Ci mancava solo Elly! Al congresso del Pd si candiderà pure la Schlein. I candidati ad oggi sono almeno sei!

Ci mancava solo Elly! Al congresso del Pd si candiderà pure la Schlein. I candidati ad oggi sono almeno sei!

10 Novembre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Ci mancava solo Elly! Al congresso del Pd si candiderà pure la Schlein. E così i candidati, ad oggi, sono almeno sei. Ma ci sarà ancora un Pd da guidare, per chi vincerà il congresso?

Ci mancava solo Elly! Al congresso del Pd si candiderà pure la Schlein

Ci mancava solo Elly! Al congresso del Pd si candiderà pure la Schlein

Nb. Articolo pubblicato, in forma più succinta, sul Quotidiano nazionale del 10 novembre 2022 

Grande è il disordine, sotto il cielo del Pd, ma la situazione non è affatto eccellente…

Andrea Marcucci

Andrea Marcucci

Stabilito che il giudizio di un ex, perfido di suo, come Andrea Marcucci, è ingeneroso (“Letta rischia di fare più danni dopo il 25 settembre che prima”), grande è il disordine, sotto il cielo del Pd, ma la situazione non è per niente eccellente, come avrebbe invece detto il comandante Mao

Mao Tze Tung

Mao Tze Tung

I tempi del congresso sono fin troppo lunghi: marzo 2023per chiudere la ‘prima fase’ (voto nei circoli) e addivenire alla seconda (primarie aperte), cioè ben cinque mesi, mentre in Italia (governo Meloni) e nel Mondo, quello che Antonio Gramsci definiva “il Mondo grande e terribile” succede di tutto (guerre, catastrofi, etc.). 

Antonio Gramsci

Antonio Gramsci

Il regolamento congressuale, poi, è pasticciato: potranno votare anche i ‘non’ iscritti al Pd, per il segretario del Pd, il che fa a pugni con la logica, ma non con l’aritmetica di chi vuol ‘teleguidarlo’: far votare i ‘non’ iscritti, senza ‘chiudere’ il tesseramento entro la fine dell’anno precedente a quello in cui si tiene il congresso (come, cioè, si fa da quando Mondo è Mondo, cioè dal 2007, quando il Pd è nato) è un modo – surrettizio – che Letta, con l’appoggio delle aree più di sinistra (Orlando, Zingaretti, etc.) ma anche quelle ‘non’ di sinistra (Franceschini) hanno individuato per incamerare un po’ di voti della sinistra extra Pd (Articolo 1, ma pure SI, Verdi, cani sciolti, etc.) per ‘fermare’ la corsa del loro nemico Bonaccini, ritenuto alla stregua di un Attila re degli Unni che vuole venire a invadere un campo non suo, quello dei big o presunti tali, che ‘comandano’. 

Letizia Moratti

Letizia Moratti

Le alleanze con gli altri partiti di opposizione stanno al grado zero Fahrenheit. Il Terzo Polo, in Lombardia, candida la Moratti, il che ha mandato il Pd lombardo e milanese ai matti, il problema è che uno straccio di candidato ‘appetibile’ i dem lombardi non ce l’hanno, ergo vanno verso una sonora, annunciata, sconfitta. Oppure, i ‘rapporti’ con i 5Stelle, che pure il Pd ha cercato, in tutti i modi, di tenere in vita, si tramutano in sonori schiaffoni che il Pd prende. 

