Pd e ‘compagni’. Dove sono finiti i ‘nanetti’? Le sorti di tre piccoli partiti del centrosinistra (Psi in testa)

Pd e ‘compagni’. Dove sono finiti i ‘nanetti’? Le sorti di tre piccoli partiti del centrosinistra (Psi in testa)

16 Novembre 2018 0 Di Ettore Maria Colombo

Premessa personale. Anche nel caso di questo articolo, lungi da me ogni forma di ironia o di sarcasmo verso partiti e raggruppamenti politici che, per quanto piccoli e marginali, hanno una storia alle spalle e, forse, un futuro. Senza dire del fatto che le facili battute raccolte in casa del Pd su di loro mi paiono fuori luogo, considerando il crollo verticale del Pd nei sondaggi… 

 

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Il logo ufficiale del Pd

Tutti a parlare (almeno in questi giorni, ecco…) del Pd, che domani terrà la sua Assemblea nazionale. Certo, se ne parla solo perché – tra domani e, soprattutto, nei giorni seguenti – si capirà, si spera in modo definitivo, stavolta – quali e quanti saranno i candidati che si contenderanno la leadership del partito alle primarie, di fatto già fissate per il 3 marzo 2019 (ma la data ufficiale e definitiva uscirà, appunto, solo oggi dal voto in Assemblea). Insomma, il Pd – ormai – fa ‘notizia’ solo quando, al suo interno, ci si divide (cosa che, in effetti, al Pd riesce sempre molto bene…), altrimenti – da parte dei grandi organi di stampa – l’attenzione verso un partito che, in fondo, ha pur sempre preso il 18,7% dei consensi ed eletto ben 136 parlamentari (91 deputati e 45 senatori) è pari al grado zero assoluto della scala Fahrenheit.

Persino di LeU (la fusione, mai nata, tra Mdp-Articolo 1, SI e Possibile), che ha preso il 3,4% alle elezioni, eleggendo una manciata di parlamentari, e va verso una drammatica spaccatura entro fine mese, non parla, praticamente, nessuno (ma qui trovate un mio articolo che, invece, ne parla diffusamente, come pure di tutti gli altri partiti della sinistra radicale e delle loro tormentate scissioni: Le troppe divisioni dentro LeU e Potere al Popolo   ).

 

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L’ex premier Paolo Gentiloni alla convention di Insieme

  1. 1. “Noi nanetti siam così…”. Tre liste elettorali dallo zero virgola. 

Figurarsi se qualcuno – tra i media, sui giornali, persino sui social.. – parla di quelli che, già in vista delle elezioni del 4 marzo 2018, erano stati definiti ‘i nanetti‘ alleati al Pd-Biancaneve (sic) e che, avendo il Pd stoltamente voluto una legge elettorale, il Rosatellum, che premia chi fa alleanze larghe, hanno preso percentuali di voti pari a tanti prefissi telefonici.

Si tratta di tre distinte, e in parte nuove e originali, formazioni politiche: Più Europa guidata dalla ex fondatrice (con Marco Pannella) del Partito radicale, Emma Bonino sul fronte laico, radicale e libertario; di Civica e Popolare, nata da transfughi del partito di Alfano (Ncd, poi Ap), guidata dall’ex ministro Beatrice Lorenzin sul fronte neo-centrista e cattolico; e, infine, di Insieme, lista ulivista capeggiata dall’ex prodiano Giulio Santagata, che ha inglobato due sigle, invece, storiche e gloriose: i Verdi, capitanati da Angelo Bonelli e il Psi, partito ancora più storico e glorioso dato che è l’erede del Psi di Turati e Nenni, guidato da Riccardo Nencini. Le suddette liste avrebbero dovuto ‘coprire’, a destra come a sinistra, spazi politici ed elettorali che il Pd già sapeva di non riuscire a coprire. Invece, si sono rivelate un flop, almeno sul piano elettorale.

