Bonaccini passa il Rubicone e si candida a segretario del Pd. Domenica il lieto annuncio

Bonaccini passa il Rubicone e si candida a segretario del Pd. Domenica il lieto annuncio

19 Novembre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Bonaccini passa il Rubicone e si candida a segretario del Pd. Domenica il lieto annuncio. Oggi, invece, si tiene l’Assemblea nazionale, ma non sono pochi i problemi, a partire dal quorum

Bonaccini passa il Rubicone e si candida a segretario del Pd

Bonaccini passa il Rubicone e si candida a segretario del Pd

 

Nb: una parte di questo articolo è stata pubblicata il 19 ottobre 2022 sul Quotidiano Nazionale 

“La mucca nel corridoio” oggi ha le fattezze del governatore emiliano Stefano Bonaccini

la mucca nel corridoio

Pier Luigi Bersani la sua corsa, il 14 ottobre 2012, la fece partire dalla pompa di benzina che gestiva il padre, quella del suo paese, Bettola. 

bersani

Bersani

Certo, si trattava della nomination a premier del centrosinistra (l’antagonista era un certo Renzi), ma insomma, il luogo scelto era assai evocativo. Stefano Bonaccini (nativo di Campogalliano, paesino di 8500 anime della provincia di Modena, classe 1967) si candida ‘solo’ a diventare leader del Pd, anche se – così recita lo Statuto del Pd – il segretario è, a sua volta, il candidato premier. Ma anche lui sceglie un luogo evocativo, il suo paese, per lanciare la scalata a un partito ‘terremotato’ da tutti i punti di vista (consensi, credibilità, etc). 

campogalliano

Lo stesso luogo – Campogalliano, appunto – dove Bonaccini divenne, giovanissimo, assessore e poi iniziò la sua scalata dentro il Pd emiliano. Lo stesso dove, nel 2014, aveva lanciato la sua candidatura a governatore dell’Emilia-Romagna. Regione vinta due volte: la seconda, nel 2020, contro una destra, allora di marca leghista, montante, che non passò, quella volta, il Rubicone, cioè il fiume che, come Cesare di ritorno dalle Gallie, oggi Bonaccini vuol passare. 

Il Pd e la sinistra, nel 2020, sembravano sconfitti in partenza, invece le elezioni le (ri) vinse lui. Ne uscì pure un libro, “La destra si può battere” – titolo che, a leggerlo oggi, appare preistorico – e, da poco, Bonaccini ne ha scritto pure un altro, L’Italia che vogliamo, manifesto programmatico per il Pd e, già che c’è, anche per l’Italia. Anche Bersani, in Emilia-Romagna, vinse due volte, poi fu ministro, poi candidato premier (sfortunato). 

 

Un partito da conquistare, due miti da sfatare

bandiera PCI

Bandiera del PCI

Bonaccini può fare, a sua volta, lo stesso iter, ma nel frattempo c’è un partito tutto da conquistare. Non è facile. Un vecchio adagio in voga dai tempi del Pci dice che “dall’Emilia vengono solo buoni amministratori, non segretari di partito”. 

attila

L’altro problema è che Bonaccini – mai stato un ‘renziano’, in vita sua, al massimo è un ‘bonacciniano’ proprio come Bersani diceva di sé (“sono moderatamente bersaniano…”) – è considerato, dalla sinistra interna, una sorta di ‘cavallo di Troia’ del re degli Unni, Renzi-Attila, che vorrebbe tornare a dettar legge, dentro il Pd. Favolette buone, al massimo, per i gonzi che, però, dentro l’attuale Pd – dove l’aria ‘de sinistra’ è tornata a spirare, e pure forte – fanno ben presa. 

cambio look Bonaccini

Bonaccini,  ha rivoluzionato il look

In ogni caso, Bonaccini, che ha rivoluzionato il look (occhiali a goccia, muscoli scolpiti, pizzetto alla moda, fino ad aver cambiato la foto su WA: ha messo quella di lui, giovanissimo, coi capelli), ha solidi rapporti con la base del partito come con gli industriali, i sindacati, le coop, piace alla gente che piace (giornali, intellettuali, etc.), sa bene che deve scrollarsi di dosso entrambe le brutte nomee. 

