“Prima le Signore!”. Alla Camera, zero galanteria e zero distanziamento. L’Aula s’infiamma sull’uso e abuso dei dpcm

“Prima le Signore!”. Alla Camera, zero galanteria e zero distanziamento. L’Aula s’infiamma sull’uso e abuso dei dpcm

7 Maggio 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“Prima le signore!”. In Parlamento non vige più neppure la galanteria e nessuno rispetta la ‘giusta distanza’. Montecitorio è tornato a essere una bolgia. Ieri l’ennesima guerra e scontro il aula sull’uso e abuso dei dpcm. Ceccanti ci mette un pannicello caldo, ma Renzi (e Calderoli e Magi e altri) fanno a fette il governo che li usa.

Montecitorio

Palazzo Montecitorio in Roma

 

“Cedersi posti a sedere alle Signore”. La ‘finta’ galanteria che vige, come regola, a Montecitorio

Cedere il posto alle signore

Cedere il posto alle signore

I posti a sedere devono cedersi alle Signore”. Firmato: “I deputati Questori”. Recita così, con un linguaggio aulico (‘cedersi’, sic, le Signore scritte con la ‘S’ maiuscola, ri-sic, etc. etc. etc.) da – finti – gentiluomini dell’Ottocento, l’indicazione della Camera dei Deputati per i posti che, siti nelle Tribune, dove in questi giorni, ‘siedono’ e votano i deputati/e andrebbero, appunto, riservati ‘alle Signore’.

 

I deputati occupano i posti e non mollano la seggiola. Le deputate restano esterrefatte. La galanteria non siede qui.

galanteria roba di altri tempi

Galanteria perduta

Infatti, ormai, invale il pessimo uso del “chi prima arriva meglio alloggia” o, anche, “chi va a Roma perde la poltrona”: i deputati si accalcano, oltre che in Aula, pure sulle Tribune – dove la presidenza ha spedito gli onorevoli ‘eccedenti’ il numero consentite, date le rigide regole che il Palazzo si è imposto per fronteggiare il Covid10: grazie all’uso delle Tribune il plenum, ieri, era di 503 deputati rispetto a quello, puramente teorico, di 630 onorevoli – e sono assai pochi i ‘maschietti’ che, di buon grado, cedono con educazione lo ‘scranno’ – pur se in modo temporaneo, si capisce – alle loro colleghe femmine.

il cortile d onore

Cortile d’onore di Montecitorio

Identica scena nel cortile d’onore di Montecitorio, dove le ‘povere’ deputate – molte le grilline, alcune pure molto carine, ma la proverbiale cafonaggine del deputato maschio non concede sconti neppure di fronte all’avvenenza dell’altrui onorevole – guardano, con sguardo implorante, i loro colleghi uomini. Nella speranza – vana, una pia illusione, quelli non si muovono, tetragoni – che si comportino da ‘cavalieri’ e si alzino dalle loro seggiole dove stanno a parlare, fumare e – soprattutto – prendere il sole nelle pause tra i lavori d’aula. Lavori che, ogni tre ore, vengono interrotti perché, appunto, l’aula va ‘sanificata’, non sia mai che spunti qualche altro caso di deputato ‘positivo’ (al coronavirus) o ammalato.

 

In cortile d’onore il deputato dimentica tutte le ‘regole’, si gode il sole, fuma e disegna scenari di futuri governi

Montecitorio traslatlantico

E dato che, in Transatlantico, un po’ fa caldo e un po’ non arriva il sole, e dato che l’Emeroteca e molti uffici sono, inesorabilmente, chiusi, e dato che la Buvette è sprangata – “e insomma, manco un caffè degno di questo nome si può prendere in questo c. di Palazzo!” sbotta un deputato dem, che neppure prende in considerazione l’ipotesi di scendere al piano sottozero dove il lumpenproletariat dell’edificio (impiegati, sicurezza, addetti alle pulizie) si gode il suo bel caffè ‘alle macchinette’ – ecco, resta proprio solo il cortile.

Cortile strapieno di deputati – e deputate – che si accalcano, si avvicinano pericolosamente tra di loro, si parlano a pochi centimetri l’uno dall’altro, creano pericolosi assembramenti e, insomma, manca che si tocchino, si bacino, si abbraccino (ancora, per ora, non lo fanno, ma presto lo faranno…).

