“Siamo uccellacci o uccellini?”. Il degrado delle periferie e l’incapacità di una Politica ‘debole’ di offrire risposte

“Siamo uccellacci o uccellini?”. Il degrado delle periferie e l’incapacità di una Politica ‘debole’ di offrire risposte

29 Dicembre 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

“Siamo uccellacci o uccellini?”. Il degrado delle periferie e l’incapacità di una Politica ‘debole’ di offrire risposte. Per non ‘tornare’ a Coccia di Morto servono partiti di nuovo forti

Totò e Pasolini

Totò e Pasolini

 

Nb: questo articolo è stato pubblicato, in forma più succinta, sul portale del gruppo Qn “Luce!” il 29 dicembre 2021

Il corvo ‘intellettuale’ e comunista e gli occhi ciechi di Totò… Il messaggio politico di “Uccellacci e uccellini” di Pasolini

uccellacci e uccellini locandina

Nel film “Uccellacci e uccellini”, un capolavoro, di Pier Paolo Pasolini, l’ultimo film girato da Totò, ormai quasi del tutto cieco, e come spalla Ninetto Davoli, uno degli attori cult di Pasolini.

I due protagonisti, Marcello (Totò) e suo figlio Ninetto (Davoli), vagano per le periferie e le campagne (a quei tempi, il film è del 1966, anche la campagna e il suo orizzonte ‘erano’ periferia) intorno alla città di Roma, metropoli ‘bastarda’, caotica e ‘sporca’ per eccellenza (lo è pure oggi).

Toto Ninetto Davoli e Pasolini

Film set of ‘Uccellacci e uccellini’ with Totò, Ninetto Davoli and film director Pier Paolo Pasolini, 1966. (Photo by Archivio Cicconi/Getty Images)

Durante il loro cammino, incontrano un corvo… E’ un corvo con una leggera inflessione bolognese. Il volatile, saggio e acculturato, si presenta e dice di venire dal paese chiamato “Ideologia”. Vive nella capitale del Futuro, in Via Karl Marx al numero settanta volte sette. Il corvo segue i due strambi e strampalati protagonisti e lungo il cammino li delizia con storielle, aneddoti e parabole sull’uomo e il senso della vita. Ma dato che Pasolini amava essere didascalico, e farsi capire, una didascalia, piantata in mezzo al film, spiega: “Per chi avesse dei dubbi o si fosse distratto, ricordiamo che il corvo è un intellettuale di sinistra – diciamo così – di prima della morte di Palmiro Togliatti”.

guttuso funerali togliatti

Particolare del quadro di Guttuso dei funerali di Togliatti

La frase, ovviamente, è ironica, anzi sarcastica. Togliatti fu il leader e il vero, unico, riconosciuto ‘capo’ del Pci (sigla del Partito comunista italiano, il più grande partito comunista dell’intera Europa occidentale, cioè fuori dal blocco sovietico) e i suoi funerali (immortalati da un celebre quadro di Renato Guttuso) sono citati dentro il film. “Ultimo venne il corvo” è anche il titolo del racconto, che dà il nome alla raccolta omonima di racconti resistenziali di Italo Calvino (Einaudi, 1949), che si pone come una riflessione sulla problematicità della morale umana e sul problema del discernimento del bene dal male.

“Ultimo venne il corvo” di Italo Calvino

“Ultimo venne il corvo” di Italo Calvino

In sostanza, Pasolini irride all’incapacità – a metà degli anni Sessanta, cioè in pieno boom economico, già manifesta – del maggior partito della sinistra italiana a sapere interpretare e leggere le periferie, cioè quel ‘popolo’(operai, contadini, lavoratori) e/o ‘popolino’ (artigiani, commercianti, bottegai) che un partito di sinistra dovrebbe saper capire e interpretarne i bisogni in modo chiaro e naturale.