andrea rossi

Il fidato braccio destro, Andrea Rossi

E così riparte da Campogalliano dove il suo fidato braccio destro, Andrea Rossi, oggi deputato – uno silenzioso, lavoratore, sempre un passo indietro, insomma: l’organizzatore tipo –  è andato a tenere un sopralluogo, nei giorni scorsi, notato e beccato dalla Gazzetta di Modena. Prima alla Bocciofila ‘Tre olmi’ (anche qui il parallelo con le ‘bocciofile’ di Bersani balza all’occhio) e alla sezione dem di Campogalliano dove si terrà un’assemblea di partito che vedrà il governatore intervenire, parlare e lanciarsi in via ultimativa. 

Le correnti che appoggiano quello che ‘non’

emilia romagna

Domenica, perciò, il lieto annuncio. Il ‘Bonaccia’ c’è, si candida a guidare un Pd ormai stremato e a rimetterlo in carreggiata. L’obiettivo di massima è far dell’Italia “una grande Emilia-Romagna”, cioè un posto dove le cose funzionano e dove le persone godono di uguali diritti e uguali servizi. L’obiettivo di minima è conquistare un Pd preda di un ‘correntismo’ esasperato, quasi patetico.

base riformista 1

Certo, una corrente che appoggia la sua corsa c’è e si chiama Base riformista, quella di Guerini, ma lui non vuole farsi ‘dominare’ dalle correnti e baserà la sua corsa su una rete territoriale fatta di circoli dem, ‘buoni amministratori’(molti sindaci stanno già con lui, da Bergamo a Brescia, da Rimi a Bari, altri ancora presto arriveranno, come pure diversi governatori: Giani, Toscani) e militanti che, da tempo, il Pd lo hanno lasciato.

Elly Schlein

Elly Schlein

Una sorta di corsa da ‘orgoglio Pd’, un ‘Pd pride’, più che un ‘Occupy Pd’, da mesi assai in voga. Ovviamente, la sua corsa andrà a cozzare contro quella di un’altra emiliana (italo-svizzera-Usa, per la verità), Elly Schlein, che pure si candiderà e che godrà dell’appoggio di pezzi di partito dem: la sinistra, deprivata, ormai, di un suo campione, Andrea Orlando (il quale, però, dicono in molti, potrebbe comunque essere assai ‘tentato’ da una candidatura o corsa in solitaria) ma anche Area dem di Dario Franceschini, più i giovani under 40 di Brando Benifei, i compagni di Articolo 1. 

Gli altri competitor, ma tutti in ordine sparso

Vincenzo De Luca

Vincenzo De Luca

Intanto, si affaccia la candidatura del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, a ‘disturbo’ di due candidature, quelle di Bonaccini e Schlein, viste come espressione di un partito anti-‘sudista’ che esprime solo candidature ‘settentrionali’ (in questo, caso, peraltro, sono entrambe ‘centrali’, cioè di derivazione emiliano-romagnola, l’ultimo granaio di voti che, al Pd attuale, è rimasto…). 

nardella

Nardella Dario

Sul punto di ritirarsi, invece, c’è Dario Nardella, sindaco di Firenze, che il 26 terrà un’assemblea con una rete di amministratori. Sembrava dovesse correre in ticket con la Schlein, invece potrebbe appoggiare proprio Bonaccini. Un altro bel colpo, sarebbe, questo, per il governatore emiliano. Se invece si ritireranno gli altri outsider ancora oggi in corsa (De Micheli e Ricci) si vedrà dopo. 

Sarà una bella sfida. Un pragmatico emiliano, solido e concreto, contro una cittadina del mondo, cosmopolita e furba. Che dire? Vinca il migliore.  

