Corsa al Colle8. Quirinale ‘for dummies’. Tutto quello che c’è da sapere su Grandi elettori, voto al tempo del Covid e dintorni

Corsa al Colle8. Quirinale ‘for dummies’. Tutto quello che c’è da sapere su Grandi elettori, voto al tempo del Covid e dintorni

5 Gennaio 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

 

Nb: questo articolo è uscito, in forma molto più succinta, su “Luce!“, portale del gruppo Quotidiano Nazionale

Qui un articolo uscito a dicembre scorso sempre in tema di elezione al Quirinale ‘for dummiesColle for dummies Chi sono i Grandi Elettori, come votano e come si voterà per eleggere il prossimo Capo dello Stato

“Pronti, partenza, via!”. Quasi tutto a posto per la corsa del Colle. E ora c’è pure la data: il 24 gennaio, alle ore 15 de la tarde…

“Pronti? Via!”. Tutto pronto per la corsa del Colle

“Pronti? Via!”. Tutto pronto per la corsa del Colle

Le incognite sul nome del prossimo presidente della Repubblica sono ancora tante, soprattutto su chi può più o meno aspirare all’alto incarico, ma almeno una certezza adesso c’è: tra meno di tre settimane si voterà, finalmente, per eleggere il dodicesimo capo di Stato della Repubblica italiana dal 1948 (il primo, come si sa, fu Luigi Einaudi, anche se, per quattro mesi, assunse le funzioni di presidente il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola). Ieri, infatti, il presidente della Camera, Roberto Fico, ha comunicato la data dell’inizio delle votazioni: le urne presidenziali si apriranno lunedì 24 gennaio alle ore 15, data in cui è stato convocato il Parlamento in seduta comune. L’avviso di convocazione è stato anche pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, a far data dal 4 gennaio.

Roberto Fico

Roberto Fico

La Costituzione prescrive che la lettera di convocazione del presidente della Camera arrivi 30 giorni (che diventano 15 giorni solo se le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi al loro termine) prima della scadenza del mandato dell’inquilino uscente. Mattarella ‘scade’ il 3 febbraio 2022 (ha giurato da presidente il 3 febbraio 2015), e così Fico ha ritardato la convocazione, in modo da convocare i Grandi Elettori per il 24 gennaio e non prima, per evitare che Mattarella si debba dimettere con troppo anticipo. Sarebbe stato uno sgarbo all’inquilino uscente e non era il caso.

Maria Elisabetta Alberti Casellati ed il Presidente Mattarella

Maria Elisabetta Alberti Casellati ed il Presidente Mattarella

Va ricordato, inoltre, in fase di esame preliminare delle regole dell’elezione al Quirinale, che il presidente della Camera, Roberto Fico, sempre in base alla Costituzione (art. 63), presiede l’Ufficio di Presidenza del Parlamento, quando questi si riunisce in seduta comune. In pratica, il presidente del Senato – che è e resta il Capo di Stato supplente, quando il Presidente della Repubblica è all’estero, malato o impedito – svolge, e soltanto in questo caso, il ruolo di comprimario. Ergo, Maria Elisabetta Alberti Casellati dovrà, per forza di cose, limitarsi a sedere accanto Fico e ‘assisterlo’.

 

La vera grande novità. Le prime elezioni presidenziali di era Covid

Le prime elezioni presidenziali nell’era Covid

Le prime elezioni presidenziali nell’era Covid

Per garantire che le votazioni si svolgano in massima sicurezza e senza rischio di contagi per il Covid, il presidente della Camera, Fico, ha incontrato in questi giorni i questori di Montecitorio. Tra le misure previste, la chiamata dei grandi elettori per fasce orarie: in Aula potranno accedere solo 200 persone alla volta, così da garantire il distanziamento tra i parlamentari. Inoltre, verrà chiuso il Transatlantico, il corridoio della Camera in cui sosteranno i grandi elettori prima di entrare in Aula. Transatlantico che, dopo essere stato chiuso per quasi due anni, sarà di nuovo sbarrato a tutti i non parlamentari per le prossime due settimane e poi riaperto a singhiozzo, simbolo – il ‘Corridoio dei Passi Perduti’ chiuso – che la ‘vecchia’ Politica è ormai defunta. Infine, si terrà una sola votazione al giorno – e non due, come è sempre stata la prassi – per agevolare i lavori di sanificazione dell’aula.

