“Stanno tutti bene”? Mica tanto. Elly, Paola e le altre fanno girotondo, poi c’è Bettini…

“Stanno tutti bene”? Mica tanto. Elly, Paola e le altre fanno girotondo, poi c’è Bettini…

12 Novembre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Stanno tutti bene”? Mica tanto. Elly, Paola e le altre fanno girotondo ma aleggia, su tutti i candidati, l’ombra di Goffredone…

Elly, Paola e le altre fanno girotondo ma aleggia, su tutti i candidati, l’ombra di Goffredo

Elly, Paola e le altre fanno girotondo ma aleggia, su tutti i candidati, l’ombra di Goffredo

Nb: una parte di questo articolo è stato pubblicato il 12 e il 13 novembre 2022 sul Quotidiano nazionale

 

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Nel magico mondo del Pd accadono tante cose. Alcune sono meravigliose, altre sono ridicole. Succede, per dire, che Conte ‘riapra’ all’alleanza con il Pd, dopo aver ‘chiuso’ alle alleanze con i dem in Parlamento, in Lazio, in Lombardia e pure altrove.

Goffredo Bettini

Goffredo Bettini

Potenza di un libro (A sinistra. Da capo, edizioni Paper First, quelli del Fatto) e del suo autore, Goffredo Bettini, mentore della sinistra storica dem ieri e di Conte oggi, il quale Conte, magnanimo, ora dice: “Ci ritroveremo, con il Pd, se preverrà la linea Bettini”, cioè l’alleanza organica con i 5s.

Elly riparte dal “noi collettivo”, mica “dall’io”…

Ci mancava solo Elly! Al congresso del Pd si candiderà pure la Schlein

Ci mancava solo Elly! Al congresso del Pd si candiderà pure la Schlein

Ma iniziamo dall’inizio e cioè da Elly Schlein. La neo-deputata fa un mezzo passo avanti, sulla candidatura al congresso (che sarà super-anticipato) del Pd, ma non integrale: il suo non è “un io”, ma un “noi”. Elly non scioglie la riserva, durante la tanto attesa diretta Instagram di ieri, pur avendo detto e fatto sapere di essere “seccata” (molto seccata, ci è stato detto) perché QN per primo ne ha svelato le ambizioni e i desideri (che poi non c’è niente di male, ma ‘pare brutto’ dirlo così, ecco).

Al congresso del Pd si candidera pure la Schlein

Prima di lanciarsi, deve aderire alla fase costituente: non è ancora iscritta al Pd, piccolo problema. Intanto, però. mette in chiaro dei punti che già ‘profumano’ di mozione congressuale. La Schlein usa a piene mani il birignao della sinistra radical: “Non serve solo una frettolosa corsa a cambiare il gruppo dirigente, ma una riflessione aperta, larga, profonda”. O ancora: “Non va fatta la guerra ai poveri ma alla povertà, giù le mani dal reddito di cittadinanza”. E ancora: “Non è il momento di corse solitarie, ma di una costruzione collettiva con chi ha una visione comune per una riconciliazione di mondi. Non si può discutere di nomi se non si discute di giustizia sociale e climatica”, etc etc etc.

Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna

Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna

Parole frutto di una visione tutta da ‘ceti medi affluenti’ che, però, vengono accolte con favore da molte anime del Pd che hanno come unico obiettivo fermare Bonaccini manco si trattasse di Attila re degli Unni che sta per calare sulla Capitale dell’Impero e il Papa deve accorrere a fermarlo…

Le tante anime (dem e non) pronte a sostenere Elly…

Dario Franceschini

Dario Franceschini

Si va dai lettiani ad Area dem di Franceschini – il quale non vuole metterci, per ora, il cappello, ma non vede l’ora di farlo, pur di fermare Bonaccini – passando per parte della sinistra dem, peraltro ancora incerta sul da farsi. Qui si scalda Orlando, che ieri, però, ha messo le mani avanti così: “la Costituente serve a fare una riflessione. Mi pare che stia passando l’idea che sia meglio risolverla con una competizione fra noi. Penso che sarebbe un errore. Abbiamo bisogno di una riflessione”.

