Pacchetto Pd 8. Si allunga l’ombra di D’Alema. In gioco i rapporti a sinistra e l’alleanza con l’M5S

Pacchetto Pd 8. Si allunga l’ombra di D’Alema. In gioco i rapporti a sinistra e l’alleanza con l’M5S

18 Dicembre 2018 0 Di Ettore Maria Colombo

Pubblico qui un articolo della serie ‘Pacchetto Pd’ che si occupa dell’ombra di D’Alema che si allunga sul congresso Pd. 

 

 

L’ombra di D’Alema” si allunga sul congresso del Pd. ‘Baffino’ sogna un Labour Party, ma nel mirino ci sono la riunificazione con Mdp e il rapporto con l’M5S per un possibile nuovo governo

 

 

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Massimo D’Alema e Matteo Renzi quando si sorridevano…

 

“Abbiamo subito una sconfitta culturale e noi, la Sinistra, abbiamo cessato di essere diffidenti e critici nei confronti del capitalismo. Abbiamo perduto lo spirito critico che aveva animato a lungo la sinistra”. Massimo D’Alema dixit il 15 dicembreIn ‘giornalese’, quando D’Alema ‘torna in campo’, il caso in questione viene definito “l’ombra di D’Alema”.

Vuol dire che l’ex ‘giovane’ comunista, ex leader del Pds e dei Ds, l’ex premier di un governo di centrosinistra (per modo di dire: andava da Cossiga a Cossutta passando per Mastella…), nato sulle ceneri di quello dell’Ulivo primigenio di Romano Prodi, nonché attuale presidente della Fondazione Italiani/Europei e della Federazione delle Fondazioni politiche europee (Feps), non smette mai di ‘insegnare’ come e cosa bisogna fare a tutti i partiti dell’arco costituzionale, non sono quelli cui appartiene o apparteneva, ma proprio a tutti, e a proiettare la propria (ingombrante) presenza su tutto quello che si muove a sinistra (intesa come italiana, europea e mondiale). Insomma, il punto è sempre lo stesso: D’Alema non ha mai smesso di fare ‘il D’Alema’ e cioè di impartire lezioni – di tattica e di strategia – a esponenti e dirigenti della Sinistra, gli stessi che D’Alema medesimo giudica degli ‘incapaci’ e degli ‘incompetenti’, sicuro che solo le sue ricette sono quelle giuste.

 

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Il logo della Fondazione Italani-Europei

 

Ecco, D’Alema questo fa, da sempre: spiegare agli altri come gira il mondo. Nel ventennale della Fondazione Italiani-Europei, da lui fondata 20 anni fa e da lui ancora oggi presieduta, che si è tenuta sabato scorso a Roma (presenti, tra gli altri, gli ex dirigenti del Pci Antonio Bassolino, Goffredo Bettini e Livia Turco, il filosofo dell’operaismo, Mario Tronti, i dirigenti della sinistra del Pd Andrea Orlando e Gianni Cuperlo, alcuni esponenti di primo piano di LeU, e della Sinistra, da Pier Luigi Bersani a Nichi Vendola, etc.), D’Alema non ha mancato di ricordare tale, fondamentale, ‘assioma’, traducibile con un classico, per lui, “Io ho sempre ragione, voi avete sempre torto”… Assioma ribadito, appunto, a tutti i convenuti, compresi – pur se presenti solo in spirito – i principali candidati alle primarie del Pd.

Infatti, Zingaretti non c’era (ma i suoi sostenitori sì, ed erano pure parecchi, a partire da Goffredo Bettini), Martina neppure, “per sopraggiunti impegni” e il solo (ex) candidato alle primarie presente, Marco Minniti, se n’è andato via inviperito, rinunciando all’intervento, perché dal palco è stato duramente rimbrottato da uno dei relatori, la professoressa Di Cesare, che dal palco ha scandito: “Come si può combattere la xenofobia e il cripto-razzismo e poi abbandonare i migranti nei campi libici? Abbiamo inseguito le politiche delle destre e non siamo stati in grado di rovesciarne la narrazione sui migranti” (seguono applausi, prolungati e fragorosi, proprio mentre Minniti se ne va).