La decisiva assemblea nazionale dem di oggi

Sala delle Carte geografiche in Via Napoli 36

Sala delle Carte geografiche in Via Napoli 36

Si svolgerà domani (oggi, ndr.), sabato 19 novembre dalle 10 a Roma, nella Sala delle Carte geografiche in Via Napoli 36, l’Assemblea nazionale del Partito Democratico. L’incontro sarà in parte in presenza e in parte da remoto per facilitare la partecipazione dei delegati. All’ordine del giorno: modifiche allo Statuto nazionale, inserimento della norma transitoria per l’avvio del procedimento congressuale; comitato costituente nazionale. I lavori saranno trasmessi in diretta sul canale Youtube del Pd”, rende noto, in una nota, il Pd. 

 Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda

Messa così, è una cosa facile, semplice, chiara. Invece, è un vero e proprio guazzabuglio. Uno ‘gnommero’ come lo chiamerebbe il gran poeta, Carlo Emilio Gadda. In buona sostanza, volendo fare il riassunto delle puntate precedenti, il Pd si ritrova con segretario che non si è ‘dimesso’ formalmente (Enrico Letta) e un congresso che non è stato ancora dichiarato ‘anticipato’, sempre formalmente e con regole ‘nuove’ ancora non decise, sempre formalmente. Per farlo, serve convocare l’Assemblea nazionale. Unico organo deputato a decidere di tutti i corni del dilemma (dimissioni del segretario, data del congresso, regole per farlo, come l’apertura ai non iscritti). 

Casa Pd. Il riassunto delle puntate precedenti

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Casa Pd. Il riassunto delle puntate precedenti

Partiamo dalle (poche) certezze. L’Assemblea del Partito democratico convocata per questa mattina avvia, di fatto, il congresso del Pd. Un appuntamento cui si arriva dopo le tensioni degli ultimi giorni ma che, a poche ore dall’inizio dei lavori, vede reggere l’intesa politica raggiunta con la mediazione del segretario Enrico Letta. Sul tavolo resta come opzione principale per le primarie ‘finali’ la data del 19 febbraio 2023, con una sforbiciata di quasi un mese sul programma iniziale (si dovevano fare a marzo). 

Enrico Letta

Enrico Letta

L’ordine del giorno della riunione, che si tiene “in parte in presenza e in parte da remoto per facilitare la partecipazione dei delegati”, come ha specificato lo stesso Pd, prevede: modifiche allo Statuto nazionale, inserimento della norma transitoria per l’avvio del procedimento congressuale; comitato costituente nazionale. In sostanza l’Assemblea deve mettere mano all’articolo 12 dello Statuto, quello che prevede tempi, scadenze e regole per la scelta del nuovo segretario, Mentre è l’articolo 4 che individua i “soggetti fondamentali della vita democratica del Partito”.

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Da queste modifiche dipende, tra l’altro, la reale possibilità per gli esterni, a partire da altre forze dei partiti ‘fratelli’ come Articolo 1, di poter prendere parte alla costituente dem. La riunione di oggi, che nel progetto iniziale doveva essere prettamente tecnica, sta registrando, però, un certo numero di adesioni in presenza e quindi di interventi, alcuni si presuppone polemici. Per cui il Pd ha dovuto cercare una location più spaziosa del Nazareno per ospitare le assise, e cioè il palazzetto delle Carte geografiche.

Alessia Morani

Alessia Morani

 

Il dibattito, infatti, potrebbe allargarsi ad altri temi. Come la petizione per l’anticipo del Congresso a gennaio che verrà presentata dalle firmatarie (oltre mille), quasi tutte donne, come Alessandra Moretti e Alessia Morani: Non esiste che la nuova leadership si manifesti a marzo”, ha spiegato la Moretti.