Orlando andrea

Orlando Andrea

Mentre Orlando ‘riflette’ sul da farsi (pare che voglia distinguere – nel Pd di oggi mica nel Pci di ieri – “chi vuole rigettare il capitalismo e chi no”, robe che già negli anni 50 ti prendevan per matto) , il passo in avanti di Elly – dicono ora, nella sinistra del Pd – “può imprimere una accelerazione al congresso, aiutando altri nomi ad uscire”.

Dario_Nardella_Firenze

Dario Nardella

Uno dei nomi ‘pronti’ è il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ex esponente di Base riformista:Mi sto organizzando con colleghi sindaci ed amministratori, il mondo della società civile, per promuovere una iniziativa aperta su lavoro, sviluppo sostenibile, ambiente”. Di fatto, il suo è un altro annuncio di candidatura:Voglio essere, con altri, promotore di un vero confronto pubblico ed aperto che ci piacerebbe organizzare a breve a livello nazionale. Il Pd deve essere protagonista con le idee”. Da sinistra, si apprezza il riferimento ai temi sociali ed economici, specie i temi sull’ambiente e sulla questione ‘di genere’, cari pure alla Schlein. Già si ipotizza un ticket tra i due: Schlein ‘capa’ (candidata segretaria) e Nardella vice (candidato presidente Assemblea), il che sarebbe una forte diminutio per Nardella.

Mattia Santori

Mattia Santori

Lei giura di non avere “una furia rottamatrice”, pur se le Sardine di Mattia Santori – redivive, come il sole all’improvviso, forse mai morte, anche se nessuno ne sentiva la mancanza, almeno ad oggi – la acclamano e dicono che torneranno in campo solo se anche lei sarà della partita (sarebbe un buon motivo per non appoggiare Elly, in realtà, ecco).

Matteo Meogrossi

Matteo Meogrossi

Anche i giovani di uno dei tanti Occupy Pd che si sono tenuti in questi giorni e settimane si dicono subito entusiasti della discesa in campo di Elly. Non a caso, ieri, a stretto giro, Matteo Meogrossi, vicesegretario provinciale Pd, vicino ad Andrea De Maria, che appoggia Bonaccini, e Davide Di Noi, che ora gravita su Bonaccini, ci tengono molto a far sapere, urbi et orbi, la loro: Apprendiamo con piacere che Elly Schlein abbia deciso di iscriversi nuovamente al PD! Noi continuiamo nel nostro percorso di “allargamento dal basso”, perché siamo convinti che sia fondamentale. Rispetto alla sua citazione della nostra iniziativa di Sabato, #riGenerazione, porremo a tutti coloro che si candideranno a Segretario tre punti imprescindibili: – rinnovamento concreto della classe dirigente nazionale – Superamento e cancellazione di tutte le correnti – Valorizzazione degli amministratori e delle energie nel territorio”.

Resta inteso che anche il governatore emiliano, Stefano Bonaccini, è pronto alla sua corsa (con l’appoggio di molti sindaci, governatori e aree interne del partito, come Base riformista di Guerini e Lotti) e che altri candidati minori sono già in pista, da mesi (Paola De Micheli e Matteo Ricci).

“Sinistra, da capo”? Il librone di Goffredo Bettini e le sue tesi ardite o strampalate: la fedele, puntuta, cronaca di Cappellini

A Sinistra. Da capo

Ieri è stato anche il giorno in cui Goffredo Bettini ha presentato il suo libro “A Sinistra. Da Capo” in un Auditorium della Musica davvero strapieno, con Andrea Riccardi, Andrea Orlando e i direttori di Qn (Pini) emanifesto (Rangeri) a intervistarlo, ma soprattutto con Giuseppe Conte a far da guest star, sopra e sotto il palco. Per Conte “i 5S stanno nell’area dei progressisti, che lo si voglia o no”, “nel Pd c’è chi rinnega il governo Conte II” (non Bettini, si capisce), “sotto Draghi il Paese ha vissuto in uno stato ipnotico”, ma soprattutto che, “se il Pd ci avesse sostenuto, il governo Draghi non sarebbe caduto”: Morale, colpa sempre del solito, povero, Enrico Letta.

