Pacchetto Pd 12. Nel voto tra gli iscritti vince Zingaretti. Martina sotto, terzo Giachetti. Partecipazione in calo e a al Sud è caos

Pacchetto Pd 12. Nel voto tra gli iscritti vince Zingaretti. Martina sotto, terzo Giachetti. Partecipazione in calo e a al Sud è caos

25 Gennaio 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

1.Il futuro sembra scritto: Zingaretti è primo nei voti.

I risultati parziali di ogni candidato sono: Zingaretti 48,5%, Martina 35,1%, Giachetti 12,8%, Boccia 2.3%, Saladino 0,67% Corallo 0,63%”. La gara per diventare il nuovo segretario del Pd è arrivata a un punto di svolta determinante.

Nicola Zingaretti, il governatore del Lazio, è in netto vantaggio anche nel voto tra gli iscritti (dove, invece, avrebbe dovuto, almeno in teoria, soccombere, almeno secondo i pronostici iniziali). Segue l’ex segretario reggente, Maurizio Martina – che sarebbe dovuto stare in testa, almeno tra gli iscritti – e, molto dietro, Roberto Giachetti. Ma Giachetti arriverà di sicuro terzo e, quindi, accederà anche alla seconda fase, quella delle primarie ‘aperte’ che si terranno il 3 marzo e in cui voteranno tutti gli iscritti, simpatizzanti, elettori dem, oltre che gli iscritti che hanno già votato e, volendo, lo rifaranno. Da ricordare, però, che i dati ufficiali giunti finora riguardano il voto tra gli iscritti rilevati fino allo scorso 20 gennaio e che i dati definitivi del voto nei circoli non arriverà prima di lunedì 30 gennaio perché il voto di tutti i circoli dovrà concludersi, obbligatoriamente, entro domenica 29 gennaio

 

onorevole Gianni Dal Moro

L’onorevole Gianni Dal Moro

 

Senza alcuna possibilità di farcela, cioè di accedere alla seconda fase, si piazza quarto Francesco Boccia e, dietro di lui, i due ‘carneadi’ della competizione, Dario Corallo e Maria Saladino. Questo il primo bilancio della contesa congressuale dentro il Pd che arriva dai dati ufficiali che, finalmente, e dopo settimane di dati forniti solo e soltanto dai rappresentanti delle diverse mozioni, ha fornito, ieri, la commissione nazionale per il Congresso, presieduta dall’onorevole Gianni Dal Moro. Dati, dunque, certificati e che non possono essere soggetti a dubbi o interpretazioni. La nota della commissione Congresso recita, infatti, che sono stati diffusi i risultati “pervenuti dalle commissioni provinciali entro le ore 18.00 di lunedì 21 gennaio e riferiti al voto nei circoli avvenuti fino a domenica 20 gennaio”. La commissione precisa che “gli iscritti interessati al voto sono stati pari al 46.5% della platea congressuale”, il che indica un dato, un po’ preoccupante, per il Pd, sull’affluenza.

 

Dario corallo

Dario Corallo

2. Il dato dell’affluenza (93mila votanti) è negativo. Gli iscritti votano poco. 

 

Infatti, spiega sempre la commissione, “L’affluenza sulla platea degli aventi diritto è stata del 51.05% pari a 93.000 votanti” ma – si specifica in un secondo tempo dal Nazareno a chiarimento di un comunicato iniziale un po’ ostico da comprendere – “il 51%, cioè i 93 mila votanti, è calcolato non sui votanti nel senso specifico del termine ma sul numero degli iscritti ‘chiamato a votare’ che è di 180 mila iscritti circa”. La percentuale degli aventi diritto al voto e ‘chiamati a votare’ sull’intera platea congressuale del Pd è invece del 46,5% (180 mila iscritti, appunto) rispetto ai circa 390 mila iscritti totali che dovrebbero, secondo stime ufficiose e non ufficiali, rappresentare i tesserati al Pd nel 2017. 