 

I conciliaboli annotati sul taccuino: azzurri e democrat, leghisti e ‘tricolori’, grillini senza nome e senza idee…

taccuino appunti

Appunti sul taccuino

Annotati, sul taccuino, il parlare fitto fitto dell’azzurra – in odore di avvicinamento alla maggioranza di governo – Renata Polverini con alcuni autorevoli esponenti dell’area ‘Base Riformista’ (gli ex renziani rimasti dentro il Pd e capitanati dal ministro Guerini e dall’ex ministro Lotti): Antonello Giacomelli, Raffaele Topo, Umberto Del Basso de Caro. C’è pure un fugace passaggio del capogruppo Delrio. Prove, forse, di ‘allargamento’, se non di ‘cambio’, di maggioranza, con l’ingresso delle ‘fresche’ truppe di FI? Non si sa, non si capiva, ma Alessandro Cattaneo, giovane e brillante deputato di Pavia, ribadisce il verbo del Cav.: “Un nuovo governo di tutti sì, stampella a Conte no, mai”.

alessandro cattaneo

Alessandro Cattaneo, ribadisce il verbo del Cav.: “Un nuovo governo di tutti sì, stampella a Conte no, mai”.

Ma anche i conciliaboli dei deputati leghisti, compatti come una falange macedone e capitanati da Riccardo Molinari, e quelli dei deputati di Fratelli d’Italia: ormai, i due gruppi, si guardano sempre più in cagnesco, il che non aiuta a creare un fronte delle opposizioni compatto, considerato anche che, dicono gli azzurri, “fasci e leghisti ci fanno schifo”. Spersi e sparsi senza costrutto e senza un filo logico, invece, i pentastellati: per lo più parlano di vacanze e problemi casalinghi. Politica vero, tanto per cambiare, zero.

 

Due i temi dominanti: Bonafede sotto scacco e i retroscena ‘elettorali’ attributi dai giornali a Mattarella

alfonso bonafede

Alfonso Bonafede, Guardasigilli

Due i temi dominanti, per tutto il pomeriggio. L’audizione del ministro Guardasigilli Bonafede, massacrato in Aula e fuori non solo dalle opposizioni ma pure dai suoi partner di maggioranza, da Iv a anche buona parte del Pd che lo detesta, tanto che ‘difenderlo’ tocca all’ex ministro Orlando che, quando stava in via Arenula, in tutt’altro serio e ottimo modo di lavorare operava (e i risultati, allora, si sono visti).

Contro Bonafede il centrodestra ‘cova’ una mozione individuale di sfiducia, ma che vuole presentare al Senato. E i renziani potrebbero anche appoggiare, con il risultato di far cadere il governo, dato che Bonafede non è solo ministro Guardasigilli ma anche il capodelegazione di M5S.

Il presidente Mattarella

Il presidente Mattarella

L’altro tema erano i retroscena dei giornali che vedono il Capo dello Stato impegnato a sostenere il governo, ma anche a prevedere nuove elezioni anticipate (a settembre?) ove mai Conte dovesse cadere. E qui soccorre il parere del professor Stefano Ceccanti: “Il Capo dello Stato gode di due poteri insindacabili: quello di nomina del presidente del consiglio (anche senza consultazioni, non scritte in Costituzione) e quello di scioglimento delle Camere, previsto nella Carta. Ogni decisione che prendesse sarebbe del tutto legittima”.

Stefano Ceccanti

Stefano Ceccanti

Poi, certo, arriverà la mezza smentita del Colle alle troppo fantasiose ricostruzioni dei giornali (“Non è vero che Mattarella consideri come realistica l’ipotesi delle urne”, il concetto), ma resta il punto. Se cade il governo Conte bis, Mattarella non permetterà il nascere di altre, e per la terza volta diverse, maggioranze (vagheggiate, ogni giorno, e ogni giorno minacciate, da Renzi e da Iv), ma porterà il Paese alle urne anticipate, ‘dribblando’ anche il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, il quale è stato rinviato sine die, come termine di indizione, ed è finito in un‘limbo’ legislativo. Insomma, si voterebbe per eleggere 945 parlamentari, e non 600, come dovrebbero essere ‘ridotti’ dalla riforma. Un nuovo Parlamento che, peraltro, potrebbe essere molto più docile e mansueto ed eleggere, come premier, un Draghi

 

Buvette chiusa, cibo pessimo. Il deputato medio ‘s’incattivisce’ e, per ammazzare la noia, fuma…

il cortile d onore visto dall interno

Il cortile d’onore visto dall’interno

Insomma, il cortile d’onore di Montecitorio ribolle di deputati e deputate – alla vana ricerca di una sedia o di una panchina libera – che si accalcano, parlano, si sfiorano, e che, soprattutto, spesso si levano la mascherina e amen.

