Il Piave non mormorò. E’ una Caporetto. Il Pd ha straperso le elezioni. Letta annuncia le dimissioni

Il Piave non mormorò. E’ una Caporetto. Il Pd ha straperso le elezioni. Letta annuncia le dimissioni

26 Settembre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Il Piave (non) mormorò. Stavolta la battaglia è già una Caporetto. Il Pd ha straperso le elezioni. Letta è sul punto di lasciare (il congresso verrà anticipato e si terrà a marzo del 2023). Si infittisce la corsa per il dopo-Enrico: Stefano Bonaccini, Elly Schlien, ma anche Matteo Ricci e altri sindaci sono già pronti.

LETTA ANNUNCIA LE SUE DIMISSIONI

LETTA ANNUNCIA LE SUE DIMISSIONI

BREAKING NEWS: LETTA ANNUNCIA LE SUE DIMISSIONI, MA RESTERA’ IN CARICA A GUIDARE IL PD FINO AL CONGRESSO

Il Pd ha straperso le elezioni

Il Pd ha straperso le elezioni

 

Nb: questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2022 in forma originale sul mio blog e poi anche sul sito di notizie The Watcher Post.it ma – importante nota metodologica – attenzione: le analisi dei dati e flussi elettorali sul Pd e sul centrosinistra sono ferme alle proiezioni di ieri notte all’una circa. Invece, l’aggiornamento con le dimissioni di Enrico Letta, arrivate oggi, è di questa mattina. 

 

Il Piave non c’è più. Resta solo la sensazione di una brutta Caporetto: si materializza nella notte il peggiore incubo dem

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Meloni che, di notte fonda, fa un discorso pacato, da vera statista, moderato

Finisce, prima ancora che il segretario uscente – ormai dimissionario – Enrico Letta parli davanti alle telecamere, il giorno dopo (cioè solo oggi, 26 settembre, verso mezzogiorno e dal Nazareno), il segretario dem, dopo neppure un anno alla guida del partito, annuncia le sue dimissioni irrevocabili: “Faremo tutte le analisi, gli errori ci sono e ci sono stati, io faccio una scelta nell’interesse massimo di  un partito che ha bisogno di avviare la costruzione della legislatura  e convocare il Congresso. Credo sia meglio che sia a convocarlo , piuttosto che cominciare altre dinamiche che farebbero perdere tempo, è il mio gesto di amore verso il partito, la mia leadership finirà appena il Congresso avrà individuato una nuova leadership”. Quindi, subito dopo un congresso anticipato che, naturalmente, si terrà al ‘solito modo’: primarie (prima ‘interne’, tra gli iscritti, poi ‘esterne’, tra militanti e simpatizzanti, infine proclamazione del nuovo segretario nell’Assemblea nazionale). 

Resta, poco prima, sempre lei la povera Debora Serracchiani cui tocca dare il triste annuncio del non lieto evento: La segreteria Letta? “Siamo tutti pronti a  prenderci le responsabilità. C’è un Congresso già fissato a marzo (non è vero, vuol dire anticiparlo di diversi mesi, ma si vedrà meglio poi, ndr.) ma  è prematuro parlare di questo, piuttosto parliamo di come impostare  una opposizione efficace in Parlamento“. Insomma, è sempre lei, la povera Debora, da ieri notte, a fare da ‘san Sebastiano’. 
.Certo, la vittoria del centrodestra è indubitabile. Una brutta botta, non c’è molto da girarci intorno.

Ma non c’è solo quella, a tormentare il povero Pd. Maggioranza di governo, e pure ben salda, in entrambe le Camere, in mano al centrodestra, con FdI che brilla di luce propria, al 25% e rotti. Meloni che, di notte fonda, fa un discorso pacato, da vera statista, moderato, cita pure S. Francesco. 

I 5Stelle che dilagano al Sud

I 5Stelle dilagano al Sud

I 5Stelle che dilagano al Sud: non sfondano altrove ma sono a un’incollatura sola dai dem. Il Terzo Polo che non sfonda, ma pure lui c’è (8%). Gli alleati minori che rosicchiano voti e seggi.

