Arsenico e vecchi pizzini. Salvini teme nuove inchieste, Di Maio attacca sulla “questione morale”. Lo scontro Lega-M5S ora è sulla giustizia

Arsenico e vecchi pizzini. Salvini teme nuove inchieste, Di Maio attacca sulla “questione morale”. Lo scontro Lega-M5S ora è sulla giustizia

18 Maggio 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

La Lega trema: gira voce dell’arrivo di altre inchieste da lunedì

 

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Matteo Salvini, ministro dell’Interno e vicepremier

 

Mentre Matteo Salvini festeggia, in piazza Duomo, a Milano, il suo bagno di folla ‘sovranista’ in vista delle elezioni europee (senza incidenti di sorta, per fortuna, dati i vari contro-comizi indetti), “lunedì potrebbe arrivare un avviso di garanzia per un esponente molto in alto della Lega, forse persino a Salvini. Sarebbe il patatrac finale. A quel punto si rompe tutto”. La voce gira, con insistenza, e da giorni, nei corridoi di un Transatlantico di Montecitorio spettrale quanto deserto, in questi giorni.

Forse è solo una voce, ‘incontrollata’ come tutte le voci, probabilmente falsa. Forse, invece, il terrore corre sul filo (del telefono) di colonnelli leghisti che vivono, ormai, una vera e propria ‘sindrome dell’accerchiamento’ (da parte di procure, poteri forti, commissione Ue, e chi più ne ha ne metta), sindrome che ha contagiato anche Salvini, in queste ultime ore.

 

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Lo sbarco dei migranti dalla nave militare Diciotti

 

La prima avvisaglia è stato il ‘caso Diciotti’ (la procura di Agrigento archivia, il tribunale dei ministri di Palermo rinvia a giudizio il ministro, salvato dal Senato, ma solo grazie al ‘salvataggio’ dell’M5S).

Primo colpo sparato – e animale subito ferito – il ‘caso Siri’: il sottosegretario leghista all’Economia, finito sotto inchiesta da parte della procura di Roma e, senza uno straccio di rinvio a giudizio, è stato fatto ‘dimissionare’, su precisa volontà di Di Maio, dal premier Conte, nonostante la durissima ostilità di Salvini.

 

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Attilio Fontana (Lega), governatore della Lombardia

 

Secondo colpo sparato – e animale che diventa rabbioso – il ‘caso Lombardia’, che vede il governatore regionale, Attilio Fontana, coinvolto in un’inchiesta di corruzione che si è ramificata, in Regione, per molte vie, con tanto di ‘malattia’ (sincera) del povero Fontana che non si capacita di esserci finito in mezzo e che riceve la solidarietà dei suoi omologhi del Pd ma non – ci mancherebbe altro – dei 5Stelle.

 

Il sindaco di Legnano Gianbattista Fratus

Il sindaco di Legnano Gianbattista Fratus

 

Terzo colpo sparato – e animale ormai quasi esangue – l’inchiesta sulle raccomandazioni e i favori del sindaco di Legnano (comune simbolo per la Lega, causa l’antica battaglia che vi si concentrò, da parte dei Comuni medioevali italiani, contro le truppe imperiali del Barbarossa), inchiesta che tira in ballo, direttamente, il nome di Salvini.

Insomma, la Lega si sente ‘sotto attacco’, da parte della magistratura, e ritiene agisca “eterodiretta dai 5Stelle” e, anche, “complice e vassalla dei poteri forti italiani e della Ue”.

 

L’uso politico della “questione morale”

Una nuova tangentopoli

Una nuova tangentopoli

 

E così ecco che, nell’impazzimento collettivo e generale della – cosiddetta e presunta – Terza Repubblica, si materializza l’uso – e, probabilmente, l’abuso – della “questione morale” e della “questione giudiziaria”. Di “Nuova Tangentopoli” o “Tangentopoli 2.0” parla, ormai apertamente, l’M5S. Parole che urticano non poco i leghisti, i quali reagiscono così: “Come facciamo a restare al governo ‘con questi’ che ci descrivono come i ‘nuovi’ tangentari?! E’ impossibile!”.