Transatlantico

Il Transatlantico

Certo è che la pandemia che sta colpendo il Paese da due anni avrà e ha già delle ripercussioni anche sulle elezioni del nuovo presidente della Repubblica. L’obiettivo di Fico e del collegio dei Questori (che sono tre e sovra-intendono i lavori dell’Aula) è di evitare che i mille grandi elettori si accalchino per votare aumentando i contagi. Sono dunque allo studio contingentamenti per entrare in aula, riduzione del numero di scrutini al giorno, pause per la sanificazione. Ma soprattutto si sta valutando come regolamentare l’uso del Green pass rafforzato e si soppesa l’impatto del numero di contagiati e dei sottoposti a quarantena (solo a ieri e solo alla Camera, erano già in ben 15 deputati) sul quorum, che resta fisso, come vedremo, ma che sarà certo molto più difficile da raggiungere.

 

Le proposte (inascoltate) del costituzionalista dem Ceccanti

Stefano Ceccanti con mascherina

Stefano Ceccanti con mascherina

C’è però chi chiede, come fa il deputato dem, e costituzionalista di vaglia, Stefano Ceccanti, di ‘innovare’ rispetto alle antiche procedure, e cioè che si autorizzi il voto a distanza o in luoghi fisici attigui all’Aula, sia della Camera che del Senato, e chi invece fa notare che in passato gli assenti per malattia sono stati considerati semplicemente assenti senza che questo diventasse un problema.

Ceccanti (Pd) pone diversi temi. Innanzitutto, spiega, “va assunto seriamente luogo come obiettivo quello di assicurare il voto di tutti gli aventi diritto perché altrimenti si rischia una rappresentatività ridotta e un innalzamento surrettizio dei quorum che può rendere molto difficoltosa l’elezione”.

Poi, dice Ceccanti, “occorre evitare nel modo più rigoroso che si crei un focolaio in Parlamento” e, dunque, “niente impedisce che, pur unificando il luogo di scrutinio, i punti di votazione possano essere vari tra Camera e Senato, dato che si tratta solo di un luogo di votazione e non anche di dibattito”. Infine, Ceccanti chiede che “si adotti nel seggio una normativa quanto più vicina a quella delle cabine elettorali, al fine di garantire la segretezza e la non controllabilità del voto, a iniziare dalla proibizione dei telefoni cellulari” (il modo migliore per ‘fotografare’ la scheda e farlo sapere…).

 

I pareri ad adiuvandum dei costituzionalisti Clementi e Fusaro

prof. Francesco Clementi

Il prof. Francesco Clementi

Per Francesco Clementi, ordinario di diritto pubblico comparato all’Università di Perugia il dilemma è presto sciolto: “Dal punto di vista giuridico non vi è alcuna limitazione nel prevedere per gli elettori presidenziali l’obbligo di green pass rafforzato, in quanto questa scelta si fonda sulla evidente tutela dell’interesse costituzionale alla salute innanzitutto di quel collegio elettorale speciale che, per ruolo e funzioni, non può non essere protetto al massimo da ogni forma di aggressione o minaccia, in primis sanitaria”. Detto questo “non si può non sottolineare che, proprio le ragioni che impongono la tutela massima per quel collegio, impongono parimenti, come obiettivo costituzionale, la difesa dell’integralità del quorum dei componenti e, dunque, anche la necessità di trovare il modo di far votare comunque ‘gli impediti’, perché contagiati o in quarantena. Non si può infatti immaginare che si possa dare per scontato la loro assenza. Perché anche questo sarebbe una violazione implicita del precetto costituzionale. Dunque, se è giuridicamente legittimo il Green pass per gli elettori presidenziali, è opportuno che si trovi una strada per proteggere anche chi non può votare perché impedito” dal Covid o dalla quarantena, è l’ineccepibile ragionamento di Clementi.

