Pacchetto ‘Nuova Dc’ 3. La Cei chiede che “i cattolici tornino a fare politica” nel nome del PPI di don Sturzo

Pacchetto ‘Nuova Dc’ 3. La Cei chiede che “i cattolici tornino a fare politica” nel nome del PPI di don Sturzo

19 Gennaio 2019 2 Di Ettore Maria Colombo

Pubblico un articolo che ‘fa il punto’ sul ritorno dei cattolici alla politica su diretta indicazione della Cei e del Vaticano

La Cei e, anche il Vaticano, chiedono che “i cattolici tornino a far politica” nel nome di don Sturzo e del PPI

 

I vescovi, i movimenti, i ‘figli’ della diaspora democristiana. Tutti uniti nel nome del ‘popolarismo’ e alla ricerca delle nuove, possibili, forme di un ‘nuovo impegno’ dei cattolici in politica. Forse nella speranza di costruire un ‘nuovo’ partito, una sorta di ‘Dc 4.0’, e di certo interessati, almeno in prima battuta, a far ‘da argine’ al populismo del XXI secolo, a ‘temperare’ gli eccessi della Lega e ‘‘tagliare fuori’ l’M5S, un partito-movimento di cui la Chiesa ormai diffida.

 

1. Galeotto fu… Don Sturzo e l’anniversario dei 100 anni della fondazione del PPI.

 

don luigi sturzo

Don Luigi Sturzo

 

I cattolici italiani, Cei in testa, si rimboccano le maniche e vogliono tornare a dire la loro e, anche, a pesare nella Politica italiana, rientrandovi dalla porta principale, quella di una forza politica organizzata. I segnali, in questo senso, ormai abbondano e non serve altro che metterli in fila, come stiamo per fare, ma certo è che un anniversario come quello dell’appello “Ai liberi e ai forti”, lanciato dal fondatore del primo Partito Popolare italiano (PPI), don Luigi Sturzo, il 18 gennaio dell’ormai lontanissimo 1919, capita ‘a fagiolo’ per invitare i cattolici a uscire allo scoperto.

 

2. Quando la Storia aiuta. La ‘riscoperta’ di don Sturzo e del suo popolarismo. 

 

Del resto, a volte, gli anniversari e la Grande Storia aiutano. Quando si parla di cattolici in politica, poi, si può stare certi che è così perché – a differenza di altre culture politiche a loro volta ‘storiche’ del nostro Paese, come quella della Sinistra (socialista e/o comunista) – i cattolici il senso della ‘Grande Storia’ non lo hanno mai perso e, anzi, continuano a coltivarlo con pervicacia. Ecco, dunque, il filo. Vediamo quanto lana hanno, i cattolici italiani, da tessere.

 

Emblem of the Holy See official 2000

Emblema della Santa Sede

 

A entrare a piedi uniti nell’argomento di un ‘nuovo impegno’ dei cattolici in politica sono stati, in questi giorni, diverse figure chiave dell’episcopato italiano e altrettanti media vaticani (Osservatore romano, Civiltà cattolica e Avvenire) che subiscono, ancora oggi, il controllo diretto della Santa Sede. Morale, non scrivono una riga che il Vaticano non voglia.

Il papa, Francesco I, non solo ne è costantemente informato, ma approva il ‘nuovo corso’, al punto da aver cambiato linea, di fatto, rispetto all’approccio che, storicamente, ha sempre tenuto rispetto alla politica del nostro Paese: da una prima fase in cui sosteneva che “i cattolici italiani (ma l’assunto valeva anche per le altre conferenze episcopali) non si devono intromettere negli affari della Politica” e, in ogni caso, “se qualcuno deve parlare è il sinedrio dei vescovi” (la Cei, nel nostro caso), a una nuova fase in cui lo stesso Papa, preoccupato dalla piega che il governo gialloverde ha preso su temi a lui assai cari e sensibili, come i migranti, esorta e invita i cattolici italiani a “far sentire la loro voce”.

 

3. Le durissime parole del Papa contro “i cristiani di compromesso”.

 

Santo Padre papa Francesco

Santo Padre, Papa Francesco

 

E così e non a caso, dopo aver tuonato contro lle (per lui sbagliate) politiche di ‘non’ accoglienza verso tutti i migranti di tutto il mondo e contro tutti ‘i muri’ che, da Trump in America a Orban nell’Est europeo, vengono eretti, appena l’altro ieri il Papa ha detto che la Chiesa cattolica in tutte le sue componenti – “preti, suore, vescovi” – corre il pericolo di “scivolare verso un cuore perverso”. Francesco, riporta l’agenzia Vatican News, indica tre parole, tratte dalla Lettere di san Paolo agli ebrei: “durezza”, “ostinazione” e “seduzione”. Un cuore duro è un cuore “chiuso”, “che non vuol crescere, si mette sulla difensiva, si chiude”. Nella vita può succedere a causa di tanti fattori che intervengono, per esempio un “forte dolore”, perché i “colpi induriscono la pelle”, fa notare il Papa. E’ successo ai discepoli di Emmaus e anche a Tommaso. E chi rimane in questo “brutto atteggiamento” è “pusillanime” e un “cuore pusillanime è perverso”.