Certo, qualche commesso potrebbe fare irruzione al grido di “manifestazione non autorizzata”, una carica di polizia stile anni Settanta contro gli studenti e gli operai, ma anche i commessi hanno pietà del deputato medio. Il quale già solo per venire a Roma si sobbarca viaggi modelli Ulisse, dorme in ricoveri di fortuna e si mangia i tristi pasti offerti dalla Camera (i cibi precotti e surgelati del ristorante o il ‘cestino’ fornito dal medesimo, alla modica cifra di 5 euri). E dunque si chiude un occhio, anzi due, e si lascia correre. Insomma, il deputato medio, senza il ‘contatto umano’ con colleghi di partito e pure avversari, ma che vita da cani è?

E così, tra una sigaretta e un sigaro – l’onorevole Valentini (FI) e l’ex deputata Simoni (ex LeU, ora rientrata nel Pd) lo fumano con grazia ed eleganza nell’apposito bocchino – il deputato fuma, e disegna scenari, disegna scenari e fuma.

 

Il potere assoluto del Collegio dei tre temibili Questori

SPQR Senatus et Popolusque

SPQR, Senatus et Popolusque

Solo che, il deputato ‘maschio’, è un po’ cafone, e allora ecco che scatta e arriva, che cala come una mannaia, la disposizione, presa dall’Ufficio di Presidenza, che vuole difendere i diritti delle ‘Signore’. Reca la firma – autorevole, autorevolissima – del collegio dei Deputati Questori (no, non vi sbagliate: la definizione viene dritta dritta dall’antica Roma, dove i questores tenevano l’ordine, dentro il Senato, quello di SPQR, Senatus et Popolusque).

Logo della Camera dei deputati

Logo della Camera dei Deputati

I quali sono tre: l’azzurro Gregorio Fontana, il ‘tricolore’ Edmondo Cirielli, il ‘giallo’ Francesco D’Uva. I tre, dentro la Camera, fanno il bello e il cattivo tempo, insomma, decidono tutto loro, tutto controllano e tutto sanzionano: per capirsi, un vicepresidente della Camera (sono quattro) si limita a presiedere i lavori, un segretario d’aula (sono otto) fa anche meno, ma i questori sono solo tre e sono potenti. Potenti al pari solo di altri tre organismi vivi e pulsanti del Palazzo: il presidente della Camera e gli ‘alti funzionari’ (dai lauti stipendi, quelli che un deputato medio si sogna) che lo circondano; i consiglieri parlamentari, altra vera ‘potenza’; e i commessi ‘superiori’, cioè i più alti in grado – la creme de la creme, i veri ‘corazzieri’ di Montecitorio – e tutti gli altri commessi, giù giù, nelle loro splendide livree.

 

Il ‘distanziamento sociale’ che nessuno, ormai, rispetta

distanziamento sociale 1

Obbligo del distanziamento sociale

Il guaio, come si diceva, è che la prescrizione dei Questori non è figlia di un galateo d’altri tempi ma di un piccolo/grande problema: far rispettare – in teoria e meglio che si può – non solo le prescrizioni igienico-sanitarie (quelle vengono tutte rispettate, e con estremo rigore: prelievo della temperatura a tutti gli ingressi, salviette e gel in ogni dove, bottigliette d’acqua e fazzoletti ‘a schiovere’), ma anche il ‘distanziamento sociale’. Ecco, qui le cose, invece, vanno malino, se non malaccio. Troppa gente, troppa gente tutta assieme e troppa gente che si parla…

 

Montecitorio è tornato ad essere un autentico ‘alveare’

Alveare

Montecitorio è tornato ad essere un autentico ‘alveare’

Succede, infatti, che Montecitorio è tornata a essere davvero strapiena: posti a sedere, in aula, sempre meno, causa necessità di distanziamento, oltre che obbligo di mascherina, e divanetti del Transatlantico sempre più occupati e sold out anche perché bisogna tenere le distanze. Figurarsi il cortile, letteralmente preso d’assalto da tutti.

