Pd, Minniti rovina la festa a Zingaretti: è l’ex ministro dell’Interno il candidato di Renzi alle primarie

Pd, Minniti rovina la festa a Zingaretti: è l’ex ministro dell’Interno il candidato di Renzi alle primarie

12 Ottobre 2018 0 Di Ettore Maria Colombo

“Non possiamo fare congressi guardando al passato”

 

Scrivono una quindicina di sindaci del Pd o di area dem (e, soprattutto, quasi tutti di fede renziana), tra loro spiccano i nomi di Giorgio Gori (Bergamo), Dario Nardella (Firenze), Mattia Palazzi (Mantova), Matteo Ricci (Pesaro), Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria), Antonio De Caro (Bari), Ciro Bonajuto (Ercolano), ma molti altri se ne aggiungeranno in una lettera aperta pubblicata ieri dall’Huffington Post
Abbiamo bisogno di figure autorevoli per combattere la destra, in grado di fare un’opposizione forte”(etc.).

 

pd

Quindi?

Ecco la risposta: “Ci serve un profilo forte e autorevole. Crediamo che Marco Minniti, figura dal forte profilo democratico e unitario, può essere la figura giusta per guidare il Pd”. E così, l’ex ministro all’Interno Marco Minniti – e, per sua interposta persona, l’ex premier ed ex leader del Pd, Matteo Renzi perché è chiaro che Minniti sarà il suo candidato – hanno pensato bene di ‘rovinare la festa’ a ‘Zinga’. E cioè a Nicola Zingaretti, fino a oggi l’unico candidato forte e autorevole presente ai nastri di partenza del congresso che, a febbraio 2019, eleggerà il nuovo segretario, via primarie.

Zingaretti, che di mestiere fa il governatore del Lazio e da ben due mandati (ma il secondo è iniziato solo il 4 marzo e la sua maggioranza è periclitante: se fosse eletto, difficilmente potrebbe continuare a fare il governatore e, in Lazio, si dovrebbe tornare al voto), per sabato e domenica prossimo ha organizzato una fitta due giorni all’ex scalo di San Lorenzo di Roma.

Presentata proprio ieri, la convention si chiama “Piazza Grande” e servirà per lanciare ufficialmente la sua corsa (corsa che, in realtà, va avanti già da mesi), ma la festa gli è stata rovinata, e in parte oscurata, dalla – sostanziale: l’ex titolare dell’Interno non ha ancora sciolto ufficialmente la riserva, forse lo farà domenica – discesa in campo di Minniti.

Minniti – ex dalemiano, con delega ai Servizi segreti quando D’Alema stava a Palazzo Chigi, poi veltronianoda altrettanti mesi, gira sezioni e Feste dell’Unità ma, finora, aveva smentito ogni ipotesi di candidatura. Ma, dopo molti tentennamenti suoi e dei suoi, Renzi – che con Minniti si è scontrato diverse volte per varie ragioni – ha deciso che anche se lui farà ‘altro’ (e potrebbe annunciarlo alla IX edizione della Leopolda, prevista a fine ottobre), i renziani non potevano restare senza esprimere un candidato ‘forte’.

Dato il persistere del rifiuto da parte di Delrio, non restava, a Renzi, che giocarsi la carta Minniti. L’area Renzi dovrebbe ufficializzare il suo appoggio all’ex ministro quando – a metà novembre – si ritroverà a Salsomaggiore per un seminario interno organizzato dal ‘solito’ Lorenzo Guerini. L’obiettivo, neppure troppo celato, non è quello di vincere ma, in base alle regole dello Statuto del Pd, di ‘tenere’ Zingaretti sotto la quota del 50% (serve, però, che al secondo turno delle primarie arrivino almeno tre candidati) così da poter decidere l’elezione del prossimo segretario (e sarebbe la prima volta) non con le primarie ma con un voto all’interno dell’Assemblea nazionale, voto in cui il gioco delle correnti potrebbe pesare a sfavore di Zingaretti.