Enrico Letta

Enrico Letta

Ma riportiamo qui il racconto dell’evento dalla gustosa e sapida cronaca in diretta dall’articolo di oggi su Repubblica di una delle sue firme migliori e più puntute, Stefano Cappellini:

stefano cappellini

Stefano Cappellini

Mentre Conte sta spiegando perché non si alleerà con il Pd nemmeno alle regionali del Lazio e chiude così il concetto: “Ho posto delle condizioni, non posso rinunciare ai miei valori e alla mia tradizione”. Un signore barbuto in sala non resiste e sbotta: “La tua tradizione? E qual è la tua tradizione?”. Dopo un comprensibile istante di sorpresa, un irritato Conte prova a parare il colpo con una battuta memorabile: “Ma questo è massimalismo!”.

 Se doveva essere la presentazione di un libro (‘A sinistra, da capo’, edizioni Paper first, la casa editrice del Fatto quotidiano, da sempre sensibile alle sorti del Pd) è stato un successo: sala gremita, volti noti e tanti politici, coda al firma-copie. Se doveva essere il battesimo della corrente filo-M5S del Pd in vista del congresso ha funzionato meno. Tolto il minimo comune denominatore negli interventi degli oratori, e cioè che il Pd è un fallimento, è tutto sbagliato, è tutto da rifare, dall’adunata romana è uscito un puzzle un po’ scombinato di ambizioni di rifondazione della sinistra.

Forse non poteva essere altrimenti dato che uno degli aspiranti rifondatori sul palco era appunto Conte, che si è scagliato contro “il vetero-capitalismo”, “il turbo-capitalismo” e la “la logica consumerista” (forse intendeva dire consumista), il secondo, Andrea Orlando, che con il M5S ha detto di volersi alleare di nuovo “per riformare il capitalismo” e il terzo, Bettini medesimo, che ha dedicato parte del libro e del suo discorso a deplorare la perdita della “scintilla” del 1917, parliamo di Rivoluzione d’Ottobre, cioè “l’ambizione di portare gli ultimi dentro il palazzo del potere”: “Non siamo stati capaci – ha detto Bettini in uno dei passaggi declamati con più sofferenza – di sottrarre le giuste istanze di liberazione dalle macerie del muro di Berlino”.

 Sul punto Bettini e Orlando, autore della postfazione del volume, concordano: il Pd è un partito supino al capitalismo e un dibattito sul tema non può più essere differito. “Le differenze che ci sono nel partito – è il parere di Orlando – non possono più essere gestite con la reticenza”, cioè rimuovendo il tema dal congresso. Sul momento più teso della sua oratoria, anche all’ex ministro del Lavoro tocca il suo contestatore in sala: “Non si riforma il capitalismo con Draghi!“. Al che Orlando, intuendo che la voce proviene dalla claque contiana, rinfaccia proprio la caduta di Draghi: “Ma nemmeno con Meloni”.

Paola Taverna

Paola Taverna

Ad applaudire in platea c’è Francesco Boccia, collaudato ufficiale di collegamento tra il Pd e i grillini, una raggiante Paola Taverna, segata come parlamentare dal limite dei due mandati ma senza perdere fede in Conte (“Sono qui per il presidente”, spiega), l’europarlamentare e fuoriuscito dal M5S Dino Giarrusso (“Sono qui per Bettini”, è la versione speculare). Non si è visto Massimo D’Alema, diviso da una annosa contrapposizione con Bettini, sanata negli ultimi anni solo dal comune afflato per “Giuseppe”.

D’Alema_massimo

L’ex premier Massimo D’Alema

 Conte concede a Bettini tutto quel che può, l’elogio letterario (“C’è in questo libro un labor limae oraziano, una prosa a tratti anche aforistica”), il ringraziamento per l’appassionata difesa del Conte due (“Tanti dem hanno rinnegato quell’esperienza e insieme al Paese si sono calati nello stato ipnotico del governo Draghi”), persino una punta di autoironia (“Non voglio rovinare la reputazione a Goffredo, per questo dico che ogni tanto non siamo d’accordo”).

