E’ nata la ‘maggioranza Tripoli’, sulla missione in Libia. Il cocktail è tre quarti di maggioranza e tutto il centrodestra. Giovani Turchi e LeU all’opposizione (col Papa)

E’ nata la ‘maggioranza Tripoli’, sulla missione in Libia. Il cocktail è tre quarti di maggioranza e tutto il centrodestra. Giovani Turchi e LeU all’opposizione (col Papa)

9 Luglio 2020 1 Di Ettore Maria Colombo

E’ nata la ‘maggioranza Tripoli’ sulla Libia e forse anche su altro. Il governo non è andato ‘sotto’, al Senato, solo grazie al soccorso del centrodestra. Ma un gruppo di 14 dissidenti (Pd, LeU, M5s) ha votato contro il rifinanziamento della missione italiana in Libia ed è pronto a rifarlo alla Camera, dove i ‘no-Tripoli’ sono molti di più

 

Missione italiana in Libia

Missione italiana in Libia

‘Tripoli bel suol d’amore’. Gli echi di una canzone bellicista

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Tripoli bel suol d’amore!” si potrebbe anche dire, se non ci andassero di mezzo tante anime perse, tanti naufraghi, tanti morti in mare, e altrettanti profughi che cercano fortuna e spesso trovano la morte sulle coste italiane. Il testuale della patriottica canzone del 1911, scritta e propagandata per sostenere lo sforzo bellico dell’Italia giolittiana che si apprestava alla guerra di Libia contro la Turchia, era questo: “Tripoli, bel suol d’amore/Ti giunga dolce questa mia canzon!/ Sventoli il tricolore/Sulle tue torri al rombo del cannon!/Naviga, o corazzata:/Benigno è il vento e dolce la stagion./Tripoli, terra incantata,/Sarai italiana al rombo del cannon!”  (la cantò poi Claudio Villa). 

Claudio Villa

Claudio Villa

Tornando con i piedi per terra, alle quotidiane miserie politiche di casa nostra, l’altro giorno è accaduto un ‘fatto nuovo’, al Senato, e un altrettanto importante fatto nuovo sta per materializzarsi alla Camera. 

Tripoli ‘val bene una messa’… Gli ardori geopolitici italiani 

Ursula Von der Layen

Ursula Von der Layen

Dopo tanto parlare e discettare di ‘maggioranza Ursula’ (dal nome proprio della presidente della commissione Ue, Ursula von der Layen), maggioranza che dovrebbe fare il suo esordio sul Mes ed essere composta da Pd+M5s+Iv+LeU+Forza Italia, prodomi di un governo giallo-rosa-azzurro, ecco, invece, debuttare, ieri al Senato e presto alla Camera, la ‘maggioranza Tripoli’ sul rifinanziamento della missione militare italiana in Libia, cioè la maggioranza di chi vuole, chiede e pretende che l’Italia stia nel pantano libico con tutte e due le scarpe, si faccia valere, mostri i muscoli, addestri l’esercito libico e si ponga come interlocutore serio e affidabile non tanto di un processo di pace che non c’è e non ci sarà, ma di una influenza, quella italiana, che negli anni è scolorata e si è di molto affievolita, ma che vuole – o vorrebbe – riportare in auge gli antichi fasti di quando l’Italia faceva la voce grossa, in Libia e pure in tutto il Mare Mediterraneo. Se poi, per ottenere tale scopo, muoiono un po’ di migranti in mare perché sugli ‘amici’ libici e la loro Guardia costiera, che noi addestriamo, bisogna chiudere non uno ma due occhi, ebbene che succeda. Tripoli, oltre che Parigi, val bene una messa e pure un barcone che affonda.

La neonata e curiosa maggioranza è dunque nata, l’altro giorno, nel voto al Senato sulle missioni militari all’estero ed è così composta: Pd (tranne i Giovani Turchi) + M5s (tranne alcuni dissidenti e tranne alcuni ex M5s oggi nel Misto) + Italia Viva (almeno al Senato, ma alla Camera sarà diverso) + l’intero blocco di centrodestra (Lega+FdI+Forza Italia). All’opposizione della maggioranza Tripoli sta un pezzo di Pd (3 Giovani turchi più un caso di coscienza, Nannicini), tutta LeU (sei), un pezzo di ex M5s nel gruppo Misto (3), quelli di +Europa (due) cui si sono aggiunti, per sovrannumero, altri due astenuti.

