Solo dodici mesi, ma sembra una vita. Un anno di governo Conte tra crisi, promesse, litigi e problemi

Solo dodici mesi, ma sembra una vita. Un anno di governo Conte tra crisi, promesse, litigi e problemi

1 Giugno 2019 1 Di Ettore Maria Colombo

Oggi, ma un anno fa, ai giardini del Quirinale…

Il Presidente Sergio Mattarella con Giuseppe Conte

Il Presidente Sergio Mattarella con Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri nel corso del Giuramento.
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Un anno fa, cioè oggi, ai giardini del Quirinale, dove si svolge la tradizionale Festa della Repubblica, l’intera – e intramontabile – classe dirigente italiana si produsse nel arcinoto ‘bacio della pantofola’ ai nuovi potenti di turno. Tra un cocktail e una tartina, la fila per omaggiare il nuovo premier, Giuseppe Conte, era a dir poco chilometrica. Dai grand commis d’Etat a Mario Monti e Lamberto Dini, per non parlare di regista e attori, volti televisivi e cantanti, tutti variamente assortiti e tutti che attendevano, molto pazientemente, di omaggiare il nuovo premier, Conte, e il nuovo astro nascente della – presunta – Terza Repubblica, Luigi Di Maio. Persino i loro ‘comunicatori’ (Rocco Casalino in testa) erano omaggiati come delle star. Invece, Matteo Salvini era come defilato. Quasi accigliato, lui e i suoi vennero tardi e presto scomparvero.

 

Vent’anni dopo? No, solo un anno dopo…

Vent'anni dopo di Alexandre Dumas

Vent’anni dopo di Alexandre Dumas

Un anno dopo – e non “Vent’anni dopo”, come intitolava il suo romanzo nostalgico sui Tre moschiettieri ormai vecchi e rimbambiti, Alexandre Dumas – quanta acqua è passata, sotto i ponti. E quante cose, sulla scena politica, sono cambiate. I favori dell’opinione pubblica, come novello Giano (o Cronos) che divora i suoi figli, si ‘mangiano’ il successo dei leader politici in un tempo sempre più breve.

 

Conte prova a battere i pugni: “il premier sono io”…

Il premier, Conte, è costretto a ribadire “il premier sono io"

Il premier, Conte, è costretto a ribadire “il premier sono io”

Il premier, Conte, è costretto a ribadire “il premier sono io” (“E questa è casa mia e qui comando io”, diceva la vecchia canzone) e, lunedì prossimo, annuncia di voler “parlare agli italiani”. Il concetto sarà, più o meno, “o si continua come dico io oppure è meglio aprire la crisi”.

La triade del governo Conte

La triade del governo Conte

Il premier è come sospeso (“congelato” è l’impressione che ne ha ricavato il Quirinale quando Conte si è recato sul Colle, l’altro ieri), in attesa che Di Maio Salvini decidano come andrà a finire la ‘singolar tenzone’ che li vede alla sfida finale. Una sfida all’‘ok Korral’,  come in un film western, o una gara a pistolettate fumanti o un duello di sciabole in cui alla fine – come urlava nel film Higlander – “ne resterà in piedi solo uno”. Nel frattempo, però, un primo bilancio si può trarre, dopo un anno di ‘pazza, pazza, pazza’ maggioranza gialloverde

 

Un compleanno, qualche cifra e qualche data

Primo compleanno Governo Conte

Primo compleanno Governo Conte

Il governo, dunque, soffia sulle candeline del suo primo anno (appena? Sì, appena) di vita, ma non si può dire che goda di ottima salute, scombussolato come è stato dai risultati del voto europeo di domenica 26 maggio. Sessantacinquesimo governo nella storia della Repubblica, primo (e ultimo?) della XVIII legislatura, l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, l’avvocato del popolo, è in carica, appunto, a partire dal I giugno del 2018. La sua nascita, dopo 88 giorni di faticosa ‘gestazione’

(è stata la crisi di governo più lunga dell’intera storia repubblicana: qui il mio ‘Dizionario della crisi’ che, scritto all’epoca dei fatti, la racconta quella del 2018), è frutto della ‘strana’ alleanza tra due partiti che si erano presentati su fronti opposti, alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, ottenendo il 32% il M5S e il 17% la Lega.

