“Ettore legge”-3. “Costruttori di democrazia”. Matteotti, la Dc e il referendum del 1946: tre libri tre

“Ettore legge”-3. “Costruttori di democrazia”. Matteotti, la Dc e il referendum del 1946: tre libri tre

6 Settembre 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

“Costruttori di democrazia”. Giacomo Matteotti, le figure principali della Dc e il referendum del 1946: i tre libri di Andrea Covotta, Federico Fornaro e Riccardo Nencini parlano dell’Italia

"Costruttori di democrazia"

“Costruttori di democrazia”

 

Per la rubrica “Ettore legge-3”, che viene pubblicata in originale per i lettori di questo blog, oggi parliamo dei libri – di certo a me più congeniali e nelle mie corde – rispetto a quelli trattati in precedenza. In ogni caso, ricordiamo qui le due ‘puntate’ già uscite:

Ettore legge-1… . “Il suono della Bellezza” di Virginia Saba. Tra vita e filosofia

“Ettore legge-2″Con un “Salto” di danza; “Penelope affronta la peste”; I libri di Elena D’Amario e Veronica Passeri

 

Tre libri appassionati che parlano di Storia d’Italia e, in particolare, di storia politica del nostro Novecento

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Tre libri appassionati che parlano di Storia d’Italia e, in particolare, di storia politica del nostro Novecento

In questa puntata parliamo di ben tre libri, diversi tra loro, ma uniti da un unico fil rouge, quello della passione per la Storia contemporanea e, in particolare, per la storia italiana del Novecento.

Si tratta dell’ultima fatica di Andrea Covotta, a lungo giornalista politico del Tg2 e oggi a capo della prestigiosa struttura di Rai Quirinale, che ha scritto “I costruttori di equilibri politici. Dalla repubblica dei partiti a quella dei leader” (la Bussola, Roma 2021, 215 pp., 12 euro); di uno studioso ‘prestato’ alla politica, il capogruppo di LeU alla Camera dei Deputati, Federico Fornaro, che ha dato alle stampe “2 giugno 1946. Storia di un referendum” (Bollati Boringhieri, Torino 2021, 202 pp., 14 euro); e di un politico ‘prestato’ alla storia (e al racconto), il senatore del Psi, partito di cui è stato anche, e a lungo, segretario nazionale, Riccardo Nencini, la cui produzione letteraria (saggi, romanzi, articoli) è davvero prolifica, ma di cui parliamo qui per segnalare la sua ultima fatica, a metà tra la storia e il romanzo, “Solo. Vita di Giacomo Matteotti” (Mondadori, Milano 2021, 590 pp., 22 euro), tutti libri, ovviamente, reperibili su Amazon e simili.

 

“Costruttori di equilibri”. Il libro di Andrea Covotta: giudizi equanimi sui “cavalli di razza” della Dc che fu

Libro covotta

“Costruttori di equilibri”. Il libro di Andrea Covotta

Partiamo dal libro di Covotta (“I costruttori di equilibri politici. Dalla Repubblica dei partiti a quella dei leader” il titolo, La Bussola editore) che, rispetto agli altri due, copre un arco temporale ben più lungo, in pratica dalla nascita della Repubblica ad oggi.

Andrea Covotta

Andrea Covotta

Ebbene, Covotta ripercorre, con il piglio del giornalista – di chi, cioè, si ‘fa leggere’ – la storia politica italiana del dopoguerra, analizzata attraverso quella che definisce “la lungimirante visione di alcune personalità che hanno costruito gli equilibri politici del nostro Paese”, soffermandosi, però, in ogni capitolo, solo su quelli di ‘razza’ democristiana, cioè della Dc, e tralasciando, per evitare di scrivere un tomo di storia contemporanea e anche per passione e attenzione personale al mondo e alla storia di un partito, la Dc, che era molto criticato, ai tempi, per aver dato vita a quello che, sbagliando, veniva definito, dalle opposizioni social-comuniste prima e della sinistra extra-parlamentare poi, un vero e proprio ‘regime’ democristiano, ma che – la Dc – è stata, ormai, di gran lunga rivalutata, nella sua storia e nella sua azione, sia dagli storici che dai commentatori politici che dalla ‘gente’ comune.