Peraltro, forse non troppo paradossalmente, ma di certo per la prima volta, la ‘questione morale’ non viene agitata, come un drappo rosso, dalle forze di opposizione contro quelle di maggioranza (o viceversa, a volte…) ma all’interno della stessa maggioranza di governo, dall’M5S contro la Lega.

 

Di Maio dopo Siri vuole ‘dimissionare’ Rixi, lui reagisce male

 

il viceministro leghista Edoardo Rixi

Edoardo Rixi, sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti

 

Ieri, da parte di Luigi Di Maio, l’ultimo attacco a Salvini sul fronte giudiziario ha probabilmente valicato ogni limite. In un’intervista al Fatto Quotidiano il capo pentastellato mette in chiaro una cosa che, per lui, è già nero su bianco sul contratto di governo: se il viceministro leghista Edoardo Rixi (indagato per l’inchiesta ‘spese pazze’ in Liguria) dovesse essere condannato, dovrà lasciare. 

 

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Luigi Di Maio, vicepremier e ministro dello Sviluppo economico

 

“Lo stabilisce il codice di comportamento previsto dal contratto – scandisce Di Maio – Gli auguro di risultare innocente, ma a lui si applicherà quanto abbiamo concordato. Comunque mi auguro che, dopo il 26 maggio, la Lega dismetta i panni dell’ultradestra e che si torni a ragionare con serenità”.

Insomma, al netto delle accuse ‘politiche’ (sempre ieri i 5Stelle hanno detto che “Salvini è peggio di Renzi” e Conte che “non si può permettere di darmi ordini, il premier sono io”), Di Maio è pronto a ‘dimissionare’ Rixi esattamente come ha già fatto con Siri.

Ma se Siri era (ed è) l’ideologo della flat tax leghista, Rixi è il braccio operativo di Salvini sulle Grandi opere. Non a caso è stato messo ai Trasporti per ‘marcare stretto’ il ministro Toninelli.

 

il procuratore di Genova, Francesco Pinto

il procuratore di Genova, Francesco Pinto

 

Il fatto è che il procuratore di Genova, Francesco Pinto, nell’ambito del processo sulle “spese pazze” della regione Liguria, ha chiesto, a inizio maggio, la condanna a 3 anni e 4 mesi di Rixi, accusato di peculato per la legislatura 2010-2012 e, entro il 31 maggio, dovrebbe arrivare la sentenza.

Se, a quel punto, Di Maio chiedesse le dimissioni di Rixi, dopo aver preteso (e ottenuto) quelle di Siri, Salvini non potrebbe più reggere, nell’alleanza di governo, perché ne andrebbe dell’onore suo e del suo partito. Insomma, la crisi esploderebbe – prima ancora che sui temi economici e sociali – tra Lega M5S, sulla questione morale, con un evidente vantaggio ‘di posizione’ per questi ultimi.

Oggi, con un’intervista, proprio Rixi ha detto quello che pensa: “Di Maio vuole che io lasci, ma così fa pressione sulle procure. Non so se ho più voglia di stare in un governo con una sua componente (l’M5S, ndr.) in stato confusionale. In ogni caso, faccio quello che mi dice Salvini, non Di Maio”.

 

Di Maio non molla e bracca l’animale ferito…

 

Arsenico e vecchi pizzini

Arsenico e vecchi pizzini, Di Maio contro Salvini

 

Il guaio è che Di Maio non intende abbassare la tensione, anzi. Dato che le inchieste coinvolgono soprattutto il centrodestra (diversi deputati ed eurodeputati azzurri, specie lombardi), ma arrivano a lambire e toccare la Lega (fino, appunto, al governatore Fontana e all’arresto del sindaco leghista di Legnano) in un giro di tangenti e nomine pilotate, soldi e favori, che – a leggere le carte – fa un po’ impressione, calca la mano e affonda il coltello come se fosse il capo di un partito che non sta al governo, ma… all’opposizione. 

“Se certe inchieste si stanno svolgendo – dice Di Maio – è anche grazie alle nuove leggi che abbiamo votato con la Lega. Dopodiché se alcune inchieste territoriali dovessero arrivare più in alto ci sarebbero dei problemi. Si può andare avanti con il contratto di governo, in cui sono previste le norme etiche che abbiamo applicato a Siri. E come M5S, essendo maggioranza in Consiglio dei ministri, le faremo sempre applicare”. Insomma, un altro avviso di sfratto, solo che stavolta per Rixi, non per Siri. Una vera decimazione, sarebbe, per la Lega, operazione inaccettabile per Salvini.  