Una maggioranza, in teoria, ‘blindata’: 346 deputati (222 del M5s e 124 della Lega), sul quorum richiesto di 316, e 167 senatori (209 del M5S e 58 della Lega), solo 6 voti sopra il quorum di maggioranza (161 voti), che si sono asciugatisi via via a causa di alcune defezioni nei 5Stelle.

 

L’esecutivo gialloverde già alle prese con il… rimpasto

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Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri

Con una compagine di 18 ministri (solo cinque le donne) e un equilibrio interno assai precario (tre i ‘tecnici’: Tria, Moavero Milanesi e Paolo Savona,che poi si è dimesso da titolare degli Affari europei, posto ancora oggi vacante e di cui il premier ha preso, fino ad ora, l’interim) e con la concreta possibilità che presto anche questo quadro cambi perché si parla, con sempre più insistenza, di un rimpasto di governo che dovrebbe modificarne, a fondo, gli equilibri.

Paolo Savona

Paolo Savona

 

Oggi, però, dopo le elezioni europee, gli ‘equilibri’ interni alla maggioranza si sono drasticamente invertiti: oltre il 34% i voti ottenuti dalla Lega e poco più del 17% ai 5Stelle. Un dato che peserà, per forza di cose, nel prossimo futuro, quantomeno nella definizione dell’agenda di governo.

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Il ministro alle Infrastrutture Danilo Toninelli (M5S)

Se, infatti, il governo Conte ce l’ha davvero, un futuro, e se resisterà al ‘terremoto’ politico innescato dal voto europeo, tutto cambierà, si può già dire. Le poltrone di Toninelli (Infrastrutture), Trenta (Difesa), Costa (Ambiente) potrebbero saltare, sempre che il governo resti in piedi, ma con una differenza non da poco: la Lega li vorrebbe per sé, i 5Stelle per sostituirli con altri, ma senza cambiare gli equilibri di maggioranza interni.

Il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo

Il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo

Per non dire di una lunga serie di sottosegretari (Tofalo alla Difesa in primis) che potrebbero subire vari avvicendamenti mentre l’M5S vorrebbe rifilare alla Lega la poltrona ‘avvelenata’ dell’Economia, facendo saltare Tria, ritenuto, ormai, un ministro ‘leghista’, e dandola in pasto alla Lega che dovrebbe, così, intestarsi il peso dell’intera manovra.

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Il ministro all’Economia Giovanni Tria

Infine, Moavero Milanesi potrebbe andare a Bruxelles, a fare il commissario europeo in quota Italia, liberando anche la casella degli Esteri (ma quel posto fa gola a molti altri) mentre Salvini, se non romperà la coalizione per aprire la crisi di governo, potrebbe chiedere quella poltrona per un suo uomo: o Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sempre più in rotta con il premier, di cui contesta, ormai apertamente, la ‘terzietà’, o per l’attuale ministro alla Famiglia, Lorenzo Fontana, uno dei tanti che di restare in un governo coi 5Stelle non ha proprio più voglia.

Fontana Ministero della Famiglia

Lorenzo Fontana ministro della Famiglia e disabilità: il leghista che combatte la “deriva nichilista” della società

Infine, ci sarebbero da sostituire le due ‘teste’ della Lega rotolate solo nell’ultimo mese: il sottosegretario Siri e il viceministro Rixi (entrambi ai Trasporti) che Salvini ha fatto dimettere, anche se solo a seguito dei diktat del M5S.

 

Le tre fasi che hanno caratterizzato la vita del governo

 

In ogni caso, guardati a ritroso, i dodici mesi di governo si possono leggere sostanzialmente individuandone tre fasi. Tutte caratterizzate dalla centralità del leader leghista, oltre che da un clima di perenne conflittualità tra i due alleati.