Marianna Madia

Marianna Madia

In Assemblea, tra gli altri, dovrebbe essere presentato anche un odg ‘taglia correnti’ sulla scia dell’appello presentato qualche giorno fa da Marianna Madia e Lia Quartapelle, per la gioia dei ‘re’ delle correnti…

Candidati e ‘candidabili’, in pectore e non…

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Ma, sullo sfondo, il dibattito più acceso resta sempre quello sui nomi dei possibili candidati. “L’auspicio è che l’assemblea trovi una soluzione quanto più condivisa possibile sui tempi e sulle modalità” del congresso, ha detto Dario Nardella, che intanto ha già lanciato una assemblea dei suoi fedelissimi il 27 novembre.

Elly Schlein, in una intervista a ‘Repubblica’, ha dettato la sua ‘ricetta’ per la sinistra, specificando che “i grandi cambiamenti non si muovono sulle spalle di traiettorie individuali“. A Roma è atteso anche Stefano Bonaccini, reduce da un viaggio istituzionale in California. E pronto a lanciarsi. 

Ma ad agitare la vigilia dell’Assemblea dem c’è l’ipotesi di una candidatura del governatore di Vincenzo De Luca: “E’ molto probabile“, ammette un big dem del Sud. Il governatore della Campania raccoglierebbe quell’area del Mezzogiorno capace di mettere insieme governatori, amministratori locali, parlamentari e dirigenti dem sia nazionali che locali, che in questi giorni aveva già battuto un colpo, manifestando insofferenza per un dibattito interno privo di parole chiare su temi come “la posizione internazionale del partito”, “il Mezzogiorno” e “il Pd inteso come partito nazionale, non solo di una parte del Paese”, spiega un dirigente di quest’area. Altri, invece, ritengono che De Luca ami solo far parlare, e tanto, di sé stesso e che poi si ritirerà…

I problemi legati al quorum dell’Assemblea

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Ma come si fa l’Assemblea nazionale di un partito metà ‘in presenza’ e metà ‘da remoto’? Ecco, questo è un bel dilemma. Il guaio sono i numeri, ma non quelli dei tanti candidati alla segreteria (Bonaccini, Schlein, De Micheli, Ricci, forse Orlando, forse De Luca, forse Benifei), bensì quelli dell’Assemblea, un corpo mostruoso formato da un numero oscillante tra gli ottocento e i mille componenti. Per votare ogni modifica allo Statuto – ha scoperto chi di Statuti ci vive – non basta neppure la maggioranza assoluta dei componenti, cioè la metà esatta più uno di mille (501), ma la … maggioranza dei due terzi di essi. 

L’articolo 51 dello Statuto, infatti, recita così: (Revisioni dello Statuto e dei Regolamenti)

Le modifiche del presente Statuto, comprese quelle della denominazione e del simbolo, sono approvate dall’Assemblea nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti. Sono sottoposte all’esame ed al voto le proposte che siano state sottoscritte da almeno 100 (cento) componenti l’Assemblea nazionale. Le modifiche allo Statuto e ai Regolamenti di competenza dell’Assemblea nazionale possono essere sottoposte a referendum interno ai sensi dell’articolo 34 qualora non siano state approvate a maggioranza di due terzi dei componenti dell’Assemblea”. Morale, se trovare un accordo politico su ‘come’ fare il congresso è già, di suo, è un impresa, figurarsi quanto lo è trovare il ‘numero legale’ per decidere di farlo. 

L’ultimo incubo del Pd è il ‘numero legale’

Alfonso Raimo

Alfonso Raimo

L’ultimo incubo in casa Pd si chiama, dunque, ‘numero legale’, come scrive, sull’Huffington Post Alfonso Raimo. Riusciranno a garantirlo i mille delegati dell’assemblea nazionale dem ‘convocati’ per modificare lo statuto? Al Nazareno è scattato l’allarme perché se il passaggio dovesse andare a vuoto, il segretario traghettatore Enrico Letta dovrebbe prendere atto di aver fallito la missione. E sarebbe costretto a improvvise dimissioni. 