“C’è una nuova Tangentopoli in Italia”, afferma Di Maio, “Sono i soldi delle tasse degli italiani che gli italiani pagano e finiscono nelle tasche dei corrotti. In tutte le forze politiche si può sbagliare, ma io chi sbaglia lo metto fuori in 30 secondi. La Lega allo stesso modo dovrebbe mettere fuori il sindaco di Legnano arrestato per corruzione”, gesto che, invece, Salvini non ha alcuna intenzione di fare. Così, però, Di Maio va a insegnare come ci si deve comportare pure in casa altrui. Le premesse per la rottura ci sono tutte.

 

Molinari (Lega) sbotta: “Così non andiamo avanti…”

 

Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera

Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera

 

Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera, di solito uno prudente e posato, ieri, intervistato da Radio Anch’io su Rai Radio1 parla di escalation  bizzarra” nelle inchieste: “C’è un’escalation abbastanza bizzarra nelle ultime settimane nei confronti della Lega e in generale nei confronti dei territori dove laLega governa. Diciamo che lasciano sorpresi alcune inchieste. Siamo abituati da tanto tempo: spesso capita che sotto elezioni vengano fuori inchieste sui politici. Non ci sentiamo sotto attacco ma sottolineiamo la tempistica” (sottinteso: tempistica assai sospetta). 

Poi Molinari si rivolge ai 5 Stelle, Di Maio in primis: “Io penso che Di Maio abbia impostato la campagna elettorale del M5s facendo una distinzione morale tra loro e noi. Che stia usando il tema delle inchieste per una propaganda elettorale non sui temi ma sulle persone e questa è una cosa molto grave. Un conto è il teatrino della campagna elettorale, un conto è quando si fa una differenza antropologica tra onesti e disonesti e si mettono i propri alleati dall’altra parte del mondo. Quando manca la fiducia e se Di Maio è convinto che la Lega sia un partito di corrotti, andare avanti diventa molto complicato”. Ecco, andare avanti, per i leghisti, è “molto complicato”.

 

Tutte le inchieste che mettono in difficoltà la Lega

 

le inchieste sui 49 milioni di rimborsi elettorali sottratti allo Stato

le inchieste sui 49 milioni di rimborsi elettorali sottratti allo Stato

 

Certo è che la Lega, da questo punto di vista, ‘non aiuta’. Prima le inchieste sui 49 milioni di rimborsi elettorali sottratti allo Stato (due le inchieste in campo e due i processi in corso: uno a Genova, l’altro a Milano), poi le ‘donazioni ’ricevute dal tesoriere Centemero per circa tre milioni di euro da parte di ‘generosi’ soggetti privati che davano finanziamenti in cambio di (presunti) favori.

Infine, non dimentichi dell’altra pista seguita dalle Procure contro la ‘vecchia’ Lega, quella di Bossi Belsito, che hanno seguito il flusso di soldi su conti esteri (Kenya), anche altri filoni d’inchiesta aperti su finanziamenti leciti (e, forse, illeciti) arrivati alla Lega dalla Russia e altri stati ‘sovranisti’.

 

Il caso Legnano e le nomine ‘pilotate’

 

L'assessore alle opere pubbliche, Chiara Lazzarini, arrestata

L’assessore alle opere pubbliche, Chiara Lazzarini, arrestata

 

Insomma, ci mancava solo il caso Legnano, che da culla storica della Lega rischia di diventare il contrappasso di Salvini. Il sindaco Fratus e l’assessore alle opere pubbliche, Chiara Lazzarinisono finiti agli arresti domiciliari per corruzione elettorale e nomine pilotate. Il vicesindaco, Maurizio Cozzi, è finito, per le stesse ipotesi di reato, in galera perché “il senso di impunità pervade tutto l’operato della sua amministrazione”. Una brutta storia, quella di Legnano, a seguire gli argomenti messi in fila da giudici e pm: il sindaco, scrive Piera Bossi (sic), il gip di Busto Arsizio, “pensa solo a collocare amici”, comunque persone “gradite” e in ogni caso “manovrabili in quanto asservite alle loro direttive”. Un sistema di governo basato, dunque, per l’accusa, su scambi di favori in barba ad ogni regola e meritocrazia. Persino il voto sarebbe stata una merce di scambio.