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Si potrebbe, cioè, banalmente dire che la Dc, da partito di ‘regime’ e di ‘politici corrotti’ (una perfidia e una cattiveria dei tempi che furono, ma radicata nell’immaginario collettivo dalle invettive di Pier Paolo Pasolini ai libri di Leonardo Sciascia ai film di Elio Petri e altri che, in buona sostanza, identificavano ‘il Palazzo’ e, quindi, il ‘Potere’, responsabilità delle stragi annesse, solo e soltanto ai ‘potenti’ capi della Dc) oggi viene vista in modo fin troppo ‘irenico’, cioè come se tutte le sue scelte fossero state ‘giuste’ e come se i suoi leader non avessero fatto errori, commesso imprudenze o vissuto in modo tragico i loro momenti più bui, come l’omicidio Moro, la lotta (non fatta) alla mafia, l’età dello stragismo.

Omicidio Moro

Omicidio Moro

Ma Covotta, assennato ed equanime, sa trarre, ad ogni capitolo (peraltro con titoli evocativi e utili a inquadrare i vari protagonisti nel loro tempo), un giudizio giusto, pur se mai severo, su quel partito e sugli uomini che, da De Gasperi a Fanfani, da Moro a De Mita fino a Mattarella, l’hanno preso per mano, guidato, condotto a percentuali oggi inarrivabili per qualsiasi partito politico (il 40%).

Dopo la caduta del fascismo – è la tesi di fondo del libro di Covotta la crescita dell’Italia si è realizzata prima con l’esperienza del centrismo degasperiano e poi con il centrosinistra guidato da Fanfani e Moro. Fasi politiche che hanno accompagnato lo sviluppo sociale ed economico e restituito al Paese una credibilità internazionale”. Ma Covotta – che pur ‘tradisce’ la sua predilezione per i grandi uomini del secondo dopoguerra (e, del resto, come dargli torto?) – fa una lettura onesta che, “con luci e ombre”, parte proprio da De Gasperi e Moro e prosegue “narrando la storia dei loro eredi migliori: Piersanti Mattarella, Vittorio Bachelet e Roberto Ruffilli, vittime della mafia o del terrorismo”. “Riannodare il filo di quegli eventi mettendoli in analogia col periodo attuale, caratterizzato da una eccessiva personalizzazione e con il passaggio dalla rappresentanza alla rappresentazione” è la ragione che ha spinto Covotta, di fronte alle ‘miserie’ della politica attuale e di leader bercianti, finti o ‘di cartone’, a riannodare i fili di un passato che ‘non passa’ (e, bisogna qui aggiungere, per fortuna non passa).

Piersanti Mattarella

Piersanti Mattarella

Metaforicamente, quindi, si può dire – conclude Covottache la politica dell’equilibrio e della mediazione sia rimasta chiusa all’interno del bagagliaio di una Renault 4 rossa”, quella in cui fu ritrovato il cadavere del presidente della Dc, Aldo Moro, nel lontano 1978. Inevitabile pensare, leggendo il libro di Covotta, che la vera ‘grande’ stagione delle riforme possibili, in Italia, si sia chiusa proprio con la nascita – e il fallimento, contestuale – dei governi della ‘non sfiducia’ o di ‘solidarietà nazionale’ che dovevano, proprio nelle intenzioni di un lungimirante Aldo Moro, coinvolgere il Pci di Berlinguer nella sfera, e nelle responsabilità, di governo nei tre governi Andreotti (‘uomo nero’ della Dc che, volendo fare un appunto a Covotta, viene trascurato), come poi non fu, proprio perché l’omicidio Moro spezzò l’ultima, vera, stagione ‘riformatrice’ – dopo il centrismo e il centrosinistra – cui aveva dato vita la Dc, da De Gasperi a Fanfani e Moro.

 

Il referendum del 2 giugno 1946 che ha dato vita alla Repubblica: il libro del capogruppo Federico Fornaro