 Eppure, sul palco e anche tra il pubblico pare evidente il cortocircuito tra chi, come Bettini, dice di “credere al Pd”, seppur da ricostruire, e chi, come Conte, resta seduto sul fiume ad aspettare che ne passi il cadavere. Il leader M5S lascia una porta aperta ai nostalgici dell’era giallorossa: “Se il percorso delineato in questo libro prevarrà anche nella dialettica interna del Pd, sarà facile ritrovarci”. Sarà.

Alessio DAmato

Alessio D’Amato

 Bettini esprime dolore per la scelta laziale di Conte e appoggio al candidato presidente indicato da Pd e Azione, l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato: “Caro Giuseppe, ho capito le tue ragioni quando sei uscito dal governo, anche se come sai non era d’accordo sulla rottura, stavolta no, non si sfascia un’alleanza che già c’è”.

 Anche Orlando, che pure si compiace che il Pd abbia capito come tra il populismo grillino e quello leghista “c’era differenza”, prova a dare qualche timida botta a Conte: “C’è chi fa la sinistra non sempre essendola”. Poi ricorda al capo grillino che per fare giustizia sociale non si può puntare solo sulla spesa pubblica, “serve la redistribuzione, perché ogni tanto per fare qualcuno contento serve scontentare qualcun altro”. Insomma, una critica a una delle parole più usate nel vocabolario dell’ex presidente del Consiglio: gratis. Giusto il prezzo che Conte è disposto a pagare per portarsi a casa le spoglie del Pd.

Torniamo ai candidati e rifacciamo di conto: quattro ad oggi…

Elly Schlien

Elly Schlien

Ma torniamo ai candidati al congresso. Elly Schlein sarà dunque della partita. Una decisione che arriva dopo che a lungo il suo nome è stato tirato in ballo nell’ambito del congresso dem, con le correnti e diversi dirigenti nazionali del partito che, nonostante non vi fosse alcun accordo con la Schlein, hanno tentato di riposizionarsi anche sul suo nome. Schlein, che è stata per due anni vicepresidente della Regione Emilia Romagna, potrebbe affrontare nell’assise Pd, se dovesse proseguire nella sua corsa, l’attuale numero uno dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, pure lui disponibile a correre per la segreteria, con l’appoggio di tanti amministratori e dell’ala riformista del partito, Base riformista.

L’auto-candidatura di Paola De Micheli: “ma io sono donna!”

Paola De Micheli

Paola De Micheli

Un derby tra il numero uno dell’Emilia-Romagna e la sua ex vice, mentre sempre emiliano romagnola è pure la terza candidata per ora in campo, la piacentina Paola De Micheli, che ieri ha presentato la sua candidatura al circolo Pd di Bologna Passepartout.

Paola De Micheli, infatti, è sbarcata a Bologna per sostenere la sua candidatura alla segreteria Pd, ma non chiude la porta ad Elly Schlein, che – come detto – ha fatto un mezzo passo avanti nella competizione per i futuri assetti del partito. “Io dialogo con tutte e tutti”, risponde alla domanda l’ex ministra, allo storico circolo Passpartout proprio per lanciare la propria corsa al Nazareno. “Con Elly, neo-collega in Parlamento, ci vediamo e ben volentieri discutiamo. Parliamo di tutto, così come con tutti gli altri candidati o potenziali tali. Io – sottolinea, però, la dem – sono stata la prima a prendere questa decisione” di correre per la segreteria. “L’ho fatto come un gesto di libertà e coraggio, ma soprattutto perché ho idee per questo partito che vengono da lontano“. Idee, tiene a sottolineare De Micheli, maturate dal confronto con gli iscritti di tutta Italia. Di sicuro De Micheli non ha alcuna intenzione di farsi da parte per lasciare la strada a Stefano Bonaccini. “So che è arrivato il tempo di una segretaria donna. Su tutto il resto sono assolutamente pronta a discutere con tutte e con tutti”, afferma la De Micheli. Stefano Bonacciniè uno straordinario presidente di Regione, nella sua ultima campagna elettorale ho fatto 36.000 chilometri per sostenerlo e li rifarei domattina, perché è stato ed è tuttora un grande amministratore. Ma io ho una idea diversa di partito da quella che gli ho sentito raccontare in questi mesi e quindi vado avanti su questa strada col sostegno di tante e tanti in giro per l’Italia e spero da stasera anche qui a Bologna“. A Bologna i primi sostenitori della De Micheli sono Elena Torri, Alessandro Poluzzi, Elena De Benedictis e Lucia Bongarzone, riuniti al Passeepartout con un pugno di simpatizzanti. Per quanto riguarda la richiesta di velocizzare i tempi del congresso, “ho letto che il segretario Letta vuole rispondere positivamente a questa richiesta- dice ancora la De Micheli – credo che siamo in una situazione molto faticosa e che è bene affrontare sia la fase della discussione tra di noi che la fase delle candidature nella maniera più seria, responsabile, aperta e partecipata possibile. Se questo è possibile farlo in tempi più stretti molti bene, anche perché abbiamo sfide importanti in Lombardia e Lazio“.