E’ nata, nell’aula del Senato, la ‘maggioranza Tripoli’

Camera dei Deputati

L’aula del Senato fotografata dalla tribuna stampa

Ed è proprio la maggioranza ‘Tripoli’ che martedì sera, a palazzo Madama, ha, di fatto, ‘salvato’ il governo: infatti, se non ci fossero state una serie di larghe assenze nella fila dell’opposizione e se questa avesse votato non a favore, ma contro il rifinanziamento della missione militare in Libia, la somma dei voti contrari della maggioranza (14: tutti e sei i senatori di Leu, tre del Pd – D’Arienzo, Valente e Verducci – Mantero dell’M5S, De Bonis, De Falco e Martelli, ex M5s oggi nel Misto, due di +Europa: Bonino e Martelli), voti in dissenso rispetto alle scelte dei loro rispettivi partiti di governo, e i voti contrari delle opposizioni (158) avrebbero mandato ‘sotto’ il governo. La maggioranza ‘basic’ (Pd+M5s+Iv+LeU), infatti,  di voti, sulla mozione presentata dallo stesso governo, ne ha racimolati 142 e, appunto, il governo si è ‘salvato’ soltanto grazie ai 118 voti di aiuto dell’opposizione facendo finire la votazione così: 260 voti favorevoli, 14 contrari e due astenuti su 276 votanti (molte le assenze).

Stessa, identica, scena andrà presto in onda alla Camera, ma in questo caso la frangia dei dissidenti si allargherà perché si andrà ad aggiungere un pezzo consistente di Iv, capitanato da Gennaro Migliore, agli speculari dissidenti del Senato: la pattuglia di Giovani Turchi (che alla Camera sono molti di più10),  l’intero gruppo di LeU (14) i deputati 5Stelle sparsi nel M5s come pure gli ex nel Misto: voteranno tutti ‘no’. Ergo, pure alla Camera, servirà ‘l’aiutino’ del centrodestra.

Le missioni militari italiane all’estero, vecchie e nuove

tripoli

Tripoli ed i suoi disordini

La ‘maggioranza Tripoli’ la chiamiamo così perché ieri, al Senato, è andata in scena, e per la prima volta, su un tema che, di solito, appassiona poco i grandi media, ma che è di vitale importanza per l’assetto geostrategico dell’Italia. Infatti, come ogni anno, a metà luglio, arriva in Parlamento il decreto di rifinanziamento delle missioni militari all’estero, quest’anno era quello per l’anno 2020, decreto deliberato nel cdm dello scorso 21 maggio. Missioni che, pur nel silenzio generale, sono parecchie e tutte molto importanti: alcune sono storiche, altre nuove (cinque, tra cui Sahel, nell’ambito della task force multinazionale ‘Takuba’, a guida francese; golfo di Guinea, contro la pirateria; e EUNAVFORMED-Irini, la missione che, sotto forma di forza navale, sostituisce la missione Sophia della Ue per l’embargo delle armi in arrivo in Libia, causa il conflitto in corso).

logo irini

Il totale di esborso è di 47,4 milioni di euro di oneri per lo Stato. E così, tra vecchi e nuovi impegni, si raggiunge il numero di 41 missioni che ‘muovono’ 8.613 militari italiani. Il costo complessivo per il 2020 sarà di circa 1.160 milioni di euro, superiore ai complessivi 1.130 milioni del 2019. Il ‘guaio’ è che, nel rifinanziamento delle missioni militari all’estero, c’è anche l’addestramento, il sostegno e il finanziamento della guardia costiera libica che dipende dal governo ‘legittimo’ di Tripoli di Al Serraj, il quale sta perdendo la sua guerra con il generale Haftar per il controllo della Libia, ma in un gioco di specchi e sgambetti tra grandi potenze da cui l’Italia è del tutto esclusa per incapacità.

