Corsa verso il Colle 18. Il silenzio operoso di Draghi e le ‘consultazioni’ sul nuovo governo se andasse al Colle

Corsa verso il Colle 18. Il silenzio operoso di Draghi e le ‘consultazioni’ sul nuovo governo se andasse al Colle

22 Gennaio 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Corsa verso il Colle/18. Il ‘silenzio operoso’ di Draghi e le ‘consultazioni’ sul nuovo governo se dovesse andare al Colle.

Mentre tutti parlano con tutti, Draghi resta zitto e muto...

Mentre tutti parlano con tutti, Draghi resta zitto e muto…

 

Nb: questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2022 sulle pagine del sito internet TheWatcherPost.it 

 

Mentre tutti parlano con tutti, Draghi resta zitto e muto…

zitto e muto

Mentre tutti parlano con tutti (Salvini con Conte, Renzi con Letta), e i leader del centrodestra hanno deciso, finalmente, di incontrarsi oggi a Roma – incontri tra avversari e duellanti che, in vista della partita del Colle, si riscoprono ‘amici’ affettuosi – Mario Draghi resta zitto, muto. “Il presidente lavora, come al solito, sui temi più urgenti e preoccupanti per gli italiani” è la voce, suadente, che filtra da palazzo Chigi, come se la partita del Quirinale non esistesse.

Dall’ultima conferenza stampa, quella sull’ultimo dl Covid, il premier non ha detto una parola una e, anche in quell’occasione, ha declinato ogni domanda sul tema del Colle.

Le tre considerazioni ‘dal sen fuggite’ di Draghi…

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi

Ieri, Draghi ha presieduto il cdm che, dopo molti (troppi) giorni di attesa, ha dato il via libera al “decreto sostegni ter” per sostenere le attività in crisi e per intervenire sul caro bollette. Le uniche considerazioni dal sen fuggite, in questi giorni, da parte di Draghi si limitano a tre. La prima, ovvia. L’auspicio – e pure l’opportunità politica – che “la maggioranza che eleggerà il nuovo Capo dello Stato sia la più ampia possibile, anche superiore a quella attuale”. Traduzione: che sia io, o sia un altro, il successore di Mattarella va eletto a larghissima maggioranza, altrimenti il quadro politico (e la mia permanenza al governo) ne risentirebbe. Un no implicito a Berlusconi ma anche a tutti gli altri nomi ‘di parte’. La seconda.

Sergio Mattarella

Sergio Mattarella

“Se toccasse a me – ha detto il premier ai leader, cercando di tranquillizzarli – di essere scelto per il Quirinale, non potrei certo essere io a indicare il nome del successore o formare un esecutivo. Lascerei mano libera ai partiti, sarebbero i leader a trovare un accordo tra loro”. E se è pur vero che sarebbe lui, al Colle, a gestire le consultazioni, non sarebbe Draghi a decidere il ‘profilo’ del nuovo esecutivo (tecnico, politico, metà e metà). La terza considerazione che filtra da palazzo Chigi vuole, invece, parlare al ‘cuore’ dei Grandi elettori, al Parlamento e, soprattutto, ai peones:Se andassi al Colle, farei di tutto per portare a compimento la legislatura fino al suo esito naturale”, cioè la primavera del 2023. Considerazione, in parte ovvia e in parte no, che dovrebbe rassicurare i tanti parlamentari scettici e timorosi di interruzioni per elezioni anticipate.

L’ostilità verso Draghi dei partiti va, in parte, scemando

lega m5s

I 5stelle iniziano a ragionare seriamente sull’opzione Draghi e anche la Lega

Vero è che, anche in Parlamento, qualcosa si muove e l’ostilità a Draghi, in parte, è scemata. Pur provati dalle discussioni interne, i 5stelle iniziano a ragionare seriamente sull’opzione Draghi e anche la Lega sembra meno granitica nella sua opposizione, mentre Renzi si dice sicuro che “giovedì o venerdì avremo il nome del nuovo Presidente” (e il leader di Iv, come Letta, punta su Draghi). Ma se, nel cuore del peones medio e di tutti i partiti, la preoccupazione sul proprio futuro, nel caso di trasloco di Draghi al Colle, permane, nessuno sa come risolvere il rebus del futuro governo. Da tale punto di vista, il premier le sue ‘consultazioni’ le ha fatte eccome. Prima una serie di incontri con i maggiorenti M5s (Fico in testa, Di Maio in pratica tutti i giorni) per assicurarsi la fedeltà delle loro truppe, poi il filo diretto con Letta (sul suo nome, il Pd è compatto), poi le parti sociali (Carlo Bonomi, John Elkann, etc.), in mezzo gli apparati dello Stato (Elisabetta Belloni, la prima donna a guidare i servizi segreti e di cui si parla, senza ragione, come premier…) e, ovviamente, il Capo dello Stato Mattarella.