Carlo Fusaro

Carlo Fusaro

Detto che “il quorum non cambia, ma sarebbe più difficile raggiungerlo”, se ci fossero molti assenti, anche un altro costituzionalista, Carlo Fusaro, concorda con chi “ragionevolmente chiede di trovare delle forme per permettere di votare a chi è affetto da Covid, magari votando nelle Prefetture, mantenendo invece fisso l’obbligo di green pass per chi intende votare in presenza”.
Ovviamente, “decide il presidente della Camera, sentito il presidente del Senato e consultati i capigruppo, ma io tenderei a individuare delle modalità di voto a distanza, fatta salva la tutela della segretezza, per farsi carico di trovare la soluzione”. Quanto al dubbio su un eventuale limite all’espressione di voto per i grandi elettori senza Green pass, nel caso si mantenessero le regole attuali, per Fusaro dovrebbe essere “la Corte costituzionale, se adita da un grande elettore” a stabilire se sia stato posto tale limite.

 

Le risposte negative dei questori della Camera a tutte le domande

il questore Gregorio Fontana (FI)

Il questore Gregorio Fontana (FI)

Ci sono delle regole e le rispetteremo, cercando tuttavia di minimizzare i rischi”, afferma invece il questore Gregorio Fontana (FI), che taglia corto sulle (e contro) tutte le possibili ‘innovazioni’.Seguiamo l’evolversi della pandemia – spiega Fontana e moduleremo le iniziative in base alla situazione concreta. D’altra parte, è quello che abbiamo sempre fatto dall’inizio della pandemia, con il risultato che siamo riusciti a non chiudere mai la Camera. Il Parlamento ha sempre funzionato”. Fontana conferma che tra le ipotesi c’è quella di scaglionare il voto dei grandi elettori per gruppi, in base al cognome: “E’ plausibile che si voti scaglionando l’ingresso dei parlamentari, ma anche questa è una prassi che non utilizziamo per la prima volta, visto che vi ricorriamo da inizio pandemia. Anche la scorsa settimana per il voto di fiducia sulla legge di Bilancio è stato così”.

L’obiezione è che i Grandi elettori sono oltre mille, molto più del numero dei soli deputati che sono 630. “Questo è vero – conviene, almeno su questo punto, Fontanama è altrettanto vero che non devono votare in modo concomitante, come per esempio appena la scorsa settimana, quando in 500 abbiamo votato per tre ore di seguito i 300 ordini del giorno alla legge di Bilancio. Dal 24 gennaio la Camera sarà solo seggio elettorale, e non luogo di dibattito, quindi la gestione è più semplice. L’elezione del Presidente della Repubblica è una cosa seria e noi la affronteremo seriamente, senza improvvisazioni, come fatto da inizio pandemia”.

Edmondo Cirielli

Edmondo Cirielli

Il tema del Green pass rafforzato però potrebbe porre dei limiti agli accessi in aula per votare e qualcuno si chiede se questo non leda il diritto dei grandi elettori di esprimere il loro voto. Infatti, il questore di FdI, Edmondo Cirielli, ha già reso noto che “l’adozione del Green Pass rafforzato non può ledere in alcun modo le prerogative parlamentari che non possono essere conculcate”. Insomma, le proposte di Ceccanti, come di Clementi e Fusaro, resteranno domande inevase.

 

 

I Grandi elettori? 1009! ecco chi sono e perché sono così tanti

“Diamo i numeri!”. I Grandi elettori. Chi sono, quanti sono, come sono divisi e, soprattutto, per chi potrebbero votare

“Diamo i numeri!”. I Grandi elettori. Chi sono, quanti sono, come sono divisi e, soprattutto, per chi potrebbero votare

Il ‘magic number’, ogni volta variabile, per eleggere il Capo dello Stato della Repubblica Italiana è fissato stavolta a 1009 Grandi elettori. Il quorum è fisso e le due maggioranze possibili (qualificata e assoluta) anche, lo sono, ma il numero dei Grandi elettori è invece variabile (sono stati oscillanti tra i 950 del dopoguerra e i 1009 degli scorsi decenni). Ma come si raggiunge il numero di 1009?