 

Voto di scambio

Voto di scambio

 

“Prima del ballottaggio in Regione ho fatto un accordo con Paolo Lalli, Salvini e quell’altro provinciale loro della Lega” dice in una intercettazione l’assessora legnanese Lazzarini. L’accordo consisteva nel fatto che “al ballottaggio mi avrebbero sostenuto e io in cambio gli avrei dato un posto”. A una settimana dal voto, proprio non ci voleva: il Salvini che lotta contro le mafie o “chi ruba va in galera” è indicato come contraente ultimo di un sostanziale voto di scambio.

 

L’inchiesta della Dia di Milano sul ‘Pirellone’

 

Il Pirellone

 

Impossibile sapere se era Legnano lo spiffero giudiziario su cui da settimane il Capitano ha perso il sonno (“Le procure, dove i grillini hanno tanti amici, ci stanno preparando un colpo gobbo” aveva confidato ai suoi) o se, invece, c’è ancora dell’altro e altrove, inchieste che, cioè, devono ancora emergere.

Fatto sta che da tre settimane le inchieste giudiziarie si inseguono dal Nord al Sud, dalla Calabria alla Lombardia. Qui, da dieci giorni va avanti, giorno dopo giorno, la mega inchiesta della Dia di Milano, arrivata a oltre cento indagati.

 

L'eurodeputata Lara Comi

 

Per ora, sono guai ‘solo’ per Forza Italia: appena ieri, l’eurodeputata Lara Comi si è dovuta difendere dall’accusa di aver mascherato sotto consulenze fasulle alla sua società di comunicazione 70 mila euro pagate dal capo degli industriali lombardi. Il sospetto è che siano, invece, soldi utilizzati per la campagna elettorale per le Europee: “Sono compensi reali” ha ribattuto l’europarlamentare azzurra.

 

il partito del Cavaliere fa repulisti

il partito del Cavaliere fa repulisti

 

Nel frattempo, anche il partito del Cavaliere fa repulisti: nella stessa inchiesta di Milano, diversa da quella di Legnano, sono indagati molti amministratori di Forza Italia della provincia di Varese e per tre di loro (Bilardo, Petrone e Pedroni) è stata decisa la sospensione dal partito.

Fatto sta che, ormai da tre settimane, il vento di una nuova Tangentopoli ha ripreso a soffiare: prima costruendo il ‘mostro’ Sirif ino a spingerlo alle sue dimissioni forzate (la prima vera sconfitta politica di Salvini) con tutto quel che ne è seguito. Poi, il caso Legnanoe  il caso Pirellone.

Di Maio ha così ritrovato slancio per recuperare consensi, ma è da giorni che il copione, congelato per qualche giorno, ha ripreso a girare a pieno ritmo con le nuove inchieste

 

E così ecco che Salvini si riscopre ‘garantista’…

 

la giornalista garantista del Foglio Annalisa Chirico

La giornalista garantista del Foglio Annalisa Chirico

 

Salvini, a questo punto, si è calato nei panni del leader politico che dice di rimettersi alla giustizia, sperando che faccia “presto e bene”, e rivendica ogni minuto che nessuno è colpevole fino al terzo grado di giudizio. Insomma, si fa vedere al fianco della giornalista garantista del Foglio Annalisa Chirico, e ai suoi appuntamenti chic che invocano “una giustizia giusta” e cercano di contenere (anche con leggi, ma tutte da fare) lo strapotere dei giudici.

 

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Matteo Salvini esce sconfitto nel caso Siri

 

In realtà, però, Salvini sa di aver ‘perso’ sul caso Siri, soffre il ‘giustizialismo’ di Di Maio, più populista del suo garantismo che fa un po’ ‘Casta’. Da qui si spiega l’impennata mediatica su direttive e decreti sicurezza bis con cui il ministro dell’Interno tenta il recupero, nei consensi, prima del voto del 26 maggio. I suoi, però, parlano di giustizia ad orologeria e “inchieste come piovesse a pochi giorni dal voto delle Europee”. 

