Primarie sì, ma col ‘barbatrucco’. La Direzione del Pd oggi approva ‘tempi’ e ‘modi’ del congresso per il post-Letta

Primarie sì, ma col ‘barbatrucco’. La Direzione del Pd oggi approva ‘tempi’ e ‘modi’ del congresso per il post-Letta

6 Ottobre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Primarie sì, ma con il ‘barbatrucco’. La Direzione del Pd convocata oggi approva ‘tempi’ e ‘modi’ del congresso per il post-Letta, ma prima dei candidati contano le nuove ‘regolette’ interne: sono fatte per ‘danneggiare’ Bonaccini e ‘aiutare’ i suoi competitor

primarie pd

Primarie sì, ma col ‘barbatrucco’

 

Nb: una parte, molto più succinta, di questo articolo è stata pubblicata il 6 ottobre 2022 sulle colonne del Quotidiano nazionale

 

Oggi parla e discute la Direzione, ma prima, in questi giorni, c’è stato ‘er dibattito’, interessante e affascinante: il nome o la Cosa?

direzione pd

Oggi si terrà la Direzione del Pd. Novità: tutta in streaming, mica solo la relazione del segretario. Traduzione: non abbiamo paura del confronto, i panni sporchi li laviamo in pubblica piazza, etc.

Viene prima il Nome o prima la Cosa

In questi giorni, però, si è tenuto, sotto forma di ‘prologomeni’, cioè di preliminari, un inutile, ozioso, birignao della serie: ‘dove dobbiamo andare per dove dobbiamo andare?’. O, anche, una versione 4.0 del dibattito che precedette lo scioglimento del Pci nel triennio 1989-1991: viene prima ‘il Nome’ o viene prima la ‘Cosa’? (Per maggiori informazioni, citofonare Achille Occhetto e Nanni Moretti).

Romano Prodi

Romano Prodi

Certo è che, nel frusto, quanto alato, dibattito sono intervenuti un po’ tutti, con diversi articoli, interviste, prese di posizione, veri e propri saggi (da Walter Veltroni a Massimo D’Alema, etc.) e, presto, sul tema, parlerà anche Romano Prodi.

Walter Veltroni

Walter Veltroni

Tra i big del passato non è mancato nessuno. E ognuno per dire una cosa diversa. Ma solo in qualche misura, le parole dei ‘vecchi’ leader intercettano le posizioni realmente in campo. Il primo segretario del Pd, Walter Veltroni, difende il Pd (“Nel nome il destino”, diceva) e lo rilancia: “In 14 anni il Pd ha perso circa sette milioni di voti: la prima cosa da fare non è allearsi con Conte o con Calenda, ma riallearsi con quei sette milioni di elettori”, dice Veltroni ricevendo numerosi ‘mi piace’ sui social. Specie dalle parti di Base Riformista, a dirla tutta.

Massimo_D'Alema_LeU

L’ex premier Massimo D’Alema

Di tutt’altro segno l’intervista di Massimo D’Alema (primo segretario del Pds, poi dei Ds, una guerra con Veltroni praticamente infinita, uno che diceva ‘il Pd è un amalgama mal riuscito’) che sembra suggerire una scissione quando sostiene: “Il centrosinistra sarebbe molto più forte se avesse avuto un partito socialista e un altro di sinistra cattolico” (forse voleva dire ‘cattolico di sinistra’, vabbé).

L'ex premier Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

D’Alema indica la via dell’abbraccio con Giuseppe Conte e i suoi 5sOggi il Pd “ha bisogno di Conte, perché non intercetta più il voto popolare”, sentenzia uno che, nel Pci, rappresentava l’ala ‘destra’. E anche questa è una posizione che trova consensi tra i dem, ma nel suo coté più ‘di sinistra’. Poi ci sono Pier Luigi Bersani e Peppe Provenzano, fotografati nei giorni scorsi insieme da Giolitti, che lanciano la proposta di rivedere il sistema delle primarie. Fuoco di fila di reazioni via social.