matteo ricci

Matteo Ricci

Poi, e pur si sa, c’è anche la candidatura del sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, che ieri ha rivendicato, in funzione anti-Meloni e contro le politiche del governo sugli sbarchi e sui migranti, le sue origini umili, operaie, di chi viene da una famiglia di minatori marchigiani emigrati in Belgio, a Charleroi: si sta posizionando su un profilo tutto di sinistra, Ricci, ha già iniziato a girare l’Italia e le sezioni.

Si vedrà, dunque, se davvero questa sarà la gara, cioè ‘solo’ tra questi quattro candidati o altri ancora. Per arrivarci infatti restano ancora aperti molti passaggi, dall’Assemblea nazionale (probabilmente si terrà il 19 novembre) che dovrà fissare le regole della contesa congressuale, al voto nelle sezioni, durante il quale verranno selezionate le candidature: per Statuto (modificato in età Zingaretti) solo i primi due classificati nel voto degli iscritti accederanno poi alle primarie aperte, che secondo le regole si trasformeranno così in un vero ballottaggio.

Gli appelli a ‘fare presto’: sindaci, donne, giovani, tutti che vogliono bruciare le tappe e fare il congresso anticipato bis 

Elisabetta Gualmini

Elisabetta Gualmini

La data votata dalla direzione per le primarie, il 12 marzo, è stata approvata come mediazione tra le anime del partito, profondamente spaccato tra chi chiede tempi rapidi e chi invece avrebbe voluto un percorso costituente anche di un anno. Bonaccini insiste però da tempo per accorciare i tempi, supportato anche da un gruppo di oltre 150 amministratori, e da una lettera aperta sottoscritta da molte donne democratiche (molte le ex elette) tra cui l’europarlamentare Elisabetta Gualmini, Alessia Morani, Valeria Fedeli, Patrizia Prestipino, Enza Bruno Bossio e molte altre sotto uno slogan molto chiaro (“Fare presto”) che chiedono di anticipare il congresso a gennaio e di ‘fare presto’ contro ogni attendismo. Letta aveva, nella sua chiamata ‘costituente’ aperto alla possibilità di accorciare i tempi. Se davvero, come sembra, sarà possibile farlo, toccherà all’assemblea nazionale del Pd provarci.

Ma il congresso è già stato anticipato rispetto l’anticipato…

congresso del pd

Ma il congresso (anticipato) del Pd è già stato… anticipato sull’anticipato (si doveva tenere nel 2024). Altro che 5 mesi, un tempo biblico, come doveva essere, cioè tra marzo e aprile del 2023. Potrebbe, invece, tenersi a febbraio, all’inizio. Con relativo anticipo di presentazione delle candidature che, dal 28 gennaio, quando doveva essere, verrà dunque anticipata almeno a due mesi prima. Cioè non oltre il 28 dicembre, almeno a spanne, mentre l’Assemblea nazionale (la sola che, in base allo Statuto del Pd, può convocarlo, il congresso) potrebbe tenersi già a metà novembre.