La seconda parola è “ostinazione”, ossia “testardaggine spirituale”. L’ultima parola su cui il Papa si sofferma per capire come non scivolare nel rischio di avere un cuore perverso, è “seduzione”: “Così sono i tiepidi, – racconta – coloro che vanno sempre al compromesso: cristiani di compromesso. Anche noi tante volte facciamo questo: il compromesso. Quando il Signore ci fa sapere la strada, anche con i comandamenti, anche con l’ispirazione dello Spirito Santo, ma a me piace questo, e cerco il modo di andare per i due binari, zoppicando dalle due gambe”.

Che lo Spirito Santo, è l’invocazione finale del Papa, ci “illumini” perché nessuno abbia un cuore perverso, “un cuore duro, che ti porti alla pusillanimità; un cuore ostinato che ti porti alla ribellione, che ti porti alla ideologia; un cuore sedotto, schiavo della seduzione, che ti porti a un cristianesimo di compromesso”. Parole molto dure e di certo profetiche, ma che ‘dicono’ molto anche ai cattolici già impegnati in politica e soprattutto a quelli che vogliono farlo.

 

4. Il cardinale Bassetti (Cei) tuona contro “il rigurgito xenofobo e razzista”.

 

Gualtiero Bassetti

S. Em.za Rev.ma Cardinale Gualtiero Bassetti

 

Ma ‘dopo’ il Papa tocca alla Cei scendere in campo, e in prima persona, con tutto il peso del suo ruolo ecclesiale. Le prese di posizione dei vescovi italiani, dall’inizio dell’anno, già non si contano più, per importanza e per numero, ma proprio oggi è direttamente il presidente dei vescovi italiani a sferzare ancora una volta i cattolici a un rinnovato impegno politico, invitandoli a ‘ripartire’ proprio dall’esempio di don Sturzo. “L’Appello ai liberi e forti’ lanciato cent’anni fa da Sturzo – spiega Bassetti al Settimanale dell’Osservatore Romano da oggi in edicola – lascia “grandi eredità su cui vale la pena riflettere” in termini di umanità, cultura e fede. Eredità che, secondo Bassetti, “parlano all’uomo contemporaneo, interrogano profondamente la nostra società così marcatamente individualista e nichilista e soprattutto esortano a una riflessione profonda tutti i cattolici. Perché quell’appello è il prodotto di una stagione alta e nobile del cattolicesimo politico italiano che ha dato un contribuito fondamentale a costruire l’Italia contemporanea e a formare una civiltà basata sull’umanesimo cristiano. Una civiltà basata sulla dignità incalpestabile della persona umana che rinuncia, in nome del Vangelo, a ogni volontà di oppressione del povero e a ogni rigurgito xenofobo o razzista”. “Essere liberi e forti – dice Bassetti – vuol dire prima di tutto, essere fedeli al Vangelo in ogni campo dell’agire umano, anche in quello politico, e farsi annunciatori gioiosi dell’amore di Cristo con mitezza, sobrietà e carità. In secondo luogo, significa resistere alla tentazione di seguire i falsi profeti che celebrano Dio soltanto con la bocca, ma che invece celebrano se stessi e non sanno amare. E infine significa farsi difensori coraggiosi della persona umana in ogni momento dell’esistenza: perché la vita non si uccide, non si compra, non si sfrutta e non si odia”.

Ma Bassetti non si ferma neppure qui. L’appello “Ai liberi e ai forti” lanciato da don Sturzo cento anni fa “risuona oggi nell’animo di quanti hanno a cuore la sorte di un Paese lacerato e diviso, di quanti vedono quella spinta ideale” dice Bassetti, sempre rievocando la fondazione del PPI da parte di don Sturzo nel 1919, all’a fine della I guerra mondiale.

