ha, o potrebbe avere, la giusta maggioranza (qualificata, nei primi tre scrutini, e assoluta, dal IV in poi) non è oggetto dell’articolo – ne abbiamo già scritto e torneremo a scriverne.

L’ultimo tassello: la data di convocazione dei Grandi elettori. La ‘letterina’ la manda Fico, ma tarderà ad arrivare, stavolta…

Il presidente Mattarella Fico e la Casellati

Il presidente Mattarella Fico e la Casellati

Resta da stabilire quando si aprono le danze, cioè quando si vota. La ‘letterina’ di convocazione la invia il presidente della Camera, Roberto Fico, che sempre in base alla Costituzione (art. 63) presiede l’Ufficio di Presidenza del Parlamento, quando questi si riunisce in seduta comune. In pratica, il presidente del Senato, che pure è il Capo di Stato supplente, quando il Presidente della Repubblica è all’estero, malato o impedito, svolge, in questo caso, il ruolo di comprimario, quindi Maria Elisabetta Alberti Casellati dovrà, per forza di cose, limitarsi a sedere accanto Fico.

difficilmente Fico invierà la ‘letterina’ prima della Befana, cioè del 6 gennaio 2022

Difficilmente Fico invierà la ‘letterina’ prima della Befana, cioè del 6 gennaio 2022

La Costituzione prescrive che arrivi 30 giorni (diventano 15 giorni solo se le Camere sono sciolte o mancano tre mesi al loro termine) prima della scadenza del mandato dell’inquilino uscente (Mattarella scade il 3 febbraio 2022). Ma difficilmente Fico invierà la ‘letterina’ prima della Befana, cioè del 6 gennaio 2022, anche se potrebbe, volendo, convocare il Parlamento in seduta comune anche prima, entro il 15 gennaio, spedendo, cioè, la ‘letterina’ già sotto Natale. E Fico farà così, cioè ritarderà la convocazione, in modo da convocare i Grandi Elettori per il 20/25 gennaio, non prima, ed evitare che Mattarella si debba dimettere con troppo anticipo. Sarebbe uno sgarbo all’inquilino uscente, non è proprio il caso.

Alcune prime curiosità sull’elezione del Capo dello Stato

Elezioni del Presidente della Repubblica

Elezioni del Presidente della Repubblica

I presidenti della Repubblica sinora sono stati 12. L’unico ad essere stato eletto per un secondo mandato è stato Giorgio Napolitano nel 2013 (poi dimessosi due anni più tardi, nel 2015). La necessità di raggiungere una maggioranza dei due terzi ha determinato il fatto che raramente si sia riusciti ad eleggere il nuovo presidente nei primi tre scrutini. Gli unici due casi di questo tipo sono stati Francesco Cossiga (1985) e Carlo Azeglio Ciampi nel 1999. L’elezione più complessa è stata invece quella di Giovanni Leone nel 1971 che ha richiesto ben 23 votazioni mentre il presidente più votato risulta essere, ancora oggi, Sandro Pertini, che ottenne ben 832 voti (su 995 grandi elettori). Il più amato, non a caso, anche dagli italiani.