Conte e il presidente Mattarella

Conte e il presidente Mattarella

La prima fase è stata, ovviamente, quella della ‘luna di miele’. Dopo il fallimentare e subito abortito tentativo di formare un governo tra Pd e M5S e dopo il fugace tentativo Cottarelli (premier designato e mai incaricato), il 2 giugno, giorno della Festa della Repubblica, nasce il governo Conte e giura nella mani di Mattarella. Lo fasulla base del ‘Contratto di governo’ faticosamente stipulato dai due partiti e dai loro leader dopo mesi di trattative, non senza colpi di scena che rischiarono di mandarlo a monte (come la sostituzione, all’ultimo minuto, di Tria al posto di Savona al Mef e la richiesta di impeachment a Mattarella), che giura proprio nel giorno delle celebrazioni del 2 giugno.

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i due vicepremier Luigi Di Maio (M5s) e Matteo Salvini (Lega)

Segue una fase ‘idilliaca’ in cui Lega e M5S, Salvini e Di Maio, fanno la ‘voce grossa’ con la commissione Ue ma anche con altri Paesi (la Francia, ad esempio, arriva fino al ritiro dell’ambasciatore, sarà poi Mattarella a doverci mettere una pezza) e il vento sembra in poppa.

La seconda fase, quella della scrittura della Legge di Stabilità, ma anche delle nomine negli enti statali (e, particolare non da poco, dentro la Rai), nei servizi segreti e nelle Autorità, assai poco indipendenti (Consob, Antitrust, Inps, etc.), vede Lega M5S spartirsi promesse elettorali (mantenute e non mantenute…) come le poltrone, ma già segna i primi attriti dentro la coalizione.

La terza fase, quella della ‘lunga’ campagna elettorale per le elezioni europee, vede invece raggiungere l’acme della polemica, e del rancore, tra i due alleati che, a turno, sbottano d’ira, nei retroscena sui giornali come nelle loro dirette social, l’un contro l’altro armati, come due nemici, fino all’epilogo del 26 maggio che segna il boom elettorale della Lega e la frana dei 5Stelle, superati persino dal Pd nei voti.

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I simboli elettorali di Lega e M5S ‘in combo’

Ormai, Salvini Di Maio non si parlano più e tutti i loro attendono solo il redde rationem che, entro e non oltre il mese di giugno, dovrà decidere se il governo andrà avanti o si aprirà la crisi, con assai probabile corsa verso elezioni anticipate in autunno (date ‘consultate’ il 15, il 22 e il 29 settembre, non oltre), ponendo termine al governo e, insieme, alla legislatura.

 

Promesse realizzate e promesse non mantenute

Il reddito di Cittadinanza

Il reddito di Cittadinanza

Le promesse, indubbiamente, realizzate, sono state due: il reddito di cittadinanza, fortemente voluto dai 5Stelle, e ‘quota cento’ (pensioni) testardamente imposto da Salvini. Il quale, però, ha chiesto, e ottenuto, anche il decreto Sicurezza (ora reclama pure quello ‘bis’) e la legge sulla legittima difesa, mentre i 5Stelle hanno imposto la riforma della prescrizione (firmata Bonafede) e due riforme costituzionali (firmate Fraccaro): la riforma dell’istituto del referendum popolare, con relativa introduzione di quello ‘propositivo’ e taglio del numero dei parlamentari: tali riforme hanno compiuto il ‘primo giro’ della ‘navetta’ parlamentare che, però, vuole la doppia lettura delle Camere.