Inoltre,  specifica la commissione, “i dati relativi ai congressi svolti e pervenuti alla commissione fino alle ore 18 di lunedì 21 gennaio sono stati questi (e riguardano sempre i “chiamati a votare“), nelle diverse regioni: Valle D’Aosta 29.75%, Piemonte 68.29%, Liguria 64.10%, Lombardia 82.37%, Veneto 45.87% Friuli V.G., 74.39% Trentino 24.41%, Alto-Adige 73.08%, Emilia-Romagna 61.28%, Toscana 82.38%, Marche 59.32%, Umbria 23.40%, Lazio 87.79%, Molise 24.47%, Abruzzo 29.75% Campania 12.87%, Puglia 17.78%, Basilicata 42.15%, Calabria 24.29%, Sardegna 14.83%, Sicilia 7.43%”. Come si vede, tranne le regioni del Nord, un’affluenza bassissima perché manca, appunto, quasi tutto il voto delle regioni del Sud Italia.

Rimane il punto, poco piacevole per il Pd. Il 51,05% dei votanti, pari a circa 93 mila votanti (ma si tratta, come abbiamo detto, in realtà del 46,5% della platea congressuale, i ‘chiamati a votare’), ma anche i 180 mila circa degli aventi diritto e/o dei ‘chiamati a votare’ resta un dato molto basso, anche se – assicurano dal Nazareno – che i “chiamati a votare” nella settimana che sta finendo e che riguarderà principalmente i circoli delle regioni del Sud sarà pari ad altri 180 mila iscritti circa, il che dovrebbe, appunto, portare il calcolo finale dei votati al 51% della platea degli aventi diritto (infatti, 180 mila già ‘chiamati a votare’ più altri ‘180 mila, se mai arriveranno, fa 360 mila votanti teorici). 

Resta, però, che, sulla carta, il Pd conta 390 mila iscritti, anche se secondo dati non ufficiali perché il numero esatto dei tesserati nell’anno 2017 al Pd non è ancora mai stato diffuso, formalmente, dal Nazareno. La platea totale degli iscritti (e/o ‘chiamati a votare’ ) al Pd sarebbe, secondo questi calcoli, di circa 360 mila iscritti. A 390 mila si potrebbe arrivare, forse, con i Giovani democratici che godono di un tesseramento a parte o scontando una serie di iscritti privati del diritto di voto.

In ogni caso, vorrebbe dire che il numero di iscritti al Pd è in forte calo, almeno a partire dal 2016 (ultimo dato ufficiale disponibile), quando Lorenzo Guerini, responsabile Organizzazione del Pd di Renzi, certificava, in una lettera ufficiale, “450.152 iscritti, di cui 405.000 seniores e 45.152 iuniores, cioè iscritti al movimento dei Giovani democratici. Oggi, dunque, non solo ci sarebbero circa 50 mila iscritti in meno,  ma anche un forte calo della partecipazione al voto congressuale.  Un dato su cui il Pd dovrà, prima o poi, riflettere seriamente, a prescindere da chi diventerà segretario. 

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Le bandiere del Pd a una manifestazione

 

Tornando al punto centrale notificato dalla commissione Congresso, è sempre questa a specificare che “L’approvazione definitiva con relativa certificazione avverrà al termine delle convenzioni” e che tali dati verranno “resi ufficiali alla convenzione nazionale” del prossimo 3 febbraio. Ma la commissione sottolinea anche che, “vista la difficoltà manifestata da diversi circoli a terminare la propria fase di convenzione, ha deciso all’unanimità di prorogare la votazione nei circoli fino a domenica 27 gennaio” mentre, all’inizio, il termine finale per il voto era stato fissato al 23 gennaio. Segno, appunto, dell’estrema difficoltà di portare gli iscritti ai seggi, specialmente al Sud, oltre che nelle regioni dell’Appennino, colpite in questi giorni dalle gelate e dalle tormente di neve.

 

Maria saladino

Maria Saladino

 

3. Classifica del voto e posizionamento nelle varie regioni dei sei candidati

 

Per quanto riguarda, invece, la ‘classifica’ del voto tra gli iscritti, come si diceva all’inizio, Zingaretti è in testa, segue – ma staccato di quasi 20 puntiMartina, al terzo posto c’è Giachetti. Dall’accesso alle primarie aperte del 3 marzo verranno esclusi quindi, a meno di colpi di scena ad oggi impensabili, Boccia, che dovrebbe arrivare quarto, che ovviamente Corallo e la Saladino.