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La leader di +Europa, Emma Bonino

Più Europa, la lista andata meglio (sic) ha preso il 2,5% dei voti e zero seggi; la lista Insieme un fallimentare 0,6% (e zero seggi) e Civica e popolare ancora meno (0,5% e zero seggi), ovviamente nella parte proporzionale del voto. I pochi eletti delle tre liste in questione lo sono stati solo perché il Pd li ha candidati, oltre che, appunto, nel riparto proporzionale (dove si erano presentati ognuno per sé), anche in dei collegi uninominali blindati, cioè sicuri. E’ così, quindi, che sono stati eletti Emma Bonino, Riccardo Nencini e anche Pierferdinando Casini al Senato, più una manciata di (pochi) eletti alla Camera delle tre diverse formazionitra cui la stessa Lorenzin e Toccafondi per CP, gli ex radicali Fusacchia – eletto all’estero – e Magi per +Eu, il prodiano Serse Soverini per Insieme. I quali (fortunati) ‘nanetti‘ siedono, peraltro, tutti nel gruppo Misto e nessuno nel Pd, come a volerne prendere le distanze (prontamente ricambiati, a dir la verità). 

 

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I simboli dei partiti politici alle elezioni politiche del 2018

2. Dei ‘nanetti’ si perdono quasi le tracce. Nessuno se ne duole… 

Di tutti costoro – con l’eccezione del Psi e, in parte, dei Verdi – si sono, di fatto, perse le tracce. Certo, per gli eletti esiste l’ordinaria attività parlamentare. Casini si fa sentire spesso, con dichiarazioni e prese di posizione su disparati temi, dalla politica estera alle banche. La Bonino continua a difendere, con passione, i diritti civili e umani. Nencini, appunto, come vedremo, è impegnato nel tentativo di non far archiviare (dalla cronaca prima ancora che dalla Storia) il partito socialista.

Ma gli altri? Zero assoluto. L’ex ministro Lorenzin e l’ex sottosegretario all’Istruzione Toccafondi stanno nel gruppo Misto in attesa che rinasca – chissà come, chissà quando – una nuova aggregazione politica di area neo-centrista. Gli ulivisti, già fuori tempo massimo quando hanno rispolverato l’Ulivo, hanno fatto perdere le loro tracce. Gli ex radicali di +Europa non hanno ancora deciso se, da grandi, vogliono rientrare nella galassia dell’ormai diviso e frantumato Partito radicale da cui provengono o, invece, vogliono ristrutturarsi, in vista delle sempre più prossime elezioni europee, per creare una lista ‘europeista, ambientalista, laica, libertaria e radicale’ (come propone, per dire, il non eletto più in vista tra loro, Benedetto Della Vedova, ex sottosegretario) che, unita o meno che sia, dal punto di vista elettorale, al Pd, si giochi la sua partita.

 

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Il simbolo della lista Civica e Popolare guidata da Lorenzin

Morale: anche i ‘nanetti‘ alleati al Pd sono finiti nel dimenticatoio della politica. Peraltro, a un Pd tutto reclinato con la testa all’indietro e alle prese solo con le proprie interiora, non interessa né poco né punto cosa fanno o faranno i loro (ex) alleati alle Politiche. Sia perché li ritengono, appunto, solo tanti ‘nanetti‘, sia perché, alle prossime elezioni (europee, politiche e amministrative) il Pd avrà ben pochi posti da spartire, se il trend dei sondaggi continua ad essere quello attuale, quindi non ha nessuna intenzione di cedere posti agli ‘alleati’. Per non dire delle due diverse ‘tensioni’ (poco morali e molto politiciste) che attraversano i due principali orientamenti che si contendono oggi il partito: i fan di Zingaretti che puntano alla ricostruzione della ‘Ditta‘, cioè di un ‘partitone’ di sinistra-sinistra dove spazio per gli alleati non ce ne sarebbe (specie per quelli centristi e moderati), e i pasdaran di Renzi, tentati dalla scissione per creare un nuovo contenitore di marca liberal ed europeista dove, evidentemente, non ci sarebbe spazio per nessuno che non fosse renziano. Morale: dal Nazareno esce un “facciano quello che vogliono, non ci interessa, tanto non contano più nulla, abbiamo solo dovuto versare sangue…”. 