Filippo Sensi

Filippo Sensi

Twitta Filippo Sensi: “Le primarie sono uno strumento. Insufficiente forse, come tutti gli strumenti. Ma sono il nostro strumento. A proposito di identità”. Insomma, non se ne parla (e ha ragione lui).

morani cirinna

Alessia Morani e Monica Cirinnà

In ogni caso, la riunione della Direzione di oggi sarà tutta aperta, tutta in streaming e già sono annunciati interventi di fuoco. Soprattutto da parte dei non rieletti. Vedi Alessia Morani e Monica Cirinnà. E non saranno gli unici. “Ci sarà sicuramente uno sfogatoio”, la previsione di un dirigente dem, già consapevole del brutto spettacolo che sarà offerto.

 

La vera traccia di Pollicino la lascia, però, la volpe Bersani…

Pierluigi_Bersani_Pd_Mdp

L’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani

E così, al grido di ‘no, il dibattito no!’ di fantozziana memoria, senza nessuno osasse dire ‘la corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!’, molti – se non tutti – si sono sentiti in dovere di dire la loro. Cambiamo nome, al Pd, cambiamo i suoi connotati, cambiamone la ragione sociale, etc. Mancava solo che si chiedesse, al Pd, pure di cambiare indirizzo. Il quale, ad oggi, quello resta: la bella, quanto assai costosa, sede del Nazareno, vista unica, al terzo piano, su tutti i colli di Roma.

Pollicino

Ma il solo che ha lasciato, come Pollicino, una traccia utile è stato un ‘esterno’

Ma il solo che ha lasciato, come Pollicino, una traccia utile è stato un ‘esterno’, in quanto in teoria è iscritto a un altro partito, anche se del pd è stato a sua volta segretario, Pier Luigi Bersani. Il quale propone di ‘non’ fare le primarie ed eleggere il segretario come si faceva una volta nel Pci, via congresso ordinario, facendo votare gli iscritti e solo loro. Il che, però, vorrebbe dire far vincere, facilmente, il ‘campione’ della sinistra – chiunque esso sia – perché la maggioranza, tra gli iscritti, oltre che dentro l’Assemblea nazionale e dentro la Direzione, la mantiene l’area Zingaretti-Orlando-Provenzano. Insomma, un ‘barbatrucco’, e pure assai scoperto, ma anche decisamente raffinato.

 

La ‘ciccia’ di oggi. Il nuovo regolamento congressuale da varare

ciccia

La ‘ciccia’ di oggi. Il regolamento congressuale

E qui si arriva, finalmente, alla ‘ciccia’ di oggi, cioè alla riunione della Direzione dem, che starà tutta in quei particolari da “addetti ai lavori” (il regolamento congressuale) che stanno al Pd come i Regolamenti delle Camere stanno al Palazzo: un ginepraio confuso e, spesso, inestricabile, di norme, codicilli, regole, con annesse, ovviamente, ‘deroghe’ alle regole che eran state prima decise.

esempio lampante

Esempio lampante. Far votare, come dice Letta, che oggi si farà approvare il nuovo regolamento, il nuovo segretario ‘anche’ dalle formazioni (Articolo 1, Demos, Psi) che hanno fatto parte della lista ‘Italia Democratica e Progressista’, e già subito, dal primo giro, quello tra gli iscritti (il secondo è rappresentato dalle primarie ‘aperte’), vuol dire ‘inquinare’, in modo del tutto legittimo, il voto, sbilanciando la platea congressuale tutta verso la sua ala sinistra. Pure qui, un barbatrucco.

L’altro tema – un altro evergreen, dentro il Pd – sono i ‘tempi’ del congresso. Quando si terrà?

borghi enrico

Enrico Borghi

Avanti con l’impostazione del congresso e senza rallentamenti nei tempi, dicono diverse fonti. “Non deve essere e non sarà un traccheggio, un rinvio e un rimpallo”, assicura Enrico Borghi, membro della segreteria di Enrico Letta.

Letta candidature

Enrico Letta

Del resto, l’avvio del percorso congressuale, insieme all’analisi del voto, sono i punti messi all’odg della riunione. Letta, nei giorni scorsi ha già delineato una sua proposta. La porterà in Direzione e, come sottolineato dal Nazareno, sarà una “proposta aperta, non un prendere o lasciare”.