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Conte, sul piano nazionale e i 5Stelle in Lazio – tra una scusa (il no all’inceneritore) e l’altra (i programmi, sempre buoni per dire dei ‘no’) – andranno da soli, alle regionali laziali, facendo perdere al Pd pure questa regione che, fino a ieri, non solo era governata direttamente dal Pd, e per la precisione da Nicola Zingaretti (il quale, ben contento di essere stato eletto, anzi ‘nominato’, deputato, ha pensato bene di mollare i laziali al loro triste destino), ma era anche assurta a (presunto) ‘laboratorio’ dell’alleanza con i 5S. Certo, il Pd, alla fine, sceglierà un candidato (forse Enrico Gasbarra, se deciderà per la corsa ‘in solitaria’, forse Alessio D’Amato, se accetterà il diktat di Carlo Calenda e del suo Terzo Polo), ma sarà un candidato dichiaratamente perdente. In pratica, al Pd, resteranno in mano solo due regioni, la Campania e la Puglia, le quali però sono governate da due ‘ras’ locali (De Luca ed Emiliano) che rispondono solo a loro stessi, non certo al partito. In pratica, l’Italia, al netto della Toscana (con Eugenio Giani) ed Emilia-Romagna (dove in ogni caso toccherà rivotare, prima o poi), sarà un lago azzurro-verde-nero, di centrodestra. E tanti cari saluti pure al governo locale dei dem. 

La candidatura di Elly, la pasionaria dei diritti

Elly Schlein 2014

La vera outsider è la ‘pasionaria’ Elly Schlien

L’ultima notizia ‘utile’ a intorbidare le acque è di ieri e si è diffusa come un baleno, dentro il Transatlantico: si scalda, ai blocchi di partenza, come futuro leader dei dem, un altro candidato. O, meglio, un’altra. Trattasi di Elly Schlein. La ormai ex vicepresidente del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, fresca fresca di nomina a deputata semplice (si è fatta assegnare alla commissione Affari costituzionali, ma ha rifiutato – quasi con sdegno – la nomina a capogruppo…), ha deciso che ‘alea iacta est’, il dado è tratto. Anche se lei lo direbbe metà in svizzero e metà in americano, dato che è di triplice nazionalità (italo-svizzera-americana, appunto) e lesbica.

schlein meloni

Elly e Giorgia

Il che è una constatazione, si capisce, e non certo un’aggravante: lei stessa, dal palco dell’ultimo comizio elettorale di Enrico Letta, dove ha preso più applausi di tutti, ha rivendicato, contro Giorgia Meloni, di essere “donna, lesbica, non madre e non italiana”. Un grido, un programma. 

Goffredo Bettini

Goffredo Bettini

Entro pochi giorni, una settimana al massimo, Elly annuncerà la sua ‘discesa in campo’: così ha confidato ai colleghi e pure a suoi: state pronti. Solo che, a differenza di quanto si potrebbe pensare, la sinistra interna, che viene dal Pci-Pds-Ds, non appoggerà la ‘pasionaria’ dei diritti. Infatti, il nume tutelare dell’ex Pci, Goffredo Bettini, “non la può vedere neppure dipinta”, ghigna chi lo conosce bene, mentre il paladino della sinistra storica (quella interna al Pd), Andrea Orlando, si vuole candidare lui, come frontman dell’area, cioè da paladino di sinistra. Insomma, la Schlein, che neppure è iscritta al Pd, si candiderà, bontà sua, da sola.

Andrea orlando

Andrea Orlando

Al massimo con l’appoggio di una (nutrita) schiera di movimenti ‘dal basso’, modello ‘occupy Pd’, nati di recente che, da Roma a Bologna, da Firenze a Bruxelles, stanno infiammando in corpore vili il corpaccione dem al grido, di morettiana memoria, “con questi dirigenti non vinceremo mai!” (vero, peraltro). 

Ma quanti sono i candidati alla leadership? Troppi, almeno cinque, forse sei, o di più…

X Factor

Nel Pd, invece, ormai siamo a ‘X Factor’…

Il problema è che il ‘campo’ dei candidati alla segreteria dem in vista del congresso anticipato che si terrà a marzo è, a dir poco, assai affollato. Una sorta di ‘X Factor’ che, tuttavia, assomiglia più alle sagre paesane dove chi passa dice la sua. Solo a metterli in fila, infatti, i candidati, ad oggi, sono già fin troppi.