I 630 i deputati eletti, ovviamente, non sono tutti presenti, ma un buon 300/400 sì e anche quando sono meno (200/300), ci sono ogni giorno, almeno dal lunedì al venerdì perché di questi tempi va la settimana ‘lunga’ a causa dei tanti decreti leggi e dpcm che arrivano uno via l’altro, come se piovessero. E, insomma, in tempi di coronavirus, è davvero un bel guaio. Inoltre, il Palazzo è composto di oltre 1400 – tutti compresi – membri del personale: anche se vengono a ranghi ridotti, sempre qualche centinaio sono. Poi ci sarebbero i circa 150 giornalisti accreditati, ma l’Asp è il solo istituto interno che le presenze le ha severamente contingentate davvero: vengono in pochissimi, i cronisti. Insomma, un autentico alveare di varia umanità che ha ripreso a lavorare, come si dice a Roma, ‘a tutta callara’.

 

Il ‘contingentamento’ delle presenze? Un fallimento. La ‘frusta’ dei deputati dem, Borghi, corre ai ripari

enrico borghi

Enrico Borghi

Inoltre, il ‘contingentamento’ delle presenze, disposto inizialmente dalla presidenza della Camera, si è rivelato presto un autentico fallimento, sia tecnico che politico. Fico, e i suoi alti consiglieri, avevano cercato – e trovato – “l’accordo tra gentiluomini” per far sì che fossero presenti, a seconda, o un sesto dei componenti per ogni gruppo o, durante le votazioni, meno della metà, sempre a gruppo, ma le opposizioni di Lega e FdI hanno fatto saltare l’accordo. Il governo e la maggioranza hanno rischiato di andare ‘sotto’, e più volte. E così, mentre i grillini dormivano i sonni del principe di Condé prima della battaglia (il sonno dei fessi), dal Pd hanno risposto ‘acca’ nisciuno è fess’: il segretario d’aula, Enrico Borghi, la ‘frusta’ dei deputati democrat, ha mangiato la foglia e imposto ai suoi – dopo lo show della Lega, che ha occupato l’aula per due giorni e due notti, ma pure dopo i diversi ‘tranelli’ tesi da quelli di Fratelli d’Italia – di venire ed essere presenti “senza eccezione alcuna”.

 

Palazzo di nuovo a rischio contagio? Bastava prendere provvedimenti innovativi come il voto a distanza, invece l’unica soluzione è stata spedire i deputati ‘in Tribuna’

Speranza ministro salute

Il Ministro della Salute Speranza Roberto

Solo che i tempi di coronavirus ancora occorrono e intercorrono (chiedere al ministro della Salute Speranza). E così la verità è che le prescrizioni igienico-sanitarie che, in Italia, funzionano come un orologio svizzero, a Montecitorio funzionano, diciamo così, a singhiozzo. D’altronde, dovendosi in qualche modo ‘arrangiarsi’, i cervelloni del Palazzo – presidenza della Camera, funzionari e collegio dei Questori, appunto – hanno pensato bene di far ‘occupare’, manu militari, anche le Tribune solitamente riservate alla Stampa e al pubblico per far sì che i deputati – troppi – oggi presenti stessero ‘un pochino’ più distanziati di quanto non lo sarebbero dentro l’aula. Da lì, con forme di collegamento elettronico e tablet ufficiale, prendono la parola (sono stati installati appositi microfoni) e votano anche. Solo che le Tribune sono scomode, strette e i posti liberi, in ‘piccionaia’, presto finiscono anche lì. Con relativa scortesia verso le ‘signore’ (da cui il cartello…).

asp

Associazione stampa parlamentare

Ora, al di là del fatto – trascurabile – che l’Asp (Associazione Stampa parlamentare) godeva di quelle postazioni, conquistate a suon di duelli (letterali) e scontri con i deputati, dalla metà dell’Ottocento, e che le scolaresche, in tempi di Covid19, non possono godere del privilegio di assistere agli ‘onorevoli insulti’ che accendono – come è successo ieri, per dire – le sedute della Camera, la verità era che bastava prendere provvedimenti come quelli del voto a distanza, proposta avanzata dai deputati Fiano, Ceccanti, Borghi, Magi, Baudino, Brescia e altri partiti, o almeno del voto nelle aulette decentrate rispetto all’Aula, o della commissione speciale in sede referente. E, invece, niente. Montecitorio è tornata una bolgia, come sempre, solo che ora assomiglia sempre di più all’inferno dantesco.