monica nardi

Monica Nardi, storica portavoce di Letta

Ma perché una tale, improvvisa, anticipazione? Quella formale la fornisce la portavoce del segretario, Monica Nardi, una che di solito, discreta ed efficiente, sta sempre un passo indietro, ma che ieri sera annuncia la notizia ‘bomba’ (almeno nel piccolo mondo democrat): “Letta sta lavorando a verificare le condizioni politiche e la fattibilità procedurale per anticipare il congresso, cercando un punto di caduta tra le varie anime del partito che non scontenti nessuno e contemperi la necessità di approfondire e l’esigenza di avere una leadership rinnovata per affrontare questa fase politica”.

Tutti i guai del Pd che spingono Letta ad anticipare la ‘conta’

Schlein Letta

Schlein Letta

 La verità è, però, un’altra: dato che i buoi stanno scappando, dalla stalla, al Nazareno hanno pensato che è arrivata l’ora di chiudere il recinto. Basta un rapido elenco di guai dem per capire il punto. Prima i candidati mezzi annunciati e mezzi smentiti. Elly Schlein, assai adontata per l’articolo su QN che ne anticipava il lancio (“E’ inc. nera con voi” spiegano i suoi colleghi), dirà cosa vuol fare oggi, via diretta Instagram: dirà, cioè, se – da non iscritta dem – si candiderà o no.

Poi c’è Dario Nardella che – spiegano i suoi – “va avanti per la sua strada, non pensa a ticket di sorta (si parla di un ticket proprio con la Schlein, ndr.) e si sente in campo, forte delle sue relazioni”.

Poi c’è Stefano Bonaccini che, a sua volta, macina chilometri e, soprattutto, consensi: ha già con sé molti sindaci (Gori, Delbono, Decaro, etc.), ma vuole sfondare al Sud, dove coltiva buoni rapporti con il governatore campano, Vincenzo De Luca, ma anche più giù (Sicilia, Calabria e altri luoghi) e, non caso, cerca una sindaca giovane e del Sud con cui fare ticket per la segreteria. A lui il congresso super-anticipato va bene: si sente ‘pronto’ e lo dice.

Brando Benifei

Brando Benifei

Poi, c’è la pressione degli “Occupy Pd” che si stanno materializzando come piovesse grandine. Da quello di Brando Benifei (eurodeputato, lato sinistra-sinistra), che si è tenuto a Roma, con gli under 40, a quello organizzato da Davide Di Noi a Bologna (#Rigenerazione: “5 mesi per il congresso sono fuori dalla realtà. Ora basta!”). Fino a quelli che si terranno nei prossimi giorni, quando usciranno allo scoperto i giovani Gd del Molise (sabato, a Campobasso, organizza la capogruppo in Regione, Michela Fanelli) e i romani (il 22 novembre, all’Ostiense, organizza lex deputata Patrizia Prestipino).

Poi, alleanze confuse, a macchia di leopardo. In Lombardia, senza il Terzo Polo e senza i 5Stelle. In Lazio, senza i 5Stelle, ma insieme al Terzo Polo. In Friuli e in Molise, che pure votano, boh, si vedrà.

Poi, ancora, c’è la guerra ad alzo zero, dentro il Parlamento: non verso il governo Meloni, ma tra le tre opposizioni stesse (Pd, M5s, Terzo Polo) che non riescono ad andare d’accordo su nulla. Figurarsi sulle commissioni di garanzia (Vigilanza Rai e Copasir) che spettano alle opposizioni. 

Poi, ancora, ci sono le correnti (Base riformista, Area dem, Dems) che, api impazzite, si vedono, litigano (con le altre correnti e pure tra di loro): non trovano la quadra su chi vogliono candidare, quando, come, alleandosi con chi e pure perché.

Infine, i sondaggi, sempre più tetri, per il Pd. Insomma, era il caso di anticiparlo, il congresso.