L’incubo peggiore che poteva materializzarsi, davanti agli occhi esterrefatti, del Nazareno, è fatto di tanti, piccoli e grandi, drammi e dolori. Si materializzano, prima ancora che davanti ai teleschermi, davanti ai sondaggi riservati che ‘girano’, in modo vorticoso e frenetico, su WA. I pochi che facevano ben sperare erano tutti fake.

enrico letta sconfitta

Il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta

Quelli ‘veri’ –stiamo parlando solo di exit poll, non di proiezioni vere: arriveranno solo di notte – sono, invece, disastrosi. Al Nazareno regna lo sgomento. I partiti ‘minori’ manco si fanno vedere: ognuno se ne resta a casa propria. Ma anche i ‘nanetti’ inglobati nel Pd e cui il Pd ha ‘regalato’ seggi (Psi, Articolo 1, Demos) vengono. Cori ingrati. I dirigenti dem, e Letta, restano da soli, ma Letta è il più solo di tutti.

 

Una sconfitta peggiore di quella subita da Matteo Renzi 2018 e, dopo di questa, la più disastrosa in tutta la storia della Sinistra

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Una sconfitta che può ‘battere’ alcuni record…

Certo è che la sconfitta che si staglia all’orizzonte – per Letta, la sua segreteria, il suo partito – è netta, rotonda, totale. Una vera, storica, disfatta. Nel 2018, al culmine dell’era Renzi, il Pd prese, sia alla Camera che al Senato, il 18,7%: non c’era stato il taglio del numero dei parlamentari, ma l’affluenza (72,9%) era stata molto più alta di ieri, il che vuol dire che quello che Letta definì, e più volte, “il peggior risultato nella storia del Pd e della storia della sinistra italiana”, l’era Renzi, è una cifra elettorale che, vista con gli occhi di oggi, diventa quasi tonica, fresca, rinfrancante.

Il Pd di Letta

Il Pd di Letta

In pratica, il Pd attuale, quello di Letta, che ha inglobato, al suo interno, Articolo 1 (la ex Leu, che nel 2018 valeva il 3,5%), il Psi (valeva lo 0,5%) e Demos (non valeva nulla), non si muove di una virgola decimale dall’aborrito Pd di Renzi e con una percentuale di votanti assai più bassa (65% contro 72%, quindi con molte più chanche).

Il 19% è una debacle del Pd, da tutti i punti di vista

Il 19% è una debacle del Pd, da tutti i punti di vista

Il 19% è una debacle del Pd, da tutti i punti di vista. I parlamentari saranno un numero davvero esiguo, quasi imbarazzante (32-38 al Senato, 60-75 alla Camera). Pure la coalizione è stata un flop, anche perché puramente elettorale e mai politica. Gli elettori lo hanno capito fin troppo. Si ferma, il centrosinistra, al 25-26%. Nel 2018, certo, fu un disastro, dato che si fermò al 22,8%.

Ma i partiti ‘fratelli’ sono andati pure loro malino: Impegno civico di Di Maio polverizzato, sotto l’1%, con i suoi voti letteralmente ‘buttati’; +Europa che, a malapena, agguanta il 3%, inutile; Verdi e SI restano i soli a superare bene il 3%.

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Achille Occhetto, ultimo segretario del Pci e primo segretario del Pdl

Per trovare risultati simili e similmente drammatici bisogna tornare al Pds di Achille Occhetto che, nel 1994, prese il 20,3% (ma, come coalizione, arrivò fino al 32,9%) e al 1948, quando Pci e Psi, uniti nel Fronte democratico popolare, presero soltanto il 30,9% dei voti validi. Una sconfitta storica, oltre che assai poco epica.

la linea del piave Battaglia del Solstizio

Linea del Piave

Il problema è che l’asticella iniziale era alta: il Pd puntava al 30% e il centrosinistra alla vittoria. Restare sopra il 20% rappresentava la linea del Piave, sotto è una, devastante, Caporetto. Le richieste di dimissioni, per Letta, diventeranno pressanti e il congresso anticipato è già alle porte.

Parlano solo Debora Serracchiani e Francesco Boccia, ma non riescono proprio a dire: “Abbiamo sbagliato e abbiamo perso”

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“Non possiamo non attribuire la vittoria alla destra”, dice, esausta, all’una di notte, la democrat Deborah Serracchiani

“Non possiamo non attribuire la vittoria alla destra”, dice, esausta, echeggiando Montale (“Solo ciò possiamo dirti: cosa non siamo, cosa non vogliamo”), all’una di notte, la democrat Deborah Serracchiani, davanti ai tantissimi giornalisti presenti. Sono circa trecento, dai giapponesi agli svedesi non manca nessuno, ma molti sono quelli piccati e scocciati, hanno sbagliato indirizzo e location: dovevano andare al Parco dei Principi, da FdI, sono finiti qui, al Pd, che è come essere invitati, la notte di Capodanno, alla festa sbagliata, quella per sfigati, ed è la loro.