 

L’aula si infiamma sull’uso e sull’abuso dei dpcm. Piccola cronistoria della questione e del perché divide

giuseppe Conte

I dpcm sono una specie di ‘super-potere’ nelle mani del premier

Come è successo ieri sull’ormai vexata quaestio dell’uso e, soprattutto, dell’abuso dei dpcm. Urge qui un passo indietro però, altrimenti non si capisce. Il governo va avanti, nei suoi atti amministrativi principali in merito all’emergenza Covid19, con i dpcm (se ne contano, ad oggi, una ventina), ma essi sono atti non legislativi, ma amministrativi, fonti ‘secondarie’ del diritto che si poggiano su fonti ‘primarie’ (leggi e decreti legge), privi di controllo preventivo del cdm e del Capo dello Stato e di controllo successivo delle Camere. Insomma, un aborto costituzionale inguardabile.

sabino cassese

Il giurista Sabino Cassese

Il giurista Sabino Cassese solleva l’allarme per primo, con un’intervista al Foglio. Renzi ci salta su che quasi non ci crede, all’occasione che gli crea Conte e al fianco scoperto che gli offre, e si produce in interviste in cui s’improvvisa novello costituzionalista e difensore della Costituzione. Per non dire di Salvini e Meloni che, dal ‘modello Orban’, passano al ‘modello Weimar’, esaltando forme di democrazia parlamentare e assembleare tipiche dei movimenti socialisti e comunisti del Novecento più che dei loro ‘padri’ ideali e ideologici, quelli delle destre europee.

Marta Cartabia

La presidente della Consulta Marta Cartabia

Ma se persino la presidente della Consulta, Marta Cartabia, ne deplora l’uso e l’abuso e se il Colle, ovviamente, tace, ma non è per nulla contento né soddisfatto, era evidente che Conte, nonostante la sua pervicacia, doveva un po’ mollare la presa, giusto per non farsi dara del ‘dittatore cubano’.

Il deputato dem, Stefano Ceccanti, prova a metterci una pezza a colori. Chiede, già la settimana scorsa, a Conte di sottoporre i dpcm a un esame ‘preventivo’ da parte delle Camere. Conte si rifiuta, anche perché – si spiega in ambienti dem – “ha paura di ogni rischio di voto, dentro l’aula, specie al Senato, dove la maggioranza non c’è più, non vuole offrire pretesti a Renzi o a Salvini per mandarlo sotto e chiedere di aprire la crisi”. Insomma, Conte dice no e si sfiora l’incidente: il ministro D’Incà chiede a Ceccanti di soprassedere, almeno per ora.

Federico DIncà ministro per i Rapporti con il Parlamento

Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento

Ceccanti, tignoso, ci riprova ieri, in sede di conversione in legge del decreto legge ‘Covid 19’ che proprio quello fa, sistematizzare tutti i dpcm emanati dal governo in due mesi, e che verrà votato, in via definitiva, dalla Camera, oggi, con annesso l’emendamento Ceccanti che, dopo aver ‘corretto’ la norma sul diritto alla libertà di culto della Cei alle tre del pomeriggio, alle quattro dello stesso sfornava pure la norma sui Dpcm: lui sostiene, bontà sua, per suo ‘dovere civico’, e non perché qualche manina, dal Colle, glielo abbia chiesto.

 

Ceccanti riformula la sua proposta, che oggi passerà, ma il controllo del Parlamento sui dpcm è solo light

Gianroberto Casaleggio Beppe Grillo

Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo

Solo che anche Ceccanti si piega alla realpolitik della necessità di convivere, in maggioranza, con gli autoritari (figli di un autoritarismo sciocco e ottuso, quello della pregiata ditta Casaleggio&Grillo) che si chiamano 5Stelle. Ergo, la riformulazione del suo emendamento, passato con il consenso del Pd e di altri gruppi consente sì “la parlamentarizzazione” dei dpcm, ma il controllo è farlocco, in quanto trattasi di mero auspico e non di secco obbligo.