Per evitare problemi ci vuole un accordo di ferro, oggetto di febbrili trattative in questi giorni. La guerra dei numeri in assemblea anticipa la battaglia delle primarie, perché come sempre nel Pd regole e politica si intrecciano. Il parlamentino democratico deve dare il via ufficiale al congresso, partendo con la modifica allo statuto. Due i nodi cruciali: anticipare le primarie rispetto alla data fin qui fissata del 12 marzo e consentire ai non iscritti di partecipare all’assise. Le due cose si tengono. Perché a chiedere l’anticipo delle primarie è in particolare l’area riformista, che fa capo a Stefano Bonaccini. 

Schlein e Bonaccini

Schlein e Bonaccini

Mentre ‘la’ non iscritta che chiede di partecipare alle primarie è la sua sfidante, Elly Schlein. Se Bonaccini non ottiene rassicurazioni su un congruo anticipo delle primarie – spiegano fonti dem – i suoi potrebbero far mancare il numero legale e negare il via libera alla modifica dello statuto, che chiede la maggioranza dei due terzi, che consente a Schlein di iscriversi e partecipare. Ma non c’è solo questo. Schlein sarebbe invisa anche a una parte della sinistra interna, che teme di perdere la leadership sull’area. Anche loro potrebbero far saltare l’assemblea, e dunque il congresso. Perché se il congresso non parte, si va alla reggenza. E l’assemblea deve essere riconvocata. Chissà come e quando. Un patatrac. 

Insomma, un equilibrio del terrore: da passaggio formale l’assemblea rischia di trasformarsi in un rodeo con in palio la guida del partito. Effetto collaterale: l’implosione del Pd.

 

Il rischio di finire come Conte, con i ricorsi…

Armageddon

Al Nazareno tutti escludono che possa finire così, Letta smentisce ipotesi di dimissioni e gli sherpa sono al lavoro per scongiurare l’Armageddon. Lo stesso Bonaccini non gradisce affatto che siano frapposti ostacoli formali alla candidatura di Schlein. “Se abbiamo detto ‘congresso aperto’, congresso aperto deve essere”, spiegano i suoi. Ma le rassicurazioni non cancellano i timori diffusi nei capannelli in Transatlantico, su eventuali colpi di scena. Perché bloccare il congresso, e affidare il partito a un reggente, potrebbe convenire a chi non si riconosce in nessuna delle candidature. “Metti pure che votiamo la modifica allo statuto. Siamo sicuri che domani non si alza qualcuno e ci fa un ricorso?”, spiega un deputato del Pd incrociato alla buvette. “No, nessuno è sicuro”, è la risposta ovvia. 

Piuttosto che il voto da remoto – su cui ci sono dei precedenti – è la modalità con cui si tiene l’assise che rischia di far franare tutto. Per incentivare la partecipazione al Nazareno hanno aperto alla presenza fisica ma anche a distanza. “Siamo stati obbligati a convocarla anche da remoto, perché se l’avessimo tenuta in presenza non ci sarebbe stato il numero legale“, spiegano fonti dem. Ma l’assemblea da remoto è un assoluto primato per un partito politico come il Pd, abituato alla presenza fisica, incarnato nelle sezioni e peraltro sempre critico nei confronti di alleati che hanno preferito il mezzo telematico. Detto altrimenti: il rischio è la pentastellizzazione del Pd, col partito squassato dai ricorsi dei perdenti. “Come fai a garantire che uno che sta a mille chilometri di distanza, poi sia davvero presente?”, chiede sempre lo stesso parlamentare. “Non lo puoi garantire”, è la risposta altrettanto ovvia. Con l’assemblea in presenza si registrano i delegati iscritti, si prende atto del numero legale. Si vota. Con quella a distanza, come si registrano i presenti/assenti?

