Sovraffollamento al Centro: Renzi, Conte e i cattolici sognano tutti una Dc ‘4.0’

Sovraffollamento al Centro: Renzi, Conte e i cattolici sognano tutti una Dc ‘4.0’

22 Ottobre 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Il centro è affollato di protagonisti che sognano una Dc 4.0

renzi berlusconi

Matteo Renzi attrae i delusi di Forza Italia

C’è Matteo Renzi che vuole attrarre i delusi di Forza Italia in modo esplicito: “A chi crede – è stato il suo appello nella giornata di chiusura della Leopolda – che c’è spazio per un’area liberale e democratica dico: venite a darci una mano”, specie ai “dirigenti e militanti di Forza Italia che non si riconoscono in piazza San Giovanni”, cioè la piazza che ha consacrato Salvini come leader del ‘nuovo’ centrodestra a trazione sovranista, sull’asse Salvini-Meloni, con Berlusconi a fare da scorta.

Fiorentino Sullo

Fiorentino Sullo

C’è il premier, Giuseppe Conte, che viene consacrato – e si auto-consacra – paladino ed erede degli antichi lombi democristiani, che va a commemorare il ministro della sinistra dc Fiorentino Sullo davanti a una platea di teste canute, tutti notabili dello Scudocrociato che fu, i quali – Ciriaco De Mita in testa (“Hai capito che la Dc è l’unico pensiero che sopravvive”) – lo incoronano a “uomo della solidarietà nazionale” e davanti ai quali Conte prende impegni solenni: “Farò la mia parte per federare il nuovo centrosinistra”.

Ciriaco De Mita

Ciriaco De Mita

E ci sono mille fermenti, mille scuole di politica e mille associazioni del mondo cattolico che non solo ‘studiano’, ma vogliono tornare a un impegno politico attivo e operoso, che, sotto l’egida della Cei, vogliono tornare a far politica. Il centro torna a essere ‘il’ luogo politico più affollato (ma, in realtà, lo è sempre stato) della politica italiana. Il che è curioso. Il bipolarismo all’italiana (centrodestra versus centrosinistra) lo aveva, di fatto, polverizzato, complici leggi elettorali che, sia di impianto maggioritario (il Mattarellum) sia di impianto proporzionale ma con forte correzione maggioritaria (il Porcellum), avevano fatto scomparire non solo il luogo politico e le velleità dei suoi leader o aspiranti tali ma anche i voti in natura del ‘centro’, schiacciandoli in un bipolarismo drogato. 

Uno spazio politico esangue e dei sistemi elettorali ‘nemici’

Martinazzoli Mino

Martinazzoli Mino

Le uniche due, corpose, manifestazioni di ‘centri’ elettorali – e non solo teorici – cioè visibili nelle urne erano stati l’alleanza tra il PPI di Martinazzoli e il Patto Segni nel 1994 (15% dei voti alla Camera, 5 milioni in voti assoluti) e la lista civica Con Monti per l’Italia (10% dei voti alla Camera, 3.5 milioni di voti assoluti) nel 2013. Un altro punto di riferimento politico del passato potrebbe essere la Margherita, che nacque come lista elettorale alle Politiche del 2001 (14,5% i voti) e come partito nel 2002, fusione di diversi soggetti preesistenti (L’Asinello, il PPI, il partito di Dini, l’Udeur) e che, alle Politiche del 2006, prima di sciogliersi per dare vita al Pd, aveva preso il 10,7% (5 milioni e 300 mila voti nel 2001 e 3 milioni e 500 mila nel 2006), che ebbe però anche un ‘federatore’ (Rutelli). 

scelta civica con monti per litalia

Lista civica Con Monti per l’Italia

Nel mezzo, sia durante il ventennio berlusconiano (e prodiano), sia alle ultime elezioni politiche del 2018, il nulla. Tranne piccoli pulviscoli, schegge impazzite di centristi di scarso peso che si sono collocati con il centrodestra (l’Udc e Noi con l’Italia) o con il centrosinistra (Civica e Popolare e Insieme) e che hanno dovuto ricorrere ai voti degli alleati più grandi per riuscire a eleggere, nei listini e nei collegi, parlamentari propri. Insomma, il centro tanto invocato e tanto affollato sul piano politico, sul piano elettorale, praticamente, non esiste.