 

5. Una piccola ‘storia’ dell’impegno dei cattolici italiani in Politica

 

Democrazia Cristiana Vecchio logo

Il PPI fu – ecco una piccola parentesi storica ma necessaria per inquadrare meglio il tema – il primo partito politico che vide i cattolici italiani organizzarsi in modo largo e completo all’interno della scena politica Italiana nel I dopogeurra. L’obiettivo – immediatamente riuscito, perché il PPI ottenne subito una massa consistente di voti, alle elezioni del 1919, e si impose come il secondo ‘partito di massa‘ del Paese insieme al PSI (che, però, era sulla scena politica già dalla fine dell’Ottocento) – era quello di superare la lunga fase del non expedit. Il non expedit fu, insieme al Sillabo (che conteneva tutti i presunti ‘errori’ della modernità, dallo scientismo al positivismo fino, ovviamente, al socialismo) pronunziato solennemente da papa Pio IX dopo la ‘ferita’ della breccia di Porta Pia che decretò la fine del secolare potere temporale dei Papi, pur ridotto ormai a poca cosa, e tenne lontani i cattolici praticanti (cioè la maggioranza degli abitanti del Paese, di fatto) da ogni contatto con la vita pubblica e politica a partire dall’occupazione di Roma (1870) fino, appunto, al 1919. ”Né eletti né elettori” era il motto, peraltro efficace, che caratterizzò la sostanziale estraneità dei cattolici italiani alla vita pubblica dello Stato monarchico sabaudo e a al sistema politico liberale.

Un patto tacito, stretto tra il Papa e le gerarchie da un lato e i fedeli dall’altro, di ‘astensione’ totale dalla vita politica che venne parzialmente disatteso solo a partire dal 1903 grazie al famoso ‘patto Gentiloni’ (conte liberale e cattolico, pro-zio dell’attuale ex premier, Paolo Gentiloni) che vide parte dei cattolici iniziare a convogliare i voti sull’allora partito liberale guidato da Giovanni Giolitti che potè, così, rinforzare il suo partito che iniziava a perdere consensi.

 

Giovanni Giolitti

Giovanni Giolitti

 

Fu però l’iniziativa politica di don Sturzo – dopo la tragedia della Prima guerra mondiale e anche grazie all’introduzione del suffragio universale, anche se solo maschile (le donne voteranno solo a partire dal 1946) e di un sistema elettorale di tipo sostanzialmente proporzionale – a portare alla fondazione del Partito Popolare Italiano e a riportare in pieno i cattolici nella sfera politica nazionale, naturalmente con il consenso delle gerarchie ecclesiastiche. Seguì, poi, l’avvento del regime fascista e il sostanziale avallo del Ppi alla nascita del primo governo Mussolini, pur con l’opposizione di don Sturzo, e più tardi i Patti lateranensi del 1929 che chiusero il lungo contenzioso tra lo Stato italiano e la Santa Sede (Patti che, nel 1948, vennero inseriti nella Costituzione), ma questa è davvero un’altra storia. Come pure è, ovviamente, ‘un’altra storia, la fondazione della Dc (1943) e il suo lungo, costante, predominio politico all’interno della storia d’Italia del II dopoguerra, anche se va ricordata almeno una differenza fondamentale, tra PPI e Dc: il primo era un partito ‘di cattolici’ e interamente ‘cattolico’, la seconda un partito ‘a ispirazione cristiana’, cioè laico.

 

Sergio Mattarella Presidente Repubblica Italia

Il capo dello Stato Sergio Mattarella

 

L’anniversario dell’appello di don Sturzo è stato celebrato, in questi giorni, con diverse iniziative pubbliche e cerimonie che si sono tenute a Roma come a Caltagirone, in Sicilia, patria del fondatore del PPI, che sono state organizzate tutte dalla Fondazione Don Sturzo e dall‘Istituto Don Sturzo e a cui ha partecipato anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella (fervente cattolico democratico ed esponente della sinistra Dc e poi del PPI). Tra quelle che hanno visto la presenza attiva di esponenti della Chiesa cattolica va ricordata, su tutte, la messa di suffragio tenuta lo scorso venerdì 18 gennaio nella Basilica dei Santi Apostoli di Roma. E persino la preghiera della messa “affinché il popolo di Dio veda ciò che deve fare e abbia la forza di fare ciò che ha veduto”, dopo la lettura del Vangelo (il passo in cui Cristo a Cafarnao guarisce un paralitico e lo fa rialzare) sembra un programma politico in nuce. “Il vero politico – spiega ancora una volta Bassetti alla fine della messa – deve essere “libero interiormente e non perseguire secondi fini”.

 

6. La Cei chiede ai cattolici di tornare a ‘impegnarsi’ nella politica dei nostri giorni 

 

cei

 

Ma quale il senso di ricordare il Partito popolare del 1919 in un momento in cui si affacciano populismi contrapposti? “E’ tutta un’altra cosa, qui – osserva sempre Bassetti – quando richiamo i cattolici all’impegno della politica intesa come servizio, al bene comune, alla persona, non mi riferisco a qualcosa di partitico, sennò siamo già al contrario di quel che dico, il partito è una parte. Mi riferisco a creare quelle condizioni per cui i cattolici si possano davvero impegnare”. Insomma, Bassetti da un lato fa un passo in avanti, e molto forte (“I cattolici si impegnino in politica”), un passo che dalla Cei non si sentiva più fare da decenni, almeno dalla stagione del ‘ruinismo‘ (cioè del cardinal Camillo Ruini), dall’altro sembra farne uno indietro: no a un ‘partito’, specifico e politicamente strutturato, fatto ‘solo’ di cattolici.

