“Cherchez la femme!”. Solo che non si trova… Almeno non all’interno del nuovo Parlamento

“Cherchez la femme!”. Solo che non si trova… Almeno non all’interno del nuovo Parlamento

3 Ottobre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

“Cherchez la femme!”. Solo che non si trova… Almeno non all’interno del nuovo Parlamento. Disastro, tranne che per FdI e specie nel Pd, per la presenza femminile nelle nuove Camere

Cherchez la femme

“Cherchez la femme!”. Solo che non si trova…

 

Nb. Questo articolo è stato pubblicato il 3 ottobre 2022 su “Luce!”, portale diversità del gruppo QN

 

Poche, maledette e subito”. La presenza femminile nel nuovo Parlamento è ridicola…

 

Poche donne

Poche donne

Poche donne, soprattutto dentro il centrosinistra, con relative polemiche al fulmicotone, un buon numero nel Terzo Polo. Poche pure dentro i 5s. Un numero non eclatante, dentro il centrodestra. Non si può proprio dire che le donne, a far di conto, ci abbiano ‘guadagnato, in termini di rappresentanza di genere e, dunque, ‘quote rosa’ alle elezioni politiche, quelle del 25 settembre. Era difficile fare peggio dello stato attuale, ma i partiti sono riusciti a deludere ogni aspettativa. La XIX legislatura che si sta per aprire avrà meno donne in Parlamento di quella precedente: dal 35% del 2018, infatti, si è passati al 31% di donne parlamentari, sul totale delle elette. Ovvero appena 186 contro i 414 colleghi maschi. E, per la prima volta in 20 anni, la percentuale decresce, invece che aumentare. Infatti, se dal 2001 in poi, si erano registrati graduali incrementi ogni volta che si eleggevano le nuove Camere, da quest’anno la tendenza è tutta all’inverso e si scende anche sotto la media Ue (32,8%).

numeri in parlamento

I numeri, in Parlamento, però, parlano chiaro

I numeri sono chiari e impietosi per l’intera classe politica. Come ricorda l’agenzia Ansa, nel 2001, anno della vittoria della Casa delle libertà, le donne elette furono il 10,7% del totale. Da quel momento in poi però, la crescita fu costante: infatti, nel 2006 furono il 15,94%, nel 2008 il 19,63%, nel 2013 il 30,11% e nel 2018 il 35%.

Giorgia meloni

Giorgia Meloni

Fino ad arrivare alla situazione paradossale attuale, quella del 2022: l’Italia si prepara ad avere la prima presidente del Consiglio donnaGiorgia Meloni, ma il Parlamento, invece di migliorare la parità di genere, la peggiora…

Ora, al netto del fatto che, soprattutto a sinistra, amano lamentarsi degli errori compiuti, ma solo dopo averli fatti (oggi, nel dibattito precongresso del Pd, che si è già aperto dopo le dimissioni di Letta, seguite alla batosta elettorale subito, sono diverse le donne – da Elly Schlein a Paola De Micheli – che si ‘candidano’ a guidare il partito), ovviamente, più del numero, conta ‘chi’ fa ‘cosa’ e, cioè, come si muoveranno e cosa produrranno, le donne, all’interno del prossimo Parlamento.

Elly Schlein a Paola De Micheli

Elly Schlein Paola De Micheli

Ma ‘come’ sarà, dal punto di vista qualitativo, si vedrà meglio solo più avanti. Bisogna ancora conoscerli, misurarli, sottoporli alla prova del fuoco, capire bene ‘chi’ sono e da dove vengono. Sia le donne che, ovviamente, anche gli uomini.

 

E’ la democrazia, bellezza!”. Le lunghe e barocche strade per dare vita a un governo

democrazia

“E’ la democrazia, bellezza!”