Dalla somma dei 951 parlamentari (630 deputati, 315 senatori elettivi, sei senatori a vita) cui si aggiungono i 58 delegati regionali per un totale di 1009 Grandi elettori. Infatti, non votano ‘soltanto’ i 945 parlamentari eletti e attualmente in carica (630 deputati e 315 senatori), cioè gli eletti dal popolo alle elezioni politiche (siamo nella XVIII legislatura, quindi si tratta degli eletti alle Politiche del 2018) – cui già vanno aggiunti, di diritto, i sei senatori a vita – ma anche i 58 delegati regionali. I quali votano, però, solo dal 1971 in poi, quando sono state istituite le Regioni a statuto ordinario, il che vuol dire che dal 1948 al 1971 hanno votato solo i delegati delle Regioni fino ad allora a Statuto speciale.

Anche il numero dei senatori a vita è variabile: infatti, ogni Capo dello Stato può eleggere fino a cinque, e non oltre, senatori a vita (e tanti ne sono oggi: Segre, Cattaneo, Piano, Rubbia e Mario Monti), ma ogni Capo dello Stato uscente, diventando ‘emerito’, diventa lui stesso senatore a vita. Con Giorgio Napolitano, unico Presidente della Repubblica ancora vivente, il numero è salito a sei, ma è evidente che, appena Mattarella lascerà il suo incarico, lo diventerà a sua volta, ‘emerito’, e dunque il numero dei senatori a vita salirà a sette, ma fino a quel giorno Mattarella sarà ‘solo’ Capo di Stato uscente, ergo i senatori a vita votanti, per eleggere il post-Mattarella, sono gli attuali sei.

Il conto, parziale, è dunque di 951 parlamentari, che corrisponde al plenum del Parlamento quando e se si riunisce nei (rari) casi di “seduta comune”, cui vanno aggiunti anche i 58 delegati regionali.

Una procedura di elezione ‘rafforzata’, voluta dai nostri padri costituenti e inserita all’articolo 83 della Costituzione. Articolo che recita così: ogni regione esprime tre delegati, scelti dai consigli regionali, tranne la Valle d’Aosta che ne esprime uno solo. Il totale, dunque, fa 1009.

 

La (teorica) ‘novità’ dei sindaci nella veste di Grandi elettori

I 1008 Grandi Elettori (in teoria sono 1009)

I Grandi Elettori

Ma già sui delegati regionali siamo di fronte alla prima novità ‘spettinata’ e figlia dei tempi nuovi. Di solito i consigli regionali mandano, a scorrazzare nel Transatlantico di Montecitorio (il Parlamento in seduta comune si riunisce solo e sempre alla Camera, mai al Senato e, per tutte le operazioni di voto, fa fede il Regolamento della Camera), il presidente della Giunta (detto Governatore), il presidente del Consiglio regionale, che è sempre espressione della maggioranza che regge il governo regionale, e un consigliere regionale che viene scelto sempre nelle fila dell’opposizione.

La proporzione ‘politica’, cioè, è sempre di 2 a 1, tanto che, per la prossima elezione del Capo dello Stato, i conti, pur a tavolino (le votazioni, nelle varie Regioni, inizieranno dall’11 gennaio e dovranno completarsi entro il 18), sono già state fatte e lo score recita: 33 delegati regionali per il centrodestra e 25 delegati per il centrosinistra, anche se ne ‘ballano’ un paio tra centristi e affini.

Stefano Bonaccini

Stefano Bonaccini

Ma il governatore ‘rosso’ dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, raccogliendo il ‘grido di dolore’ del presidente dell’Anci, Antonio Decaro, e altri sindaci di città importanti (Nardella di Firenze, Gori di Bergamo, tutti del Pd), ha fatto un gesto cavalleresco che nasconde una precisa proposta politica (far contare di più i sindaci e, in particolare, dentro il Pd): “cederò il mio posto al sindaco (nel caso di Bonaccini vuole cederlo al sindaco di Bologna, il neo eletto Matteo Lepore, pure lui del Pd, ndr.), le altre regioni seguano il mio esempio, anche i sindaci devono eleggere il Capo dello Stato”.