Spiega Ceccanti che “così si possa segnare un punto alto dell’interlocuzione tra Parlamento e Governo. Non solo per il testo, ma per l’obiettivo. Se si annuncia una fase due, essa si deve vedere anche nel rapporto tra Parlamento e Governo. Nella fase precedente di emergenza assoluta poteva essere ragionevole che il dialogo intercorresse soprattutto tra Governo e istanze tecniche, ma nella fase due, con riaperture progressive da dettagliare in modo molto puntuale, è decisiva l’interlocuzione col Parlamento. “Pertanto – continua – l’obiettivo comune in questa nuova fase non è tanto e non solo quello di parlamentarizzare i Dpcm, ma di farne meno possibile per ricorrere allo strumento fisiologico dei decreti-legge. La procedura adottata per i Dpcm, modellata su quella dell’articolo 7 della legge 234 del 2012 che riguarda il coinvolgimento del Parlamento sulle riunioni del Consiglio europeo, è in grado di rispondere all’esigenza di ripristinare un fisiologico rapporto tra Parlamento e Governo. Non sappiamo se la norma entrerà in vigore prima del nuovo Dpcm previsto per il 18 maggio, ma ci auguriamo che il Presidente del Consiglio possa venire in Parlamento prima di tale data per illustrarne i contenuti. Sarebbe il segno di una nuova fase”.

 

Il Pd plaude, i 5Stelle, tanto per cambiare, tacciono…

Graziano Delrio

Graziano Delrio

Mentre i 5Stelle, tanto per cambiare, tacciono (ma una cosa da dire, una qualsiasi, possibile che non ce l’abbiano mai, forse tranne che per ‘tagliare le unghie’, con i Dpcm, a quel Parlamento che volevan aprire come una scatola di tonno?), il Pd, ovviamente, plaude al suo ‘genio della lampada’ Ceccanti che è riuscito, secondo loro, a salvare capra (il governo) e cavoli (il rispetto della Costituzione). Il capogruppo, Graziano Delrio – che era stato il primo a ‘prendersela’ con Conte per abuso di dpcm – esulta: “Sui dpcm sarà ascoltato preventivamente il Parlamento. L’emendamento al decreto Covid che voteremo oggi è quanto avevamo chiesto e diamo volentieri atto al governo di aver compreso la necessità del superamento della strada fino ad ora percorsa. Una vittoria delle Camere e il segno della centralità che noi del Pd abbiamo sempre assegnato alla funzione di indirizzo e controllo del Parlamento”.

 

Magi e Calderoli: “Puri specchietti per le allodole. La centralità del Parlamento non c’è più o viene svilita”

Riccardo Magi

Il radicale, esponente di +Europa, Riccardo Magi

Il radicale, esponente di +Europa, Riccardo Magi, un ragazzo giovane e solare, stavolta, però, s’incazza e mette il dito nella piaga: “L’emendamento che si propone di parlamentarizzare i dpcm, riformulato dai gruppi di maggioranza, rischia di avere un effetto non solo inutile, ma dannoso. L’intento lodevole di ridare un po’ di centralità al Parlamento finirà molto probabilmente per certificarne l’ininfluenza. Si prevede, infatti, una procedura analoga a quella utilizzata in occasione delle comunicazioni del Governo in vista delle riunioni del Consiglio europeo, ma nei fatti si tratterà di un’illustrazione preventiva alle Camere che il Governo potrà decidere se fare o meno prima di emanare l’ennesimo dpcm. Per il Governo sarà facoltativo anche tenere conto o meno degli eventuali indirizzi dati dal Parlamento. Questo non è ‘meglio di niente’, come dicono alcuni, potrebbe anzi rivelarsi ‘peggio di ora’. Si sarebbe potuto/dovuto stare dentro il rapporto costituzionalmente più equilibrato tra Parlamento e Governo”, conclude.