Le consultazioni ‘parallele’ del premier sul governo ‘post-lui’

Le consultazioni ‘parallele’ del premier sul governo 'post-lui'

Le consultazioni ‘parallele’ del premier sul governo ‘post-lui’

Ma come sarebbe il nuovo governo post-Draghi ‘senza’ Draghi? Alcune caselle resterebbero intatte (Difesa, Esteri, Economia, ma non Interni, su cui ha messo gli occhi, da tempo, Salvini per un suo fedelissimo, Molteni), altre – specie quelle ricoperte da tecnici – cambierebbero volti e nomi.

L’ala dei berluscones filo-leghisti punta tutto su Tajani

L’ala dei berluscones filo-leghisti punta tutto su Tajani

L’ala dei berluscones filo-leghisti punta tutto su Tajani e uno degli attuali tre ministri azzurri (la Carfagna o Gelmini, più difficilmente Brunetta) salterebbe. Il Pd vuol promuovere donne ovunque e, tra Franceschini e Orlando, uno dei due dovrebbe accettare il passo indietro per fare posto alla De Micheli. Conte vuole promuovere i suoi fedelissimi e, al momento, non ne ha, al governo, quindi potrebbero avvicendarsi tutti e tre su tre.

Vittorio Colao

Vittorio Colao

Spazi nuovi andrebbero creati per Iv, i totiani, etc. Un governo più politico che tecnico, dunque, con al vertice o Colao, diretta emanazione di Draghi, o la Cartabia, equidistante o (why not?) Di Maio.

La paura dei parlamentari peones se Draghi andasse al Colle

Mario Draghi andrà al Colle?

Mario Draghi andrà al Colle?

Vorrei vi fosse chiara una cosa – sbotta, però, il giovane ma tosto deputato dem col capocorrente – se i nostri capatàz pensano di farci votare Draghi al buio, senza un pacchetto già chiuso sul nuovo governo, con relativi posti e programma, che ci garantisca la durata della legislatura fino a scadenza naturale, avranno amare sorprese. Nessuno ci potrà impedire di affondare la candidatura di Draghi, nell’urna. Ci ribelleremo. E, dato che vi sono rimasti tre giorni, è ora che vi diate una mossa!”. La conversazione, intercettata sotto la tensostruttura bianco cadavere (sembra una sala d’attesa Covid) che dovrebbe proteggere il cortile d’onore di Montecitorio dal freddo, riscuote un’ola di irrefrenabili consensi non solo tra i parlamentari dem, ma pure tra i 5S.

Insomma, ‘senza’ un nuovo governo, già chiuso e fatto uscire sui giornali con tanto di nuove caselle e, soprattutto, credibile, per nomi (premier, ministri, etc.) e per larghezza della maggioranza che dovrà sostenerlo, la candidatura di Draghi “rischia di fare una brutta fine” convengono i peones di Montecitorio, pronti a ribellarsi ai loro ‘capi’ (capigruppo, leader, etc.).

Un ‘nuovo’ governo ancora tutto in alto mare. Cartabia in pole

cartabia marta

Marta Cartabia

L’impresa, oggettivamente, non è facile. Il nuovo governo che dovrebbe assicurare, con l’ascesa di Draghi al Colle, la continuità dell’azione dell’esecutivo e la stabilità della legislatura, è ancora tutto in alto mare. Al netto del fatto che il mare magno delle truppe parlamentari stellate mette mano alla pistola se solo sente il nome di Draghi come presidente della Repubblica e che Salvini vorrebbe lasciarlo dov’è, a palazzo Chigi, mentre Berlusconi non vuole aprirgli la strada, non è ancora chiaro se, a succedergli, potrebbe essere un tecnico (Vittorio Colao oggi è in pole, seguito da Marta Cartabia) oppure un ‘politico’. Ma, nel caso si optasse per un profilo femminile si parla da giorni, oltre che della Cartabia, anche di altri nomi. Infatti, nelle ultime ore è circolata anche la voce che a succedere al premier potrebbe essere Elisabetta Belloni, ex direttore generale della Farnesina, scelta da Draghi nel maggio scorso per dirigere il Dis (i servizi di sicurezza), prima donna mai arrivata a un tale incarico. 

I troppi nomi di possibili premier che girano …

Il ministro alla difesa Lorenzo Guerini

Il ministro alla difesa Lorenzo Guerini

In questo caso, paradossalmente, ha più chanches un dem (Lorenzo Guerini in pole, seguito a ruota da Dario Franceschini o il sogno di Letta di far rientrare da Bruxelles Paolo Gentiloni) che un esponente del M5s (Luigi Di Maio), che pure piacerebbe a molti, o, tantomeno, un leghista (Giancarlo Giorgetti farebbe ombra a Salvini).