Italia viva

Italia Viva

Certo, il tripolarismo di fatto, che regna sovrano ormai da due tornate elettorali (2013 e 2018), polarizza i voti su questi tre schieramenti (centrodestra, centrosinistra, M5S) lasciando a tutti gli altri le briciole. Ma si tratta anche di fare i conti senza l’oste. Leader e pezzi di ceto politico ragionano ‘come se’, in Italia, ci fosse già un nuovo sistema elettorale di impianto proporzionale, il che non è. Al di là del fatto che una soglia di sbarramento anche al 5% taglierebbe fuori, stando ai sondaggi, Italia Viva (data, dalle rilevazioni, intorno al 4%), il Pd, sul sistema elettorale, oggi propende per un sistema maggioritario a doppio turno nazionale o per un sistema ‘alla spagnola’ (collegi piccoli e sbarramento alto). Due sistemi elettorali che, con metodi diversi, una forza di centro la ucciderebbero nella culla.

M5S_logo

Logo del M5S

Anche i 5Stelle, teoricamente favorevoli al proporzionale, ci stanno seriamente ripensando e la trattativa, a gennaio, con il Pd, partirà dai due modelli citati, non certo dal proporzionale. Infine, la riduzione del numero dei parlamentari, allargando a dismisura i collegi elettorali (specialmente al Senato e specialmente nelle regioni medie e piccole) renderà ancora più arduo eleggere parlamentari, a prescindere dal sistema elettorale adottato, specie per forze ‘medie’ non radicate e non di massa. Insomma, sia il sistema elettorale sia i trend elettorali non aiutano a immaginare successi clamorosi per forze centriste nuove, ma di cui si parla molto.

Ma cerchiamo di capire meglio chi sta lavorando e a cosa.

 

Renzi fa shopping dentro Forza Italia e promette ai nuovi:

“Non dovete per forza votare la fiducia a Conte”…

Shopping Bags

Renzi fa shopping dentro Forza Italia

Matteo Renzi ha tagliato ogni ponte con il Pd, anzi: se li è bruciati alle spalle. Il Pd dipinto come “partito delle tasse” (copyright Boschi) e descritto come un covo di “guerra per bande” (copyright Bellanova) è, ormai, il passato, per lui. Dopo l’infornata di parlamentari dem fuoriusciti, ossatura dei nuovi gruppi parlamentari di Italia Viva, ora l’attenzione è tutta rivolta verso mondi distanti anni luce dal Pd. Italia Viva vuole crescere ancora, mostra appetiti famelici, dagli attuali 43 membri (27 deputati e 17 senatori) ma a danno di altri, specialmente di Forza Italia, in pieno disfacimento. 

renzi leopolda

Renzi alla Leopolda

Il mandato di Renzi ai suoi è di arrivare a 50 parlamentari, 30 consiglieri regionali, 100 sindaci. Il ‘ventre molle’ su cui lavorare, in Parlamento e nel Paese, è stato individuato nei 99 deputati e 57 senatori azzurri. I nomi fioccano come la neve nei fiordi norvegesi.

enrico costa

Enrico Costa

Enrico Costa, ex ministro in quota Ncd nei governi Renzi e Gentiloni, ottimi rapporti con la Boschi, è dato in uscita, anche se lui a un amico confida: “Ci sto riflettendo, ma mi devono garantire che posso votare contro il governo. Per dire, sulla giustizia (tema molto caro a Costa, ndr.) io la fiducia al ministro Bonafede non la voterei oggi né mai”. E qui, però, scatterebbe una rassicurazione arrivata da Renzi: “vieni con noi – è stato il messaggio – anche se non voti la fiducia al governo Conte tutte le volte e ti caratterizzi nella battaglia su alcuni emendamenti a te cari, e voti contro, va bene lo stesso, siamo un partito liberale”.

alessandro cattaneo

L’ex sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo

Pure l’ex sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo, è dato in avvicinamento: era una delle giovani promesse azzurre, oggi è deputato di FI ma sempre più in imbarazzo per la svolta ‘salviniana’ di Berlusconi. Renata Polverini, ex leader dell’Ugl ed ex governatore del Lazio, una vita passata a destra più che al centro, si è autosospesa da FI ma a lei sarebbe stato chiesto di aspettare ancora un po’. Passando al Senato girano forti i nomi degli azzurri Dal Mas e Berardi come della senatrice Masini, del senatore eletto all’Estero Fantetti, ma soprattutto del veneto Andrea Causin che viene dalla Margherita come gli altri vengono dalla società civile: privi di vita di partito sarebbero perfetti.

gabriele toccafondi

Gabriele Toccafondi

In Toscana, il ciellino Gabriele Toccafondi, che è già passato armi e bagagli in Iv, sta lavorando ai fianchi diversi ex e attuali amministratori locali azzurri per dare vita a una lista civica di ‘italovivi’ anche alle Regionali. Come pure sta facendo il senatore azzurro Massimo Mallegni, amico di Renzi. 

