Corsa al Colle 9. Il grande marasma. I giochi di leader e partiti in vista delle elezioni al Quirinale e l’incognita Cavaliere

Corsa al Colle 9. Il grande marasma. I giochi di leader e partiti in vista delle elezioni al Quirinale e l’incognita Cavaliere

7 Gennaio 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Corsa al Colle/9. Il grande marasma. I giochi di leader e partiti in vista del voto per il Quirinale e l’incognita Cavaliere

Palazzo del Quirinale, obelisco, con Dioscuri

Palazzo del Quirinale, obelisco, con Dioscuri

 

Nb: questo articolo è stato pubblicato sul sito di notizie Tiscalinews.it il 7 gennaio 2021

 

Berlusconi, Conte e Calenda Grandi elettori? Alle barzellette, in questi giorni, non c’è fine…

Gianni Nannini autocandidata al Colle in nome delle ‘quote rosa’

Fake: Gianni Nannini autocandidata al Colle in nome delle ‘quote rosa’

Se è vero che, di barzellette (ieri girava quella di Gianni Nannini autocandidata al Colle in nome delle ‘quote rosa’) ogni giorno bisogna vederne e leggerne una, nel Gran ballo del Quirinale, il palmares di ieri spetta all’azzurro Elio Vito

Elio Vito

Elio Vito – Forza Italia

Il quale chiede che, alle votazioni presidenziali, partecipino, come Grandi elettori delegati dalle Regioni, anche i leader di partito attualmente non parlamentari, come Silvio Berlusconi, Carlo Calenda, Giuseppe Conte. Mi auguro che i partiti trovino un accordo in tal senso”. Ora, al netto del fatto che il buon Vito non è nuovo a sortite singolari (è, a differenza del suo partito, favorevole al ddl Zan, all’eutanasia, cannabis, etc), non si è mai visto un leader di partito eletto come ‘delegato regionale’, a un turno quirinalizio e difficilmente lo si vedrà anche questa volta.

Roberto Occhiuto

Roberto Occhiuto

La sola cosa possibile, ma per nulla certa, è che, Silvio Berlusconi potrebbe davvero imporre ai suoi consiglieri regionali (si parla della Calabria, governata dall’azzurro Roberto Occhiuto) di farsi nominare delegato alle elezioni del Quirinale al fine di controllare il voto, e i suoi, da vicino, ma la strada è impervia, i suoi lo sconsigliano e la auto-elezione potrebbe avere controindicazioni, anche se, per i cronisti, ritrovarsi con il Cavaliere, se non candidato o eletto, quanto meno a spasso nel pieno del Transatlantico di Montecitorio sarebbe uno spasso e uno spettacolo impagabile.

Il plenum dei Grandi elettori presto sarà plenum, cioè pieno

Carlo Calenda

Carlo Calenda

Per il resto, sia Calenda – che ha preferito candidarsi, senza successo, a sindaco di Roma, che Conte, che ha declinato l’offerta del Pd di farsi eleggere nel collegio blindato di Roma – hanno perso il treno, e pure da parecchio tempo.

fabio porta scaled

Fabio Porta

Il 16 gennaio si voterà a Roma 1 (collegio uninominale della Camera lasciato libero da Roberto Gualtieri) per eleggere il 630 esimo deputato, che manca (plenum, ad oggi, fermo a 629 deputati). Dal canto suo, il Senato sta per convalidare l’elezione (un subentro, in questo caso, perché si tratta di un seggio proporzionale) del dem Fabio Porta al posto del senatore Adriano Cario, eletto all’estero (in Sud America) e decaduto, causa brogli riscontrati, riportando, dunque, il plenum del Senato a 321, da 320 quale è oggi (315 elettivi e sei senatori a vita).

Adriano Cario, dichiarato decaduto dall’Aula a dicembre per un riconteggio dei voti e dopo un lungo contenzioso tra Giunta ed Aula

Adriano Cario, dichiarato decaduto dall’Aula a dicembre per un riconteggio dei voti e dopo un lungo contenzioso tra Giunta ed Aula

Il plenum dei Grandi elettori, dunque, sarà pieno, fisso – come deve essere – a 1009 e conviene ‘non’ fidarsi di prospetti e specchietti di molti giornali che indicano cifre e quorum diversi (alcuni dicono 1007, altri 1008 Grandi elettori). Il che vuol dire, parlando di quorum per l’elezione, che i magic numbers resteranno fissati a 673 voti (maggioranza qualificata dei due terzi) ai primi tre scrutini e 505 voti (maggioranza assoluta) dal IV scrutinio in poi. Non uno in più, non uno in meno (fidatevi, cari lettori, di questi numeri…).