Isabella Conti

Isabella Conti

Ora, al di là delle buone intenzioni, e al netto del fatto che Bonaccini avrebbe potuto proporre un sindaco ‘minore’ (per dire, perché non il sindaco di San Lazzaro, Isabella Conti, che è pure una donna? Forse perché renziana?), i consigli regionali votano a scrutinio segreto chi mandare a Roma per l’elezione del Colle: potrebbero, cioè, non essere in nulla o solo in parte d’accordo con Bonaccini e, con due preferenze in mano, eleggersi chi vogliono, tra i loro colleghi, e dunque fare di testa loro…

 

I numeri ‘ballerini’. Saranno davvero 1009 i Grandi elettori? Sì, ma oggi sono fermi a soli 1007. Perché due seggi sono ‘vacanti’

I numeri ‘ballerini’

I numeri ‘ballerini’

Un numero, però, quello dei Grandi elettori che diversi giornali, sbagliando, contano in modo ‘ballerino’, come se la matematica fosse un’opinione, il che non è. Alcuni dicono che sono solo 1007, altri 1008. C’è un problema di numeri, dunque? Sono davvero 1009, i Grandi elettori, nel loro perfetto plenum (l’endiadi il quorum del plenum sembra uno scioglilingua, ma è solo latinorum)? No o, almeno, non in data odierna. Fino a oggi, e ancora per un paio di settimane, infatti, i Grandi Elettori sono soltanto… 1007. Ne mancano, cioè, ben due, nelle due Camere, per ragioni diverse.

Roberto Gualtieri

Roberto Gualtieri

Alla Camera, manca il plenum (630 deputati, quindi oggi il fixing è fermo a soli 629 deputati) perché un seggio è vacante. Trattasi di quello di Roberto Gualtieri, diventato a metà ottobre sindaco di Roma, e non ancora sostituito. Si tratta, per di più, di un seggio uninominale, quello di Roma 1, mitica zona ‘delle ztl’ e, perciò, ‘regno’ di voti per il Pd, che, si sa, è ormai da tempo il partito delle ztl.

Ergo, tocca rivotare, perché così prescrive la legge elettorale vigente, meglio nota come Rosatellum (dal cognome di Ettore Rosato, presidente di Iv), quando un deputato, o un senatore, eletto in un collegio uninominale decade (come nel caso di Gualtieri) perché incompatibile, o si dimette di sua volontà (fu il caso di un 5stelle…) o muore.

Cecilia D'Elia

Cecilia D’Elia

La data, scelta con oculatezza, per completare il plenum del Senato e rimpiazzare il seggio vacante è il 16 gennaio, così ha deciso Montecitorio, cioè giusto in tempo per aprire il Gran Ballo del Colle. Si confronteranno la presidente delle donne dem, Cecilia D’Elia (zingarettiana, viene dal Pci), il giovane candidato dei centristi (Iv-Azione-Più Europa), Valerio Casini e Simonetta Matone (centrodestra) ma D’Elia, a Roma 1, dovrebbe avere vita facile e, dunque, garantire il seggio al Pd.

Adriano Cario, dichiarato decaduto dall’Aula a dicembre per un riconteggio dei voti e dopo un lungo contenzioso tra Giunta ed Aula

Adriano Cario, dichiarato decaduto dall’Aula a dicembre per un riconteggio dei voti e dopo un lungo contenzioso tra Giunta ed Aula

Anche al Senato mancava, e manca, un seggio. Era, ed è ancora oggi, quello del senatore, eletto all’Estero, Adriano Cario, dichiarato decaduto dall’Aula a dicembre per un riconteggio dei voti e dopo un lungo contenzioso tra Giunta ed Aula su presunti brogli. Il suo posto – essendo gli eletti all’estero eletti con metodo proporzionale – lo prenderà il secondo in lista, Fabio Porta, che però è iscritto al Pd e, quindi, porterà un voto in più da Grande elettore ai dem. Il Senato deve ancora convalidarne l’elezione, ma lo farà di certo entro il prossimo 24 gennaio. Ed ecco che il plenum tornerà a 1009.