L’incapacità della Sinistra, come pure del Cristianesimo, a leggere la realtà sociale era chiara fin dagli anni Sessanta…

Il corvo di Pasolini, vero escamotage narrativo del film, narra ai due protagonisti la storia di due frati francescani, Ciccillo e Ninetto

Il corvo di Pasolini, vero escamotage narrativo del film, narra ai due protagonisti la storia di due frati francescani, Ciccillo e Ninetto

Il corvo di Pasolini, vero escamotage narrativo del film, narra ai due protagonisti la storia di due frati francescani, Ciccillo e Ninetto (sempre interpretati da Totò e Davoli) cui San Francesco in persona ha ordinato di evangelizzare i … falchi e i passeri, che si beccano sempre tra loro, ma i frati non riescono nell’impresa: le due ‘classi’ di uccelli non mettono fine alla loro feroce rivalità.

Il corvo continua a parlare a Totò e Davoli, che affrontano varie altre vicissitudini, in modo intellettualistico, altisonante, aulico, fin quando Totò e Ninetto, stanchi delle chiacchiere saccenti del corvo, lo uccidono e se lo mangiano arrosto. Tra le storie, vicissitudini e curiosità di un film girato tutto tra Assisi, la Tuscania e la periferia di Roma, c’è il corvo – sostituito tre volte – che voleva cavare gli occhi a un Totò semi-cieco, sempre Totò – re della improvvisazione – costretto a seguire il copione, doppiatori nuovi e originali (Oreste Lionello), le musiche di Ennio Morricone, i titoli di testa e di coda interpretati da Domenico Modugno. Il film, lodato dalla critica, ma un flop al botteghino, venne definito dallo stesso Pasolini “il mio film che ho amato e continuo ad amare di più, prima di tutto perché come dissi quando uscì è ‘il più povero e il più bello’ e poi perché è l’unico mio film che non ha deluso le attese”. Soprattutto, contiene un formidabile messaggio ‘politico’ e, anche, ideologico.

il corvo di uccellacci e uccellini

Il corvo di uccellacci e uccellini

Mirabolante descrizione del genere umano, il film si può sintetizzare con una nota legge di natura: “il pesce grosso mangia quello piccolo”. Infatti, Ninetto e Totò non sono solamente due morti di fame, ma due uomini. Uomini che, nonostante le idee marxiste che circolavano (allora) e la povertà che Pasolini non rinuncia a descrivere, sono umiliati e disprezzati da quelli più in alto di loro e allo stesso tempo disprezzano e umiliano quelli messi più in basso. Uccellacci e uccellini descrive l’impossibilità di seguire sia la parola del Signore sia quella del ‘signor Marx’, specie quando a dettarci le regole è un individuo colto, intellettuale e altisonante.

La Prima Repubblica e i partiti (quando erano ‘di massa’)

La Prima Repubblica e i partiti (quando erano 'di massa')

La Prima Repubblica e i partiti (quando erano ‘di massa’)

La digressione cinematografica ci è molto utile per inquadrare il tema del rapporto tra Politica e periferie. Nella Prima Repubblica esistevano, come si sa, i ‘partiti di massa’. Dc e Pci, soprattutto, ma anche quelli minori (il Psi, che attingeva le sue origini dal grande Psi del primo Novecento) e gli altri, persino il Msi a destra) avevano un ‘radicamento’ sociale fortissimo.

Sezioni, cellule e comitati cittadini, provinciali, regionali, nazionali ‘presiedevano’ alla ‘militare’ organizzazione della vita pubblica – politica, certo, ma anche sociale, culturale, artistica – di una Repubblica che, non a caso, venne definita ‘Repubblica dei partiti’. Cuore e architrave dei partiti e degli uomini che avevano condotto la lotta al regime fascista (a sua volta, peraltro, rigidamente organizzato come un partito di massa che, pur se totalitario e anti-liberale, organizzava la vita degli italiani in modo scientifico e totale) la guerra partigiana, la lotta di Liberazione, e che avevano scritto la Costituzione repubblicana.

Pasolini – intellettuale di sinistra, ma critico e sovversivo – era stato fin troppo ingeneroso

Pasolini – intellettuale di sinistra, ma critico e sovversivo – era stato fin troppo ingeneroso

Insomma, si potrebbe quasi dire che Pasolini – intellettuale di sinistra, ma critico e sovversivo – era stato fin troppo ingeneroso. Almeno fino alla metà degli anni Sessanta i partiti di massa, sia di governo (Dc) che di opposizione (Pci) sapevano interpretare e capire la realtà sociale italiana perché avevano antenne, prensili e ramificate, in tutti i gangli sociali, periferie urbane comprese.