Stefano Bonaccini

Stefano Bonaccini

Ma, a dire la sua, ci sarà il candidato segretario in pectore, Stefano Bonaccini. “Sarà a Roma e sicuramente interverrà”, dicono i suoi, già tosti. Con un’indicazione di marcia precisa: tempi del congresso rapidi, no allo scioglimento o al cambio di nome, rigenerazione dell’identità del partito e forte rinnovamento delle classi dirigenti con più spazio ai territori. La corrente di Base Riformista, che guarda con favore alla candidatura del presidente dell’Emilia-Romagna, è in linea col governatore a dispetto di chi nel Pd ne vorrebbe ostacolare la candidatura. “Il nostro congresso è lungo nei suoi passaggi. L’importante è non andare oltre quelli stabiliti”, ovvero marzo 2023, come da Statuto, spiegano da Br, ben sapendo che, invece, gli ‘altri’ (la sinistra e non solo loro) vuole aspettare, e traccheggiare: non ha ancora trovato uno straccio di candidato da contrapporre a lui.

valentina cuppi

Valentina Cuppi

Ma non è scontato che domani venga stabilita la data dell’assemblea nazionale che darà il via ufficiale al percorso congressuale. Nel caso, sarà la presidente, Valentina Cuppi, a indicare la data, come da regolamento. Ma al di là dei tempi e delle tecnicalità, spinte diverse attraversano i dem. Compresa quella di chi vorrebbe prorogare il mandato di Letta e rinviare il congresso a molto dopo le regionali di primavera. Troppa grazia, Sant’Antonio…

 

Un altro tema ‘eterno’, quello delle donne e delle poche ‘elette’…

Cecilia D'Elia

Cecilia D’Elia

Poi c’è il tema delle donne, punto dolente e delicato, causa il bassissimo numero delle candidate che, nel Pd, sono poi state elette. Farà il punto la presidente della donne democrat, Cecilia D’Elia, facendo una sintesi della riunione ieri dell’esecutivo della Conferenza delle democratiche, che reca diverse (buone) proposte sulla parità di genere e già a partire dai prossimi incarichi di avvio legislatura. “Nei prossimi giorni parteciperemo a passaggi istituzionali decisivi per la definizione del profilo dell’opposizione – si legge nella pagine Fb delle donne del Pd – l’elezione delle presidenze dei gruppi e di Camera e Senato. Diciamo fin d’ora che non sosterremo proposte non paritarie“.

Andrea Orlando

Andrea Orlando

Sullo sfondo c’è il nodo capigruppo e quello delle nomine istituzionali. L’ormai quasi ex ministro, Andrea Orlando, ieri ha smentito un articolo in cui veniva descritto come ‘interessato’ alla vicepresidenza della Camera. Circolano i nomi di Dario Franceschini come capogruppo al Senato e di Nicola Zingaretti suo omologo alla Camera. Due bei Marchetti e pure di molto potere. Ma resta sempre in piedi l’ipotesi di andare avanti fino al congresso con Simona Malpezzi (Senato) e Debora Serracchiani (Camera), che – scelte da Letta un anno fa – hanno ben operato, almeno fin qui.

Paola De Micheli (Pd)

Paola De Micheli (Pd)

Sul fronte delle candidature ‘femminili’ al congresso, invece, è Paola De Micheli a confermare di essere in corsa. “Il punto di vista femminile può essere un valore aggiunto per il Pd“.

peppe provenzano

Peppe Provenzano

Mentre il vicesegretario Peppe Provenzano, dato tra i possibili competitor (con Orlando) per l’area della sinistra Pd, si è sfilato. “Peggio della sconfitta è la reazione alla sconfitta, una ridda di nomi e autocandidature. Io non mi candido. Un nome in meno. Un modesto contributo, prima della vera discussione che avvieremo in Direzione“. Ancora silente un’altra possibile candidata, la vicepresidente dell’Emilia Romagna, Elly Schlein. La quale, però, non risulta, a oggi, iscritta al Pd. Problemino non da poco per una che, del Pd, si dovrebbe candidare ad esserne la guida…

 

Il ‘problemino’ di Letta: ‘rottamare’ il Pd? La sua risposta è no, poi i ‘capicorrente’ riuniscono le correnti e decidono cosa è meglio…

rottamare pd

Il ‘problemino’ di Letta: ‘rottamare’ il Pd?

