‘Chi dice donna non dice danno’. Il toto-ministri del primo governo Meloni è già un quasi governo

‘Chi dice donna non dice danno’. Il toto-ministri del primo governo Meloni è già un quasi governo

18 Ottobre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

‘Chi dice donna non dice danno’. Il toto-ministri del primo governo Meloni è già un quasi governo. L’incontro risolutore è stato quello col Cavaliere

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‘Chi dice donna non dice danno’. Il toto-ministri del primo governo Meloni è già un quasi governo

Nb. Questo articolo è una rielaborazione del ‘totoministri’ uscito sul QN del 18 ottobre 2022

“Fuori i secondi!”. Giorgia riceve Silvio, tutto – o quasi – va bene. Nessun testimone presente

Meloni Berlusconi

“Fuori i secondi!”. Giorgia riceve Silvio, tutto – o quasi – va bene

Sono le 16.35 quanto Silvio Berlusconi varca, in auto, l’ingresso del palazzo di via della Scrofa che ospita la sede di FdI, come ospitava quella di An ieri e quella dell’Msi-Dn fino all’altro ieri. Davanti, in una via che è un budello già di suo, cioè normalmente (trafficata, stretta e scomoda), una folla straripante di giornalisti e curiosi aspetta fin dal primo pomeriggio l’arrivo del leader di Forza Italia e di Giorgia Meloni, attesi a un incontro di chiarimento dopo il ‘grande gelo’ seguito al voto in Senato di Forza Italia per l’elezione di Ignazio La Russa (a cui hanno partecipato, per FI, solo lo stesso Berlusconi ed Elisabetta Casellati) e alla foto “rubata” degli appunti con commenti del Cavaliere ben poco lusinghieri sulla Meloni medesima, la quale ha replicato con un seccatissimo ‘e non ricattabile’.

I ‘pontieri’ – La Russa e Crosetto per FdI, Gianni Letta, Confalonieri e i figli del Cav per Berlusconi – erano già al lavoro da giorni per una riappacificazione dopo la rottura semi-insanabile, ma ieri l’incontro è stato un ‘tu per tu’. Solo loro. Insomma, ‘fuori i secondi’. Stavolta non c’è Gianni Letta, come capitò nel 2014 per l’incontro al Nazareno con l’allora segretario del Pd Matteo Renzi sulle riforme (c’erano, peraltro, all’epoca, pure Denis Verdini per FI e Lorenzo Guerini per il Pd, zero ciarlieri), né tantomeno la fedelissima Licia Ronzulli (rimasta fuori dal futuro governo per la netta contrarietà di FdI), che da anni lo accompagna in tutti i colloqui decisivi.

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Berlusconi da Meloni

Silvio Berlusconi, in completo blu stile ’94, è arrivato in via della Scrofa intorno alle 16.35 in auto da solo. Ad attenderlo all’interno della sede storica di An prima, poi di Fdi, Giorgia Meloni in giacca fucsia. Per Fi c’era Paolo Emilio Russo, giornalista dello staff del Cavaliere, oggi neo-parlamentare azzurro. Fonti azzurre raccontano che all’incontro erano presenti solo i due leader. Si tratta di un faccia a faccia vero e proprio, decisivo per le trattative sul futuro governo.

Berlusconi, completo blu e camicia scura, viene dunque accolto all’interno del palazzo da Meloni, in giacca rosa. Il leader si è scusato per il ritardo (l’incontro era fissato per le 16), rassicurato dalla leader di FdI che, da parte sua, ha cercato subito di stemperare la tensione, garantendo che il passato è “lasciato alle spalle” perché ora la cosa importante “è dare al più presto un governo al Paese”. L’incontro, un faccia a faccia durato circa un’ora e un quarto, giurano in una nota congiunta Fdi e FI, “si è svolto in un clima di unità di intenti e di massima cordialità e collaborazione“.

Reagan Gorbaciov

Reagan e Gorbaciov

Note che, programmate e centellinate al millesimo, escono in un batter d’occhio, modello fotocopia. Insomma, sembra, più che altro, uno di quegli incontri che, ai tempi del primo ‘disgelo’ tra Usa e Urss, allora superpotenze globali, Reagan e Gorbaciov facevano scrivere agli ambasciatori: magari se le erano date di santa ragione – sui missili, sul Muro, sulle sfere d’influenza – ma fuori bisognava far vedere che il ‘dialogo’ c’era.

La nota congiunta sembra di quelle Usa-Urss: “Massima cordialità e collaborazione” (sic)

Sergio Mattarella

Sergio Mattarella

L’accordo, in ogni caso, c’è e il primo effetto è aver sventato il rischio, che era stato paventato nei giorni scorsi, di un centrodestra diviso alle consultazioni con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Fdi e FI, si spiega infatti nella nota, “si presenteranno uniti, con le altre forze della coalizione”, al Quirinale e “sono al lavoro per dare il più presto possibile all’Italia un governo forte, coeso e di alto profilo che si metta subito al lavoro per affrontare le urgenze”. Insomma, dopo la pioggia spunta il sole e dopo il temporale esce l’arcobaleno, etc. etc., anche se ruggini e tensioni, tra Silvio e Giorgia, sono così radicate, antiche, oltre che attualissime, che prima di sotterrare l’ascia in via definitiva ne passerà parecchio, di tempo, è il sospetto di tutti.  

via della scrofa

Ufficialmente, però, all’incontro, non si è parlato di posti (sic), dato che “ancora non c’è l’incarico”, come ribadiscono, bugiardi, da via della Scrofa.

Ma Berlusconi ha chiesto solide garanzie: Forza Italia sia rappresentata al pari della Lega, che ha già avuto la presidenza della Camera. Per gli azzurri, confermano fonti a diretta conoscenza delle trattative, i dicasteri saranno cinque, a partire da quello pesante degli Esteri, a cui andrà Antonio Tajani, che sarà anche vicepremier (come Matteo Salvini, che avrà le Infrastrutture).

Berlusconi vuole gli stessi posti della Lega (5) e la Meloni, pur di fare il governo, glieli concede

Vice Ministro Gilberto Picchetto Fratin

Gilberto Pichetto Fratin

Per Forza Italia, si spiega, c’è un posto pronto anche per Gilberto Pichetto Fratin alla Transizione ecologica ed energia mentre per Elisabetta Casellati è pronto quello alle Riforme. Da definire gli altri due posti, che non comprendono però la Giustizia, dove la premier in pectore vuole l’ex magistrato Carlo Nordio.

Carlo Nordio

Carlo Nordio

Fonti azzurre parlano apertamente dei ministeri di Università e Pubblica amministrazione, per i quali i nomi che circolano sono quelli di Annamaria Bernini e Alessandro Cattaneo.

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Francesco Lollobrigida, capogruppo uscente di FdI e fedelissimo di Meloni

Quello che ha chiesto Meloni, ha detto in serata il capogruppo uscente di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, sono “persone di qualità, di grande levatura e spessore” senza nessun “bilancino”. Se poi non saranno trovate le persone giuste, ha precisato, “ci saranno probabilmente dei tecnici”.

Anche la Lega fa il pieno con i suoi nomi (sei)

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Anche la Lega fa il pieno con i suoi nomi (sei)

Sul fronte della Lega, il Carroccio gioisce perché sono stati “smentiti i gufi e la sinistra, il centrodestra è determinato a partecipare alle consultazioni con una delegazione unitaria per poi offrire al più presto un governo all’altezza delle aspettative degli italiani”. Anche ai leghisti dovrebbero andare cinque o sei ministeri. 

Gianmarco Centinaio

Gianmarco Centinaio

Oltre a Salvini, per il Mef prende sempre più corpo l’ipotesi di Giorgetti mentre all’Agricoltura potrebbe andare Gianmarco Centinaio.

Simona Baldassarre

Simona Baldassarre

Probabile un leghista anche per il ministero degli Affari regionali, dove potrebbe andare Roberto Calderoli (che puntava alle Riforme) mentre Simona Baldassarre potrebbe ottenere il dicastero alla Disabilità e, infine, tale professor Giuseppe Valditara (ex An) andare all’Istruzione.

Tutto il resto, non è poco, va a Fratelli d’Italia

matteo piantedosi prefetto

Matteo Piantadosi

Per quanto riguarda gli altri 13 posti (su un totale di 23), la maggior parte andrà a Fratelli d’Italia, con alcuni innesti “tecnici”. Tra i nomi che circolano ci sono il prefetto Matteo Piantedosi in pole position per gli Interni; il presidente della Croce Rossa Francesco Rocca per la Salute (ma c’è anche l’ipotesi Guido Bertolaso); Guido Crosetto sarebbe destinato al ministero dello Sviluppo economico; Adolfo Urso alla Difesa; Raffaele Fitto agli Affari europei; l’ex governatore della Sicilia Nello Musumeci al Mezzogiorno; mentre il centrista Maurizio Lupi diventerà ministro ai Rapporti con il Parlamento.

Il timing delle consultazioni si fa assai serrato. Meloni potrebbe giurare già il 23 ottobre…

23 ottobre

Il timing delle consultazioni si fa assai serrato. Meloni potrebbe giurare già il 23 ottobre…

Oggi, martedì 18 ottobre, nelle due Camere si riuniscono i gruppi parlamentari per eleggere i loro capigruppo poi, probabilmente giovedì 21, potranno partire le consultazioni al Quirinale. Non prima perché il 20 e il 21 (fino a ora di pranzo) il premier ancora in carica, Draghi, è a Bruxelles per un importante, delicato, vertice Ue.

Draghi

L’allungo sulla tempistica: Draghi a Bruxelles

Il quadro per la composizione dell’esecutivo, in ogni caso, “è a buon punto”, assicurano fonti di primo piano di FdI, dove ora si vuole accelerare. L’incarico potrebbe arrivare non oltre venerdì 21 prossimo e il governo Meloni – orientata a non fare le sue, di consultazioni, di rito – giurare già domenica prossima 23 ottobre. L’obiettivo è presentarsi alle Camere per la fiducia all’inizio della prossima settimana, cioè tra il 24 e il 25 ottobre. Il che vuol dire che, pur se a tappe forzate, il governo Meloni con tale serrato timing (consultazioni il 20-21 ottobre, incarico il 22, scioglimento della riserva il 23 ottobre), sarebbe in carica già dal 24 ottobre, quando Camera e Senato, in due giorni distinti, le voterebbero la loro, di fiducia, ovviamente sicura.

Poi, seguirà la partita, altrettanto complessa, dei viceministri e dei sottosegretari, che pure vedrà scontri al fulmicotone, dentro e tra i vari partiti, e che vedrà la squadra di governo pronta, per il giuramento di questi ultimi (che avviene, però, nelle mani del premier, non del Capo dello Stato) entro il 27-28 ottobre al massimo. Data, questa, un po’ sinistra (la marcia su Roma), ma che, presto, la Meloni dimostrerà trattarsi di un semplice ‘accidente’ derivante da vecchie storie.

Una certezza. Licia Ronzulli non sarà ministro

Meloni Ronzulli

Meloni non cambia idea,  la senatrice Licia Ronzulli non sarà ministro

Una delle poche, granitiche, certezze, della prossima squadra di governo di Giorgia Meloni, che si appresta, nei prossimi giorni, a ricevere l’incarico per formare il suo primo governo (sarà il 68 esimo della storia repubblicana, dato che quello uscente, il governo Draghi, è il 67esimo: oggettivamente, dal 1948 in poi, un po’ troppi), è che la senatrice Licia Ronzulli non sarà ministro.

Paolo Barelli

Paolo Barelli

Probabilmente diventerà capogruppo degli azzurri al Senato e, forse, anche coordinatrice del partito mentre, alla Camera, andrà (o, meglio, resterà) un suo uomo fidatissimo, Paolo Barelli, capogruppo che è un altro modo per dire – agli astanti – che il ‘partito’ azzurro, o meglio ciò che ormai ne resta, resta in mano a lei. E, si presuppone, che FI in mano alla Ronzulli darà filo da torcere, al governo Meloni, in Aula e nelle commissioni. O avrà un incarico istituzionale di vertice, sempre al Senato, diventandone uno dei vicepresidenti o, forse, dei questori, o dei segretari d’aula, si vedrà.

il ministero degli anziani

Il ministero agli Anziani (il quale, peraltro, neppure esiste né mai esisterà, ecco)

Ma il suo nome – osteggiato sin dall’inizio dalla Meloni, pur se sostenuto con forza da Berlusconi – nel toto-ministri è entrato come è uscito: con le ossa rotte. Manco il ministero agli Anziani (il quale, peraltro, neppure esiste né mai esisterà, ecco) è riuscita ad ottenere. Figurarsi la Salute, dove voleva, a tutti i costi, andare, all’inizio… Alla fine, si è tolta di mezzo lei, dicendo, con una nota, diramata nella mattinata di ieri, assai lunga (“Il mio caso non è mai esistito e non esiste più; io sono figlia di un carabiniere; l’Italia ha bisogno di un governo al più presto, e di centrodestra”, la coalizione sarà coesa e compatta, andremo tutti insieme alla consultazioni”, etc., etc., etc.), in cui ha persino negato l’evidenza. E, cioè, di essere diventata, lei, il casus belli di un governo che, senza lei, Berlusconi non voleva far nascere perché l’amica Licia, per lui, era imprescindibile.

Gaetano Micciche

Sgombrato il campo dalla ‘variabile’ Ronzulli e rientrato nelle stalle anche l’impazzimento – non improvviso, l’uomo è fatto così: fumantino – di Gaetano Micciché, plenipotenziario azzurro in terra di Sicilia, diventato (o meglio tornato) senatore, amicissimo della Ronzulli, che aveva minacciato, fuori tempo massimo, con tanto di regolare intervista, “l’appoggio esterno” di FI, finalmente, dopo l’incontro de visu tra Meloni e Berlusconi, che si è tenuto ieri pomeriggio, ma ‘a casa’ della Meloni, cioè nella sede di FdI, a via della Scrofa, i molteplici e complicati tasselli della formazione del nuovo governo sono andati praticamente tutti a posto, quasi come d’incanto.

La versione ‘2.0’ del vecchio manuale Cencelli

manuale cencelli

Il manuale Cencelli

Per quanto riguarda, tutto il resto del ‘cucuzzaro’, infatti, cioè l’incontro di ieri tra la premier in pectore e il fondatore di Forza Italia, quanto che del centrodestra, ha sbloccato, in via definitiva, la compagine di governo che assisterà la Meloni nel suo operato di premier dame d’Italia. Insomma, il ‘toto-ministri’ è ormai agli sgoccioli e le caselle vanno via via componendosi, una dietro l’altra. Il metodo, antico quanto la Repubblica, è una sorta di versione ‘2.0’ del mitico ‘manuale Cencelli’.

Infatti, ai tempi della Dc e dei suoi alleati minori, le percentuali di partito (e, nei partiti, di corrente), erano rispettate al millesimo, voto per voto e peso per peso, di ogni partito come di ogni corrente. Qui, invece, si innova. E pure parecchio. Lega e FI, che sono andati male, se non malissimo, alle elezioni (8% e fischia per entrambi), avranno ministeri ‘di peso’ e di ‘portafoglio’ molto più sostanziosi delle percentuali elettorali prese perché, grazie alla legge elettorale, il Rosatellum, il loro peso, in Parlamento, è vitale per il governo e della maggioranza che, ovviamente, lo sostiene.

Alla Lega cinque dicasteri, a FI altri cinque…

I cinque quesiti su sei ammessi

Facendo un calcolo a spanne, se i ministri attuali sono 23 (più sei viceministri e 35 sottosegretari, per un totale di 65 componenti dell’esecutivo), un tetto insuperabile e così stabilito dalla legge Bassanini, almeno venti dicasteri resteranno tali, un paio verranno, probabilmente, accorpati (forse il Mite, di sicuro l’Innovazione tecnologica), qualcuno di nuovo potrebbe nascere (Famiglia e Natalità, lo Sport staccato da dove si trova oggi, il Turismo). Ergo il saldo finale sarà di 23 dicasteri – ministero più, ministero meno (ma si vedrà).

E, questa la prima novità, la Lega ne avrà cinque, forse sei, di cui almeno due ‘pesanti’ e altri cinque sicuri spetteranno a Forza Italia, di cui, però, solo uno sarà ‘pesante’ (gli Esteri). Dunque, FdI, uscito vincente dalle urne, si dovrà accontentare di non più di otto/dieci ministeri, a seconda di come verranno contati dei ‘tecnici’ che proprio ‘tecnici’, fino in fondo, non saranno, in quanto riconducibili, in vario modo, a FdI.

I ‘tecnici’ che tanto ‘tecnici’ non sono proprio

Marina Calderone

Marina Calderone

Tra questi ultimi, le certezze sono due: il prefetto Matteo Piantedosi, braccio di Salvini quando il Viminale toccò a lui, agli Interni, dunque in ‘quota’ Lega, mentre Marina Calderone, presidente dell’Ordine dei consiglieri del Lavoro, andrà al Lavoro, ma in quota FdI, come pure lo è Francesco Rocca (ex Croce Rossa) alla Salute.

FRANCESCO ROCCA

Francesco Rocca

Inoltre, la Giustizia – dove Berlusconi voleva ‘spedire’ la ex presidente del Senato Casellati per autotutelarsi il più possibile, dati i suoi noti guai (giudiziari) – andrà al magistrato Carlo Nordio, eletto in Parlamento sempre nelle file di FdI.