 

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Tre leader di tre piccoli partiti di ieri e di oggi: Di Pietro, Nencini e Tabacci

3. Verdi e Psi fanno storia a sé. L’orgoglio socialista di chi ha fatto entrare il Pd nel Pse. 

In ogni caso, e a prescindere dal disinteresse con cui i media (e anche il Pd…) seguono le vicende – pulviscolari – dei loro alleati, vi sono due eccezioni all’irrilevanza politica degli ex ‘nanetti’ alleati al Pd. Si tratta dei Verdi e del Psi. Nati in tempi lontani e gloriosi, quelli del ‘ferro e del fuoco’ (gli albori del socialismo italiano per il Psi e la transizione tra Prima e Seconda Repubblica per i Verdi), pur ridimensionati e feriti nei numeri come nelle ambizioni, entrambi provano – ancora – a far parlare di sé stessi. I Verdi, guidati da Angelo Bonelli, continuano nelle loro battaglie ambientaliste, per quanto ‘in solitaria’ e disillusi dall’esperienza fatta al fianco del Pd.

I socialisti di Nencini vivono una ultima (chissà se, forse, tardiva..) giovinezza. Il Psi ha organizzato, proprio per oggi, un’iniziativa politica di rilievo, la “Convenzione nazionale degli amministratori socialisti per il buongoverno“. L’iniziativa si è tenuta all’Hotel Quirinale con la partecipazione di sindaci e amministratori provenienti da tutt’Italia (Melfi, Città di Castello, Imperia, Fano e molti altri), ma vi hanno preso la parola anche il segretario del Pd, Martina, e altri esponenti dell’area del centrosinistra. Nencini – per quello che si sa – potrebbe voler continuare la sua ‘buona battaglia’ –  i suoi lo definiscono “motivato” e “carico a mille”, “pronto a rilanciare” – o, invece, passare la mano, al prossimo congresso straordinario del Psi che verrà convocato domenica dal Consiglio nazionale del Psi, che dovrà decidere come rilanciare il partito e che si terrà, in ogni caso, prima delle elezioni europee del maggio 2019

 

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Il simbolo del Psi di Riccardo Nencini

Un appuntamento, quello delle Europee, che i socialisti ‘sentono’ sempre in modo particolare. Infatti, anche se in pochi lo ricordano, fu proprio il Psi di Nencini ad ‘aprire la porta’ all’ingresso del Pd nel Pse in tempi in cui (segretario era Pier Luigi Bersani, il cui problema erano, però, i cattodem interni che di finire nel Pse non volevano proprio saperne e gli si opponevano in tutti i modi) non era del tutto scontato che il gruppo del Pse avrebbe accettato l’iscrizione di un partito ‘ibrido’, dal punto di vista politico e ideologico, come il Pd di Veltroni e anche di Bersani. Renzi – che di socialista e/o di socialdemocratico ha sempre avuto ben poco – si è mostrato sempre molto grato a Nencini per quella battaglia e, proprio in vista delle ultime Politiche, aveva proposto a lui e al Psi di sciogliersi nel Pd. Proposta rifiutata da Nencini che si ostina a tenere in vita il Psi e, anzi, vorrebbe allargarlo… E questo a dispetto della sorte (ingloriosa) occorsa a molte altri piccoli partiti che, nel corso di questi decenni, sono nati e sono morti in breve lasso di tempo (l‘Idv di Antonio di Pietro, l’Udeur di Clemente Mastella, Centro democratico di Bruno Tabacci, Campo Progressista di Giuliano Pisapia, e questo solo per restare nel campo del centrosinistra, altrimenti l’elenco sarebbe sterminato…). 

 

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Il Quarto Stato. Il celebre dipinto dei lavoratori in sciopero opera di Pellizza da Volpedo

Certo, dai tempi dell’Europa di ieri, dove dominavano e facevano tutti i giochi le due grandi famiglie dei socialisti e dei popolari, ne è passata tanta di acqua, sotto i ponti. Sono nati, per dire, i movimenti ‘sovranisti‘ (come la Lega in Italia e il Front National in Francia) e, nel nostro Paese, sono andati al governo i ‘gialloverdi‘ mentre la sinistra è alle corde. Dentro il Pd, inoltre, si parla, apertamente, di cambiare nome e ragione sociale al partito, ma anche di presentarsi alle Europee con un fronte largo, “da Tsipras a Macron“. Per non dire del fatto che lo stesso Pse versa in una crisi assai drammatica. Nencini, però, non demorde e pensa che il Pse, pur rinnovato, sia il solo faro e l’unico approdo, per la sinistra italiana. In fondo, era la stessa idea di Bettino Craxi… 


NB: Questo articolo è stato pubblicato in forma originale per questo blog.