Manca solo la definizione dei nomi dei 58 delegati regionali

Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna

Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna

Mancano, dunque, solo i 58 delegati regionali, in corso di definizione entro la prossima settimana (i consigli regionali possono votarli entro e non oltre il 18 gennaio): ne dovrebbero andare, stante gli attuali rapporti di forza, 33 al centrodestra e 25 al centrosinistra, anche se ne ‘ballano’ un paio che potrebbero andare a liste civiche e simili. Tra di loro, non ci sarà neppure un sindaco, come molti cittadini, Anci di Decaro in testa, avevano chiesto, e come – cavallerescamente – pure voleva fare Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna. Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che Bonaccini voleva ‘indicare’, al posto suo, ha detto chiaro: “Meglio vada lui”.

Matteo Lepore

Matteo Lepore

I delegati regionali vengono indicati dai consigli regionali (tre per ciascuno e uno per la Valle D’Aosta, recita la Costituzione), e per prassi sono individuati fra gli eletti nei vari consigli. In genere a Montecitorio, che diventa per l’occasione seggio elettorale, vanno il presidente di Regione, il presidente dello stesso consiglio regionale, entrambi espressione della maggioranza di governo, e – sempre per prassi – un esponente dell’opposizione. Ma nulla vieta, per la legge, che si possa indicare un altro nome. Tant’è che fra le ipotesi che circolano si parla, appunto, anche del fatto che Silvio Berlusconi possa entrare nel gruppo dei cinquantotto.

Berlusconi Draghi e Sergio Mattarella

Berlusconi Draghi e Sergio Mattarella

I magic number da superare, dunque, restano 673 voti nei primi tre scrutini e 505 dal IV scrutinio in poi. Chi ha i numeri per farcela? Allo stato, solo tre. L’attuale premier, Mario Draghi, in caso di elezione a larga maggioranza, Silvio Berlusconi, ma solo dal IV scrutinio in poi, Sergio Mattarella in caso di scenario ‘fine di Mondo’, il Parlamento che s’incarta, scrutinio dopo scrutinio, e lo prega di fare un estremo sacrificio. 

Il Grande Gioco del Colle, ad oggi, è fermo… Gli appuntamenti politici della settimana, sì, ma quella prossima…

Il Grande Gioco del Colle, ad oggi, è fermo… Gli appuntamenti politici della settimana, sì, ma quella prossima...

Il Grande Gioco del Colle, ad oggi, è fermo… Gli appuntamenti politici della settimana, sì, ma quella prossima…

Morale, a oggi il Grande Gioco del Colle è fermo. Ieri, è stata una giornata trascorsa in surplace. Gli appuntamenti ‘veri’ ci saranno solo la prossima settimana: il 12 gennaio si riuniscono i gruppi parlamentari del M5s, in piena rivolta anti-Conte. Il 13 gennaio si vedono i Grandi elettori del Pd (segreteria, direzione, gruppi parlamentari, dove i ‘dissidenti’ dalla linea di Letta non mancano). Infine, pur se non c’è ancora una data, a ruota si terrà il tanto agognato vertice del centrodestra, che, pur godendo la maggioranza relativa dei Grandi elettori (451 sui 420 del centrosinistra) – non riesce ancora a formulare una proposta.

Draghi, sempre più ‘scocciato’ di dover mediare tra le tensioni altrui

Draghi, sempre più ‘scocciato’ di dover mediare tra le tensioni altrui

Nell’attesa, ci si lecca le ferite dopo il tempestoso cdm dell’altro giorno. Le nuove misure anti-Covid prese dal governo hanno visto il ritorno di un inedito asse giallo-verde, con Lega e M5s che hanno fatto – o, almeno, ci hanno provato – fronte comune contro la posizione ‘rigorista’ e pro-vaccini di un altro asse inedito (Pd-FI-Iv-LeU), embrione di una (ipotetica) maggioranza ‘Ursula’ che, però, allo stato, non ha i numeri. Posizioni rispetto alle quali un Draghi, sempre più ‘scocciato’ di dover mediare tra le tensioni altrui, ha dovuto mediare fino all’estenuazione per ottenere, alla fine, un voto all’unanimità che, però, è stato un voto di compromesso tra posizioni che, all’inizio, erano assai lontane.

Il ritorno dell’‘asse’ giallo-verde e il pessimismo di Giorgetti che dice ai suoi di “preparare gli scatoloni”… Fine corsa?