Stefano Bonaccini

Stefano Bonaccini

C’è il governatore emiliano, Stefano Bonaccini, la cui discesa in campo è certa (è, cioè, ormai, un segreto di Pulcinella che abbisogna solo del timbro dell’ufficialità), che godrà, oltre che della sua notevole forza esogena, dell’appoggio di Base riformista e di altri liberal mentre non si sa ancora bene cosa faranno, chi appoggeranno o se sceglieranno un loro candidato i combattivi Giovani Turchi di Matteo Orfini

Matteo Orfini

Matteo Orfini

Poi, ci sono due outsider: l’ex ministro, lettiano, Paola De Micheli, e il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, che già girano l’Italia in cerca di consensi. L’attuale sindaco di Firenze, Dario Nardella è a sua volta ‘tentato’, dalla discesa in campo, ma non ha ancora sciolto del tutto le sue ‘riserve’. In ogni caso, scenderebbe, pure lui, in campo ‘solo’ perché la sinistra interna come la sua ex area (Base riformista di Guerini e Lotti) non intendono appoggiarlo perché lo considerano i primi troppo ‘di destra’ e i secondi alla stregua di un traditore. 

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Paola De Micheli

 Solo così siamo a cinque candidati, forse sei (se il ‘paladino Orlando’ scioglierà la riserva), di cui già ben due sono donne, la Schlein e De Micheli. Altri ancora arriveranno, ma solo due arriveranno alla ‘selezione’ finale, e cioè le primarie aperte. Sempre che, si capisce, stante i recenti sondaggi, che vedono il Pd precipitato al 14% e sotto i 5Stelle, sia ancora in piedi, un partito, da guidare. 

La presentazione del libro di Dario Nardella

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Il libro di Nardella

Se noi non troviamo una base comune di valori tra posizioni diverse che in questi anni si sono manifestate nel nostro partito, possiamo anche rischiare una scissione”, dice il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Il sasso che Nardella lancia nello stagno è pesante ma coglie nel segno: lo spettro della scissione aleggia eccome, nel Pd. 

Il sindaco è Roma per la presentazione del suo libro, “La città universale” (La Nave di Teseo) e lo fa in un luogo prestigioso, la Stampa Estera. Per evitare che si arrivi a una scissione, continua Nardella, “noi dobbiamo costruire un perimetro di valori e ideali nei quali ci riconosciamo tutti. È questo lo sforzo che, secondo me, va fatto ora. È un problema di impostazione culturale che ci dobbiamo dare noi come comunità politica”.

Troppe volte ho sentito ‘se vince Tizio o Caio me ne vado’. Si può fare un congresso così? – si chiede, preoccupato, Nardella – Ci deve essere un confronto intenso e serrato anche tra leadership ma deve avvenire sotto il tetto della stessa casa, senza minacce. Questo mi preoccupa, che nel vuoto delle idee, di valori condivisi, rischiamo di dividerci in due in una scissione alimentata dalle pressioni esterne”. Quanto alla sua candidatura – ad oggi ancora possibile, una strada tutta aperta, ma che non vede la sua ex area, Base riformista, appoggiarlo – come leader del Pd, aggiunge: “Arriverà quando sarà il momento, quando matureranno le varie opzioni politiche in campo”. Trad.: non è ancora arrivato quel giorno. 

logo base riformista

Logo Base Riformista

Intanto, la prima cosa che serve al Pd “è ritrovare la sua identità e la sua autonomia, una sua forza. Se non apriamo subito un confronto su questi temi e partiamo, invece, con la corsa a candidarsi o ad appoggiare candidati senza avere chiaro il nostro orizzonte, rischiamo di dare una delega in bianco al segretario, chiunque esso sia, e consegnargli un partito senza anima e identità, una barca piena di buchi che sta affondando. Così rischiamo l’ennesimo leader che dura un anno e che si dimette o abbandona il campo – osserva il sindaco di Firenze – il Pd rischia di affondare. La questione ‘tempi’ diventa vera e urgente quando perdiamo tempo e non dobbiamo perderne altro. Dobbiamo promuovere iniziativa politica di chi vuole mettere prima le idee. Non sprechiamo tempo: se restiamo fermi, il tempo diventa un macigno”. 