I numeri parlano chiaro, dunque. L’affermazione di Zingaretti, candidato segretario della mozione “Prima le persone” è netta. Il governatore del Lazio viaggia poco sotto la soglia del 50% (49,9%), facendo il pieno di voti in Sicilia (90,7%, ma con soli tre circoli che hanno votato finora), in Molise (79,7%, 16 circoli) e Calabria (68,8%, 62 circoli). E se è vero che il voto delle regioni del Mezzogiorno potrebbero però anche sovvertire le gerarchie regionali, tra i primi due candidati e riscrivere in parte le percentuali nazionali, la prima posizione, a Zingaretti, non la toglie più nessuno.

 

giachetti pd

Roberto Giachetti

 

Martina, la cui mozione si intitola ‘#fiancoafianco”, si attesta al 31,5% e va forte al Nord, dove per esempio ha ottenuto il 43,6% in Liguria e il 33,8% in Lombardia, ma stando a questi dati, nemmeno sommando i suoi voti con quello del terzo classificato, Giachetti (fermo al 14,1%, con la mozione “#sempreavanti”, da lui lanciata insieme ad Anna Ascani), la sua percentuale supererebbe quella di Zingaretti (45,6% sarebbe la somma tra il secondo e il terzo candidato contro il 49,9% del primo).

 

Boccia Francesco PD

Francesco Boccia

 

Staccatissimi, e molto dopo, in un vero fondo classifica, vengono tutti gli altri: il deputato del Pd Boccia, la cui mozione s’intitola “#porteaperte”, ha raccolto meno del 3% dei consensi, mentre Dario Corallo ha preso lo 0,8% (la sua mozione si chiama “#Reset”). Ultima Maria Saladino, prima donna a candidarsi alle primarie dopo la Bindi nel 2007 (la mozione si chiama “#partitoPaese”) con lo 0,7%.

 Assemblea nazionale del Pd Marzo 2019

 

Insomma, anche se con l’arrivo dei voti finale di tutte le regioni del Sud, che ancora mancano, Martina potrebbe rosicchiare ancora qualche punto, tra gli iscritti, risalendo nei numeri, Zingaretti va verso una robusta vittoria e con una percentuale di quasi il 50% dei voti. Se il voto delle primarie ‘aperte’ dovesse confermare l’andamento del voto tra gli iscritti, Zingaretti sarà, con ogni probabilità, lui il nuovo segretario del ‘nuovo’ Pd e quello che lo condurrà al primo appuntamento politico di rilievo, le prossime elezioni europee che si terranno il 26 maggio, anche se non sarà ininfluente, prima delle primarie, che si terranno il 3 marzo, il risultato del Pd nelle due regioni che andranno al voto a febbraio, l’Abruzzo e la Sardegna. Certo, per gli avversari di ‘Zinga’ resta ancora una chanches, quella di tenere il governatore del Lazio ‘sotto’ il 50% dei consensi, alle primarie ‘aperte’. In quel caso, a decidere il futuro segretario del Pd, sarà l’Assemblea nazionale (di mille componenti) e il voto dei delegati delle varie mozioni. Ma la prospettiva appare ormai lontana, oggi.

 

4. Dal Sud arriveranno più voti per Martina, ma non basteranno a superare ‘Zinga’

 

Il segretario del Pd Maurizio Martina

Maurizio Martina

 

Certo, resta pur vero che il distacco, ad oggi abissale, tra Zingaretti Martina, sembra destinato a diminuire proprio in questi giorni con l’avanzata di Martina nel Sud. In Campania, grazie all’appoggio (anche se non troppo esibito) del governatore Vincenzo De Luca, l’ex ministro potrebbe passare in testa, anche se al momento è indietro, grazie alla ‘truppe cammellate’ di De Luca che l’altro ieri stava con Bersani e, fino a ieri, sosteneva fortemente Renzi. Martina è indicato in vantaggio anche in Sicilia, terra di uno degli storici plenipotenziari di Renzi, Davide Faraone, che ha stretto un patto con i Giovani turchi dell’ex segretario regionale antecedente a Faraone, Fausto Raciti. ma nell’isola Zingaretti sembra comunque tenere bene, nonostante il controllo ferreo di Faraone sul congresso. Gli aggiornamenti dei dati che arriveranno dalle due regioni, come pure dal resto del Mezzogiorno, non sarebbero quindi più in grado di sovvertire un quadro ormai stabilizzato a favore di Zingaretti.