Il barbatrucco del voto ‘per parti separate’ sulle missioni

Erasmo Palazzotto LeU

Erasmo Palazzotto (LeU)

Il ‘barbatrucco’ dei dissidenti, per evitare di votare ‘no’ all’intero pacchetto delle missioni militari all’estero è il famigerato voto ‘per parti separate’. Il regolamento delle Camere lo consente, il voto ‘per parti separate’, perché c’è un precedente creato dall’esponente di SI, ed oggi presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Regeni, Erasmo Palazzotto, proprio nel voto di un anno fa sullo stesso tema, le missioni militari all’estero. E così è sul ‘comma 22’ (proprio come quello del noto romanzo di Joseph Heller) del dispositivo delle missioni, quello che riguarda la Libia, che scoppia il muro contro muro, al Senato, e una pattuglia di dissidenti sparsi vota contro.

comma 22 heller

Comma 22 -Heller

Al Senato, dunque, si scatena l’inferno, oltre che il dissenso, ma anche la Camera non scherza. Prima in commissione Esteri del Senato, lo scorso I luglio, poi in quella della Camera (commissioni riunite sempre insieme a quella della Difesa),diversi esponenti del Pd (Verducci al Senato, Boldrini alla Camera) ma anche di Italia Viva (Migliore), oltre che l’intera pattuglia di LeU, fanno sapere, al governo, che loro di votare la missione in Libia loro proprio non se la sentivano perché, hanno detto nei loro interventi, rifinanziare la missione militare italiana in Libia, che aiuta e sostiene la Guardia costiera libica nel pattugliamento del mare Mediterraneo, vuol dire “aiutare gli assassini” perché la Guardia costiera libica agisce ‘in combutta’ con gli scafisti e il loro “odioso traffico di esseri umani”.

L’inutile mediazione di Italia Viva nell’aula del Senato

senatrice Laura Garavini

La senatrice Laura Garavini

Va detto che la maggioranza ha cercato, fino all’ultimo, una mediazione con i suoi dissidenti interni che si è trasformata un ordine del giorno a prima firma Italia Viva (senatrice Laura Garavini), e sostenuta dai partiti di maggioranza, che impegna il governo a una “rapida conclusione delle procedure di modifica del Memorandum” (quello italo-libico) e “a rafforzare, nei programmi di formazione del personale della Guardia costiera della Marina militare libica, la componente relativa al rispetto del diritto internazionale del mare e dei diritti umani”. “Acqua fresca” è stata la risposta dei dem dissenzienti a palazzo Madama. “La scelta di continuare a finanziare la Guardia costiera libica fa male alla reputazione e all’autorevolezza dell’Italia. Il rispetto dei diritti umani è parte dirimente del nostro interesse nazionale”, ribatte a chiare lettere Francesco Verducci, senatore dem, annunciando il suo voto contrario in Assemblea sulla missione militare italiana in Libia.

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Adolfo Urso

Morale, alla fine è il centrodestra – che all’inizio voleva votare contro, facendo andare ‘sotto’ il governo – che salva capra e cavoli, annunciando in aula, con Adolfo Urso (FdI) il voto delle opposizioni. Voto che, da contrario, come era inizialmente, perché la parte sulla Libia era giudicata troppo ‘morbida’, diventa favorevole e, nel voto sul ‘comma 22’, dove i dissidenti della maggioranza provano il colpo gobbo, l’opposizione nasconde le ferite e le cicatrici del governo con i suoi numeri. 

La maggioranza, a palazzo Madama, non ha i numeri

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L’ingresso di palazzo Madama, sede del Senato

Morale, sintetizzando, dal punto di vista politico, il voto nell’aula del Senato di martedì scorso, succede che alla maggioranza di governo, che già ‘balla’ di suo, mancano i numeri e le forze. Le ‘forze’ di maggioranza, infatti, non raggiungono mai, e dall’inizio della nascita del governo, nelle votazioni, la maggioranza assoluta di 160, si fermano spesso molto sotto. E anche se, per lo più, la maggioranza semplice basta e avanza, quel ‘160’ è un magic number psicologico, prima che politico: indica il quorum del plenum del Senato, ad oggi fissato a 319 membri, cioè sotto di due senatori, a causa due seggi vacanti non ancora riempiti, altrimenti il plenum sarebbe di 321 senatori e il quorum sarebbe fissato a 161 voti. E’ mancata, cioè, alla maggioranza, sul caso Libia, ‘un pezzo’ importante sparso tra Pd, LeU, Misto, e a soccorrerla è arrivato l’intero centrodestra compatto. Senza ‘l’aiutino’, per la maggioranza, che però ha superato la prova, anche se ‘sul filo’ (sommando i 14 contrari, i 2 astenuti e i 118 voti delle opposizioni presenti si arrivava a 134 voti contro i 142 voti della maggioranza di governo, che dunque avrebbe ‘vinto’ comunque), sarebbero e saranno dolori.