regione lombardia

Lombardia – Regionali

Nardella non si tira indietro neppure sulle future regionali. In merito alla situazione che si è creata in Lombardia, dove il Terzo polo appoggerà la corsa di Letizia Moratti, dice: “il Pd e il centrosinistra devono tirare fuori una proposta con la grande spinta dei sindaci lombardi dem che hanno avuto consenso e hanno vinto in quasi tutti i capoluoghi di provincia, un elemento di novità”. Ma avverte, con un occhio rivolto anche al Lazio, che “è giusto cercare alleanze, ma più si alza la tensione nel negoziato e più ci rimettono tutti”. Invece, su Firenze e Toscana, Nardella dice: “c’è una buona esperienza di governo col Terzo Polo e penso che sia interesse di tutti fare in modo che questa esperienza di governo possa continuare”. Uno dei motivi, però, per cui la sinistra interna storce la bocca su di lui, ritenuto un profilo troppo ‘moderato’ per il Pd… 

Di cosa parla il libro “La città universale”…

dario nardella © emiliano benedetti 2 2

Nardella definisce Firenze “una città universale, una città in cui si vive immersi nell’arte e nella storia, meta e tappa di persone di tutto il mondo”

Si chiama “La città universale” (La nave di Teseo, 400 pp, 19 euro) il libro del sindaco di Firenze, Dario Nardella. Nato a Torre del Greco (Napoli), nel 1975, ma naturalizzato fiorentino già dai 14 anni, quando si è trasferito nella città dei Medici. A Firenze Nardella ha frequentato il liceo, l’università, il conservatorio (il sindaco sa suonare il violino, pure bene), e ne è diventato sindaco nel 2014 (ora è al secondo mandato). 

Nardella definisce Firenze “una città universale, una città in cui si vive immersi nell’arte e nella storia, meta e tappa di persone di tutto il mondo, in cui il rapporto costante con il bello forgia il modo di vivere e di pensare dei suoi abitanti”. Nel libro, Nardella, partendo da Firenze, delinea i contorni di “un nuovo progetto politico per un nuovo Umanesimo e per fornire linfa fresca alla politica e alla società, tracciando nuove strade”.

Regionali in Lazio e Lombardia, croce del Pd

Alessio DAmato

Alessio D’Amato

Tornando, invece, alla situazione delle Regionali, si fa sempre più concreta l’ipotesi che sia Alessio D’Amato il candidato del Pd alle elezioni regionali del Lazio. Non che la strada per l’assessore alla Sanità della giunta Zingaretti sia spianata: ci sono ancora alcuni nodi da districare e non di poco conto. Ad esempio, il ricorso alle primarie per incoronare il candidato; lo schema delle alleanze; il destino degli altri candidati in campo, Daniele Leodori e Marta Bonafoni. 

Nicola Zingaretti

Il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti

Oggi, D’Amato terrà una assemblea con la quale certificherà l’inizio della sua corsa alla Regione. Di sicuro, non ci saranno i Cinque Stelle che ieri hanno disertato la conferenza stampa di addio di Nicola Zingaretti. Una sola componente della Giunta si è affacciata al Tempio di Adriano, ma fuori tempo massimo, quando i lavori erano ormai conclusi. “Possiamo vincere le elezioni regionali del Lazio anche senza il M5s”, dice in ogni caso il neo deputato Zingaretti che lancia un appello alle forze politiche: “Chi divide e rompe l’unità sbaglia perché non ce ne sono i motivi”

Emilio Del Bono

Emilio Del Bono

In Lombardia, invece, prende quota il nome del sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, mentre appare sempre più lontana la possibilità di candidare Carlo Cottarelli, dopo la candidatura di Moratti con il Terzo polo di Calenda e Renzi. Quello di Del Bono è un profilo che convince una buona parte dei dem per il dialogo che ha con i territori, non solo quelli del capoluogo. “Chi non vive in Lombardia percepisce la Regione solo come Milano. Ma non è così”, spiega un dem in transito a palazzo Montecitorio: “I territori della provincia hanno una agenda di priorità molto diversa da quella che può avere Milano. Molto più centrata sul mondo produttivo e sullo sviluppo che non, ad esempio, sui diritti civili”. 