Tornando alla (simpatica, brava, perbene) Deborah, la sua è una doppia negazione, un fine barocchismo, per evitare di fare un’affermazione semplice: loro hanno vinto, noi abbiamo perso.

francesco boccia

Francesco Boccia

Ma peggiore della tristezza, come sentimento, c’è la sicumera. Nella “notte più buia” della vita e dei risultati del Pd dell’intero secondo dopoguerra (escluso, ma quasi raggiunto, il 18,7% raggiunto nel 2018 dal Pd di Renzi), parlano in due. Uomo/donna, tipica scuola dem. La capogruppo uscente del Pd alla Camera, Deborah Serracchiani, come già detto, e il responsabile Enti Locali del Pd, Francesco Boccia, assai comodamente seduto negli studi di Bruno Vespa. La prima è triste, mesta, si vede, lo dice da sola. Il secondo, invece, è ilare, giulivo, facondo. Stare in tv gli piace, e si vede pure qui. Lei, invece di riconoscere la batosta elettorale evidente, attacca il risultato “pessimo” della Lega, quello “modesto” del Terzo Polo. Non gli esce un “abbiamo perso, sbagliato, scusateci”. Niente. Solo che la voce e il volto – cupi, tristi – tradiscono le parole, solo fintamente combattive.

Fonzie

Boccia, invece, è come Fonzie: non solo non sa pronunciare la parola ‘scusa’, ma irride, in studio, gli avversari

Boccia, invece, è come Fonzie: non solo non sa pronunciare la parola ‘scusa’, ma irride, in studio, gli avversari, fa l’opinion maker, assicura che dal Sud – dove il Pd, secondo i flussi, è ridotto al 12-14% e al ruolo di terzo partito dopo M5s e FdI – “partirà la riscossa”. Assieme a Conte, ovvio, che Boccia – come il governatore Michele Emiliano ci è proprio amico-amico di Conte, e personale.

Il segretario va nel suo ufficio, ma è semi-solo, tranne i suoi

Marco Meloni, capo segreteria di Enrico Letta e suo braccio destro fidatissimo

Marco Meloni, capo segreteria di Enrico Letta e suo braccio destro fidatissimo

Enrico Letta, invece, tace. Il segretario è arrivato alla chetichella, ma tardi, dopo la mezzanotte, si è chiuso nel suo ufficio con i (pochi) fedelissimi, tra cui Marco Meloni, il suo capo segreteria. Il suo ufficio è al secondo piano.

La lunga notte del Nazareno e i suoi strascichi

La lunga notte del Nazareno e i suoi strascichi

Al terzo c’è la terrazza, di solito si gode da lì una vista mozzafiato, straordinaria, sui tetti di Roma, ma è buia – del resto, è notte, una cupa, triste, notte romana – e 300 giornalisti di tutto il mondo che, però, vengono lasciati a bocca asciutta, poveretti. Niente Letta, si devono accontentare di Deborah.

Letta testaccio

Letta va a votare al suo seggio al Testaccio

Dopo aver votato, nel suo quartiere, a Testaccio, con la moglie, l’ex professore di Sciences Po’ a Parigi (la battuta più ovvia, tra i dirigenti dem è: “aiutiamolo a farvi presto ritorno”), è andato a messa. Ma la benedizione non è servita a nulla.

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La sconfitta di Caporetto

Il clima e l’umore è quello che è: mesto. Gli exit poll girano di cellulare in cellulare, di WA in WA, sono quello che sono: pessimi. Per giorni il Pd – e lui stesso – hanno ‘creduto’ nella rimonta e avevano pure fissato la ‘linea del Piave’, il 20% (un mese fa il Pd puntava a fare, da solo, il 30%, vabbé, amen, bei tempi, quelli di un mese fa…), invece è arrivata la rotta di Caporetto: 19.3% per Rai-Opinio (quinta proiezione della notte, per il Senato, e 19.4% alla Camera, per la sinistra è la stessa cifra presa dal Pd di Renzi nel 2018), pure il 19.3% per SWG, peggio si sentono per gli altri.