Eppure, già dagli inizi degli anni Settanta, ‘todo cambia’. La contestazione studentesca e operaia e, dopo, la nascita delle formazioni della sinistra (e della destra, anche) extraparlamentare denota uno iato, una rottura, una cesura netta tra il ‘popolo’, o le ‘masse’, come venivano chiamate, i loro bisogni, le loro aspirazioni politiche e sociali, e una realtà politica sempre più incartapecorita sempre più si chiude nei ‘Palazzi del Potere’.

L’edonismo e il disimpegno, ma anche il nuovo boom economico degli anni Ottanta, gli anni del ‘riflusso’ (dalle Ideologie come dalla Politica) fanno il resto. La Politica si distacca dalla ‘gente’ (nel frattempo parole come ‘masse’ e ‘popolo’ cadono in rapido disuso, anche se la parola ‘popolo’ rinascerà, di recente, ma a destra, sotto forma di ‘populismo’) e diventa un rito per soli ‘iniziati’ mentre le ‘persone’ diventano sempre più ‘individui’, soggettività quasi anarchiche, di certo ‘libere’ da ogni vincolo, e condizionamento, ideologico, e la ‘gente’ non vive più la Politica come un bisogno, ma solo come noiosa necessità.

Il crollo della Prima Repubblica e l’arrivo della Seconda. La società ‘liquida’ di Bauman e partiti sempre più deboli…

La società ‘liquida’ di Bauman e partiti sempre più deboli

La società ‘liquida’ di Bauman e partiti sempre più deboli

Nel frattempo, la Prima Repubblica crolla, tra il 1992 e il 1993, per colpa di un sistema dei partiti che, tra tangenti e appalti, diventa sempre più vorace, esoso e ricattatorio, sotto i colpi delle stragi di mafia e di un’ondata di indignazione civile che fa dei giudici di Mani Pulite degli eroi.

Il sistema dei partiti cade definitivamente – come pure crolla il Muro di Berlino e si eclissa per sempre il sistema comunista

Il sistema dei partiti cade definitivamente – come pure crolla il Muro di Berlino e si eclissa per sempre il sistema comunista

Il sistema dei partiti cade definitivamente – come pure crolla il Muro di Berlino e si eclissa per sempre il sistema comunista, e muore il Pci, mentre c’è chi canta, errando, la fine della Storia – e, per convenzione giornalistica, si dice che siamo entrati, dall’ingresso in politica di Silvio Berlusconi, nella famosa Seconda Repubblica.

Berlusconi entra in politica

Berlusconi entra in politica

Un sistema dei partiti che più vecchio di com’era non si poteva viene travolto e stravolto: tutti, o quasi (tranne Lega Nord e Verdi, ad oggi i partiti più ‘vecchi’) cambiano nome, scompaiono, si trasformano in comitati elettori permanenti, si rafforzano i loro (veri o presunti) leader, ma le loro strutture e le loro organizzazioni – complice la fine del finanziamento pubblico dei partiti – diventano sempre più deboli, evanescenti, liquide.

Viviamo, del resto, in quella che un grande sociologo della contemporaneità, Zygmunt Bauman, ha definito, con una felice espressione, una “società liquida”. L’idea di Bauman è che viviamo in una “società liquida” che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile, in cui i confini e i riferimenti sociali si perdono e i poteri si allontanano dal controllo delle persone.

Potrebbe, a prima vista, trattarsi di un’opportunità (quanto male, è stato detto e scritto, le ideologie hanno fatto e quanti danni, e costi, anche in termini di vite umane, hanno procurato), ma si rivela, presto, un’arma a doppio taglio. Se, infatti, la Politica si allontana dalla società, dal ‘popolo’, dai ‘cittadini’ (sempre meno consapevoli del loro ruolo, dei loro diritti come pure dei loro doveri), le ‘persone’, deprivate del loro essere ‘comunità’, diventano monadi infelici, sole, abbandonate a sé, al Destino, alle leggi dell’homo hominis lupus.