“Chi si avvicina alla politica – spiega l’arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, cioè di tutti i vescovi italiani – deve essere libero interiormente, senza altri scopi e secondi fini, farlo per pura espressione di amore gratuito, e forti, perché oggi per affrontare i problemi che sono davanti a noi ci vuole un coraggio grande grande”.

 

GiulioAndreotti

Giulio Andreotti

Peraltro Bassetti, oggi ha ricordato don Sturzo come l’altro giorno Giulio Andreotti (“Le sue idee stanno nel patrimonio genetico dell’Italia”), politico della Dc di lungo corso e molto discusso, ma l’anno scorso ha celebrato Aldo Moro, statista e presidente del Consiglio della Dc barbaramente ucciso (1978) dalle Brigate Rosse, senza dire del fatto che cita spesso altre personalità come Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira, esponenti di grande livello e statura della Democrazia cristiana e dell’Italia (il primo fondatore della Dc e molte volte presidente del Consiglio, il secondo spirito profetico del cattolicesimo sociale e sindaco di Firenze).

Paolo VI

Papa Paolo VI

 

Quella di Bassetti, però, non è nostalgia della Dc o di una classe politica di altro spessore: il punto, spiega Bassetti, è che “manca un po’ la formazione alla politica, bisogna che ritroviamo in maniera moto seria delle scuole di pensiero politico, soprattutto per i giovani, che sono distanti, per invogliarli e fare capire che come diceva Paolo VI, e faccio riferimento ai giovani cristiani, la politica è esercizio di carità e di santità”. Un’altra citazione molto importante, quella di Paolo VI, il papa ‘più politico’ del XX secolo e anche quello più vicino alla Dc e alla sua corrente morotea e di sinistra, quella di Moro, detta allora dei ‘professorini’.

Inoltre, va anche sottolineato, in via generale, che, creare delle scuole di ‘formazione alla politica’ è, nell’immaginario dei cattolici (e non solo loro, peraltro), il primo passo, canonico e necessario, propedeutico a formare… un partito.

 

7. L’Osservatore romano: “è il popolarismo il miglior antidoto al populismo”.

 

l osservatore romano

L’Osservatore Romano

 

E sempre venerdì, sull’Osservatore romano, si legge che “il popolarismo è il miglior antidoto al populismo”. Pur nel linguaggio curiale, non è difficile capire quale è ‘il nemico’, cioè appunto il populismo e, quindi, il sovranismo. La fondazione del PPI nel 1919 “è un evento di un secolo fa che parla di oggi e spinge a guardare con timore, ma senza paura, al domani”, scrive, sull’Osservatore Romano, il nuovo direttore, Andrea Monda, richiamando “l’ambizioso programma di rinnovamento” del Partito Popolare, “frutto non di un’ideologia, ma di una precisa analisi storica e fattuale, contenente alcune riforme che poi germoglieranno dopo l’inverno del ventennio fascista: il suffragio universale esteso alle donne – elenca Monda -, il proporzionalismo, le autonomie locali, l’importanza dei corpi intermedi, la riforma del sistema fiscale in senso progressivo, l’importanza centrale della dimensione internazionale per cui di fatto coincidono politica estera e interna perché è l’internazionalismo l’antidoto al nazionalismo, così come, possiamo dire oggi, il popolarismo è l’antidoto al populismo”. Parole dure che, ormai, neppure la Sinistra sa più dire.

Seguono, sempre sull’Osservatore Romano, nell’inserto settimanale, le parole del cardinale, e presidente della Cei, Bassetti, che già si era rivolto ai “liberi e forti” di oggi (e non ‘di ieri’) nella sua Introduzione ai lavori del Consiglio episcopale permanente della Cei, alcuni giorni fa. Parole che abbiamo richiamato solo poco prima e che sono corredate da un’altra riflessione: “L’eredità dell’appello sturziano,” per Bassetti, è “lo spirito di servizio all’umanità ferita e l’assoluta centralità della dottrina sociale della Chiesa cattolica”, “una dottrina sociale ricchissima e ancora in larga parte sconosciuta e mai attuata. Eredità che parlano all’uomo contemporaneo, interrogano profondamente la nostra società così marcatamente individualista e nichilista ed esortano a una riflessione profonda tutti i cattolici”.

 

8. Civilità cattolica: “Sturzo, stella polare contro l’arroganza del Potere”

 

Come se non bastasse, a livello di ‘segnali’ che arrivano dal cuore profondo della Chiesa cattolica, italiana e universale, ecco uscire, sempre venerdi, la riflessione sull’eredità di Sturzo, a cento anni dalla nascita del PPI, vergata da padre Francesco Occhetta, notista politico di Civiltà Cattolica, e contenuta nel nuovo numero della rivista diretta da padre Antonio Spadaro. Da ricordare che le bozze di ogni numero di Civiltà cattolica vengono, tradizionalmente e dalla sua nascita, avvenuta a metà dell’Ottocento, lette e corrette dalla Segreteria di Stato della Santa Sede, prima di ricevere il necessario imprimatur, altrimenti – molto banalmente – la rivista non esce almeno fino a quando non è stata ‘corretta’.

 

Padre Francesco Occhetta

Padre Francesco Occhetta

 

“Il pensiero di don Luigi Sturzo – scrive padre Occhetta – costituisce ancora la ‘stella polare’ contro l’arroganza del potere che sfida diritti e doveri”. “In un tempo politico in cui l’arroganza del potere sfida i diritti e i doveri riconosciuti dalla legge, l’esperienza politica di 100 anni fa – osserva padre Occhetta – permette al mondo cattolico di ritrovarsi ‘in questa grave ora’ per essere ‘uniti insieme’ come voce dei deboli, garante dei diritti, alternativa alla società dei consumi e protagonista di un ‘umanesimo comunale’ da cui selezionare una nuova classe dirigente per una nuova stagione politica. Solo così – come è stato invocato da molti – potrà essere ascoltata nello spazio pubblico la voce della coscienza cristiana, che in Italia è ancora quella cattolica”. Rileva ancora, il notista politico di Civiltà cattolica, che “l’’Appello ai liberi e forti’ di Sturzo non rappresentava un compromesso politico o un’alternativa ideologica, ma una proposta diversa di sistema per ripensare la convivenza sociale a partire dalla Dottrina sociale della Chiesa, le cui fondamenta erano state poste dalla enciclica Rerum novarum di papa Leone XIII” e cioè dal papa più ‘di sinistra’ (‘laburista’ si può dire) della storia del cattolicesimo, prima di papa Giovanni XXIII e, ovviamente, di papa Francesco.

“Per tale sua specificità – scrive padre Occhetta – il pensiero di Sturzo in questi cento anni ha rappresentato una sorta di stella polare per i cattolici impegnati in politica, sebbene non siano mancate forze politiche, opposte tra loro, che lo hanno volutamente strumentalizzato, come fecero i suoi contemporanei. I conservatori cattolici consideravano Sturzo ‘un progressista’, i cattolici liberali ‘un intransigente’; per i socialisti egli era ‘un riformista’, per i fascisti ‘un prete intrigante’”. Insomma, padre Occhetta cerca, e calibra, per incitare i cattolici all’impegno politico la strada del ‘giusto mezzo’ tra socialismo e liberalismo tipica della tradizione etica, morale e sociale della storia del cattolicesimo italiano.

 

9. Le parole del cardinale Becciu, esponente della segreteria di Stato del Vaticano

 

Giovanni Angelo Becciu cardinale e arcivescovo prefetto della Congregazione delle cause dei santi

Giovanni Angelo Becciu (Pattada, 2 giugno 1948) cardinale e arcivescovo-prefetto della Congregazione delle cause dei santi

 

Ma in merito ai ‘segnali’ che lanciano le autorità ecclesiali, si potrebbe, a contare anche solo quelle di questi giorni, andare avanti all’infinito con prese di posizioni autorevoli. “Un partito dei cattolici italiani?”. “Dal Vaticano non ci si esprime su questo, lasciamo libertà ai cattolici proprio perché sono adulti. Quel che chiediamo è che si impegnino, trasfondendo i valori in cui credono nel mondo e nella politica” risponde il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione vaticana per le cause dei santi, parlando alla presentazione di un volume su Giulio Andreotti nella sede del Senato di palazzo Giustiniani. “Le forme devono trovarle loro – aggiunge l’esponente del Vaticano – ma io penso che non si può disperdere il patrimonio di idee che i cristiani hanno costruito negli anni, anzi nei secoli”. Parole, quelle di Becciu, forse persino più ‘avanzate’ e ‘scoperte’ degli stessi, lunghi, ragionamenti esposti prima da Bassetti.

I vescovi “hanno messo in evidenza l’importanza dell’impegno dei cattolici in politica nel segno della ricerca del bene. È importante che soprattutto i giovani si impegnino” dice Stefano Russo, segretario generale della Cei, alla conferenza stampa di presentazione del comunicato finale del Consiglio permanente della Conferenza episcopale del 16 gennaio.