 

Il problema dei due quorum da raggiungere e il ‘come si vota’: il catafalco, l’urna, la seduta unica, lo spoglio, la proclamazione

Il problema dei quorum da raggiungere e il ‘come si vota’

Il problema dei quorum da raggiungere e il ‘come si vota’

Ma perché il numero dei Grandi elettori è così importante? Perché serve a stabilire il quorum. Quorum che la Costituzione prescrive così: il Capo dello Stato necessita, per essere eletto, della maggioranza qualificata dei 2/3 dei voti nei primi tre scrutini e della maggioranza assoluta (50+1 dei voti) dal IV scrutinio in poi. Tradotto in numeri, col plenum fissato a 1009, l’asticella da superare dice che servono 673 voti (e sono tanti) nei primi tre scrutini e 505 dal quarto in poi (e comunque resta un bel numero).Questi i numeri, e le ‘asticelle’, che i tanti pretendenti al ‘trono’ (Draghi, Berlusconi, Casini, Amato, Cartabia, o altri) dovrà, necessariamente, superare se vuole andare ad ‘abitare’ al Quirinale. E qui entrano ed entreranno sicuramente in gioco i famosi ‘franchi tiratori’, bau bau di ogni elezione per il Colle che si rispetti, oltre che di ogni governo, e di ogni legge, quando e se – come nel caso dell’elezione per il Quirinale – si vota in modo segreto, oltre che personale.

le schede saranno poste nell’apposita ‘insalatiera’

Le schede saranno poste nell’apposita ‘insalatiera’

Per quanto riguarda le operazioni tecniche di voto, le schede saranno poste nell’apposita urna, detta ‘insalatiera’, e ogni grande elettore entrerà, per votare, nell’apposita cabina elettorale, meglio nota come ‘catafalco’ in quanto trattasi di cabina ermeticamente coperta. Durante la seduta comune del Parlamento non sono ammessi interventi volti a proporre candidature o a esprimere dichiarazioni di voto. Lo scrutinio avviene in seduta pubblica. Allo spoglio procede sempre il presidente della Camera che da lettura di tutte le schede, tranne di quelle identificabili come nulle. Per prassi si dicono “dispersi” i voti a quei candidati che raccolgano un numero di preferenze inferiore a due.

La seduta per l’elezione del presidente della Repubblica è ‘unica’ significa che, finché non viene eletto il prescelto, l’assemblea non si scioglie. Tra una votazione e l’altra sono previste delle interruzioni, per favorire il dialogo tra i partecipanti al voto e trovare un accordo su un possibile candidato, e a maggior ragione saranno previste ora, in tempi di pandemia, per sanificare l’aula. La durata media di ciascuno scrutinio è pari a quattro ore e mezzo, secondo i dati della Camera.

La seduta per l’elezione del presidente della Repubblica è ‘unica’

La seduta per l’elezione del presidente della Repubblica è ‘unica’

Ma vediamo ora lo specifico delle principali e complesse operazioni durante le votazioni. 

LA CHIAMA. Per consuetudine votano prima tutti i senatori, poi i deputati e quindi i delegati regionali. La “chiama” dei Grandi elettori viene ripetuta due volte, a beneficio dei ritardatari. Ogni Grande elettore, per assicurare la segretezza del voto, entra nelle cabine poste sotto il banco della presidenza, dette ‘catafalco’, e scrive il nome del candidato che intende votare nella scheda che gli viene consegnata dal commesso e che è timbrata e firmata dal segretario generale di Montecitorio. Quindi, uscito dalla cabina, l’elettore deposita la scheda, ripiegata in quattro, nell’urna di vimini e raso verde, ribattezzata “l’insalatiera”, davanti alla quale c’è un segretario di presidenza.

LO SPOGLIO. È fatto dal presidente della Camera, che legge in Aula i nomi dei candidati uno ad uno ad alta voce. Il conto delle schede viene tenuto dai funzionari della Camera e dai componenti dell’ufficio di presidenza di Montecitorio, che si assumono il compito e il ruolo di scrutatori.

