NEW! Tav, crisi di governo a un passo, ma ‘sospesa’. Di Maio e Salvini allo scontro finale pronti anche a tornare al voto

NEW! Tav, crisi di governo a un passo, ma ‘sospesa’. Di Maio e Salvini allo scontro finale pronti anche a tornare al voto

7 Marzo 2019 1 Di Ettore Maria Colombo

New! La crisi di governo è a un passo, ma per ora è sospesa in un limbo come il ‘non accordo’ sulla Tav. Conte si schiera per il No e il governo rischia. Muro contro muro Lega-M5S:Di Maio duro, Salvini furibondo

 

Lo scontro è al fulmicotone, ma per ora resta ‘sospeso’ e così resterà per l’intero weekend. La cosa ha anche, volendo, dell’incredibile – perché non si sa, da qui a lunedì prossimo, quando dovranno partire o meno i bandi Telt per la Tav – se ci sarà una crisi di governo dagli esiti imprevedibili o no. 

 

“Siamo tutti nelle mani del buon Dio”… