La ‘strategia del ragno’ ha vinto. Meloni è premier. Il ruolo di Mattarella. Il profilo di Guido Crosetto

La ‘strategia del ragno’ ha vinto. Meloni è premier. Il ruolo di Mattarella. Il profilo di Guido Crosetto

22 Ottobre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

La ‘strategia del ragno’ ha vinto. Meloni è premier. La ‘black list’ della prima premier donna e una trattativa costruita passo dopo passo. Il ruolo di Mattarella. Il profilo di Guido Crosetto

strategia del ragno

 

Nb: questi articoli sono il frutto di tre articoli pubblicati sul Quotidiano Nazionale del 22 ottobre 2022 e di uno uscito su Quotidiano.net

 

Una lista ‘nera’ che conosceva solo lei, GM…

g Meloni governo

Una lista ‘nera’ che conosceva solo lei, GM…

Scusami, Ignazio, ma tu la conosci la lista di Giorgia?”. “Mi spiace, ma non ti posso aiutare”. Il presidente del Senato ha dovuto rispondere così ai big alleati che, da Salvini a Berlusconi in giù, chiedevano lumi sulla lista dei ministri che la neo premier portava con sé, al Quirinale, con i nomi segnati su un’agendina nera, fitta fitta di appunti a mano (alla Meloni, il pc, non piace). Neppure i colonnelli di FdI sapevano nulla o solo molto poco. Alcuni hanno scoperto di essere stati promossi ministri dalla tv. “Lei è fatta così, amen” sospira, appunto, uno dei neo-ministri.

Salvini e Berlusconi dialogano

Salvini e Berlusconi

Tutto finisce come è iniziato. Giorgia Meloni legge la lista dei ministri, augura ‘buon lavoro’ ai giornalisti, proprio come fa il Capo dello Stato, e se ne va. Niente dichiarazioni, niente ‘discorsi’.

 

Giorgia Meloni era ‘scomparsa dai radar’

Giorgia Meloni era ‘scomparsa dai radar’

Giorgia Meloni era ‘scomparsa dai radar’

La Meloni, in questi giorni, ha ridotto al minimo sindacale le uscite pubbliche. Note vergate di suo pugno che passano come note ufficiose di FdI. Post sui social brevi, secchi. Scompare, persino, anche fisicamente, dai radar. Non va né nel suo ufficio di via della Scrofa, al partito, né in quello a Montecitorio, Camera, da deputata semplice. Resta a casa, collegata, ovviamente, via telefono, con tutti quelli con cui deve, o vuole, parlare. Ma chi ha avuto la ventura di parlare, su WhatsApp, durante la campagna elettorale, sa che il registro è, improvvisamente, cambiato: da battagliero, sfrontato e anche ironico che era, è diventato teso, circospetto, misurato. Parola per parola. La posta in gioco, del resto, è diventata fin troppo alta.

 

La strategia del ragno si attiva pure con i suoi

strategia del ragno

La strategia del ragno si attiva pure con i suoi

Il ‘cambio’ lo impone già dal 25 settembre a seraAll’hotel Parco de’ Principi, un intero partito, il suo, l’aspettava per festeggiare. Ebbri di gioia. Lei impartisce ordini tassativi: non voglio vedere né scene né sceneggiate, bottiglie di champagne, risate, frizzi e lazzi. La memoria corre a quando Gianni Alemanno vinse le elezioni della Capitale: “Se pijiamo Roma!” fu il grido, più i bracci alzati. Invece, nulla di nulla.

hotel Parco dei Principi

Il ‘cambio’ lo impone già dal 25 settembre a sera. All’hotel Parco de’ Principi

Brevi dichiarazioni dei colonnelli, e pure assai misurate. Analisi del voto. Abbiamo vinto, ma ora ci attende un gravoso compito, vedremo, etc. Lei non parla, lo farà solo il giorno dopo, e poco. ‘Vietati gli schiamazzi’, è l’ordine. E vietati pure i troppi ‘pettegolezzi’. Un ordine assai tassativo.

alemanno

La memoria corre a quando Gianni Alemanno vinse le elezioni della Capitale

Giorgia è fatta così. Viene dalla Garbatella, quartiere romano ‘trucidissimo’, da Colle Oppio (sezione romana del Msi tostissima), da una carriera politica fatta di gavetta e da una vita personale fatta di sacrifici, rinunzie, abbandoni.

Garbatella

Garbatella, quartiere romano ‘trucidissimo’

La ‘truppa’ (colonnelli, capitani, soldati), ovvio, si adegua: sono usi a ‘obbedir tacendo’, loro. Una falange macedone composta solo da fedelissimi e con una oculatezza, nel fare le liste, millimetrica.

 

Il ‘ragno’ Giorgia irretisce anche gli alleati

fonzie

Fonzie … come Fonzie in Happy Days – non sanno dire ‘scusa’, figurarsi ‘abbiamo sbagliato’

Salvini e Berlusconi, invece, sono fatti diversi. Hanno perso le elezioni, di fatto (8% a testa), ma – come Fonzie in Happy Days – non sanno dire ‘scusa’, figurarsi ‘abbiamo sbagliato’. Si auto-assolvono e, soprattutto, diventano ancora più famelici. Hanno, dalla loro, la forza dei numeri: senza le loro truppe parlamentari e nonostante la schiacciante vittoria della Meloni, senza di loro, banalmente, il governo non c’è. La Meloni decide che bisogna ‘combatterli’ (cioè ‘convincerli) uno alla volta, non tutti e due insieme. Ogni stratega insegna che, a combattere su due fronti, poi perdi.

matteo salvini

Salvini

Prima affronta Salvini: fa mille bizze, questioni, punta i piedi. Vuole andare al Viminale a tutti i costi. Lei ci prova con le buone, poi con le cattive e mostra ‘la faccia feroce’: “guarda che se pure io ti ci metto, poi arriva Mattarella e ti depenna”. Salvini ripiega su un uomo ‘suo’ (Molteni), bocciato, poi sul prefetto Piantedosi (promosso).

matteo piantedosi prefetto

Matteo Piantadosi

Ma non finisce lì: la Lega vuole 4/5 dicasteri, tutti importanti e uno big al Capitano, le infrastrutture. Lei tergiversa, media, rincula, scarta, alla fine cede e accontenta Salvini. Il quale si mette buono buono, anzi: si fa, addirittura, proprio lui, ‘mediatore’ e ‘paciere’ con Berlusconi e gli altri.

 

Ma la rogna principale si chiama Berlusconi…

Berlusconi

Ma la rogna principale si chiama Berlusconi…

Il tempo, però, passa, i giorni si accavallano ai giorni, ogni giorno una lite, una polemica, una puntura di spillo. Intanto, il toto-ministri impazza. E’ un tempo troppo ‘sospeso’ ma necessitato: per formare le nuove Camere, dal voto, occorrono 20 giorni, così è scritto, non ci si può far nulla. Appena si formano, scoppia l’altra grana, quella enorme, il Cavaliere.

ronzulli

Licia Ronzulli

Vuole la senatrice Ronzulli nel governo Meloni, e la vuole a tutti i costi. Lei dice no, poi no, poi ancora no. Berlusconi le tira due scherzi mancini: non vota La Russa (pericolo schivato con i voti altrui, cioè di altri, operazione politica condotta modello Blitzkreig) e inizia a esternare all’impazzata. Su Putin e pure su di lei, insultandola. Lei replica a muso duro: Non sono ricattabile, io”. Lo scontro raggiunge il diapason. La stessa nascita del governo diventa a rischio. Girano le voci più assurde. Tipo quella della Meloni pronta a un incarico esplorativo o a cercarsi i voti in Parlamento, uno per uno, “con chi ci sta”. A costo di spaccare FI e i centristi, i quali, almeno alcuni, già dicono che ‘ci stanno’.

Casellati presidente

L’ex presidente del Senato, Elisabetta Casellati

Poi, dopo l’ennesimo braccio di ferro, stavolta sulla Giustizia (Berlusconi vuole la Casellati, Meloni ha già optato la casella per Nordio), la premier ancora in pectore vince, netta, la partita. Berlusconi, pure non convinto, si convince. Lo fanno ragionare i figli, le aziende, Gianni Letta. Lo scorpione evita, stavolta, di pungere la rana.

Alle consultazioni il centrodestra si presenta unito, compatto. E indica lei come premier. Una indicazione comune che, fino al giorno prima, non era affatto scontata. Anzi, era in vero bilico.

Giorgia Meloni premier capo Governo presidente Consiglio Quirinale

Giorgia Meloni. E’ fatta. Il nuovo presidente del Consiglio è lei

E’ fatta. Il nuovo presidente del Consiglio è lei. La prima donna premier nella storia d’Italia. “E ci dispiace per gli altri”, come diceva la canzone. Peccato, cioè, per quel Berlusconi che deve ‘spergiurare’ fedeltà (atlantica) a Mattarella. Per quel Salvini che non sa più a chi chiedere la lista dei ministri (ci prova pure con la Russa, che gli risponde: “Non posso dirti nulla, mi spiace”). Peccato per i big di FdI che pensavano di andare in un posto e invece si ritrovano in un altro, o da capogruppo a ministri, dall’oggi per il domani. Lei non ha dato retta a nessuno, tranne a se stessa. Game, set, match. La prima premier donna c’è.

 

Mattarella è andato ‘di fretta’ ed è soddisfatto

Mattarella è andato ‘di fretta’ ed è soddisfatto

Mattarella è andato ‘di fretta’ ed è soddisfatto

Si è andati ‘di fretta’, sì, ma perché ‘le urgenze’ urgevano, i problemi incombevano. Sono passati appena 27 giorni dal risultato delle elezioni e il Paese ha già un nuovo governo. Per l’Italia (epoca repubblicana) sono tempi rapidi, o quasi.

capo dello stato

Il Capo dello Stato, nel salutare e nel ringraziare i giornalisti al lavoro due giorni di consultazioni, consultazioni da centometristi, la mette così: “Il tempo è stato breve, è passato meno di un mese dalla data delle elezioni. E’ stato possibile per la chiarezza dell’esito elettorale ed è stato necessario procedere velocemente, in considerazione delle condizioni interne e internazionali che esigono un governo nella pienezza dei compiti”L’incubo, ricorrente e angosciante, i tre mesi per formare un governo, a inizio scorsa legislatura, è stato fugato. Mattarella dovette inventarsi soluzioni ‘creative’ (il Conte I), sbianchettare ministri dalla lista (Savona), minacciare persino il ricorso alle urne (l’incarico ‘di mezza giornata’ a Carlo Cottarelli). Ne seguirono accuse, controaccuse, persino delle richieste di impeachment rivolte proprio a lui, rigido custode della Costituzione e delle regole.

quirinale..

Stavolta è stato diverso. E il Colle è soddisfatto. Persino nella prossemica, si vede. Più volte, lui così compassato, misurato, british, sorride pure. Sergio Mattarella è riuscito a chiudere la ‘pratica’ della formazione del nuovo governo di una nuova legislatura in due giorni, un’incarico lampo.

 

L’incarico ‘senza riserva’ non fa più ‘sgarbo’

Ex presidente napolitano

L’ex Presidente Giorgio Napolitano

E accolto ‘senza riserva’. Ma questa volta non è uno sgarbo, come lo fu per Giorgio Napolitano quando, nel 2008, Berlusconi accettò l’incarico seduta stante, sciogliendo la riserva come fosse un orpello. Il Capo dello Stato ha concordato, con Giorgia Meloni, tutti i passaggi istituzionali. Le ha messo del resto, da mesi, “la mano sulla testa”.

Conte Draghi

Conte – Draghi

Incomprensioni, screzi, polemiche c’erano state. L’incarico numero 2 a Conte. Quello a Draghi. Meloni, tra gli altri, aveva attaccato ‘anche’ lui. Tutto dimenticato. Sono mesi che il Colle lavora e segue, con discrezione, il lavoro della Meloni, per darle una mano, nei limiti della correttezza e rispetto delle prerogative istituzionali di ognuno.

 

Mattarella, ancora una volta, ringrazia Draghi

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Mario Draghi

Ecco, Mario Draghi. Un governo da Mattarella fortemente voluto e a cui, non a caso, ieri sera, ha voluto rendere, come aveva, del resto, già fatto, onore e merito. Era il ‘suo’ governo, il suo capolavoro. Tirato fuori, coniglio dal cilindro, nelle condizioni all’epoca date, semi-impossibili.

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Mattarella, ancora una volta, ringrazia Draghi

“Il governo uscente, nei tre mesi esatti dalla data di scioglimento delle Camere, ha fatto fronte alle esigenze di guida del Paese concludendo la sua attività con il Consiglio europeo – spiegava ieri – lo ringrazio ancora una volta”. Infine, il sorriso: “Rivolgo con lo stesso spirito di collaborazione gli auguri di buon lavoro al nuovo governo che da oggi dopo il giuramento inizierà a svolgere il suo lavoro”. Mattarella chiude la pratica in 2 giorni 2 ma solo dopo un colloquio, a tu per tu con la neo-premier, che dura più di un’ora buona, al Colle, e solo dopo forti rassicurazioni sulle alleanze, gli impegni, la collocazione euroatlantica dell’Italia. Meglio di così non poteva andare. Ora, tocca alla Meloni operare. Il Colle, ovviamente, vigilerà.

 

Un ministro ‘gigantesco’ e molto ‘atlantico’. Chi è Guido Crosetto (classe 1963, da Cuneo)

Guerini Crosetto

Guerini-Crosetto

Un po’ tanto a sorpresa – ma niente, in politica, è ‘a sorpresa’ – il ministro alla Difesa del primo governo Meloni, destinato a succedere all’attuale, Lorenzo Guerini (Conte II e Draghi) è Guido Crosetto. Doveva andare, per i vari toto-ministri, a ricoprire la casella del Mise, oggi di Giorgetti. Poi non più, sembrava, né lì né altrove. Eppure, uno come lui, che vanta solide relazioni con tutti i mondi che contano (industriali, ceti produttivi, grand commis di Stato, vescovi, etc), non era proprio plausibile che restasse fuori dal governo.

adolfo urso

Adolfo Urso

Ma il Mise, dove andrà, invece, Adolfo Urso, è un ministero ‘decapitato’ di molte competenze (Energia, Innovazione tecnologica, Sviluppo) e Crosetto predicava inascoltato: urge rinforzarlo.

Guido Crosetto

Guido Crosetto

A un certo punto, però, Crosetto sembrava fuori, anche se nessuno, dati i rapporti politici, personali e amicali che lo legano a Giorgia Meloni, voleva e poteva credere che avrebbe fatto ‘il Cincinnato’. L’indole e i desiderata di Crosetto, che è sempre stato a disposizione della sua leader, si erano già concentrate su altre due caselle: Esteri e Difesa. Ma gli Esteri erano già prenotati e predestinati per Tajani e la Difesa, invece, era optata da Urso.

Ex presidente del Copasir, uomo d’ordine, siciliano, fondatore di diverse, pensose, riviste, una lunga carriera nel Msi-An-FdI, Urso vanta recenti relazioni con i conservatori europei e americani, ma troppo recenti e molto ‘de destra’.

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Crosetto e Meloni

Insomma, serviva un altro nome, e pure subito. Non a caso – oltre alla ovvia decisione finale, che è stata presa dalla Meloni stessa – a far pendere la bilancia a favore di Crosetto è stato il ‘consiglio’ filtrato dal Colle e che, più o meno, suonava così: “il tuo governo deve avere una impronta europeista e atlantista solida e inattaccabile, con uomini e donne adamantine, nette, inattaccabili”.

Consiglio Supremo della Difesa

Per Costituzione, il Capo dello Stato presiede il Csd (Consiglio Supremo della Difesa) e, inoltre, sul mantenimento delle amicizie, alleanze e relazioni internazionali, il Colle ‘vigila’ sempre come pure nella scelta dei ministri che, di volta in volta, gli vengono proposti (Esteri, Difesa, etc.).

berlusconi putin

Foto di repertorio – Vladimir Putin  Silvio Berlusconi , Italy, late 04 July 2019 EPA/ALEXEI DRUZHININ/SPUTNIK/KREMLIN / POOL MANDATORY CREDIT/SPUTNIK

Inoltre, dopo gli audio ‘putinisti’ dal sen fuggiti al Cavaliere, con quelle ombre imbarazzanti sui suoi rapporti con Putin e in controbattuta alla narrazione euro-atlantica (e, quindi, pure italiana) su chi ha ragione e chi ha torto, nella guerra tra Russia e Ucraina, la Meloni non si poteva più permettere altri passi falsi.

antonio tajani

Antonio Tajani

Tajani non si poteva che confermarlo agli Esteri, si capisce, ma alla Difesa doveva andare un solido atlantista. E Crosetto lo è. In modo quasi pedissequo, piatto. Forte di relazioni internazionali con tutti i partiti e, soprattutto, i governi di Ue, Nato, Usa, etc., gli ambasciatori e tutti i terminali euro-atlantici.

Guido crosetto

Guido Crosetto

Ma chi è Guido Crosetto? Classe 1963, di Cuneo (sul punto, reso immortale da Totò, lui ci scherza), studi in economia, imprenditore figlio di imprenditori (dell’azienda di famiglia, dopo la morte prematura del padre, e, poi, di molte altre), ex sindaco di un piccolo paese (Marene, Cuneo), una lunga carriera politica prima nella Dc, poi in Forza Italia, parlamentare nel 2001, rieletto nel 2008, sottosegretario alla Difesa nel governo Berlusconi IV (2008-2011), entra in (furibondo) scontro con l’allora ministro all’Economia, Giulio Tremonti, cui imputa il ‘disarcionamento’ del Cav operato da Bruxelles e dalla Troika nel 2011.

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Per questo motivo abbandona FI per fondare, insieme alla Meloni, nel 2012, FdI, di cui diventa, per un anno, coordinatore nazionale. Non rieletto nel 2013 (FdI non passa il 4%…), come pure alle Europee del 2014, ricandidato nel 2018, stavolta eletto, si dimette quasi subito, dopo due anni, nel 2019, anche se fa molta fatica a farsele votare, le dimissioni, da un Aula che lo vuole lì. Poi si dedica alla sua attività di imprenditore oltre che a quella di presidente dell’Aiad, che guida dal 2014, e che rappresenta le aziende di Difesa e Sicurezza aerospaziale affiliate a Confindustria. Infine, viene votato da molti parlamentari alle ultime elezioni per il presidente della Repubblica, come candidato di bandiera di FdI, ma decide di non ricandidarsi alle ultime elezioni. In compenso, batte l’Italia in lungo e in largo per aiutare la campagna elettorale di Meloni e di FdI.

Un metro e 96 di altezza, oltre cento kg di peso, calvo, un po’ goffo e non amante dei vestiti eleganti o di sartoria, l’aspetto esteriore da ‘gigante buono’ dice molto dell’umanità ma pure del suo rapporto personale con la leader di FdI.

Shrek e Fiona

Shrek e Fiona

Lui è alto, grosso, enorme, c’è chi dice ‘ingombrante’. Se perde le staffe, fa impressione. E lei, invece, è piccolina, minuta, ma tostissima. Poi c’è il rapporto tra lui e lei, pura letteratura: si va da “Il gigante e la bambina” (canzone di Ron) a “Shrek e Fiona” (dal noto film Disney). Un rapporto che li ‘lega’, ormai, dal dicembre 2012, quando fondarono, insieme, Fratelli d’Italia, partitino di centrodestra che veleggiava al 2% e, per anni, non si schiodava dal 4%. I giornalisti, come si sa, hanno scarsa fantasia. Se lui prende in braccio lei, sul palco, scatta l’effetto Benigni, modello “Berlinguer di voglio bene”.

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Giorgia Meloni e Guido Crosetto. Se lui prende in braccio lei, sul palco, scatta l’effetto Benigni, modello “Berlinguer di voglio bene”

Ma c’è dell’altro, molto altro, nel rapporto storico, personale, politico, intellettuale, che lega il ‘gigante buono’ (Guido Crosetto) alla premier, Giorgia Meloni. Ci sono relazioni, interessi, idee. Il ‘fratellone’ di Giorgia la consiglia, la protegge, la segue e, a volte, la corregge. Lei spesso ascolta e ne segue i consigli, a volte sbotta: litigano pure.

Della sua “sorella d’Italia”, Crosetto dice che è “lavoratrice indefessa, capace, precisa, puntuale, affidabile. A lei affiderei il futuro dei miei figli”. Crosetto ne ha ben tre: uno dal primo matrimonio (grande), con una pallavolista della ceca, due dal secondo (piccoli) con Gaia Saponaro, pugliese. La sua unica, vera, famiglia.