I nuovi deputati (400) e i nuovi senatori (200, esclusi i sei senatori a vita, veterani dell’aula di palazzo Madama) devono ancora entrarci, nel Parlamento della Repubblica, che inaugurerà la sua XIX legislatura dell’era repubblicana il prossimo 13 ottobre. Quel giorno vi sarà la proclamazione dei nuovi eletti, la formazione dei gruppi parlamentari e, infine, l’elezione dei suoi nuovi organi di comando: le due presidenze, quattro vicepresidenze per ogni aula, otto segretari d’aula cadauno, tre questori a testa, etc.

mattarella

Il capo dello Stato Sergio Mattarella

Ci vorranno, tra un tira e molla e l’altro, due giorni, se tutto va bene. Per il 15 ottobre, dunque, le nuove Camere saranno completate in tutto e per tutto e si potrà procedere – ma al Quirinale – alle consultazioni per formare il nuovo governo. Infatti, come da tradizione, il Capo dello Stato convoca i gruppi parlamentari e ‘anche’, ma solo informalmente, i leader di partito, al seguito dei primi. Poi, finalmente, il rito delle consultazioni (i neo presidenti delle due Camere ‘salgono’ al Colle per primi), l’affidamento dell’incarico, poi le consultazioni del presidente del Consiglio incaricato (che accetta sempre “con riserva”), l’eventuale scioglimento della stessa, la presentazione, al Capo dello Stato, del nuovo governo, il giuramento (al Colle) del presidente del Consiglio e dei suoi ministri, la cerimonia della campanella (il passaggio di consegne dal vecchio al nuovo governo) e, infine, l’insediamento del nuovo governo. Finisce qua?

fiducia

No, perché il nuovo governo deve ottenere la fiducia (per convenzione politica, ma non – si badi bene – istituzionale, deve cioè ottenere la maggioranza assoluta in entrambe le Camere: 201 voti alla Camera, 104 al Senato, causa la presenza dei 6 senatori a vita che fanno ‘media’) e, una volta incassata quella, entrare in funzione. Segue la nomina di viceministri e sottosegretari. Infine, il governo entra nella pienezza dei poteri.

Humphrey Bogart

Humphrey Bogart

Procedure lunghe, barocche, assai complicate? Vero, ma “è la democrazia, bellezza! E tu non puoi farci nulla!” direbbe Humphrey Bogart… Morale, fino a quando il centrodestra cambierà la Costituzione, introducendo il presidenzialismo, si fa così e stop. Persino il centrodestra, a oggi, ‘ci deve stare’. Sarà un nuovo governo a guida Giorgia Meloni, e politicamente di centrodestra, quel governo, il 68 esimo dell’era repubblicana (quello Draghi è fino a oggi, infatti, il 67 esimo)? Molto probabilmente, se non sicuramente, sì.

 

Il primo governo italiano a guida ‘femminile’. Ma quante donne, oltre la Meloni, ci saranno?

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Trattasi, in buona sostanza, del primo governo italiano che verrà guidato da una donna. Donna il cui profilo abbiamo già, con dovizia di particolari, descritto all’interno di queste pagine.
 Quindi, non ci dilungheremo su ‘chi è’ Giorgia Meloni, che ‘tipo’ di donna è e neppure su che governo farà. Quello che si chiama, in gergo, il ‘totoministri’. Anche se, ovviamente, nel ‘gioco’ che appassiona molto i retro scenisti e molto poco i concittadini – i quali vogliono sapere di come il nuovo governo combatterà il carovita, l’inflazione, gli aumenti esponenziali delle bollette, la guerra in Ucraina e, quindi, che genere di manovra economica farà – la questione della presenza femminile peserà.

donne

Quante donne ci saranno nel governo Meloni?

‘Quante’ saranno le donne, nel suo governo? Certo, già la stessa presenza di una premier donna pesa eccome, nel computo. In ogni caso, nomi di donne, nel toto-ministri, ne girano, e parecchie. Annamaria Bernini e Licia Ronzulli, entrambe di FI. Giulia Bongiorno ed Erika Stefani (Lega). Isabella Rauti (FdI), ma anche altre. Elisabetta Belloni (nome tecnico). E molte altre. Pare tramontata, invece, l’idea Letizia Moratti. Potrebbero esserci, in totale, 6/7 donne ministre.