I numeri (impietosi) che segano la sconfitta di Pd e centrosinistra

Di Maio sconfitto

Luigi Di Maio  perde pure il suo collegio, quello di Napoli-Afragola, smacco nello smacco

La coalizione è messa un pochino meglio: 26,3% per Rai-Opinio al Senato, 26,3% alla Camera (e Pd al 19,4%) solo 25,5% per SWG (al Senato), ma tutto e solo grazie allo ‘scatto di reni’ di Verdi-SI, stabili al 3,5 (Camera) e 3.4% (Senato). +Europa balla sul filo del 3,0%, alla fine ce la fa, Impegno civico sta sotto un’imbarazzante 1%, abbondantemente, intorno allo 0,6%: voti inutili con Luigi Di Maio che perde pure il suo collegio, quello di Napoli-Afragola, smacco nello smacco.

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Il logo di + Europa

Per quanto riguarda i seggi, il Pd avrebbe 32-38 seggi al Senato e 60-74 alla Camera. Pochissimi. Poi ci sono 10-16 seggi a Verdi-SI alla Camera e 5-9 seggi al Senato, che non sono pochissimi, anzi. Bonelli e Fratoianni, di notte, da un lato sono più onesti e riconoscono la brutta verità (“Avemo perso”), dall’altro gonfiano il petto (“ora ricostruire la sinistra, allearsi con Conte”). Insomma, la sinistra-sinistra se ne va per conto suo. Ne arrivano pure, di seggi, per Più Europa: 2-12 alla Camera, circa 5 (forse) al Senato. Ma loro faranno asse, più facilmente, con Calenda, il loro antico amore, che con i ‘sinistri’ cocomeri, con i quali non hanno mai avuto a che spartire.

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L’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini

Zero seggi, ovviamente, per IC-Di Maio mentre si salva Tabacci, grazie all’uninominale, ma non Di Maio e Casini, candidato dal Pd. Senato dove il Pd vince in soli tre collegi uninominali tre, tra Bologna e Firenze, su ben 74. Tre pallini ‘rossi’ in un mare di blu e qualche macchiolina di giallo, dato che persino il M5s ne prende di più (4-5). Una disfatta epica, storica, totale e globale. Una debacle peggiore anche di quella del 2018.

La ‘sottile linea rossa’ è stata ormai infranta e forse per sempre. Al Sud il Pd non c’è più, nelle zone rosse si vede ancora appena

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La ‘sottile linea rossa’ è stata ormai infranta

La ‘sottile linea rossa’ che era stata messa tra la ‘tenuta’ dello ‘zoccolo duro’ (come si diceva ai tempi del Pci-Pds-Ds) e una sonora batosta, o debacle, è stata decisamente, e tragicamente, superata. Solo il 20% e più, se mai fosse arrivato, poteva ‘cambiare verso’ alla narrazione che il Pd avrebbe potuto offrire al suo popolo e ai media, ma è stato solo un continuo rinculo verso il basso.

Movimento 5 stelle

Movimento 5 stelle

Inoltre, i 5Stelle sono a un passo e un fiato (16%) con Conte più che ringalluzzito e che, ora, vuole venire a dettar legge nella disastrata casa altrui. I 5Stelle sono il primo partito, al Sud, poi c’è FdI, il Pd è solo terzo, con percentuali risibili (12-14), anche nel NordOvest e NordEst il Pd è in rotta, nelle ex zone rosse tiene, ma sempre più sbiadito. E ahi voglia il Pd a dire che “nel Sud l’alleanza con i 5Stelle può diventare forte e maggioritaria”, il Pd è, ormai, un ex gigante dai piedi d’argilla.

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Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici, magistrato ucciso dalla mafia nel 1983

Persino le elezioni siciliane mandano un pessimo segnale: la candidata del centrosinistra, la Chinnici è solo terza, superata pure da De Luca (Cateno) con i 5Stelle a un’incollatura appena. Il seggio uninominale di Luigi Di Maio, nella notte, pencola paurosamente e, poi, finisce per perderlo. Insomma, il Sud che invoca Boccia non sembra portare buone nuove, nella notte, ma solo cattive.

 

La lotta per la segreteria e il congresso anticipato da ieri è partita

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La lotta per la segreteria già da ieri è partita

Proprio il rapporto con i 5Stelle è il busillis: con metà del partito che non vede l’ora di poterli riabbracciare (la sinistra: Orlando, Provenzano, Cuperlo, l’ideologo Bettini, ma oltre a loro pure Speranza e, dietro , Bersani e D’Alema) e rimprovera a Letta di non averci fatto l’alleanza che poteva salvarli tutti, a Conte e pure a loro.

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Guerini e Lotti

E l’altra metà che li detesta (Guerini e Lotti, ma anche OrfiniFranceschini non si capisce ancora bene, ma dipende: lui sta sempre con chi vince, si chiama ‘Giu-Dario’ mica per caso). Il resto è noia, cioè personaggi minori che contano zero.