Nel 1992 Oscar Luigi Scalfaro era presidente della Camera e lesse le schede della votazione che lo portò al Quirinale; ma, poco prima che il quorum fosse raggiunto, lasciò il posto al vicepresidente della Camera, Stefano Rodotà, e aspettò il risultato finale nel suo ufficio.

I RISULTATI. Per ogni votazione vengono letti all’Assemblea al termine dello spoglio. Per essere messe a verbale, le preferenze ai candidati devono essere almeno due. Chi riceve un solo voto viene conteggiato tra i voti dispersi.

 

Ma quanto pesano? I numeri dei diversi gruppi politici in campo

I numeri dei diversi gruppi politici in campo

I numeri dei diversi gruppi politici in campo

Al momento, come dicevamo, sono ‘solo’ 1007 i Grandi Elettori che si riuniranno in seduta comune a Montecitorio, ma è molto probabile che, in vista del 24 gennaio, diventeranno 1009: il 16 gennaio si vota alle suppletive a Roma per assegnare il seggio del sindaco di Roma Roberto Gualtieri e la giunta al Senato ha già votato per assegnare il seggio di Adriano Cairo, decaduto per brogli, al dem, eletto sempre in America, Fabio Porta, manca solo la comunicazione della proclamazione nell’aula.

Ai deputati e senatori della XVIII legislatura si aggiungono per comporre il plenum dell’assemblea 58 delegati locali: in ogni Regione saranno scelti nelle prossime due settimane due esponenti per la maggioranza e uno per la minoranza, tranne in Valle d’Aosta dove ne sarà scelto soltanto uno. I delegati regionali non sono ancora stati eletti ma, stando a chi ha vinto le elezioni regionali che si sono svolte in tutt’Italia, dovrebbero essere ripartiti in 33 al centrodestra e 25 al centrosinistra.

Certo è che l’elezione del prossimo presidente della Repubblica non si annuncia per niente semplice: nessuno dei due schieramenti (centrodestra e centrosinistra) ha i numeri, in partenza, per godere di ula maggioranza assoluta (505 voti) per eleggere, dal IV scrutinio, il proprio candidato. Inoltre, questo Parlamento è nato sull’onda della grande vittoria del M5S che però negli anni si è sbriciolato: basti pensare che i parlamentari dei 5s a inizio legislatura erano 338 e ora sono rimasti, tra cambi di casacche e nuovi gruppi, solo 233 (-108, cioè un numero grande quanto un partito grande…). Un gran numero di eletti pentastellati, tutti confluiti nel gruppone del gruppo Misto, quindi non risponde ad alcuna indicazione di partito ed è difficile darli per certi nel calcolo delle possibili maggioranze.

Ma, in ogni caso, ecco i rapporti di forza, almeno sulla carta, delle varie forze politiche e schieramenti

 

CENTRODESTRA: può contare su 451 grandi elettori che fanno riferimento ai cinque partiti (tre grandi e due piccoli) presenti dentro la coalizione: 197 sono della Lega, 129 di FI, 58 di FdI, 29 di Coraggio Italia-Cambiamo-Idea, 5 di Noi con l’Italia, cui si aggiungono i 33 delegati regionali.

CENTROSINISTRA-M5S: Può contare su 415 voti se si esclude Iv, su 457 se si conteggia anche il partito di Renzi (42). Il Pd conta 132 grandi elettori (ma presto saranno 133 con l’arrivo di Porta), M5s ne ha 233, Leu ne ha 18, Centro democratico di Bruno Tabacci ha 6 deputati. A questo blocco si aggiungono i 25 delegati regionali, più Gianclaudio Bressa, iscritto al gruppo per le Autonomie ma eletto con il Pd (anche Pierferdinando Casini è stato eletto con il Pd e siede nelle Autonomie, con il simbolo ‘Centristi per l’Europa’, ma non può essere annoverato nel centrosinistra). Se si aggiungono i parlamentari di Azione-+Eu (5) il numero sale ancora (462) ma qui nulla è scontato.