 

Il record (a metà) del governo Renzi e gli altri

Matteo Renzi

Matteo Renzi

Ma qui il record, ad oggi ineguagliato, spetta al primo e unico governo guidato da Matteo Renzi (erano otto ministre su dodici, ergo perfetta parità di genere, anche se poi scesero a sole sei).

interviste Maria Elena Boschi (IV)

Maria Elena Boschi (IV)

Insomma, prima del governo Renzi, mai nessuno aveva avuto il 50 per cento di ministri donne. Ma il “50/50” rivendicato da Renzi – e, all’epoca, da Maria Elena Boschi (Riforme), veniva meno se si allargava lo sguardo all’intera squadra di governo. Considerando le cariche di viceministri e sottosegretari, la rappresentanza femminile del governo Renzi scendeva, infatti, al 27,5% all’atto dell’insediamento: meno di tre donne su 10. Ma una quota uguale, o superiore, non è stata poi registrata da nessun esecutivo successivo. Né da Gentiloni (5 donne su 18 ministri), né dal Conte I (5 su 18 all’insediamento, poi salite a 6 su 18), né dal Conte II (7 su 22 all’insediamento, poi salite a 8 su 23) né, tantomeno, dall’attuale governo di Mario Draghi, che ne conta appena otto rispetto ai ben 15 ministri uomini in carica.

tina anselmi

Tina Anselmi

Per quanto le quote di genere, il governo Draghi resta ‘squilibrato’, ma è comunque da tenere presente che gli esecutivi precedenti non avevano fatto meglio. Se si considerano i ministri a inizio incarico, dal terzo governo Andreotti (il primo con una donna ministro: Tina Anselmi, Dc, che era titolare del Lavoro, 1976-1979), la quota di donne presenti nel governo Draghi segue solo il governo Renzi, che, appunto, all’atto della sua nascita, aveva il 50% di ministre donne. Si vedrà solo tra alcune settimane ‘quante’ donne saranno presenti all’interno del governo Meloni.

 

I seggi del nuovo Parlamento nel dettaglio e, rispetto a ogni gruppo, la presenza delle donne

donne parlamento

Ma torniamo al tema delle ‘donne’ in Parlamento. Con la vittoria netta del centrodestra, la geografia del Parlamento, alla luce della riduzione dei seggi rispetto alla scorsa legislatura, è profondamente cambiata. I nuovi gruppi, come si diceva, sono pronti a formarsi.

Il centrodestra elegge in tutto 115 senatori e 237 deputati, cioè fa il pieno. Il centrosinistra raccoglie le briciole: porta a Montecitorio appena 85 deputati e a Palazzo Madama 44 senatori. Prima delle presenze ‘femminili’, vediamo la composizione in termini assoluti dei vari gruppi che, appunto, si formeranno formalmente il 13.

Fratelli d’Italia. Alla guida della coalizione c’è il partito di Giorgia Meloni, che a Palazzo Madama avrà un gruppo di 66 senatori e a Montecitorio conterà su 119 deputati.

Lega. Al Senato il partito guidato da Matteo Salvini formerà un gruppo di 29 eletti mentre alla Camera ci saranno 67 deputati.

Forza Italia. Silvio Berlusconi porta a Palazzo Madama una truppa di 18 senatori. Gli azzurri alla Camera saranno invece 44.

Maie. Il Movimento associativo italiani all’estero elegge un senatore e un deputato (due uomini).

Noi Moderati. La lista Noi Moderati, che ha corso in coalizione col centrodestra, avrà a Palazzo Madama un solo senatore, mentre alla Camera la compagine sarà di 7 deputati.

Coraggio Italia. Per Coraggio Italia del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, un solo senatore e nessun deputato.

Partito democratico. Il partito guidato da Enrico Letta (ancora per poco) porta a Palazzo Madama 40 senatori e a Montecitorio 69 deputati.

Sinistra Italiana e Verdi. La lista che metteva insieme Sinistra Italiana e i Verdi ha eletto 4 senatori e 12 deputati.

+Europa. Il partito di Emma Bonino porta in parlamento solo due deputati, entrambi maschi e entrambi grazie ai collegi uninominali dati dal Pd.

Impegno Civico. Impegno Civico, la neonata formazione politica guidata da Luigi Di Maio, ha eletto un solo deputato, l’ex dc Bruno Tabacci.

Vallée d’Aoste. Per la lista in coalizione con il centrosinistra è stato eletto un solo deputato.

Movimento 5 stelle. Il partito guidato dall’ex premier Giuseppe Conte, che nella scorsa legislatura aveva numeri alti, porta a Palazzo Madama 28 senatori e alla Camera 52 deputati.