Calderoli Roberto

Roberto Calderoli

Anche il leghista, esperto di leggi e regolamenti, Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, ci va giù pesante: “Il governo non prenda in giro il Parlamento con un parere non vincolante. L’emendamento alla legge di conversione del Decreto-Legge 19/2020 (il dl Covid19, ndr.) presentato oggi alla Camera è la foglia di fico con cui maldestramente si cerca di nasconde l’oltraggio alla Costituzione, con cui si vorrebbe dare legittimazione all’abuso. Sono stati ridotti o azzerati, con semplici atti amministrativi, diritti previsti dalla nostra Costituzione senza che il Parlamento potesse mettere bocca. Con la scusa dell’urgenza non convocavano nemmeno il Consiglio dei ministri per un decreto legge delegando all’uomo solo al comando attraverso i suoi dpcm il potere di togliere diritti ai cittadini e adesso, per giustificare questo abuso, chiedono con un emendamento il parere del Parlamento su un atto amministrativo che limita i diritti costituzionali?”. Roberto Calderoli non ci sta e dice: “Se non volete prenderci in giro, il parere del Parlamento deve essere vincolante, altrimenti di cosa stiamo parlando? Lo so che non esiste come fattispecie prevista ma se vogliamo essere seri se viene chiesto un parere mettete che sia vincolante perché il Parlamento è sovrano. Se è così possiamo anche parlarne. E comunque – conclude – povera la nostra democrazia…”. Non ha, oggettivamente, torto…

 

La pietra tombale ce la mette, al solito, Matteo Renzi

renzi italia viva

Renzi Leader di Italia Viva

Il leader di Iv, che oggi andrà dal premier per un incontro sul decreto maggio forse risolutivo perché, se non si trova la quadra, casca il governo, scrive nella sua Enews: “Bisogna smetterla con i dpcm. Il Governo può dirmi se usare o no la mascherina o se evitare gli assembramenti. Ma se vengono ‘consentiti’ gli incontri non è un Dpcm che può dire ‘il prozio sì, l’amico no’. Perché ne va delle libertà costituzionali: lo Stato può decidere come io possa incontrare altre persone, ma non certo chi incontrare”. E, soprattutto, non voglio che si insista con questo metodo: la maggioranza fa un decreto legge che consente i Dpcm. Il Dpcm impatta sulle libertà personali. Molti dicono: ‘Mi fido di Conte’. Mi fa piacere, ma – se creiamo un precedente – un domani, con questa stessa metodologia, se diventassero premier Salvini o Meloni potrebbero fare la stessa cosa. Sicuri che questa sia la strada giusta?“. No, non lo è affatto.

 

Il costituzionalista Guzzetta: “una foglia di fico”

La foglia di fico

Una “foglia di fico” per “legittimare” soluzioni “illegittime” che “vanno contro la Costituzione”

Una “foglia di fico” per “legittimare” soluzioni “illegittime” che “vanno contro la Costituzione”. Per il costituzionalista Giovanni Guzzetta si riduce a questo l’emendamento del Pd, riformulato, presentato al decreto Covid ora all’esame della Camera, nel quale si dispone che il presidente del Consiglio deve illustrare preventivamente al Parlamento i contenuti dei Dpcm. E le Camere “possono dare un parere che non e’ assolutamente vincolante“. Insomma, spiega all’agenzia AGI Guzzetta, “è una non soluzione che legittima una prassi”, quella del ricorso ai Dpcm, “assolutamente illegittima”.

giovanni guzzetta

Il costituzionalista Giovanni Guzzetta

Del resto, Guzzetta rivendica di essere stato tra i primi a denunciare la cosa: “Lo scorso 22 maggio ho scritto una lettera aperta al presidente della Repubblica” in cui denunciava “la violazione della Costituzione”. E ora l’emendamento del Pd non risolve il problema, anzi, “ma come si fa a pensare che un parere delle Camere, non vincolante, garantisca lo svolgimento della piena funzione del Parlamento?“. Dunque, si tratta di “una foglia di fico per legittimare una prassi illegittima“.

social_logo

I simboli dei social network più famosi

Guzzetta esprime anche sui social, con toni ancor più tranchant, la sua opinione: “Così muore una democrazia, così si suicida un Parlamento. Un parere preventivo (forse) non vincolante (sicuramente), in cui i rappresentanti del popolo chiedono al Presidente del Consiglio di ‘tenere conto’ della loro opinione sul Dpcm. Piu’ che un parere… una ‘implorazione’ di un Parlamento barboncino del Presidente del Consiglio dei Ministri”. Che dire? Amen…