SENATORI A VITA: Per questa elezione del presidente della Repubblica sono 6: Giorgio Napolitano, Mario Monti, Liliana Segre, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia. Napolitano e Cattaneo sono iscritti al gruppo Autonomie, Segue e Monti al Misto, Piano e Rubbia iscritti a nessuna componente.

AUTONOMIE: Il gruppo delle Autonomie-minoranze linguistiche conta 4 deputati e 5 senatori, al cui gruppo a Palazzo Madama sono iscritti anche Gianclaudio Bressa (Pd), Pier Ferdinando Casini (Centristi per l’Europa) e i senatori a vita Cattaneo e Napolitano per un totale di nove senatori.

GRUPPO MISTO: In questa legislatura il gruppo Misto di Camera e Senato è lievitato e mutato a secondo della nascita di nuove componenti: il gruppo più nutrito è la pattuglia di ex M5s di Alternativa C’è che per le votazioni del Quirinale ha 19 grandi elettori, poi c”è il Maie (3 deputati, 2 senatori), cioè gli eletti all’Estero, poi gli ex M5s di Facciamo-Eco (3 deputati). Nel gruppo Misto della Camera (66 componenti in totale) ci sono tanti fuoriusciti dal M5s: 24 alla Camera che risultano non iscritti a nessuna componente, insieme all’ex Leu Michela Rostan, mentre nel Misto di Palazzo Madama (48 componenti) sono presenti 15 ex M5s, i 3 ex 5s ora Italexit e 2 ex 5s, uno ora di Potere alPopolo, uno del Partito comunista (sic).

Ma i ‘conti’ su chi ha, o potrebbe avere, la giusta maggioranza (qualificata, nei primi tre scrutini, e assoluta, dal IV in poi) non è oggetto dell’articolo – ne abbiamo già scritto e torneremo a scriverne.

 

Alcune curiosità sulle dodici precedenti elezioni presidenziali

Giorgio Napolitano

Giorgio Napolitano

I presidenti della Repubblica sinora sono stati 12. L’unico ad essere stato eletto per un secondo mandato è stato Giorgio Napolitano nel 2013 (poi dimessosi due anni più tardi, nel 2015), che così è diventato il presidente della Repubblica rimasto più a lungo in carica, per 8 anni e 244 giorni. La presidenza più breve, invece, è stata quella di Enrico De Nicola: il Capo provvisorio dello Stato, eletto all’inizio del mandato dell’Assemblea costituente (1946) è stato capo dello Stato solo dal I gennaio 1948 all’aprile del 1948, quando venne eletto Einaudi, il primo presidente dai Grandi elettori. 

L’elezione più complessa è stata invece quella di Giovanni Leone

L’elezione più complessa è stata invece quella di Giovanni Leone

La necessità di raggiungere una maggioranza qualificata dei due terzi ha determinato il fatto che raramente si sia riusciti ad eleggere il nuovo presidente nei primi tre scrutini. Gli unici due casi di questo tipo sono stati Francesco Cossiga (1985) e Carlo Azeglio Ciampi nel 1999, eletti al primo scrutinio. L’elezione più lunga e complessa è stata invece quella di Giovanni Leone che, nel 1971, ha richiesto ben 23 votazioni mentre il presidente più votato risulta essere, ancora oggi, Sandro Pertini, che ottenne ben 832 voti (su 1011 grandi elettori). Il più amato, non a caso, anche dagli italiani.

Nel 1964 Antonio Segni fu il primo presidente a dimettersi anticipatamente, a causa di un grave malore sopravvenuto, dopo due anni di presidenza (1962-1964), sostituito per la prima volta dal presidente del Senato, Cesare Merzagora, mentre dopo di lui sempre anticipatamente si dimisero Giovanni Leone (1978), travolto dallo scandalo Loockeed e Francesco Cossiga (1992) in polemica con magistratura, media e partiti. Cossiga è stato anche, sinora, il presidente più giovane al momento dell’elezione (56 anni) mentre il presidente più anziano è Napolitano (87 anni, ma al secondo mandato), mentre il presidente più anziano eletto al primo mandato è stato sempre Sandro Pertini, eletto a 81 anni di età.