Insomma, i vescovi italiani, i principali organi di stampa del Vaticano e persino la Santa Sede, in pratica direttamente, dicono ai cattolici italiani che è l’ora del ‘nuovo’ impegno e li spronano, se non a fondare un ‘nuovo’ partito, a rimboccarsi le maniche e a ‘darsi da fare, nella politica. Ma come rispondono i cattolici che sono già da anni in politica?

 

10. I cattolici in politica. Quelli del centrosinistra. Fioroni e i suoi ‘ancora’ nel Pd.

 

Giuseppe fioroni

Giuseppe Fioroni

 

Ad ascoltare le parole di Bassetti durante la messa di ieri c’erano anche Giuseppe Fioroni e Pierluigi Castagnetti, due esponenti della Dc prima e del Ppi di Martinazzoli poi, che dieci anni, fa nel 2008, hanno aderito e contribuito a far nascere il Pd e che ancora oggi ne fanno parte, pur se tra mille dubbi e contraddizioni che li arrovellano ogni giorno.

Non a caso, proprio Fioroni, già andreottiano, ex ministro all’Istruzione nel II governo Prodi, capofila dei cattodem nel Pd e oggi sostenitore della candidatura di Maurizio Martina al prossimo congresso dem (ma vi sono anche degli ex ‘fioroniani’, come l’eurodeputato Enrico Gasbarra ed esponenti del cattolicesimo solidale, soprattutto romani e legati alla comunità di Sant’Egidio, che appoggiano, invece, Zingaretti), gira l’Italia da mesi sia per far conoscere le risultanze della commissione Stragi (e in particolare del caso del rapimento e omicidio di Aldo Moro) che ha presieduto nella scorsa legislatura sia per chiamare a raccolta i cattolici verso, forse, nuovi lidi, lontani da quelli del Pd.

E “conoscere e riconoscere le radici cattoliche della nostra società e della vita istituzionale, ricostruendone le basi storiche”, è l’obiettivo del saggio scritto a quattro mani da Fioroni e da Lucio D’Ubaldo, direttore del Domani d’Italia, mensile di riflessione del cattolicesimo politico, libro dal titolo “Elogio dei liberi e forti. La responsabilità politica dei cattolici” (Giapeto Editore). Ripercorrendo i contenuti del libro, si scoprono fondamentali passaggi storici, partendo dall’Ottocento fino alla pubblicazione dell’appello di Don Sturzo ai liberi e ai forti. Di grande impatto è considerata l’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII, che ha posto i semi della dottrina sociale della Chiesa sollecitando l’impegno a fianco dei lavoratori e dei bisognosi, per una riforma della società in chiave cristiana.

 

Giorgio De Rita Censis

Giorgio De Rita, presidente del Censis

 

Don Sturzo, dal canto suo, fu tra i primi a prefigurare la nascita di un partito a base popolare ma moderno, cioè organizzato e con un forte radicamento nella società. Proprio questa chiave, secondo Giorgio De Rita, presidente del Censis, rende la sua opera estremamente attuale: “Don Luigi Sturzo è stato profetico rispetto al futuro, perché ha creduto di poter aspirare a una società basata sulla libertà ma non sull’anarchia, che deve trovare una guida salda nel senso di responsabilità dei suoi governanti. È la stessa istanza che il Rapporto Sociale del Censis oggi riscontra: gli italiani si dichiarano più che mai bisognosi di una guida autorevole che sappia superare la perdita di riferimenti e il diffuso atteggiamento di rancore nei confronti del diverso”. “Il senso dell’appello di Sturzo – conclude D’Ubaldo – è costruire un partito organizzato che si richiamasse per la prima volta ai principi di uguaglianza, libertà e fratellanza mutuati dalla Rivoluzione francese, qualcosa di veramente nuovo rispetto a quello che era stato l’impegno dei cattolici fino a quel momento, soprattutto dopo il tramonto del progetto autoritario in seguito alla Prima guerra mondiale. Si tratta di principi ancora validi per qualunque organizzazione politica”, chiude D’Ubaldo, chiaro riferimento al presente.

 

11. I cattolici in politica. Quelli del centrodestra. Cesa (Udc) e Rotondi (Dc).

 

Gianfranco rotondi

Gianfranco Rotondi

 