Zingaretti governatore del lazio

Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti

Zinga’, peraltro, già pregustava la forza della sua candidatura che avrebbe lanciato – e lancerà –  potendo contare su due sorprese, e due frecce, al suo arco. La prima, il piatto forte, doveva essere – e sarà – la presenza, al suo fianco, di un altro ex premier del Pd, Paolo Gentiloni, che lo benedirà ufficialmente quando, domenica, Zingaretti chiuderà la sua Convention. Gentiloni, infatti, detesta Renzi ormai da quasi un anno, o forse più (perfettamente ricambiato, peraltro) e ha deciso, dopo alcuni conciliaboli con Dario Franceschini (altro sponsor ufficiale di ”Zinga‘) e altri big (tra cui Carlo Calenda, cui ha onorato, unico, il famoso ‘invito a cena’, di muovere a Renzi una vera guerra e pure senza quartiere.

Maurizio Martina

Maurizio Martina

La seconda – ma qui siamo alle pietanze minori – era (e sarà) il sostegno dell’attuale segretario, Maurizio Martina, che ha promesso che porterà un saluto, a ‘Piazza Grande’, sempre domenica. Entrambe le notizie, però, sono già uscite sui giornali e, quindi, l’effetto-sorpresa è già svanito. In ogni caso, da ‘Zinga’ ci saranno molti amministratori locali, tanto popolo di sinistra (si prevedono almeno 3 mila persone, oltre 100 sono i giornalisti accreditati) e altrettanti pezzi di ceto politico (quelli di Leu, naturalmente solo quelli del lato Bersani-D’Alema-Speranza, si stanno già imbarcando) mentre alcuni pezzi di ex lettiani (Paola De Micheli, ex sottosegretaria) e di ex popolari (l’area che fa capo a Ricciardi) sono già entrati nel team di Zingaretti (la De Micheli è diventata il portavoce della campagna, ma nello staff c’è anche il braccio destro di Gentiloni a Palazzo Chigi, Antonio Funiciello), la cui immagine sarà curata dalla società Go Project, che di solito si occupa di sportivi di grido (Mancini, Allegri, etc.) mentre sul lato organizzativo c’è Massimiliano Smeriglio, forte portatore di voti nell’area laziale e già colonnello prima di Vendola e poi di Pisapia nella sinistra.

 

Renzi

Minniti, invece, deve far vedere quante truppe ha con sé, oltre ai sindaci e quasi tutta la ex area Renzi (non Richetti): si dice, infatti, che l’attuale capogruppo alla Camera, ed ex ministro, Graziano Delrio, appoggerà Richetti e non lui.
Per dire, Matteo Orfini, sempre leale con Renzi, non lo sosterrà, perché ne contesta, da anni, la linea dura sugli immigrati: la sua area dovrebbe presentare un proprio candidato alle primarie, o Orfini stesso o la giovane Chiara Gribaudo. 

camera dei deputati

Camera dei Deputati

 

Così, il numero dei candidati alle prossime primarie dem (probabile che si tengano una delle prime domeniche di febbraio, sempre che il Paese non precipiti in una crisi di governo, in quel caso potrebbero essere posticipate a dopo le Europee del maggio 2019) lievita in modo impressionante. Infatti, oltre a Zingaretti (candidatura ufficiale) e a Minniti, vi sono le candidature di Francesco Boccia (ufficiale), per l’area che fa capo al governatore pugliese Michele Emiliano, quella di Cesare Damiano, che ha fondato una sorta di (nuova…) corrente ‘laburista’ nel Pd e che è pronto pure lui alla pugna, quella di Deborah Serracchiani (candidatura probabile), dell’assessore dell’Emilia-Romagna Elisabetta Gualmini (probabile), quella del giovane di belle speranze Damiano Corallo (figlio di un giornalista dell’Ansa, Paolo Corallo), candidatura ufficiale, quella di Matteo Richetti (ufficiale, renziano dissidente) e, forse, quella di Gianni Cuperlo. Ne serve ancora un’altra e poi la tipica definizione dei ‘dieci piccoli indiani’ di Agatha Christie sarà perfetta, per il Pd.


NB: Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2018 a pagina 12 del Quotidiano Nazionale.