Dario Franceschini

Dario Franceschini

La sola cosa certa è che, invece, il nuovo governo sarebbe zeppo di ‘politici’ – come ha chiesto, per primo, Salvini, per l’entusiasmo di Renzi, ma anche per il consenso, seppur implicito, di Letta – e che molti tecnici, peraltro tutti scelti da Draghi (Cingolani, Giovannini, Bianchi, Messa, anche la Lamorgese) dovrebbero fare le valigie e tornare alle loro occupazioni precedenti. Si salverebbe giusto Franco, per assicurare continuità al Mef, e la Cartabia, sempre che non diventi lei, premier. Infatti, ad oggi, è più facile che una donna faccia il presidente del Consiglio che della Repubblica.

I ministri? Via tutti i tecnici, dentro molti nomi di politici

Paola De Micheli

Paola De Micheli

Detto che la Lega vuole fortemente il Viminale (ma per Molteni, suo fedelissimo, giura Salvini) e che gli altri partiti farebbero a gara per piazzare i loro uomini nei dicasteri chiave, sarebbe di certo pieno di donne, il nuovo governo. Un partito come il Pd di Letta, per dire, ne vorrebbe piazzare almeno due sui tre posti che, di diritto, gli spettano (forse pure di più, soprattutto se non avesse il premier). Non a caso, i più restii a cambiare gli assetti attuali sono i ministri attuali che sono tutti maschi. Con Guerini inamovibile, uno tra Franceschini e Orlando dovrebbe saltare, forse per far posto a Paola De Micheli.

I confini politici della nuova maggioranza di governo

I confini politici della nuova maggioranza di governo

I confini politici della nuova maggioranza di governo

Ma quali sarebbero i confini politici del nuovo governo? Data per certa la presenza di Pd-M5s-LeU, tre partiti che di mollare il governo non hanno alcuna intenzione, i confini ‘a destra’ restano più sfumati. Data per certo il fatto che FdI resterebbe all’opposizione e la Lega al governo, dentro FI potrebbe consumarsi una frattura, dai contorni drammatici, tra gli attuali ‘ministeriali’ e l’ala filo-leghista oltre che con i berluscones doc che vogliono promuovere Tajani a scapito di uno dei tre ministri attuali, non ‘allineati’ e troppo liberal, per i gusti di FI. Certo è che pezzi di importanti partiti (l’ala sinistra del Pd guidata da Orlando, l’ala liberal di FI di Carfagna e Gelmini, l’ala moderata della Lega) avrebbero solo da perderci…

Andrea Orlando

Andrea Orlando

In ogni caso, se già è complicata l’impresa di mandare Draghi al Colle, a maggior ragione lo sarebbe far nascere, e subito, un nuovo governo e farlo con un vero “patto di legislatura” che arrivi fino alla sua scadenza naturale (primavera 2023). Senza il doppio accordo, però, i peones sono pronti a tutto, persino a bocciare Draghi nell’urna.

I dicasteri più a rischio che potrebbero saltare

I dicasteri più a rischio che potrebbero saltare

I dicasteri più a rischio che potrebbero saltare

Ma, in ogni caso, cioè con qualsiasi tipo di governo, tecnico o politico, che nascerebbe dal ‘trasloco’ di Draghi al Colle, quasi tutti i ministri ‘tecnici’ salterebbero. Le poltrone di almeno quattro dicasteri, la cui gestione solleva peraltro forti critiche, da parte dei partiti di maggioranza, sono a rischio: si tratta di Innovazione digitale (Colao), Transizione ecologica (Cingolani), Infrastrutture (Giovannini), Istruzione (Bianchi).

lamorgese

La ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese

Ma anche quelle cruciali di Giustizia (Cartabia), Interni (Lamorgese), Economia (Franco) potrebbero saltare. In totale, si tratta di quattro/setti posti. In partita, entrerebbero Gianni Cuperlo (sinistra) e Irene Tinagli (area liberal) nel Pd, Spadafora e Buffagni (5Stelle), leghisti ortodossi nella Lega più alcuni strapuntini ai centristi di Iv, Toti, etc. In ogni caso, in quel caso, il motto sarebbe “cherchez la femme!” cioè largo a nomi di donna che Letta imporrebbe di certo.

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Irene Tinagli

Fantapolitica? Forse, anche perché la chance che Draghi vada effettivamente al Colle non è poi così alta e perché il nuovo Capo dello Stato avrebbe di certo da ridire sulle troppe ‘rimozioni’ dei suoi ministri. E, infine, perché – quando apri una crisi di governo e ne devi fare uno nuovo – sai come ne entri, ma non sai mai come ne esci.