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Giancarlo Giorgetti

Lega e M5s (ala Conte) sono unite dalla ormai palese mal sopportazione della figura di Draghi. Il guaio è che lo giudicano ‘ingombrante’ sia per restare a palazzo Chigi che per il Quirinale. E se anche il ministro Giancarlo Giorgetti – curiosamente assente in un cdm così importante per teorici, pregressi, impegni familiari – si sarebbe ormai ‘rassegnato’ alla fine della sua esperienza di governo (“Preparate gli scatoloni”, avrebbe detto ai suoi), in vista di un – possibile – ritorno della Lega all’opposizione, Salvini è combattuto dalla voglia di spedire Draghi al Colle per riprendersi spazi di manovra, contro la Meloni, e la necessità di non indispettire troppo i ‘referenti’ nordisti della Lega (ceti produttivi, governatori del Nord, ala giorgettiana della Lega), lasciando Draghi (e la Lega) al governo.

conte di maio

Conte e Di Maio

Anche dentro i 5Stelle, al netto della paura che attanaglia tutte le anime (le elezioni anticipate), si vive la incosciente dicotomia tra chi vorrebbe ‘liberare’ la casella di palazzo Chigi per mandarci il proprio campione di riferimento (Di Maio) e chi vuole solo fermare la corsa di Draghi (Conte), oltre a tutti gli incoerenti fan del bis di Mattarella, di cui pochi anni fa si chiedeva l’impeachment.

Il difficile gioco a incastro del ‘futuro’ governo, tecnico o politico, dove, se tocchi una carta, “poi viene giù tutto”…

Ceccanti Stefano

Il costituzionalista e deputato dem Stefano Ceccanti

Un bis che non dispiace neppure alla pancia dei parlamentari dem (Giovani turchi e Baseriformista, come il dem Stefano Ceccanti) mentre Letta vorrebbe salvare capra e cavoli, spedendo Draghi al Colle e garantendo la continuità dell’azione di governo, magari spostando almeno uno degli attuali tre ministri a suo piacimento con la scusa di metterci ‘donne’.

Lorenzo Guerini e Dario Guerini

Lorenzo Guerini e Dario Guerini

Senza dire che nessuno dei tre ministri attuali (Francheschini, Guerini, Orlando) vuole muoversi di un palmo da dove si trova oggi, ma al massimo sogna upgrade(Franceschini a premier, Guerini a vicepremier, Orlando a super-ministro…) “se tocchi una casella, vien giù tutto” – nota, giustamente, un deputato dem veterano di legislature sulle spalle ed esperto di ‘rimpasti’.

Orlando andrea

Orlando Andrea

Un governo non ‘fotocopia’, dunque, ma politico, è quello che sognano alcuni leader e alcuni partiti, che però non si capisce chi potrebbe mai guidare: Giorgetti non va bene a Salvini, Di Maio a Conte, qualsiasi attuale ministro dem non piace a Letta.

Su tutte le mosse pesa la grande incognita del Cavaliere e così i partiti per ora dicono tutti ‘parola’ come a poker…

Il Cavaliere Berlusconi

Il Cavaliere Berlusconi

Su ambedue i poli pesa, in ogni caso, l’incognita del Cavaliere, sempre più attratto dall’idea di salire al Colle. Escluso che pensi di farsi eleggere come grande elettore da qualche Regione, così almeno dicono i suoi, alcuni retroscena descrivono Berlusconi pronto a mollare, accontentarsi di fare il king maker, o magari soddisfatto solo del fatto che si sia parlato di lui per così tanto tempo. Tutti rumors accolti con sarcasmo ad Arcore: Silvio Berlusconi, trapela da Forza Italia, non vede l’ora di giocarsi sino alla fine questa partita che ricorda un giro di poker.

poker

Silvio Berlusconi, trapela da Forza Italia, non vede l’ora di giocarsi sino alla fine questa partita che ricorda un giro di poker

E così, a 18 giorni dal primo voto dei Grandi elettori, tutti i giocatori sembrano dire ‘parola’, cioè dicono solo “parole”, passano la parola agli altri, ma ovviamente senza escludersi dal gioco e facendo molta attenzione a cosa accade, non solo al tavolo, nei Palazzi della politica, ma fuori, nel Paese, sempre più piegato dalla pandemia.
Un contesto di incertezza e di tensione che si sta scaricando sull’esecutivo, che sta condizionando l’umore del premier, e inevitabilmente avrà effetti sulle sue chance come candidato al Quirinale. Difficile dire se in un senso o in un altro: man mano che il virus provoca vittime e si diffonde il caos potrebbe prendere piede più nettamente la tesi che non sia consigliabile un cambio al governo. A quel punto, seguendo questo scenario, i partiti, pressati dallo tsunami dei contagi, con il sistema sanitario in grave difficoltà, potrebbero sotterrare l’ascia di guerra e unirsi per convincere Mattarella ad aprire al bis. Scenario non ben accetto, però, a Lega e FdI.