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Carlo Cottarelli

Non va trascurato, poi, che se è vero che Milano è la città più importante dal punto di vista economico e politico, “Brescia e Bergamo non sono piccoli comuni di poche migliaia di abitanti ma raccolgono, insieme, circa 2 milioni e mezzo di elettori”. Con queste realtà, è il ragionamento, Del Bono ha un dialogo aperto. Anche in questo caso, tuttavia, la strada per il primo cittadino di Brescia è tutt’altro che spianata.

 Attilio Fontana

Attilio Fontana

Tra la riconferma di Attilio Fontana, il governatore uscente, che gode del sostegno dell’intero centrodestra e la candidatura, ormai lanciata, di Letizia Moratti, per non dire del nome che uscirà dal cilindro dei 5Stelle, Del Bono rischia di finire terzo o quarto. 

Alessia Morani

Alessia Morani

Tornando al Pd, le sensibilità sono molteplici e il congresso in corso esalta le differenze di vedute. La ex parlamentare dem, Alessia Morani, ad esempio, in una intervista chiede di non abbandonare definitivamente l’ipotesi Moratti. E il sindaco di Firenze, Dario Nardella, si spinge a paventare una scissione se non si troverà in questa fase una sintesi fra le diverse sensibilità. 

Il difficile gioco a incastro sul Copasir…

Copasir logo

Logo Copasir

Lo strappo consumato ieri da Conte, d’altra parte, è di quelli che non si rimarginano. Non in tempi brevi, almeno. E gli strascichi si avvertiranno immediatamente, con l’elezione delle presidenze delle Commissioni di garanzia, Copasir e Vigilanza Rai. Il Pd ha indicato alle presidenze delle Camere i nomi di Enrico Borghi per il Senato e di Lorenzo Guerini per la Camera. “L’intemerata di Giuseppe Conte contro Borghi e Guerini”, spiega un big del Pd, “ha riaperto i giochi sulle commissioni. Senza un accordo fra le opposizioni, si andrà alla conta”

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Lorenzo Guerini

Fino a ieri, infatti, c’era una intesa di massima fra dem e pentastellati: ai primi il Copasir, ai secondi la Vigilanza Rai. “Ma se Conte entra nel merito dei nomi che avanza il Pd, a quel punto, lo facciamo anche noi sui nomi del Movimento 5 Stelle“, spiegano fonti parlamentari dem.

vigilanza rai

Una incursione, quella del capo Cinque Stelle, “grave anche per la funzione del Copasir“, aggiunge un dirigente dem. Di fatto, dunque, l’elezione del presidente Copasir, come di quello della Vigilanza, dipenderà dall’atteggiamento che vuole tenere il centrodestra. “Di sicuro deve essere un esponente dell’opposizione“, sottolineano ancora i dem ricordando che non è la prima volta che si va ad eleggere i vertici delle commissioni di garanzia senza un accordo fra le opposizioni: è accaduto anche con l’elezione del leghista Raffaele Volpi, prima, e dell’esponente di Fratelli d’Italia, Adolfo Urso, poi. “Se non c’è una intesa, decidono i dieci componenti del Comitato. Ma dal punto di vista politico, per la funzione che il Copasir svolge, c’è un elemento di rottura inquietante da parte di Conte e dei 5S, anche per tutto quello che il Copasir ha fatto in tutti questi anni. Ora, se si rompe una unanimità che è stato il valore aggiunto di questo Comitato. ognuno se ne assumerà la responsabilità”.