Federico Fornaro

Federico Fornaro

Parla, invece, di un momento molto particolare della storia d’Italia, quello del referendum costituzionale del 2 giugno 1946 che diede vita alla Repubblica, sconfiggendo – non tra poche paure e patemi – la scelta di continuare ad essere retti, come Nazione, dalla Monarchia. Il vecchio re, Vittorio Emanuele II di Savoia (casa reale che governava l’Italia dal lontano 1861), si era reso complice del regime del fascismo, nella sua nascita e nel suo avvento al Potere, ma anche nel perdurare del suo odioso regime, a partire dalle odiose ‘leggi razziali’ fino all’ingresso in guerra al fianco della Germania nazista di Hitler, ma il suo ‘erede’, il luogotenente del Regno d’Italia ‘liberato’, Umberto di Savoia, re per pochi mesi (da qui il soprannome di ‘re di maggio’) nel 1946 non aveva responsabilità politiche particolari e, dunque, la partita – dato che, soprattutto il Sud, era fortemente monarchico – era tutta ‘aperta’. Insomma, non era facile prevedere – o ‘puntare’ – su chi, quel giorno fatidico (la prima volta in cui, tra l’altro, votavano anche le donne, in Italia) avrebbe vinta una contesa degna di quelle tra guelfi e ghibellini che avevano insanguinato l’Italia di Dante nei secoli bui del Medioevo. Si temevano incidenti (che pure vi furono), un tentativo di colpo di Stato da parte della monarchia (che, alla fine, paventato, non vi fu) e problemi di ogni tipo se l’Italia avesse davvero ‘scelto’ la Repubblica, come poi avvenne. Una scelta, quella repubblicana, né facile né scontata, che solo grazie all’impegno e alla convinzione di tutti i partiti antifascisti che reggevano gli allora governi di ‘unità nazionale’ (detti, però, ‘di Cnl’) riuscì a prevalere. Dalle sinistre (Pci, Psi, Pd’Az) alla stessa Dc – scelta combattuta, al suo interno, ma in. cui alla fine prevalse la linea di De Gasperi – fu solo grazie a partiti all’epoca molto ‘popolari’ (oltre che ascoltati e rispettati) che venne la spinta fondamentale al voto per la Repubblica mentre contrari erano, ovviamente, i monarchici, ma anche i liberali (o assai tiepidi), mentre qualunquisti e fascisti parlavano ‘d’altro’.

Vittorio Emanuele II di Savoia

Vittorio Emanuele II di Savoia

Questo il ‘contesto’ generale. Ma spiega Fornaro – con scrittura piana, comprensibile, ma ricca di riferimenti, citazioni, curiosità e fatti dell’epoca che rendono il suo volume ancora più prezioso – “il 2-3 giugno 1946 col voto della maggioranza degli italiani al referendum istituzionale l’Italia passò dalla monarchia alla repubblica, concludendo una lunga transizione dal fascismo alla democrazia, iniziata il 25 luglio 1943. Per la prima volta nella storia d’Italia le donne poterono votare al pari degli uomini e ventuno di loro furono elette all’Assemblea Costituente. Come ha scritto Piero Calamandrei: «Mai nella storia è avvenuto, né mai ancora avverrà che una repubblica sia stata proclamata per libera scelta di popolo mentre era ancora sul trono il re».

Piero Calamandrei

Piero Calamandrei

Dalla dittatura alla repubblica – racconta ancora Fornaro nel presentare il suo libro ai lettori – si tratta di una fase complessa e contraddittoria, che qui viene riletta alla luce del dibattito sulla questione istituzionale e del controverso approdo alla scelta referendaria, oltre che analizzando la competizione tra gli alleati inglesi e americani per l’egemonia sul Mediterraneo. Regno del Sud e Resistenza convissero fino alla Liberazione, in un dualismo destinato ad alimentare la tesi secondo cui si sarebbe potuto fare di più e meglio per garantire una reale discontinuità con gli apparati burocratici e amministrativi del vecchio regime fascista. Ma il radicale rinnovamento dello stato – osserva Fornarofu frenato dalle forze della conservazione, largamente compromesse con il fascismo e, soprattutto, dal delinearsi all’orizzonte della guerra fredda e della competizione globale tra Stati Uniti e Urss”.

2 giugno 1946. Storia di un referendum

2 giugno 1946. Storia di un referendum

Questo il contesto, ma ora tocca dire dell’autore. Appassionato di storia contemporanea (è presidente dell’Isral, l’Istituto della Storia della Resistenza e della società di Alessandria), politico appassionato, quadrato, concreto, ma capace di grandi slanci di umanità, sempre un po’ svagato e ‘arruffato’, quando si presenta alla Camera (e qui – aggiungiamo noi – sempre meglio di tanti politici giovani e ‘leccati’ che infestano le aule…) Fornaro non è affatto nuovo a scrivere libri, anzi.

Giuseppe Saragat

Giuseppe Saragat

Sue due fondamentali biografie di due socialisti – e socialdemocratici – importanti ma sottovalutati: Giuseppe Saragat, fondatore del Psli, poi Psdi, che fu anche presidente della Repubblica) e Giuseppe Romita (ministro dell’Interno, del Psli, proprio mentre si svolgeva il referendum del ’46), libri che ‘tradiscono’ le sue radici di socialdemocratico, come di altri volumi di ambito ‘resistenziale’, Fornaro è un vero e proprio ‘mago dei numeri’. Insieme a Stefano Ceccanti (Pd) e pochi altri è in grado di discettare, a memoria, senza fogli di appoggio, di leggi elettorali, percentuali di votanti e di voti, in maniera leggera, precisa, impeccabile che lo rendono ‘fonte’ preziosa per i giornalisti.