L'ex premier Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Insomma, è un attimo che finisci come Conte, assillato da ricorsi e persecuzioni regolamentari. Nella sala delle Mappe geografiche, dove dovrebbe tenersi la parte in presenza dell’assemblea, la geopolitica dem fibrilla

 

Tutti i giochi correntizi intorno al congresso

Alessandra Moretti

Alessandra Moretti

Anche se Bonaccini stempera i toni, i suoi sono sugli scudi. Sarà presentata una petizione con mille firme che chiede l’anticipo delle primarie a gennaio. A promuoverla Alessandra Moretti ed altri tra dirigenti e parlamentari che fanno riferimento al governatore emiliano romagnolo. Di contro, Schlein chiede di non tagliare di molto il percorso congressuale perché si toglierebbe la possibilità ai non iscritti – non solo persone, ma anche movimenti e formazioni politiche – di raccogliere consenso all’esterno per lanciare l’opa sul Pd. La trattativa, in queste ore, si muove nel mezzo e potrebbe trovare un punto di caduta nell’anticipo delle primarie al 19 febbraio, tagliando cioè circa un mese rispetto a marzo. Questo consentirebbe anche di non accavallarsi troppo col voto in Lombardia e Lazio, che dovrebbe tenersi il 12 febbraio. Resterebbe tale e quale invece la fase costituente, quella che fonda il nuovo Pd e alla quale partecipano anche i non iscritti. L’assemblea costituente, con la pubblicazione della nuova Carta dei Valori, avverrebbe il 22 gennaio. A seguire ci sarebbe la presentazione ufficiale delle candidature e il voto degli iscritti nei circoli, per selezionare, tra le molte, le due che corrono alle primarie del 19 febbraio. Alle primarie possono partecipare tutti. 

L’accordo sul 19/02 per il momento è solo sulla carta. I riformisti potrebbero tirare ancora più la corda e farsi prendere dalla tentazione di sbarrare la strada a Elly Schlein. E altrettanto può fare quella parte della sinistra dem che non si ritrova nel riferimento della deputata italo-svizzera, magari perché ne teme l’ascesa. Di fatto, però, intorno a Schlein si va coalizzando un’area sempre più vasta. Con lei potrebbero schierarsi oltre ad Articolo 1 anche un’area di giovani amministratori dem, sotto la sigla promossa da Brando Benifei di Coraggio Pd. Goffredo Bettini, Nicola Zingaretti, Andrea Orlando, Peppe Provenzano, cioè le varie e diverse ‘sinistre’ potrebbero essere costretti ad arrivare.

Matteo Lepore

Matteo Lepore

Così come il sindaco di Bologna Matteo Lepore, anche se c’è qualcuno che lo dà interessato a partecipare al congresso. “Impossibile, dopo il presidente e la vicepresidente emiliana, non possiamo candidare anche il sindaco di Bologna. E’ vero che siamo il granaio rosso…“, spiegano fonti vicine.

 Pierfrancesco Majorino

Pierfrancesco Majorino

Ma è la stessa area a cui guarda il candidato alla regione Lombardia Pierfrancesco Majorino, che ha vinto la battaglia contro gli ex renziani, favorevoli a un candidato più moderato. Insomma, sono gli ex Ds che avanzano in una sorta di “c’arripigliamm tut chell che e’ nuost”, dopo la fase dei segretari ex democristiani. Su Schlein potrebbe convergere alla fine anche l’area Franceschini, che ha in Dario Nardella il candidato ‘ufficiale’ (il 26 novembre a Roma lancia la sua piattaforma).

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Lorenzo Guerini Il leader di Base riformista

Nardella ha incontrato giovedì alla Camera, però, Lorenzo Guerini. Il leader di Base riformista non ce l’ha fatta ad ottenere l’endorsment per Bonaccini. Il sindaco di Firenze medita di giocarsi la partita almeno fino alle cosiddette primarie degli iscritti. Anche gli altri sindaci sono divisi, con Antonio Decaro vicino a Bonaccini e Matteo Ricci a Schlein. La candidatura della ‘Coraggiosa’ cresce, ma oggi spinte contrapposte potrebbero frenarne il cammino, in una battaglia all’ultimo delegato. E poi, domenica, Bonaccini sarà davvero in campo. Alla fine, tra i due, ‘ne resterà in piedi solo uno’