 Un ‘abbandono’, quello che la Politica fa e compie, verso la società, che aumenta in modo esponenziale e progressivo specie nelle periferie.

Un altro film illuminante è“Come un gatto in tangenziale”… Le periferie abbandonate e la delusione dell’abbandono

Un altro film illuminante è“Come un gatto in tangenziale”... Le periferie abbandonate e la delusione dell’abbandono

Un altro film illuminante è“Come un gatto in tangenziale”… Le periferie abbandonate e la delusione dell’abbandono

Da questo punto di vista è altamente illuminante un film del 2018, Come un gatto in tangenziale, con Antonio Albanese e Paola Cortellesi (regia di Riccardo Milani) come pure il suo seguito, o sequel, Ritorno a Coccia di Morto (2021, stesso regista e stessi attori, più molti altri di contorno).

Due film, interamente girati nella più brutta, forse, delle tante, e brutte, periferie romane, quella del quartiere Corviale e, in particolare, della ‘fortezza’ che racchiude e delimita, come un ‘mondo a parte’, gli orrendi palazzoni di Bastogi, una vera ‘fortezza’ di poveri, diseredati e disperati del mondo, extracomunitari compresi.

Film, interamente girati nella più brutta, forse, delle tante, e brutte, periferie romane, quella del quartiere Corviale

Film, interamente girati nella più brutta, forse, delle tante, e brutte, periferie romane, quella del quartiere Corviale

Due film che raccontano – tra humor nero e risate nel pieno stile della commedia all’italiana – come a ‘non parlarsi’ più siano, oggi, l’alto e il basso, il ricco e il povero, l’intellettuale e l’ignorante, il benestante e il proletario, l’illuminato e l’ottuso.

E se sono cambiati gli addendi dell’equazione (non più la dicotomia partiti/società mutuata dalle ideologie e dalla politica, ma il benestante, raffinato e intellettuale, ovviamente ‘di sinistra’, e il proletario/a, che ha perso ogni desiderio di riscatto politico-ideologico, ma coltiva una forte rabbia sociale, pur se non sa contro chi rivolgerla) non è cambiato il risultato. La Politica è distante (il Governo, un Ministro, un Politico, definizioni generiche e distanti, ma assai realistiche, ahi noi), lontana, asserragliata nei suoi Palazzi mentre la ‘gente’, le ‘persone’ vivono le loro contraddizioni come pure le loro illusioni e coltivano i loro sogni che sono, però, illusioni e sogni di ‘promozione’ sociale, oltre che sentimentale, e non più politici. Non cercano cioè alcun ‘riscatto’ politico/morale.

L’illusione della ‘rivoluzione’ che dovevano portare i 5Stelle, i patetici approcci del Pd, la ‘risposta’ xenofoba della Destra…

logo m5s

Nulla è cambiato, da questo punto di vista, con l’irrompere sulla scena del Movimento 5Stelle, che pure doveva/voleva portare una ventata di freschezza, oltre che di purezza, nella Politica, riportare il Palazzo, oltre che il Parlamento, vicino alla ‘gente’, al ‘popolo’, ma che presto si è ben adagiata nei riti e nei vizi dei Sacri Palazzi (del Potere) fino a scimmiottarne usi e abusi, fino al suo decadimento rappresentato dalla frase, peraltro pronunciata dall’attuale, e riconosciuta, leader della Destra, Meloni,Volevate aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e il tonno siete diventati voi!”.

Stanley Livingstone in Africa alla ricerca dell’Arcadia perduta del Mondo

Stanley Livingstone in Africa alla ricerca dell’Arcadia perduta del Mondo

Un po’ patetico, anche, da un altro punto di vista, il tentativo del Pd, ad oggi il maggior partito della sinistra italiana (solo che il Pci valeva il 30% dei voti e il Pd ne vale il 20% appena…), che cerca – tra Agorà ‘telematiche’e ‘viaggi’ nelle periferie (lo stanno compiendo, per dire, i senatori dem, che ne hanno già viste e visitate parecchie, in questi mesi, come non le avessero mai viste prima o come se non vi avessero mai messo piede, stile Stanley Livingstone in Africa alla ricerca dell’Arcadia perduta del Mondo…) – di ‘avvicinare’ un popolo, che ricorda sempre più “il volgo disperso che nome non ha” di manzoniana memoria, che un “popolo” consapevole a una Politica che, in questi giorni, è invece tutta presa, e impegnata, introflessa, nel ‘gran gioco del Colle’ e che, delle periferie e del loro stato di abbandono poco si cura perché assai (troppo) poco ne sa…