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Mara Carfagna

Certo, il bersaglio grosso, la perla più ambita, resta Mara Carfagna. La vicepresidente della Camera, sempre più a disagio dentro FI a causa della recente svolta ‘sovranista’ che vede Berlusconi intimare “Chi non la pensa come me, Giorgia e Matteo è fuori, se ne possono anche andare”, smentisce praticamente ogni giorno di volersene andare. “Non siamo in cerca di nuovi approdi né di nuovi padroni”, spiega secca, ma i renziani assicurano che ormai “gioca di sponda con noi, lo si vedrà nei prossimi mesi, per far rinascere i moderati”.

gianfranco miccicchè

Gianfranco Micciché

Movimenti tellurici si registrano anche in Sicilia, nell’area del coordinatore azzurro dell’isola, Gianfranco Micciché, da sempre contrario all’abbraccio mortale con Salvini, e in altre regioni, fino alla Lombardia, antico forziere di voti azzurro. Nei calcoli di Renzi, il gioco è già fatto: il 4% attuale di Italia Viva viene dagli elettori ex Pd, serve un altro 4% di voto moderato e liberale azzurro (FI è in caduta libera, tra il 6 e l’8%, rispetto al 14% delle Politiche) e Iv già vale l’8%. A quel punto, il 10% tondo arriverebbe da sé. Calcoli, però, rischiosi e precipitosi.

Toto

La somma, frase di Totò

La somma, parafrasando Totò, non sempre fa il totale. Italia Viva avrà il suo battesimo del fuoco alle prossime regionali: in Calabria e in Emilia-Romagna verranno presentate liste e quello sarà il primo, vero, banco di prova. Poi ci saranno le regionali del 2020, con ben sette importanti regioni al voto. Ma se percentuali intorno al 5% (in Toscana, però, gli italo vivi pensano già di poter arrivare a percentuali a doppia cifra) possono essere onorevoli, in caso di elezioni politiche non lo sarebbero. E senza un sistema elettorale proporzionale la corsa di Italia Viva rischia di finire presto azzoppata. Insomma, la scommessa di Matteo Renzi è un vero rischio: sta nel personaggio, ma tale resta- 

Il ruolo di Conte, testimonial della “nuova voglia di Dc”, e il tentativo (velleitario?) di “federare un nuovo centrosinistra”

giuseppe conte

Il ruolo di Conte, testimonial della “nuova voglia di Dc”

Poi c’è Conte e il suo nuovo ruolo. Di fronte a una crisi di governo che – sulla manovra economica, come ora, o su altro – si avvitasse su se stessa, aprendo scenari fino a oggi impensabili (da un nuovo governo senza Conte, cui sembra voler puntare Renzi, fino alle elezioni anticipate), il premier cerca di stabilizzare la maggioranza alzando la voce sia contro Renzi che contro Di Maio. in teoria, in modo velleitario, visto che non possiede di truppe sue autonome, a partire dal Parlamento, ma forse con qualche carta da giocare, in un non immediato futuro. La prima è quella di un ‘gruppone’ di pentastellati (circa ottanta parlamentari si dice, addirittura) pronti a rompere con Di Maio e la sua linea di scontro con Conte per diventarne gli alfieri, le sentinelle di un nuovo ‘partito’ del premier.

Di MAio

Di Maio

Ma si parla anche di un gruppone di parlamentari azzurri (sempre gli stessi i nomi: Carfagna e i suoi, molti meridionali, ma anche Brunetta) che, staccandosi dal centrodestra a trazione Salvini, formerebbero un partito di nuovi ‘responsabili’ pro Conte.

Gianfranco Rotondi

Gianfranco Rotondi

Uno dei ‘facilitatori’ di questa operazione è l’ex dc Gianfranco Rotondi, che ha organizzato l’incontro di Avellino per ricordare Sullo e che ha raccolto, quel giorno, il fior fiore della nomenklatura ex dc ancora in vita (De Mita, Mancino, Gerardo Bianco, Giuseppe Gargani, etc.) per inneggiare a Conte, attribuirgli la patente di ‘democristianità’ e inneggiare alla necessità della ‘stabilità’. Traduzione: frotte di parlamentari pronti a far nascere il ‘partito di Conte’ e sostenerlo al governo ci sarebbero già, devono solo trovare il coraggio di alzare la testa e l’occasione per farlo. Rotondi, che già nella crisi di agosto si è attivato, sarebbe il ‘facilitatore’, ma potrebbe contare anche sull’opera discreta di Gianni Letta che – forse neppure più su mandato di Berlusconi – invoca quella ‘stabilità’ che l’ex gran cerimoniere del Cav invoca da anni. 