Letta poverino sta nel mezzo ma e gia divenuto un asino di Buridano

Letta, poverino, sta nel mezzo, ma è già divenuto un asino di Buridano

Letta, poverino, sta nel mezzo, ma è già divenuto un asino di Buridano: prende calci da tutti. Uno sport tipico, dentro il Pd. A campagna elettorale ancora al foto finish, con Letta che chiedeva “unità e compattezza”, Stefano Bonaccini ha lanciato, a Rimini, un’iniziativa senza simboli del Pd, solo con tanti ‘tricolori’, insieme a molti sindaci di molte città (Nardella, Gori, Gnassi, Decaro), per autocandidarsi, di fatto, al post-Letta. “Bonaccini non si mette paura e non rincula”, spiegano i suoi. 

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Dario Nardella

Lui, certo, vorrebbe resistere, ma oltre a Bonaccini, che ha l’appoggio di Base riformista (gli ex renziani), molti sindaci, una rete locale già organizzata, si vogliono buttare nella mischia pure altri due sindaci: Dario Nardella (forse) e Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, sicuramente, con la sua rete ‘alternativa’ di sindaci progressisti, quella di Ali. Il quale Ricci, già ieri, di prima mattina, ai suoi dice: Matteo Ricci è in campo perchè c’è chi sostiene convintamente che “dopo Letta tocca ai Sindaci” e il Coordinatore dei Sindaci Dem avrebbe già fatto sapere alla sua rete di Sindaci (come Presidente dell’associazione dei sindaci riformisti, ALI – Autonomie per l’Italia, negli ultimi anni, ha formato gruppi dirigenti di amministratori in ogni regione) che lui, quando si aprirà il congresso per il “dopo Letta”, stavolta sarà della partita. “Sei stato il primo, già due anni fa – gli avrebbero detto quelli più vicini, convincendolo a provarci – che ha allargato una maggioranza dì centrosinistra ai cinquestelle, con successo. Inoltre per costruire un progetto nuovo dobbiamo ripartire dalla provincia italiana, da lì dove non pesiamo più e dove continuiamo a perdere. Serve la sinistra di prossimità” Quindi, se ne deduce che il Coordinatore dei Sindaci PD, sarà in campo. Motto e claim sarà : “La Sinistra veloce”.

I diversi candidati già in campo: quelli della ‘destra’ (Bonaccini) e della ‘sinistra’ (Schlien), e i sindaci come outsider (Matteo Ricci)

Schlein e Bonaccini

Schlein e Bonaccini

A sinistra, capita la mala parata, hanno capito che è meglio evitare, contro il ‘cavallo di razza’ Bonaccini di mettere in campo candidature deboli come fu quella di Orlando contro Renzi nel 2019: sarebbe quella di Peppe Provenzano, ma alla fine sembra che il giovane della sinistra ‘engagé, nonché discepolo prediletto di un nume tutelare del Pci riformista, Emanuele Macaluso, non si candiderà e non si lancerà. 

Giuseppe Provenzano

Giuseppe Provenzano

L’alternativa è l’astro nascente della sinistra ‘radical’, engagé, dei diritti 4.0, quella di Elly Schlien. Lesbica, super-compagna, donna, giovane, metterebbe insieme tutti, a sinistra, e avrebbe pure la benedizione di Letta, oltre che – pare – quella di Romano Prodi e pure della sinistra interna dem (l’area Orlando e l’area Provenzano), sempre che quest’ultima decida di ritirare il suo ‘campione’ (Provenzano), che – almeno ad occhio – tanto ‘campione’ non è, però. 

matteo ricci

Matteo Ricci

Il quale Letta, come si diceva prima, e per l’intera notte, resta solo insieme a Meloni e al suo staff. Come nel 2015, quando Renzi gli suonò la campanella, Letta è di nuovo solo, nel suo Pd. Conviene torni davvero a Parigi. Basta amarezze. Lui ci pensa, di nuovo, e seriamente.

enrico letta pd parigi

Dopo neppure un anno (arrivò a marzo 2021, poco dopo l’arrivo di Mario Draghi al governo), potrebbe riprendere la via ‘di casa’. Parigi, o cara, un bel dì vedremo. Letta sta per rivederla. Meglio così, del resto. In Italia non ne val la pena, di rovinarsi il fegato per tutti sti’ ‘cori ingrati’…