Sempre fuori dal recinto del Vaticano e, anche, della Cei, m sempre in occasione dii altre, e solo parzialmente diverse, celebrazioni dell’appello di don Sturzo risuonano, invece, le parole di Gianfranco Rotondi, che ha lanciato una sorta di ‘rinascita’ della Dc che fu, sia pur in sedicesimi, e che oggi è un senatore di Forza Italia, ma anche quelle dell’Udc di Lorenzo Cesa,. Legato a FI da un patto federativo lanciato in vista delle prossime elezioni europee, anche l’Udc si richiama all’appello e alle ragioni che portarono alla nascita del PPI di don Sturzo, ma più che altro per meglio collegarsi alla necessità di militare nel ‘campo’ politico del centrodestra, campo opposto a quello del centrosinistra. Campi che sono stati opposti – e in forte polemica – dopo la dissoluzione della Prima Repubblica, per tutta la storia della Seconda Repubblica, cioè dal 1994 in poi, quando l’esperienza della Dc ‘storica’ fu chiusa da Martinazzoli e nacquero, nel centrosinistra, il ‘nuovo’ – e piccolo –  PPI (poi confluito nella Margherita e, infine, nel PD) e, dall’altra, parte, il CCD-CDU di Buttiglione e Casini, poi fusi per dare vita all’UDC, legati al centrodestra e, quindi, a Berlusconi. Una ‘diaspora’, quella dei cattolici in politica, che caratterizzò tutta la stagione della Seconda Repubblica e che portò il cardinale Camillo Ruini, quando era presidente della Cei, prima sotto il pontificato di papa Giovanni Paolo II e poi sotto quello di Benedetto XVI a teorizzare la necessità, per i cattolici, di ‘impollinare’ entrambi i poli dell’arco politico, il centrodestra e il centrosinistra, partendo dall’assunto teorico che i cattolici sono, ormai, “una minoranza” nel Paese.

 

lorenzo cesa

Lorenzo Cesa

Proprio il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, ha sostenuto ieri, intervenendo a Palermo, sempre in occasione dei 100 anni dall’appello ai Liberi e ai Forti di Don Sturzo e nel corso dell’inaugurazione della Scuola di formazione politica del suo partito, promossa dal deputato regionale dell’Udc, Vincenzo Figuccia, che “l’Italia oggi è un Paese disorientato. Il populismo, l’idea che si possa fare a meno dell’Europa, della reputazione internazionale, della credibilità dei mercati, l’idea che si possa aumentare il debito pubblico a dismisura per un po’ di assistenzialismo anziché creare occasioni di lavoro, partendo dal Sud e dalle aree svantaggiate come le Isole, è una scelta sbagliata, drammatica e senza ritorno”.

“In questo contesto – spiega ancora Cesa – scorciatoie non ce ne sono: se vogliamo cambiare il destino del Paese dobbiamo ripartire da una nuova generazione di politici”. “L’unica strada è la formazione – evidenzia Cesa -, ecco perché abbiamo lanciato la scuola di Formazione politica a Palermo, in occasione dei 100 anni dall’appello di don Sturzo”. “Solo attraverso la riscoperta del valore della politica, i giovani possono far voltare pagina alla nostra Italia – conclude Cesa -. Il populismo non è la risposta. Dobbiamo andare oltre e farlo con una generazione di uomini e donne politici di nuovi ‘liberi e forti’, e consapevoli”, il suo auspico.

Ma se Cesa lavora nell’ottica di un ‘nuovo’ centrodestra e, appunto, di un ‘patto federativo’ molto stretto con FI, sotto la chiara egida e guida, ancora una volta, di Berlusconi, Gianfranco Rotondi prova, invece, a fare un passo in più. Il suo – certamente ambizioso e forse oggi antistorico – sogno è quello di ‘rifondare’ la Dc, pur restando, a sua volta, nell’ambito delle colonne d’Ercole del centrodestra. Rotondi vuole farlo nel nome di don Sturzo, ma anche nel nome di un altro importante e storico ex esponente della Dc del dopoguerra, Fiorentino Sullo. L’ex ministro di Berlusconi ieri ha chiamato a raccolta molti ex democristiani (Tassone, Buttiglione, Mannino, etc.) che gravitano nel centrodestra per un evento in ricordo di don Sturzo organizzato dalla Fondazione della Dc nell’aula dei gruppi parlamentari della Camera.

 

Fiorentino Sullo

Fiorentino Sullo a lui intestata la Fondazione

 