 Azione e Italia Viva. La lista dei due partiti di Carlo Calenda e Matteo Renzi ottiene 9 senatori e 21 deputati: registra il più alto numero di donne.

SVP. Il partito autonomista trentino della Svp porta alla Camera 3 deputati, al Senato 2 senatori.

‘Sud chiama Nord’ di De Luca. “Sud chiama Nord” di Cateno De Luca, ex sindaco di Messina, ha eletto un deputato e un senatore. Due maschi.

tirare le somme

Tirando le somme, se si guardano le performance dei singoli partiti, gli unici ‘fuori dal coro’, in quanto a rappresentanza femminile, sono stati Azione-Iv e Movimento 5 stelle: il partito di Carlo Calenda ha eletto il 46% di donne (14 su 30 parlamentari), mentre il M5s ne elegge il 45% (35 su un totale di 79 parlamentari). Ma, considerando che il Terzo Polo partiva e ha preso percentuali molto più basse (7%), sapendo bene che sarebbe finita così, e il M5s molto più basse, sapendo invece che avrebbe sfondato il 15%, il ‘palmares’ delle quote rosa spetta al Terzo Polo.

Male, molto male, il Partito democratico, con appena il 31% di elette (36 su 109) Alleanza Verdi-Sinistra (30%), due partiti che sulla parità di genere e i diritti delle donne hanno imbastito gran parte della loro campagna elettorale.

Chiara Gribaudo

Chiara Gribaudo

“Abbiamo un problema”, ha scritto la deputata dem Chiara Gribaudo, neo eletta, su Twitter: “Dobbiamo cambiare radicalmente la cultura patriarcale che ancora sopravvive nel Pd”.

Non che le cose vadano meglio a destra. Bloccato al 30%, c’è Forza Italia, ma anche lo stesso Fratelli d’Italia, l’unico partito che può vantare una leadership tutta al femminile. Peggio di tutti, infine, il Carroccio, che non supera quota 29%.

 

Una legge ingiusta e una giusta denuncia…

rosatellum

Gli annosi guai di rappresentanza femminile nelle stanze del potere politico italiano sono ormai noti. E, a peggiorare la situazione ci si è messa una legge elettorale, il Rosatellum, che seppur formalmente introduca le quote di genere (in percentuale di 60/40 per l’alternanza donna/uomo nelle liste elettorali), concede alcuni espedienti capaci di annullarne qualsiasi effetto.

alternanza di genere

“alternanza di genere”

Le liste, infatti, devono essere formate seguendo l’alternanza di genere, è vero. Ma questo non per forza consente alle donne di avere pari diritti di ingresso in Parlamento. Dato che sono state autorizzate le pluricandidature (fino a cinque per ogni lista nei collegi plurinominali, quelli che vengono eletti con sistema proporzionale, detti anche listini ‘bloccati’, e non a caso…), basta candidare la stessa donna in più collegi e, se viene eletta, in uno di questi, dovrà ‘lasciare’ il posto ai candidati uomini in lista dietro di lei.

Uomini

i candidati… uomini

Ma non c’è solo il sistema di voto a giocare ‘contro’ le donne: le dirigenze dei partiti o, più genericamente, i vertici stessi continuano a essere nella maggior parte dei casi maschili. Non sorprende, quindi, che, in un Parlamento con molti meno posti a disposizione, ad andare avanti siano stati ancora loro: i candidati… uomini.
Al di là di promesse e proclami, è molto chiaro a chi bisogna chiedere contro dell’arretramento: la colpa è, ancora una volta, tutta e solo dei partiti.

la sociologa Chiara Saraceno

La sociologa Chiara Saraceno

Lo ha ribadito la sociologa Chiara Saraceno, qualche giorno fa, sul quotidiano La Repubblica: L’uguaglianza di genere nell’accesso alle responsabilità politiche continua a essere lontana. Non si può dire che sia colpa degli elettori che preferiscono scegliere uomini, dato che l’orrendo sistema elettorale in vigore lascia in mano ai partiti ogni decisione su chi ha più o meno chance di passare. Evidentemente tutti i partiti, chi più, chi meno, incluso quello della Meloni, hanno privilegiato le candidature maschili”. E, di nuovo, pure stavolta non c’è alibi che regga.