Il Pd è una pentola in ebollizione e a rischio scissione…

Il Molise ‘non esiste’, almeno a occhi di Roma

Il Molise ‘non esiste’, almeno a occhi di Roma

Il Pd è, dunque, una pentola in ebollizione, dalle Alpi alla Sicilia, direbbe il Grande Poeta, cioè il Manzoni. Ieri, persino nel piccolo, sconosciuto, Molise, con un freddo boia, in quel di Campobasso, più di cento giovani, guidati dai Giovani dem locali di Alfredo Marini, hanno preso il coraggio a due mani e detto che vogliono rivoltare il partito come un calzino. Occupy Pd che ormai si tengono un po’ ovunque, da Roma (quella del 22 novembre, all’Ostiense, promette scintille) a Milano a Bologna al Molise. Più che rincuorarsi, i big si preoccupano. Temono di perdere potere, rendite di posizione.

Persino Enrico Letta – attaccato da tutte le parti, come se le colpe della sconfitta fossero solo sue – allarga le braccia e, in un retroscena di ieri, dice: “E’ difficile e, in alcuni momenti, penso che il partito possa implodere, non tenere fino a marzo”. La scissione (dei moderati, se vincesse la Schlein, della sinistra, se vincesse Bonaccini) è alle porte. Ecco perché Letta ha deciso di anticipare le assise congressuali: da metà marzo agli inizi di febbraio.

Schlein Letta

Schlein Letta

Anche qui, però, solo polemiche. La sinistra interna voleva durassero “almeno un anno” (sic) per “imbastire un serio percorso costituente” (Andrea Orlando dixit). Bonaccini voleva, invece, bruciare le tappe e fare il congresso entro il 2022. Ora si è deciso di tenerlo i primi mesi dell’anno, il che vuol dire Assemblea nazionale a novembre e candidature alla segreteria non oltre quella data.

Ma mentre Letta viene trafitto dalle frecce di tutti, novello San Sebastiano, capi corrente in testa, non ‘torna’ nulla. I candidati scalpitano, tutti. Le alleanze non si trovano, per le Regionali, nessuna. In Lazio si parla di un ticket tra il moderato D’Amato (viene dal Prc e dal Pdci, ma oggi lo appoggia Calenda, quindi passa per ‘moderato’) e la super-sinistra consigliera regionale Bonafoni. Ma i 5Stelle andranno per conto loro, forse pure in alleanza con Verdi-SI. La regione è già persa. In Lombardia si vuole candidare un ex assessore milanese, Pierfrancesco Maran, ma tra Fontana (centrodestra) e Moratti (centro) la gara è impari. La scoppola elettorale è pronta a materializzarsi.

Verbose, presentazioni di libri (come quello di Bettini) si tramutano in prove di forza di ‘pensatori’ che vogliono dettare ‘la linea’, manco fosse vivo il Pci. Le ‘donne’, specie se escluse dalle liste delle ultime elezioni, o che non ce l’hanno fatta, fanno fuoco e sprigionano fiamme. Ha superato le 600 firme la petizione promossa da alcune esponenti dem per anticipare il congresso del Pd a gennaio. Alle firme delle iniziali promotrici, tra cui Moretti, Morani, Fedeli, Di Salvo, Gualmini, Bruno Bossio, Prestipino, Rotta, si sono aggiunte Cantone, Puppato, Puglisi, Pini e altre ancora. “Pensiamo che sia arrivato il momento di tirare fuori l’orgoglio di essere Pd, ma la smetta subito di essere a traino di altri”, dicono. Altre scudisciate arrivano dalla donna candidata e insieme ‘non’ candidata, Elly Schlein (“ci sono ma serve un percorso collettivo”, dice lei). Sandra Zampa, ex portavoce di Prodi, si schiera con Elly per ‘contaminare’ chi sta “fuori dal Pd”.

A voler ‘contaminare’ la Schlein, per ora, sono i big che, da Franceschini allo stesso Letta, passando per la sinistra interna, vogliono usarla ‘contro’ la discesa in campo di Bonaccini. Possibilmente in ticket con Nardella con l’obiettivo di ‘moderarla’. Ma è difficile che Elly, di suo, si faccia moderare.