Zingaretti, alla fine dei conti, potrebbe scendere al di sotto del 50% del voto nei circoli, ma è un dettaglio poco più che formale. Anche Renzi, per dire, si fermò al 46,7%tra gli iscritti al congresso del 2013, ma questo non gli impedì né di trionfare ai gazebo (con il 67,5%) né di conquistare poi, feudo dopo feudo, il partito anche a livello locale. Partito che, a livello locale, si sta già riposizionando – e molto velocemente – per salire al più presto e al meglio possibile – sul ‘carro’ di Zingaretti: molti dei sindaci (Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, in testa, ma anche Italo Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria) che avevano firmato, in più di 600 per la discesa in campo di Minniti, ora appoggiano il governatore laziale. Il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, dopo aver sostenuto, nell’ordine, prima Veltroni, poi Bersani, poi Renzi e infine Martina ora è diventato uno dei più convinti sostenitori di Zinga (del resto, come recita un adagio un po’ acido, dentro il Pd, “Bonaccini è un pesce pilota: si schiera sempre, anche se all’ultimo, con chi vincerà il congresso”). Persino due cattolici doc, ex esponenti della corrente dei ‘cattodem’ di Beppe Fioroni (che, invece, è rimasto con Martina), come Gianluca Benamati, che organizzò a Salsomaggiore i lavori della prima (e unica, e forse ultima) riunione della corrente dei renziano, e come l’europarlamentare Enrico Gasbarra sono passati armi e bagagli con Zingaretti insieme ad altri piccoli pezzi di area cattolica. 

 

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Nicola Zingaretti, governatore del Lazio (foto La Presse)

 

Sarebbe ben diverso, invece, come si diceva anche prima, se tale risultato – Zingaretti sotto il 50% dei voti– si verificasse, invece, il 3 marzo alle primarie aperte. L’altro dato interessante proveniente dal voto nei circoli, infatti, è quello che riguarda Giachetti. Il suo 12,9% non solo gli consente di conquistare il terzo posto, che vale la possibilità di “qualificarsi” alle primarie aperte, ma dà anche un segno chiaro alla campagna che Giachetti porterà fin dentro ai gazebo, dal 3 febbraio al 3 marzo, nel mese ultimo e clou della campagna elettorale: un tiro al bersaglio contro Zingaretti che probabilmente costringerà anche il pacato Martina ad alzare i toni, cosa che non gli è congeniale.

Solo se Zingaretti, il 3 marzo, dovesse rimanere al di sotto del 50%, e anche molto al di sotto, un accordo in Assemblea nazionale tra i delegati della mozione Martina e quelli della mozione Giachetti potrebbe clamorosamente fagli perdere la poltrona di segretario, a vantaggio del secondo arrivato (cioè, sicuramente, di Martina). In ogni caso, se anche così non fosse, Zingaretti avrebbe comunque bisogno di un’intesa con almeno una parte dei suoi avversari per guidare il partito.

L’ipotesi resta sul tavolo, anche perché le regole dello Statuto del Pd queste sono e nessuno le ha cambiate, ma la brillante affermazione di Zingaretti anche nel voto tra gli iscritti sembrano allontanarla. Il vento della vittoria, ormai certa, tra gli iscritti potrebbe soffiare nelle vele di ‘Zinga’ fino al 3 marzo, aiutandone l’approdo alla leadership dem. A maggior ragione se si considera che la distribuzione dei voti nei circoli appare uniforme in quasi tutto il territorio nazionale.