 

“Solo” di Nencini. La vita drammatica di un ‘santo laico’ ed eroe civile, il riformista Giacomo Matteotti

Libro Solo Nencini

“Solo” di Nencini. La vita drammatica di un ‘santo laico’ ed eroe civile, il riformista Giacomo Matteotti

L’ultimo volume che vogliamo qui affrontare è “Solo”, monumentale opera di Riccardo Nencini che ripercorre i fili della vita del deputato del Psi (ma ai tempi si chiamava Psu) Giacomo Matteotti che, famoso per le denunce dei brogli commessi dalle milizie e dal partito fascista alle elezioni politiche del 1923 (si votava con la legge Acerbo, un maggioritario che assegnava, senza soglia, alla prima lista arrivata il 60% dei seggi…), fu anche un socialista ‘riformista’ a tutto tondo in un epoca in cui ‘andavano di moda’, invece, i comunisti rivoluzionari ‘figli’ della Rivoluzione bolscevica russa dell’ottobre 1917 e che, scindendosi dal partito socialista al congresso di Livorno del gennaio del 1921, diedero vita al Pcd’I (poi Pci) di Gramsci, Togliatti, Bordiga, etc. In pratica, Matteotti non era ‘inviso’ solo ai fascisti, che prima lo malmenarono e poi lo uccisero, nel 1924, cui seguì un inutile processo che fece epoca e le famose parole di Mussolini in Aula (“Se il fascismo è una banda di malfattori, il capo di quella banda sono io!”, parole profetiche), ma anche ai socialisti massimalisti e ai comunisti.

Riccardo Nencini

Riccardo Nencini

Un vero ‘santo laico’ (e socialista) Matteotti che Nencini ci fa rivivere nel suo libro, scritto come un romanzo, in modo avvincente e accattivante, amatissimo nelle sue terre d’origine (il Polesine), stimato e rispettato, come temuto, dagli avversari, che non concedeva sconti a nessuno, dal rigore morale ed etico irreprensibile. Un vero ‘eroe’ nazionale troppo a lungo dimenticato se non fosse tornato, in parte, ‘famoso’, de relato, dopo la fortuna arrisa alla biografia ‘M’ (Mussolini) che lo scrittore Antonio Scurati ha dedicato al Duce, sollevando molti elogi e anche diverse critiche, e dove diffusamente si parla ‘anche’ di Matteotti, anche se con una certa acrimonia di cui Nencini fa giustizia.

Giacomo Matteotti

Giacomo Matteotti

Ma, anche in questo caso, meglio far parlare l’autore: “Giacomo Matteotti – ricorda giustamente Nenciniè stato il primo vero antagonista di Mussolini, ed è stato il fantasma che ha aleggiato sul Fascismo per tutta la durata della dittatura”. In Solo – dice la brochure di casa editrice, Mondadori, “Nencini ricostruisce, in forma romanzesca, con la precisione dello studioso, la passione dell’uomo politico e la creatività dell’intellettuale e narratore, la vita di questo grande eroe italiano: l’infanzia, le prime esperienze politiche, gli amori, le amicizie, la militanza comune con Mussolini nel Partito socialista, e i giorni drammatici della durissima opposizione al Fascismo nascente, opposizione che gli costò la vita. Il risultato è un romanzo di ampio respiro, epico e struggente, che ci restituisce il ritratto emozionante e commosso di una stagione cruciale della nostra storia, e di un uomo coraggioso e solo, come tutti i grandi eroi”.

Il Duce ovvero Benito Mussolini

Il Duce ovvero Benito Mussolini

Ma, anche in questo caso, va detto dell’autore, Riccardo Nencini. Militante del Psi sin da ragazzo, parlamentare per più legislature, Nencini ha avuto il merito storico di ‘tenere alte’ le bandiere di un partito socialista che, dopo il 1992, erano finite nella polvere e nel modo più drammatico possibile, con la fine (politica e poi umana) del leader, Bettino Craxi. Toscano, del Mugello, abile e intelligente, dalla conversazione piacevole e fluida, sempre gentile, Nencini oggi è senatore del gruppo Psi-Italia viva e presidente della commissione Istruzione del Senato, ma soprattutto non ha mai smesso di coltivare ‘il vizio’ della memoria e la passione della scrittura. Autore di un libro più bello e più appassionato dell’altro (su Oriana Fallaci, sul ciclismo, sulla pandemia), leggere un libro di Nencini è come ascoltare parlare in un comizio: un piacere della mente.