Infatti, prima ancora che, nelle aule delle Camere, arrivi il voto sullo scostamento di bilancio, o sul recepimento del Mes, due voti che obbligano il governo e la maggioranza a ottenere la maggioranza assoluta, il governo, al Senato, di fatto, ‘non ha (più) i numeri’.

Il j’accuse di Orfini al Pd: “avete tradito scelte di tutti”

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Nicola Frantoianni, segretario di Sinistra italiana

Ovviamente, subito dopo il voto, ecco le ‘rivendicazioni’ del medesimo. Il centrodestra punta il dito contro una “maggioranza divisa, che non ha i numeri, e che solo noi abbiamo salvato” (vero, ma in parte: grosse fette dei senatori seduti negli scranni del centrodestra mancavano), Italia Viva rivendica di “essere stata decisiva, nel voto” (vero, ma in parte: alla Camera una parte di loro si appresta a votare, appunto, un rotondo ‘no’ alla missione in Libia, come ha già annunciato  Gennaro Migliore). LeU rivendica il suo ‘no’ e punta il dito su un voto “sbagliato”, da parte della maggioranza, pronto a ripeterlo, alla Camera, come dice secco il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.

Matteo Orfini

Matteo Orfini, leader dei Giovani Turchi

Matteo Orfini, leader dei Giovani Turchi nel Pd, punta il dito contro il suo partito, accusandolo di aver votato “con Salvini e compagni, una scelta ingiustificabile e sbagliata”, ma soprattutto ricorda che, “in Assemblea (nazionale, ndr., il massimo organo rappresentativo di tutte le anime del Pd), avevamo solennemente stabilito di fare il contrario. Avevamo deciso all’unanimità di non sostenere più chi ha torturato, stuprato, ucciso”. Parole pesanti, un je accuse vero e proprio in cui Orfini tira in ballo, nomi e cognomi dei big dem, “Franceschini, Guerini, Zingaretti”, oltre che il povero “Di Maio”. E, in effetti, a riguardare le decisioni prese dall’Assemblea nazionale del Pd lo scorso 23 febbraio si scopre che questa aveva sancito “lo stop a qualsiasi tipo di finanziamento e addestramento della guardia costiera libica”, guardia costiera che, per il Pd, – come per LeU e persino per il Vaticano – è, né più che meno, “in combutta con gli scafisti e trafficanti di essere umani, bande di assassini”.

I decreti Sicurezza e la condanna del Papa sulla Libia

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Papa Francesco I

Per non farsi mancare niente, un braccio di ferro parallelo e simultaneo a quello sulla Libia riguarda i ‘decreti Sicurezza’. Tra oggi e domani, ma stavolta a palazzo Chigi, la maggioranza dovrà prendere per le corna il tema della radicale modifica, se non dell’abolizione, dei decreti targati Salvini: per il Pd è cosa fatta, solo da ratificare e vidimare, ma i 5Stelle non ne vogliono sentir parlare e, per ora, hanno chiesto di rinviare il ‘papiello’ a settembre e, di fatto, l’hanno spuntata loro. Sempre Orfini – e altri pezzi dei dem – però non ci stanno, pronti a fare ‘casino’, sul tema, se i decreti slitteranno.

lager libico

Uno dei tanti lager libici

La posizione dei dissidenti dem e di LeU, sulla Libia, infine, mercoledì scorso ha ricevuto una importante, incredibile e notevole ‘copertura’ anche da parte del pontifex maximus della Chiesa cattolica universale, papa Francesco I. Il quale dice: “della Libia e dei suoi lager ci danno solo la versione distillata”, ma “voi non immaginate l’inferno che si vive lì: la gente viene dal mare verso di noi con la speranza, ma dal mare è stata riportata in Libia, nei lager di detenzione”.

Alla Camera, come già al Senato, sulla Libia sarà guerra. Se il governo vuole avere la certezza di salvarsi dovrà affidarsi alla ‘maggioranza Tripoli’, cioè all’aiuto, assai interessato, del centrodestra.

 


NB: questo articolo è stato pubblicato sul sito di Formiche.net l’8 luglio 2020