Zingaretti è al momento in testa in quasi tutte le regioni (Basilicata, Campania e Sicilia potrebbero essere, alla fine, le uniche eccezioni) e in quasi tutte le grandi città: a Roma, Milano e Bologna si avvicina al 50%, a Genova lo supera. Solo a Firenze vince, di poco, Martina. Oltre al trionfo nel ‘suo’ Lazio, dove sfiora al momento il 70%, il governatore è spinto dalle ormai ex regioni rosse (Emilia-Romagna, Marche, Umbria, ma è di poco avanti anche nel feudo renziano della Toscana) e sfonda in Lombardia (terra natale di Martina), in Friuli-Venezia Giulia (dove l’ex presidente Serracchiani sta con Martina), fino alla Calabria e alla Puglia. Anche in Puglia, infatti‘Zinga’, grazie all’alleanza con il governatore dem, Michele Emiliano – che ha scaricato il suo ex pupillo, Boccia, il quale vede solo la sua provincia di origine (BAT) a sostenerlo – costruisce il suo consenso. Un consenso nazionale. 

5. Il caos dei congressi democrat nel Mezzogiorno del Paese. Un articolo di Calvo.

 

Rudy Francesco Calvo

Rudy Francesco Calvo

 

Qui un  articolo di Rudy Francesco Calvo scritto il 23/01/2019 per il quotidiano on-line Huffington Post

“Congressi che non riescono a celebrarsi, altri che avvengono all’insaputa degli stessi iscritti, commissariamenti, segretari regionali eletti per mancanza di avversari, accuse di tesseramenti farlocchi. La cronaca congressuale del Pd in alcune zone del Sud Italia sembra ripetersi sempre uguale a se stessa e racconta di un partito mai realmente nato da queste parti, prigioniero di quei micro notabili ben descritti da Mauro Calise e rispetto ai quali i leader nazionali hanno preferito chiudere un occhio, quando non li hanno utilizzati per trarne vantaggio.

 

mauro calise

Mauro Calise

 

Stupisce fino a un certo punto, allora, che la commissione nazionale per il congresso presieduta da Gianni Dal Moro si sia vista costretta a rinviare a domenica 27 gennaio il termine ultimo per la celebrazione delle convenzioni di circolo (la fase delle assise riservata agli iscritti), poiché diverse federazioni provinciali di Sicilia, Campania, Puglia e Calabria ancora il 24 gennaio, data ultima prevista inizialmente, non erano riuscite a convocare i tesserati al voto. E laddove le convenzioni si sono svolte, le polemiche non mancano per la cattiva comunicazione, le chiamate all’ultimo momento, l’incertezza sui dati.

Lo scontro interno in tutto questo c’entra poco o niente. Non si tratta del tentativo di alcuni di voler ritardare il voto per facilitare l’effetto band-wagon a vantaggio del favorito Zingaretti, accreditato del 48,5% sui 93 mila votanti certificati fino a lunedì (Martina è al 35,1%, Giachetti 12,8%, Boccia 2,3%, Saladino Corallo allo 0,6%). Né di altri di ostacolare i consensi nei confronti del governatore.

 

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Fausto Raciti

 

“Il nostro è solo un ritardo organizzativo – spiega Fausto Raciti, che presiede la commissione per il congresso siciliana – dovuta al fatto che le commissioni provinciali sono state nominate direttamente da Roma, visto che le direzioni locali erano già sciolte. Poi, certo, qualche ritardo in più si è verificato anche qui…”. Un eufemismo utilizzato per spiegare perché fino a lunedì scorso aveva votato solo il 7% degli iscritti isolani, il dato regionale peggiore. Qui le previsioni danno un leggero margine di vantaggio per Martina: un equilibrio difficile da cambiare, fossilizzato ai posizionamenti del congresso regionale vinto dal renziano Davide Faraone, rimasto senza avversari dopo il ritiro polemico di Teresa Piccione (‘Area Dem’ e pro-Zingaretti).