Un appuntamento a carattere culturale che però vuole anche celebrare una specie di ‘tregua’ tra i tanti partiti che si richiamano alla tradizione democristiana e che sotto il nome della Fondazione Sullo hanno ‘accettato’ di celebrare insieme il centenario del Partito popolare. “Sono segnali di fumo i nostri”, ammette lo stesso Rotondi. “Ex Dc divisi si ritrovano nella fondazione intitolata a Fiorentino Sullo che fu l’unico leader fondatore a lasciare il partito, in polemica con Fanfani sulla scelta antidivorzista”, spiega Rotondi, presidente di una delle – tante, troppe – componenti delle varie ‘nuove’ Dc, la Federazione della Democrazia Cristiana. “Convincemmo Sullo – ricorda oggi Rotondi – a tornare nella Dc e adesso convinciamo la Dc a farsi fondare da Sullo la seconda volta”. L’inquadramento storico è stato affidato al saggista e giornalista Gennaro Sangiuliano, oggi direttore del Tg2, poi sono intervenuti Rocco Buttiglione, Calogero Mannino e Roberto Lagalla. Rotondi racconta che è stata “una giornata di riflessione volta a illuminare il cammino”, del resto “è la Chiesa che chiede ai cattolici un impegno”, rimarca. L’ex ministro mette in guardia da due errori da non commettere: il primo, non infatuarsi del “giovane della Provvidenza che agita lo spirito di rottamazione alla Renzi”, una chiara stoccata a Salvini, perché “il nuovismo ha già sbattuto le corna in questi anni”. Il secondo errore da evitare è pensare che il ritorno sia una esclusiva dei tanti ex rimasti in campo in tutti questi anni. “Bisogna valorizzare le esperienze in campo ma aprirci ai talenti nuovi”, avverte Rotondi. Quanto all’annuncio di Silvio Berlusconi di una candidatura alle europee Rotondi la giudica “cosa positiva e meritoria perché Berlusconi tutela e blinda milioni di voti”.

 

12. Un’iniziativa spartiacque, il congresso dell’MCL. L’adesione dei cattolici al PPE

 

 

Gruppo PPE

Partito Popolare Europeo

 

Come finirà tutto questo lavoro e tutto questo tramestìo dei cattolici già impegnati in Politica? Continuerà sulla stessa falsariga del loro impegno nella Seconda Repubblica, cioè quelli di centrodestra da una parte e quelli di centrosinistra dall’altra, senza nessuna ‘presa d’atto’ che il sistema politico attuale è diventato stabilimenti ‘tribolare’ causa l’M5S?

E soprattutto, senza nessuna possibilità di ‘contaminarsi’ a vicenda e, dunque, senza alcuna possibilità di fusione tra cattolici che hanno militato, per vent’anni, in schieramenti opposti che, però, oggi sono stati del tutto destrutturati? Oppure troverà un vero sbocco comune per costruire se non un partito ‘nuovo’, quantomeno un ‘nuovo’ partito, sulla direttrice non di costruire una – impossibile, irrealizzabile e antistorica – Dc del Terzo Millennio ma di dare vita e linfa a un PPI del XXI secolo, secondo l’indicazione, sempre più chiara, che arriva oggi dai vescovi e anche dal Vaticano?

 

CONGRESSO MCL

 

Ad oggi, ancora non si sa, ma certo è che l’impegno – così massiccio, concreto e convinto – della Cei e dei vescovi italiani per dare spazio e vita a un “nuovo impegno” dei cattolici in politica potrebbe, presto, dare nuovi, e imprevisti, frutti. In ogni caso, il congresso dell’Mcl, il movimento di cattolici impegnati nel sindacato e nel sociale che si terrà a Roma, all’hotel Ergife, il prossimo 25-27 marzo, potrebbe fornire le prime, urgenti, impellenti, risposte a molti cattolici.

 

carlo costalli

Il Presidente di Mcl Carlo Costalli

 

Non a caso, l’altro giorno, proprio Bassetti ha presenziato alla riunione del Direttivo dell’Mcl e il suo presidente, Carlo Costalli, ha dato un’importante intervista a Avvenire (dal titolo “La politica è distante, bisogna ridare voce alle famiglie”) in cui ha detto parole chiare, forti e anticipatrici del lavoro che aspetta i cattolici italiani in vista delle elezioni europee: “Noi cattolici dovremo dire con chiarezza e coraggio a quale famiglia politica europea vogliamo appartenere e a quale di essa andranno le nostre preferenze, altrimenti perderemo solo tempo in inutili confronti culturali. In una campagna elettorale che si preannuncia ancora una volta urlata e legata al contingente, si corre il rischio che i cattolici votino sulla spinta emotiva del momento e non pensando al futuro del Paese e delle nuove generazioni”. La ‘famiglia’ politica cui Costalli fa riferimento è, ovviamente, il PPE (il Partito Popolare Europeo cui, però, in Italia, aderiscono FI e l’Udc, mentre il Pd, e quindi i cattolici in esso presenti, come Fioroni sono stati ‘costretti’ ad aderire al PSE) e non è escluso che, presto, prima delle elezioni, anche i vescovi lo dicano che è quello il ‘polo’ cui i cattolici dovranno guardare (e votare). Il che, per i cattolici che oggi militano dentro Forza Italia e nell‘Udc, potrebbe rivelarsi un ‘aiuto’ e un ‘segnale’ assai importante. Perché, in fondo, ‘in nome del PPE’, in Italia, vuol dire PPI e cioè, appunto, richiamarsi al popolarismo lanciato e fondato, cento anni fa, da don Luigi Sturzo con l’appello ai Liberi e Forti.

 


 

Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2019 sul sito di notizie spraynews.it