Sono spaventati dagli sviluppi dell’inchiesta di Milano, i leghisti, inchieste che interessano uomini e donne di punta di Forza Italia come della Lega (vicini al sottosegretario Giancarlo Giorgetti, tra l’altro), e tutti collocati tra Milano Varese: un tramite, in realtà, per arrivare alla Lega e a Salvini. E sono preoccupati dalle voci per “un paio di imprenditori sentiti dai pm come persone informate sui fatti e usciti indagati per corruzione”. Imprenditori che potrebbero mettere nei guai altri dei loro.

 

Di Maio e la “superiorità morale” dei 5Stelle (assai dubbia)

Salvini_Di_Maio_fotomontaggio

La maggioranza giallo-verde (fotomontaggio)

 

Di Maio, invece, esalta e cavalca la questione morale e si porta a casa qualche punticino in più nei sondaggi. Non perde occasione per ricordare a tutti che “Salvini fa l’offeso per il caso Siri”, intanto lo bombarda di mille provocazioni. “La corruzione è una enorme emergenza nazionale”, dice, e Salvini “non può tacere per quanto è successo oggi. Il 26 maggio la scelta è tra noi è una nuova Tangentopoli”. Come se non bastasse Di Maio, ci si mettono anche il Guardasigilli Bonafede e altri pezzi da novanta come il sottosegretario Crimi (quello che, per dirne, una, ha certificato la ‘morte’ di Radio Radicale) a battersi con il petto in fuori: “I 5 Stelle sono l’unico baluardo della legalità”; “Salvini deve capire che noi siamo intransigenti contro la corruzione”, che è come dire che il segretario leghista lo sia molto meno...

 

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La giornalista di Tiscali.it Claudia Fusani

 

Ma – nota Claudia Fusani in un articolo per Tiscali.it– “Il giustizialismo come arma per il consenso è una scorciatoia pericolosa e anche a doppio taglio. Solo un anno fa Di Maio indicava Siri come possibile ministro economico, eppure aveva già patteggiato 20 mesi per bancarotta fraudolenta. Solo pochi mesi fa, il Movimento 5 Stelle ha salvato Salvini dal processo per il sequestro di 160 migranti tenuti a bordo della nave “Diciotti”. Inoltre, la giunta Capitolina romana è stata interessata da varie inchieste, in questi tre anni, e Di Maio non ha mai chiesto le dimissioni della sindaca Raggi. La corruzione è un male che ha attaccato anche il Movimento: il presidente dell’assemblea capitolina, Marcello De Vito, è in carcere da due mesi come vari professionisti vicini all’M5S (uno per tutti: Lanzalone) ingaggiati dalla Raggi per sveltire la macchina comunale”.

 

La Lega attacca “il partito delle procure”

 

Piercamillo Davigo, ex giudice di Mani Pulite e oggi membro del CSM

Piercamillo Davigo, ex giudice di Mani Pulite e oggi membro del CSM

 

“La memoria diventa, così, corta e a senso unico”, nota sempre la Fusani: “Di Maio ha tirato fuori dal cassetto il giustizialismo e la stella dell’onestà per fini elettorali con un tempismo perfetto rispetto all’inchiesta di Milano che ha coinvolto Siri e la Lega. Così, a dieci giorni dal voto, i 5 Stelle possono mettersi nella metà campo dell’onestà e dichiararsi, senza alcun imbarazzo, il partito delle procure.

La Lega è arrivata ad ipotizzare, in questi giorni, che ci sia “un canale diretto” tra uffici delle procure e i 5 Stelle. Tesi ardita e non facilmente dimostrabile, al netto di qualche consuetudine personale e della condivisione di argomenti. Non c’è dubbio, però, che i più convinti sostenitori del mantra di Piercamillo Davigo, ex giudice di Mani Pulite e oggi membro del CSM, e cioè che “i politici non hanno smesso di rubare ma hanno smesso di vergognarsi” siano oggi i 5 Stelle.