Ma se il congresso deve essere aperto, “costituente” e il Pd non è da rottamare – saranno questi i due capisaldi della proposta di Letta alla Direzione, primo vero faccia a faccia del gruppo dirigente dopo la sconfitta alle politiche – lo stesso Letta ribadirà e dettaglierà il percorso indicato nella lettera agli iscritti di venerdì scorso. Solo che, stavolta, avrà davanti tutti i capicorrente che in queste ore hanno riunito le loro truppe. E ci saranno, come detto, anche i più arrabbiati, gli esclusi dalle liste o quelli che non ce l’hanno fatta. Soprattutto, il segretario arriva all’appuntamento all’indomani di una serie di uscite pubbliche di big del Pd, o di ex Pd, come Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani, Walter Veltroni che hanno messo sul tavolo il tema: il Pd ha ancora un senso o no?

Per Letta la risposta è, ovviamente, sì e il segretario non intende partecipare al dibattito sull’identità, non vuole dire se ci si debba spostare più a sinistra o no, ma ha un’unica bussola: respingere “l’opa ostile” che arriva dal centro come dal M5s e anche da mondi contigui al Pd.

letta agora

Letta Agorà

Per farlo, Letta ne è convinto, il partito si deve aprire, sul modello delle Agorà, deve mostrarsi pronto a coinvolgere anche forze esterne. Un ragionamento ‘nobile’, ma che dovrà fare i conti innanzitutto con le (ancora tante) correnti del Pd e con le pressioni che arrivano dagli alleati: sia Provenzano che Bersani hanno chiesto di mettere da parte le primarie

guerini

Lorenzo Guerini

Andrea Orlando ha riunito i suoi, ieri all’ora di pranzo è stata la volta di Dario Franceschini con la sua area, in serata Lorenzo Guerini ha fatto il punto con Br. Orlando – raccontano – insiste per avere tempi adeguati ad un vero percorso “costituente”. Franceschini condivide l’esigenza di non strozzare troppo il dibattito, ma pensa anche che il percorso congressuale non si debba allungare troppo. Soprattutto, il ministro della Cultura è convinto, come Letta, che il Pd resta un progetto valido e che si debba respingere l’opa ostile di Conte e Calenda. Guerini e i suoi, infine, sembrano persuasi che non si possano bruciare le tappe, ma insistono a chiedere “tempi ragionevoli” e, soprattutto, fissano un paletto: le regole non si possono cambiare in corso d’opera.

Dario Franceschini 1

Dario Franceschini

Una risposta appunto a chi chiede di abbandonare le primarie e anche un avvertimento a Letta sulla gestione della prima fase: va bene l’apertura, ma il Pd ha uno statuto. Il segretario, in realtà, sta lavorando proprio per comporre questo difficile puzzle, per trovare una formula che – nel regolamento congressuale che andrà scritto – consenta anche la partecipazione di chi non è iscritto al Pd e non intende farlo, come per esempio quelli di Articolo Uno, ma non solo loro.

Tutto, però, lascia intendere che oggi sarà ancora una tappa interlocutoria: ci sarà la relazione del segretario, il dibattito, ma appunto non verrà ancora avviato ufficialmente il congresso. Con tutta probabilità sarà una seconda Direzione, che si terrà a fine ottobre-novembre, o un’assemblea nazionale ad aprire formalmente le assise.