Gianni Letta e Silvio Berlusconi Foto Ansa

Gianni Letta e Silvio Berlusconi – Foto di repertorio Ansa

 Immediata arriverebbe la benedizione di quelle gerarchie vaticane e di quei mondi cattolici di area cattolico-democratica (i gesuiti di Civiltà cattolica, le associazioni cristiane come Mcl, Acli, Cl, gruppi di cattolici impegnati in politica come “Agire politicamente” e “Politica insieme”, ma anche come la “Rete bianca” dei cattolici democratici Lucio D’Ubaldo e Giuseppe Fioroni che battono l’Italia propagandando il verbo di don Luigi Sturzo e del primo PPI come pure la testimonianza politica di Aldo Moro) che già da mesi vedono, in Conte, il “nuovo De Gasperi” o il “nuovo Prodi”.

ROMANO PRODI

Romano Prodi

In prospettiva, l’idea sarebbe quella di una alleanza con il Pd, diventato oggi il più strenuo difensore di Conte, pur nella distinzione dei ruoli, per coprire proprio ‘il centro’ della scena politica, evitando che lo occupino altri (Renzi), sempre che il Pd di Zingaretti accetti, come pare che sia, di incoronare Conte a candidato premier.

PD bandiere

Bandiere del Pd

Da questo punto di vista, l’affermazione di Conte (“Certo, farò la mia parte per federare il nuovo centrosinistra”) pronunciata ad Avellino indica bene la direzione di marcia. Con il Pd sì, con Renzi no, specie se facesse saltare Conte e provasse a sostituirlo con qualcun altro. Di fronte a una rottura così traumatica, Conte e il Pd sceglierebbero la strada del voto e di un ‘nuovo’ centrosinistra e non certo altre operazioni ‘di Palazzo’. 

Renzi cita Moro, Conte cita Sturzo. Manca un De Gasperi…

conte renzi

Conte e Renzi

Risultati concreti? Per ora, pochi. Va detto che i due progetti politici, quello di Renzi e quello di Conte, sono paralleli e conflittuali, quindi potrebbero elidersi a vicenda, e anche i comprimari dovrebbero scegliere: o con Renzi per far cadere Conte e mettere su un altro al posto suo (Di Maio? Lui stesso?) o con Conte, per farlo rimanere in sella, ma mettendo Renzi in minoranza o in condizione di non nuocere, quindi sconfiggendolo per puntellare Conte. E va bene che gli ex dc sanno farsi concavi e convessi a seconda delle occasioni, ma resta il punto: non si possono recitare due parti in commedia. I ruoli di Conte e di Renzi, per quanto incidano sullo stesso mercato politico ed elettorale (il centrismo, l’area moderata e liberale, i cattolici) sono speculari ma concorrenziali.

O stai con lui o con l’altro.

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Aldo Moro, statista della Dc, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978

Renzi, chiudendo ieri la Leopolda, ha citato Aldo Moro (“Se vogliamo essere presenti dobbiamo essere per le cose che nascono anche se hanno contorni incerti, e non per le cose che muoiono, anche se vistose e in apparenza utilissime”) così come Giuseppe Conte aveva citato, ad Avellino, don Luigi Sturzo (“Serve una rinnovata presenza dei cattolici, un potente risveglio dal torpore. Rimane attuale l’invito di Sturzo a essere ‘liberi e forti’ e a impegnarsi in politica. Più che di una rinnovata Dc parlerei di una rinnovata democrazia dei cristiani”).

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Don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano (PPI)

Entrambi, dunque, cercano di richiamare i numi tutelari di una galassia ormai dispersa e un po’ demodé, quella della Dc e del centrismi, ma sopratutto entrambi si vedono, o si sognano, come dei novelli Alcide De Gasperi. Il quale guidava, però, una Dc al 40% dei voti.

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Il premier italiano che firmò il trattato di pace di Parigi, Alcide de Gasperi (Dc)

Renzi li ha presi una sola volta, alle Europee del 2014, trasformando il tronco del Pd in “partito della Nazione”, ma oggi veleggia al 4%.  Conte non ha mai avuto un partito suo e mai si è cimentato in una competizione elettorale. In un sistema politico così affollato e concorrenziale si dubita possa avere successo come pure che Renzi possa sfondare il muro del 10% e diventare centrale. Ma le vie della politica, come quelle del Signore, sono infinite.


NB: Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2019 sul sito di Notizie Tiscalinews.it