 

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L’ex premier e leader del Pds-Ds Massimo D’Alema

 

E così, D’Alema – supportato dalle relazioni di vari studiosi affini al ‘dalemismo’ (per Mario Hubler, segretario della Fondazione, “la sinistra ha colpevolmente confuso liberalismo con liberismo”, per Bettini la sinistra è colpevole di “cedimento morale” del fronte socialdemocratico, e via così) – D’Alema passa sotto la lente (la sua) quegli anni Novanta in cui al governo dell’Europa (allora a 15) c’erano solo governi socialisti. Oggi che “la crisi dell’Europa è crisi di progetto”, la domanda relativa e conseguente, nonché pensosa, che si pone D’Alema è “dove abbiamo sbagliato?”. “Siamo stati profeti disarmati”, si risponde il leader maximo – che pure sorvola sui suoi errori a partire dalla guerra in Kosovo, in scia alla Nato, del 1998 – perché le socialdemocrazie non hanno saputo conferire ai cittadini “il potere europeo” (un’Unione, cioè, scelta con metodo democratico, ma allora le elezioni europee a cosa servono? Sono ‘anti-democratiche’? Non si capisce…) e, ora, serve “una proposta di sovranismo (sic) europeo” e di “radicale cambiamento”, altrimenti ci dimostreremo solo come il ‘volto buono’ dell’establishment e l’elettorato “non avrà pietà di noi”.

 

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Il logo elettorale di LeU (Liberi ed Uguali)

 

Ecco, in effetti, l’elettorato non ha avuto pietà, lo scorso 4 marzo, neppure per il soggetto politico (LeU) che proprio D’Alema aveva fortemente voluto, come pre-condizione per lasciare il Pd, insediando l’ex presidente del Senato Pietro Grasso alla sua guida con parole che ricordano quelle usate da D’Alema nei confronti di Romano Prodi nel 1996 (“Presidente, le conferiamo la nostra forza”) come se si trattasse, appunto, di una regalìa concessa da un imperatore a uno dei suoi, periferici, vassalli. In pochi mesi, però, todo cambia, cantava Mercedes Sosa. E così D’Alema si è reso conto (non ci voleva un genio, in effetti) che il progetto di LeU era diventato ‘fallimentare’ e che anche il generoso sforzo di Mdp (segretario Roberto Speranza, padre dell’operazione ‘scissione dolorosa’ dal Pd Pier Luigi Bersani) di proseguire la traversata nel deserto a dispetto dei santi e con ben ben poca lana da tessere, specialmente nei confronti del Pd, da parte di Mdp.

 

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Il segretario di Mdp Roberto Speranza

 

D’Alema, inoltre, è assai soddisfatto – o così sembra – che una parte di LeU, quella che fa capo a Nicola Fratoianni e a Sinistra italiana, ma che comprende anche lo stesso Grasso e alcuni fedelissimi dell’ex presidente del Senato, abbia deciso di rompere il ‘patto di unità d’azione’ tra SIMdp per imbarcarsi nella nuova avventura che propugna il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, con la sua formazione di descamisados, ‘Dema’ con il fine ultimo di presentare un ‘cartello’ delle forze di tutta la sinistra radicale alle prossime elezioni europee. Ma ciò a cui D’Alema punta non è la pura e semplice ‘ricomposizione’ della scissione avvenuta a fine del 2017 tra il Pd (allora ancora guidato da Renzi) e gli scissionisti di Mdp, ma un progetto molto “più ampio” e “inclusivo”. E cioè la creazione di una forza politica di “impianto schiettamente laburista” che si presenti alle prossime elezioni – le europee, se possibile, oppure le future Politiche – con “nome e simbolo nuovi”, oltre che con un programma politico del tutto rinnovato che si lasci alle spalle, “per sempre”, ogni eredità del renzismo, chiunque vinca il congresso del Pd.