 

Dopo il ‘come’ e ‘quando’, ecco che finalmente si arriva al ‘chi’…

Chi 1976

Dopo il ‘come’ e ‘quando’, ecco pure il ‘chi’…

Morale, il ‘come’ e il ‘quando’ si fa il congresso, in questo momento è più importante del ‘chi’, cioè dei nomi dei (tanti) aspiranti alla leadership per il dopo-Letta. Ma veniamo a questi ultimi. Il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, c’è: è in campo e intende restarci.

logo base riformista

Logo Base Riformista

Ha la forza della passione, il vento in poppa nei sondaggi nel corpaccione dem (ultimo quello della Ghisleri per Bidimedia lo vede saldamente in testa), dei voti presi negli ultimi posti (l’appennino tosco-emiliano) dove il Pd prende, ancora, dei voti, le relazioni e amicizie giuste. Ma, dentro il Pd, Bonaccini gode dell’appoggio di una sola e ormai piccola corrente, Base riformista. Azzoppata da Letta nella scelta delle candidature e, poi, pure nel numero degli eletti, messo da parte Lotti, resta solo Guerini. Ha una buona rete in tutt’Italia, ma solida, ma, in più, porta la croce dell’ex renziano.

Bonaccini

Stefano Bonaccini

Bonaccini accetterà il suo appoggio, ma in forma light. Vuole condurre una campagna all’attacco e mettere l’accento sul ‘riformismo’ padano, il suo, e una nuova idea di partito ‘pragmatico’, il suo.

matteo ricci

Matteo Ricci

Poi, ci sono un paio di ‘nanetti’ che faranno fatica a superare il primo scoglio, il voto tra gli iscritti. Sono il tosto Matteo Ricci (sindaco di Pesaro, coordinatore dei sindaci dem, ma che gode anche della rete di Ali, i comuni progressisti) e Paola De Micheli (piacentina, ex ministro, ex lettiana).

Di solito, un terzo candidato, oltre ai primi due, che accede alla seconda fase, le primarie ‘aperte’, c’era sempre. Fino a due anni fa serviva superare il 5% dei voti, nel primo giro tra gli iscritti, ora non più (modifica congressuale voluta da Zingaretti nel 2020 e ratificata dall’Assemblea nazionale). Alla seconda fase (le primarie aperte) arrivano solo i primi due candidati che hanno superato la prima fase (il voto tra gli iscritti) mentre tutti gli altri restano a casa e devono (ri)fare pace con loro stessi. 

terzo incomodo

Entrambi possono giocare il ruolo da ‘terzo’ incomodo, quale dei due arriverà terzo si vedrà.

Quindi, anche se entrambi – Ricci e De Micheli – possono giocare il ruolo da ‘terzo’ incomodo, quale dei due arriverà terzo si vedrà, ma conterà assai poco chiunque esso sia, perché sarà ininfluente.

L’altro guaio è che manca il ‘campione’ di un’area vasta che va dall’area Franceschini, passa per l’area Zingaretti e arriva alla sinistra Pd (Orlando-Provenzano-Bettini-Cuperlo-etc. etc.), più quella del segretario uscente, Letta, cioè i lettiani. Divisi su tutto, hanno però un ‘nemico’ comune: Bonaccini, è il fronte del ‘TTL’ (tutti tranne lui) e hanno bisogno di un loro ‘alfiere’: non affatto facile.

Elly Schlein

Elly Schlein

Elly Schlein non viene ritenuta all’altezza del (gravoso) compito, con commenti poco gentili e anti-politcally correct (“E’ scema”). Orlando già perse con Renzi: lui si lancerebbe, ma per ora non lo sta facendo e, pare, fino alla fine gli verrà detto di ‘desistere’. Zingaretti e Letta si sono già dimessi una volta. Il solo nome spendibile sarebbe quello del (bravo) Enzo Amendola: solido, riformista, europeista, filiera Pci-Pds-Ds, ottime relazioni con Draghi, il Colle e il Pse, è uomo del Sud. Terra dove l’emiliano Bonaccini potrebbe trovare difficoltà di penetrazione e, dunque, anche di consensi. Il Pd non ha mai avuto un segretario meridionale. Sarebbe una bella sfida, e tra due ‘riformismi’.

Enzo Amendola

Enzo Amendola

Solo che Amendola bisogna convincerlo, a scendere in campo appoggiato da tutti quelli che – da Bersani a D’Alema, da Bettini a Emiliano – predicano l’alleanza ‘organica’ con i 5s di Conte, sorta di Fronte popolare di staliniana memoria. Molti dei riformisti non ce lo vedono, nella parte, a Enzo.

Si vedrà. Per ora, si attende la Direzione. Sarà in streaming e pure su You tube. Un vero spasso.