Salvini e Meloni

Salvini e Meloni

Più calzante, anche se assai più ‘facile’, la risposta ai bisogni della ‘gente’, del ‘popolo’, dei ‘cittadini’, della Destra sovranista e populista, quella del duo Salvini&Meloni: un mix di rabbia sociale, aizzata e fomentata, contro il ‘diverso’, il ‘negro’, il ‘debole’, alla caccia degli ‘ultimi’ da buttare giù dalla nave (o torre) per permettere ai ‘penultimi’ di restarvi dentro, ma che si risolve, alla fine, in un surplus di odio sociale, razziale, oltre che politico, contro il ‘diverso’ cercando di ristabilire le vecchie ‘classi’ sociali solo cambiando la fonte dell’odio (da quello economico a quello razziale). Un puro concentrato di xenofobia che riscuote successo, in termini di consensi elettorali, forse, in futuro, ma che non fa compiere un passo avanti a nessun attore politico, figurarsi agli ultimi della scala.

Il Covid ha solo acuito le solitudini come le diseguaglianze, chissà se il Pnrr potrà mai alleviarle, se sarà ‘illuminato’…

siamo pur sempre in epoca Covid

Siamo pur sempre in epoca Covid

Neppure il Covid, con il suo acuire le differenze e le sperequazioni sociali ed economiche, con il suo rendere sempre più palesi e clamorose le ingiustizie e le diseguaglianze sociali, ha ‘portato consiglio’ a una classe politica che non riesce a mettere in campo un piano decente, e dignitoso, per fornire più diritti, maggiori protezioni sociali, meno disparità di reddito e più uguaglianza, cioè a rispettare le indicazioni della Costituzione e a mettere in campo una Politica degna di tale nome.

Luca Argentero, nel file "come un gatto in tangenziale"

Luca Argentero, nel file “come un gatto in tangenziale”

La Chiesa, certo, e le chiese, non solo la cattolica, come pure le organizzazioni no-profit, ci ‘mettono una pezza’ (esemplare, in questo, il prete ‘bello’ del film, interpretato da Luca Argentero), per cercare di alleviare sofferenze, dolori e solitudini, ma non basta e, certo, non può bastare. Serve la Politica.

Mario Draghi

Mario Draghi

Qualcosa potrebbe fare un uso corretto e ‘sano’, positivo e ‘illuminato’, degli stanziamenti che la Ue ha riconosciuto all’Italia con i fondi del Pnrr e che l’Italia, e il governo Draghi, sta cercando di sfruttare al meglio. Ma il rischio di creare, come nel film “Ritorno a Coccio di Morto”, solo ‘cattedrali nel deserto’ che non migliorano davvero la vita nelle periferie, ma che si fermino a una pura ‘riverniciatura’ dell’esistente è alto. “Che fare?”, dunque. La domanda è inane e, forse, peregrina, ma certo è che se i partiti sono deboli, la società liquida e gli individui sempre più soli e abbandonati a loro stessi, non se ne esce e si otterranno solo risultati finti, puri palliativi.

“La morte è una livella”, diceva Totò, ma la vita, secondo Pasolini, è una continua lotta fra il più forte e il più debole

“La morte è una livella”, diceva Totò, ma la vita, secondo Pasolini, è una continua lotta fra il più forte e il più debole

Eppure, qualcosa bisogna fare, non foss’altro che per non dare ragione alla ‘morale’ pasoliniana

“La morte è una livella”, diceva Totò, ma la vita, secondo Pasolini, è una continua lotta fra il più forte e il più debole, ma ognuno è più forte e più debole di qualcun altro e, alla fine, c’è sempre quello che ci rimette. Come il finale del film, nella nostra vita, è la domanda, saremo uccellacci o uccellini?