 

Stefano Graziano

Stefano Graziano

 

In Calabria il congresso regionale, inizialmente fissato per il 3 marzo, in coincidenza con le primarie nazionali, è stato rinviato a data da destinarsi. Dal Nazareno è arrivata infatti in extremis la nomina di Stefano Graziano come commissario per gestire una fase di transizione, resa complicata anche dalle indagini alle quali è sottoposto il governatore Mario Oliverio e dalle elezioni regionali che si profilano all’orizzonte. Qui, secondo i dati trasmessi dalla commissione nazionale, i votanti nelle convenzioni fino a lunedì scorso erano quasi il 25%, un dato migliore rispetto a quello di Puglia (17,8%) e Campania (12,9%).

“A pochi giorni dalla chiusura delle convenzioni nazionali per il congresso manca ancora la calendarizzazione del voto in oltre il 50% dei circoli di Napoli”, accusa il comitato campano di Zingaretti e con Salvatore Barbato stigmatizza “la totale disorganizzazione e la superficialità con la quale chi dovrebbe garantire la necessaria trasparenza, sembra invece totalmente disinteressato alla correttezza delle procedure congressuali”. E in Campania, oltre che per il segretario nazionale, si vota anche per quello regionale.

 

Ma i guai non si fermano solo al Sud. Fanno notizia le dimissioni della segretaria del circolo romano di Tor Bella Monaca che denuncia “molte gravi irregolarità” nel voto nella sezione di Torre Spaccata (dove lo scrutinio è stato annullato e gli iscritti riconvocati per oggi) che farebbero seguito a ulteriori anomalie già verificate in occasione delle primarie per l’elezione del segretario regionale. “Se questo congresso, come sta già avvenendo, invece di essere un momento di confronto e di crescita, diventa l’ennesima occasione per distruggere tutto questo e mandare in aria anni di lavoro – afferma l’ormai ex segretaria Nella Converti – allora sarà l’ultimo a cui parteciperemo. E lo dico a tutti i candidati, ancor di più a Zingaretti, che in questo collegio ha raccolto oltre l’80% delle preferenze”.

Al di là delle vicende congressuali, non si può trascurare quanto sta avvenendo in Basilicata. Anche qui i guai giudiziari del governatore, Marcello Pittella, condurranno la Regione al voto anticipato il prossimo 24 marzo. Su un Pd già colpito dalla vicenda ed enormemente ridimensionato alle ultime politiche, rispetto ai tempi in cui questa era la “regione rossa” del Sud, è piombata la notizia dell’autosospensione dell’ex segretario regionale, Piero Lacorazza, intenzionato a candidarsi per il dopo-Pittella, probabilmente in asse con l’Mdp di Roberto Speranza.

Roberto Speranza

Roberto Speranza

 

Quello che emerge, insomma, è il dato di un Pd da ricostruire dalle fondamenta, soprattutto in alcune zone. Zingaretti e Martina si sforzano di vedere il bicchiere mezzo pieno. “C’è un bellissimo clima”, afferma il primo, che però non nasconde: “Ci sono stati molti problemi, ma non sono d’accordo nel dire che un corpo politico malato vada sciolto: è un errore”. Gli fa eco Martina: “Noi dobbiamo migliorare, cambiare, rafforzarci, ma noi siamo l’alternativa a Lega e 5Stelle e dobbiamo esserlo sempre di più in mezzo alla gente che vogliamo rappresentare”.

 

renzi

Matteo Renzi

 

Quella stessa gente che, oggi, sembra averli abbandonati. Lo dicono i voti del 4 marzo scorso, lo ribadiscono i dati sugli iscritti al partito: dieci anni fa, in occasione del congresso vinto da Pier Luigi Bersani, erano 820 mila; nel 2013, quando vinse per la prima volta Matteo Renzi, scesero a 539 mila e quattro anni dopo (2017) a 449 mila. Oggi non esiste un dato ufficiale pubblico relativo alle tessere valide per il 2018 ma la commissione, pur senza dare cifre esatte, lascia intendere che gli aventi diritto al voto nei circoli convocati finora sono circa 180 mila. Difficilmente il dato finale potrà superare quota 300 mila”.


NB: Questo articolo è stato pubblicato, ma in forma più succinta, sul sito di notizie spraynews.it il 24 gennaio 2019.