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Antonio D’Amato

Antonio D’Amato, ex presidente di Confindustria e, ai tempi, berlusconiano di ferro, ha invece ‘perso’ la sua personale corsa per il Mite (o Transizione ecologica, ora c’è Roberto Cingolani) che diventerà appannaggio di FI.

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Guido Crosetto – Presidente AIAD

Inoltre, Guido Crosetto, fondatore di FdI, non è più parlamentare e presiede l’Aiad: rappresenta le industrie aerospaziali, braccio di Confindustria, e avrebbe, a sua volta, il profilo giusto per il Mise. Ma Crosetto, ieri, è partito per Parigi, a seguire un salone cruciale per il suo settore e ha scritto su Twitter che “non so nulla e stacco il telefono”. La Meloni, però, è già partita in pressing su di lui. Crosetto, pare, teme di ritrovarsi con un Mise ‘svuotato’ di competenze, anche se gli è stato già assicurato che, invece, il Mise verrà ‘rinforzato’. Si vedrà chi, tra i due, vincerà il ‘braccio di ferro’ tra la fondatrice e il co-fondatore del loro partito.

Giordano Bruno Guerri

Giordano Bruno Guerri

Infine il direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano, non diventerà ministro alla Cultura. Al suo posto andrà lo storico Giordano Bruno Guerri, che oggi dirige il Vittoriano, spazio monumentale dedicato a Gabriele D’Annunzio, in quota FdI, a meno che, al suo posto, non vada ‘la Bussola’ di FdI sull’informazione, quel Giampaolo Rossi che è stato pure membro del cda Rai in quota FdI.

La Lega e FI incassano ministeri molto pesanti

Giancarlo Giorgetti

Giancarlo Giorgetti

Venendo, invece, ai due partiti ‘alleati’ di Meloni, la Lega incassa il Mef per Giancarlo Giorgetti, ministero pesantissimo (Tesoro e Bilancio), l’Agricoltura per Gianmarco Centinaio, gli Affari regionali per Roberto Calderoli, la Disabilità a Simona Baldassarre, preferita da Salvini alla veneta Erika Stefani, vicina a Zaia, e alla lombarda Alessandra Locatelli, area Fontana. E, ovviamente, le Infrastrutture, altro dicastero pesantissimo, per il Capitano. Un piatto ricco.

Maria Elisabetta Alberti Casellati

Maria Elisabetta Alberti Casellati

Ma anche Forza Italia non può certo lamentarsi. Il colpaccio di mandare Maria Elisabetta Casellati nella casella cruciale, per Berlusconi, la Giustizia, non è riuscito. Potrebbe andare, in alternativa, alle Riforme oppure alla Pa, si vedrà. Poi c’è Gilberto Pichetto Fratin al Mite.

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Annamaria Bernini è destinata all’Università e Ricerca

Ma si scalda anche Alessandro Cattaneo che potrebbe accorpare Innovazione tecnologica e Ambiente, oppure finire direttamente alla Pa. Annamaria Bernini è destinata all’Università e Ricerca. Oltre a, si capisce, Antonio Tajani, agli Esteri, dove era già predestinato da tempo. Colpacci notevoli.

Una decina gli uomini e le poche donne di FdI

Eugenia Roccella

Eugenia Roccella

Restano, appunto, gli uomini e le donne di FdI. Le certezze sono Adolfo Urso (Difesa), Raffaele Fitto (Affari Ue), Nello Musumeci (Sud), Eugenia Roccella o Isabella Rauti (Famiglia), mentre ‘ballano’ altre caselle che pure resteranno appannaggio di FdI: Sport, che verrà scorporato dalla Cultura e affidato, insieme ai Giovani, a Chiara ColosimoTurismo (Daniela Santanché).

Chiara Colosimo

Chiara Colosimo

Infine, una certezza granitica: Giovanbattista Fazzalari sarà il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della prima premier donna d’Italia. Maurizio Lupi (Noi Moderati) avrà, infine, i Rapporti col Parlamento, sempre che non finisca lì Calderoli, ove venisse spodestato da una donna – che Salvini gli preferirebbe – alle Autonomie.

la prima premier dame donna nella storia della Repubblica italiana lei Giorgia Meloni

La prima premier dame donna nella storia della Repubblica italiana: lei, Giorgia Meloni.

Facendo le somme, si tratterebbe di 15 ministeri con portafoglio, dieci ministeri senza. Totale 25. Non sono pochi. Di certo, la vera grande novità sarà la prima premier dame donna nella storia della Repubblica italiana: lei, Giorgia Meloni.