Un tempo, neppure lontano, era il Pd il ‘partito delle procure’. Ma se il ventennio berlusconiano sarà ricordato soprattutto per la guerra infinita tra politica e magistratura, anche la presunta Terza Repubblica potrebbe diventarlo”. E il governo gialloverde potrebbe finire, appunto, non per uno scontro sulle questioni economiche, ma sulla giustizia.

 

L’intergruppo parlamentare ‘contro’ i giudici, curioso segnale

 

elezioni campagne elettorali

 

Se, invece, si butta lo sguardo oltre la campagna elettorale, le cose vanno in maniera molto diversa. In questa rinnovata battaglia intorno e contro la magistratura gli schieramenti sono assai meno netti e più confusi. Una settimana fa, alla Camera dei Deputati, è nato “l’Intergruppo parlamentare per la separazione delle carriere tra giudici e pm”

Quella che è stata, appunto, per vent’anni, l’ossessione di Berlusconi, e che lo ha visto sconfitto, diventa adesso il progetto comune di oltre 50 parlamentari di ogni gruppo politico, compresi i 5 Stelle. Il progetto di legge di iniziativa delle Camere penali italiane che mira a separare le carriere tra giudici e pm è già incardinato in Commissione Affari costituzionali, relatore Francesco Paolo Sisto, fior di garantista azzurro.

 

Obiettivo: separare le carriere di giudici e pm

Enrico Costa ex Ministro

Enrico Costa ex Ministro

 

L’Intergruppo– racconta sempre la Fusani su Tiscali.it– è nato dall’idea di un altro deputato azzurro, Enrico Costa (ex ministro ed ex dell’Ncd), e punta “ad imprimere un’accelerazione all’esame e all’approvazione del progetto di legge”. Avere più di 50 deputati di vari partiti dalla stessa parte vuol dire prima di tutto “deideologizzare la questione per arrivare ad un testo più largamente condiviso”.

 

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L’esponente del Pd Roberto Giachetti

 

Per il Pd c’è Roberto Giachetti, “a titolo personale”, come ha precisato lui, anche se il tema della separazione delle carriere è comparso anche nei programmi dei candidati alla segreteria dem (era in quello di Maurizio Martina, ma non in quella di Zingaretti). Per i 5 Stelle c’è Roberto Cataldi, convinto che “questo gruppo di giuristi eviterà lo scontro ideologico su temi così delicati”.

 

Francesco Paolo Sisto

 

Sisto (FI), che con Costa lo ha costruito, spiega che “la forza di questa iniziativa è che va oltre le singole appartenenze e riguarda una riforma di ingegneria istituzionale contro due contaminazioni ai danni del processo, quelle del giustizialismo e quella delle aspettative di condanna da parte dei media”. Presenti e convinti anche Lega e Fratelli d’Italia, nell’Intergruppo, altro fatto non casuale. 

 

La solitudine della magistratura e il ‘sogno’ del Cavaliere

 

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Il governo Conte cadrà sulla giustizia

 

Però, se anche nel M5S corre e cresce il germe del garantismo, una cosa è certa: negli ultimi anni le procure e la magistratura sono diventate sempre più sole. Un progetto di riforma del genere preoccupa, ovvio, l’Anm. “A rischio è la nostra indipendenza” ha subito denunciato Md, la corrente ‘di sinistra’ della magistratura italiana. Poi magari la legislatura finisce e il progetto di legge, come l’Intergruppo, svaniscono. Il sogno di Berlusconi è vicino? Forse, se questo progetto andrà avanti, ma una cosa è certa: se arriveranno nuove inchieste sulla (e ‘contro’) la Lega, o addirittura sul suo leader unico e riconosciuto, Salvini, prima ancora di ‘cadere’ sulla futura manovra economica o sul decreto Sicurezza bis, o sulle Autonomie, o la flat tax, il governo Conte cadrà sulla giustizia.

La Lega e Salvini, infatti, un altro ‘caso Siri’ non se lo possono permettere. L’ultima settimana di campagna elettorale, da questo punto di vista, sarà decisiva e i ‘segnali’ che arriveranno dai pm che, eventualmente, apriranno nuove inchieste, pure.

 


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato in forma originale per questo blog il 19 maggio 2019