 

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I volti dei sei candidati alle primarie del Pd

 

In tale ottica acquista senso e significato la battuta di Cuperlo (“Questa festa di compleanno sembra un congresso”) cui D’Alema risponde con un’altra battuta assai rivelatrice (“E’ perché abbiamo tutti voglia di fare un congresso insieme”). “Dopo il 4 marzo abbiamo perso un anno, tutti noi, a sinistra, senza fare un vero congresso” dice Bassolino. “A me quella di oggi (sabato 15, ndr.) sembra una Direzione dei Ds” chiosa Speranza che, il giorno dopo, domenica 16, tiene l’assemblea nazionale di Mdp (titolo ‘Ricostruzione’) proprio per rompere, in via definitiva, LeU, mentre Bettini parla di “campo unitario di tutte le sinistre”. D’Alema, come sempre, tira le fila e conclude dicendo che “Bisogna ricostruire un campo politico o non conteremo più nulla in futuro”. Zingaretti, appunto, non c’è, ma il testo che invia, per ‘simpatia’ politica ed umana, è assai chiaro: “Sono certo che ci saranno altre occasioni per confrontarci” (traduzione: aspetta che vinco le primarie e torni con noi).

Infine, D’Alema riapre anche la pratica – fino a ieri tabù, almeno dentro il Pd – quella del rapporto con i 5Stelle al fine di ‘disarticolarli’, termine mutuato da Antonio Gramsci, e forse di poterci fare un governo, ove mai cadesse quello attualeEd è su questo punto, già sollevato con un’intervista al manifesto da Massimiliano Smeriglio, uno dei più stretti collaboratori di Zingaretti, che D’Alema affonda il coltello: “Nel Pd è il congresso è tra chi non ci vuole fare il governo e chi non ci vuole parlare” (cioè Renzi e i suoi, appunto), ma invece si deve eccome, parlarci: “E’ politica, è buon senso, non si può non parlare con chi milioni di nostri elettori hanno scelto come propri rappresentanti”, spiega. Apriti cielo.

 

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Il logo elettorale dell’M5S

 

Si scatena subito la polemica. Infatti, mentre all’ineluttabilità del dialogo con i 5Stelle ‘credono’ esponenti che, oggi, al congresso, stanno con Zingaretti (Orlando, Cuperlo, Bettini), i renziani – dalla cerchia ristretta dell’ex leader al ticket Giachetti-Ascani e fino al grosso delle truppe renziane che ha scelto di appoggiare Martina – alzano immediatamente un fitto fuoco di contraerea. Tanto che lo stesso Martina, che con i 5Stelle provò pure a dialogare, durante l’infinita crisi di governo, pur se venne subito stoppato da Renzi – nega uno scenario del genere mentre l’ex ministro Carlo Calenda cannoneggia da fuori contro una tale prospettiva.

Ma persino Martina, che era stato un pupillo di Bersani, prima di diventare il vicesegretario di Renzi, non può dire di ‘no’ al rientro nella ‘casa madre’ della ex Ditta, quella dei vari Bersani, Errani, Migliavacca, Speranza and&co. Figurarsi Zingaretti che pure cerca di stoppare le polemiche del suo feeling con D’Alema (“Sono tutte baggianate”). Solo che (l’ex) lider maximonon vuole solo vincere, punta a stravincere: non vuole limitarsi, cioè, a rientrare nel Pd (per uno come lui sarebbe un’umiliazione di Canossa), ma pretende un ‘nuovo’ contenitore e un ‘nuovo’ simbolo di tutti i progressisti, un n nuovo partito laburista che, magari, si chiami proprio così, Labour Party. Peccato che, in italiano, la sola traduzione possibile è ‘Partito socialista’. Un nome che, in Europa, oggi indica solo il bruciore di pesanti sconfitte.


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2018 sul sito di notizie spraynews.it