Centrale Nucleare

Dissapori che già emergono tra i partiti – oggi sul nucleare, domani chissà su quali altri temi

Di contro, però, proprio una situazione di grande urgenza nazionale, e i dissapori che già emergono tra i partiti – oggi sul nucleare, domani chissà su quali altri temi – potrebbero spingere Draghi a mordere il freno pur di salire al Colle. Non a caso, tra molti, all’interno dell’esecutivo, si parla di alti esponenti della Lega, considerino la loro esperienza a Palazzo Chigi ormai conclusa. A quel punto i Grandi elettori potrebbero essere spinti a trovare subito un’intesa, appunto, su Draghi al Colle, e, al contempo, come auspica da tempo il Pd, trovare all’interno della stessa maggioranza un premier capace di guidare un ‘governo fotocopia’ che porti avanti con successo gli impegni avviati in questi mesi. Ove mai la Lega non fosse interessata a un governo Draghi bis senza Draghi, si potrebbe anche ipotizzare una nuova maggioranza ‘Ursula’ con tutti dentro tranne Lega e FdI che resterebbe all’opposizione.

bruno tabacci

Bruno Tabacci

Quello che è certo è che, in un Parlamento così frammentato, il rischio che i leader non governino i propri gruppi è molto alto. Com’è alto il pericolo che ogni percorso, frutto di un’intesa, si possa inceppare alla prima curva e si arrivi a una roulette russa di conseguenze imprevedibili. Non a caso, Bruno Tabacci, ex Dc e grande conoscitore delle dinamiche parlamentari, auspica che Enrico Letta e Matteo Salvini si parlino e gestiscano insieme questa fase delicatissima.

A parlare, ma stavolta per lanciare Draghi, è invece Renzi

A parlare, ma stavolta per lanciare Draghi, è invece Renzi

A parlare, ma stavolta per lanciare Draghi, è invece Renzi

A parlare, è invece, Matteo Renzi che, al Corriere della Sera di ieri, – e dopo aver detto, per mesi, che Draghi doveva restare dov’era, cioè a palazzo Chigi, ora invece spiega: “Meloni ha bisogno delle elezioni perché ha iniziato il calo nei sondaggi. La crisi di Conte è conclamata e Di Maio aspetta solo le amministrative di primavera per fargli le scarpe. Quanto a Letta, se non si vota deve fare il congresso e vincere le primarie, esercizio nel quale non ha grande esperienza. Loro vogliono il voto anticipato per esigenze personali. Io penso che invece le elezioni vadano fatte a fine pandemia e con il Pnrr impostato, nel 2023. Dopo di che Draghi sarebbe un perfetto presidente della Repubblica come è stato un perfetto premier. Se vogliamo mandarlo al Colle, tuttavia, serve la politica perché l’arrivo di Draghi non è stata una sconfitta della politica ma un capolavoro della politica”. E ancora, per Renzi, “Draghi è un punto di forza di questo Paese. Se vogliamo mantenerlo a Palazzo Chigi gli va data massima agibilità politica. Se vogliamo che stia al Colle va costruita una maggioranza presidenziale, ma anche una maggioranza politica per il governo del dopo. Per farlo serve una iniziativa politica”.

giovanni toti coronavirus

Giovanni Toti

Insomma, Renzi ora punta a risultare decisivo per mandare Draghi al Colle, intestandosi ovviamente il merito e a questo serve il ‘gruppone’ neo-centrista che starebbe per nascere tra i 44 parlamentari di Iv e i 29 di Toti (Idea-Cambiamo), che si vedranno mercoledì prossimo per parlare, per un totale di 73 parlamentari che potrebbero, sì, essere decisivi. Un gruppo che, però, ad oggi non è ancora nato.

L’unica certezza che pesa su tutti resta l’incognita Covid…

Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, presidenti dei deputati e dei senatori dem, hanno scritto una lettera ai presidenti della Camera

Serracchiani e Malpezzi, presidenti dei deputati e dei senatori dem, hanno scritto una lettera ai presidenti della Camera

L’unica certezza, per ora, è l’incognita Covid. Ed ecco che il Pd chiede che l’elezione per il nuovo presidente della Repubblica avvenga senza correre rischi. Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, presidenti dei deputati e dei senatori dem, hanno scritto una lettera ai presidenti della Camera, Roberto Fico, e del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.

casellati fico

Casellati e Fico

Il passaggio chiave: “Il voto in sicurezza è un’esigenza primaria per evitare che proprio nel cuore delle istituzioni possano venirsi a creare ulteriori focolai, finendo così con innalzare in modo surrettizio i quorum previsti dalla nostra Costituzione, ponendo dubbi sulla regolarità del voto”. Un obiettivo forse minimo , ma cruciale in un contesto così volubile.