Una galleria della TAV

Una galleria della TAV

Le promesse non mantenute, però, sono ovviamente molte: su tutte, la Tav (ancora come ‘sospesa’ in un ‘non detto’ di cui Conte si è fatto precario mediatore e che ora Salvini vuole a tutti i costi), la Tap e lo stop alle trivelle (l’M5S, per ora, è riuscita a fermarle a metà), la ‘non’ soluzione del risanamento dell’Ilva di Taranto come del salvataggio di Alitalia, la risoluzione di tante (troppe) crisi industriali. Ma anche il dl ‘sblocca cantieri’ (ancora all’esame delle Camere: il governo potrebbe persino caderci sopra, a breve, perché la Lega vuole imporre il ‘condono’ su tutti questi), il decreto Crescita (idem: la Lega lo vuole in un modo, l’M5S in tutt’altro modo), il decreto ‘salva Roma’ (la Lega si oppone e sembra proprio che non passerà), la legge sulle Autonomie, che ancora langue nei cassetti di Conte, ma che per la Lega è questione di vita o di morte, e lo stop a tutti i condoni che l’M5S pretende, ma la Lega no…

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Il ponte Morandi crollato a Genova gestito dalla società Autostrade per l’Italia

Infine, il crollo del ponte Morandi (Genova) avrebbe dovuto portare, per Toninelli e i 5Stelle, alla ‘revoca’ di tutte le concessioni ad Autostrade (revoca, però, mai resa operativa), società cui però, da mesi, ora Di Maio chiede, con grande gentilezza, di sobbarcarsi il salvataggio di Alitalia, ricevendo in cambio, per ora, solo due di picche.

 

La battaglia con Bruxelles è solo iniziata…

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La sede del Parlamento europeo di Bruxelles vista dall’esterno.

Nel mezzo, è successo di tutto. La battaglia con Bruxelles sulla manovra economica 2019 (si era partiti dal rapporto deficit/Pil al 2,4%, si è dovuto scendere a più miti consigli, fino al 2,04%), Di Maio che – affacciato dal balcone di palazzo Chigi – urlava “abbiamo abolito la povertà” fino agli attacchi contro “la nuova Tangentopoli” in presunto carico della Lega, con relative dimissioni pretese e ottenute di due pedine sacrificabili e sacrificate (il sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, e il viceministro Edoardo Rixi) per lo ‘scuorno’ di Salvini che, dopo aver abbozzato a lungo, forte della messe di consensi presi nelle urne, non intende abbozzare più con i suoi ‘alleati’.

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Matteo Salvini, ministro dell’Interno e vicepremier

“Basta con i ‘no’, ora voglio solo tanti ‘sì’”, pretende Salvini, e fa l’elenco della spesa: Tav, Grandi e Piccole Opere, riforma della giustizia, flat tax, etc mentre i 5Stelle, di elenco, hanno il loro (conflitto d’interesse, salario minimo, nuove norme anti-corruzione, famiglia). Poco importa quanto costino.

Salvini è stato chiaro: o così, cioè si fanno tutte, o il governo salta. Infine, dopo la prima lettera della Uedell’altro giorno e la (pasticciata) risposta di Conte Tria, se il governo reggerà dovrà sobbarcarsi di sicuro la richiesta di una manovra correttiva per ‘aggiustare’ i conti (la Ue lo pretenderà a partire da fine giugno) e, soprattutto, la nuova Legge di Stabilità che andrà scritta in autunno e che, ad oggi, ‘solo’ per disinnescare le ‘clausole di salvaguardia’ (aumento dell’Iva e delle accise) e per rifinanziare le misure in corso (reddito di cittadinanza e ‘quota cento’) è già lievitata alla cifra monstre di 50 e rotti miliardi (24 le une, 20 le altre).

 

La nuova festa al Quirinale. Un epilogo provvisorio, per ora

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Il Palazzo del Quirinale, veduta notturna

Oggi, quindi, il secondo ricevimento del 2 giugno cui si presenterà, al Quirinale, per il povero Conte potrebbe anche essere l’ultimo. O, certo, il primo di una lunga serie con Salvini che gli mette, affettuosamente, la mano sulla spalla. Perché una cosa è certa, ‘un anno dopo’: dal voto del 26 maggio in poi, non è più ‘in carica’ il governo Conte, come formalmente è ancora, ma il ‘governo Salvini’. Sarà lui e solo lui a decidere se e quando staccare la spina e spegnere la luce a un governo che gli ha dato potere e visibilità ma che, in fondo, non ha mai amato: ora ne vuole uno tutto suo.

 


 

NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il I giugno 2019.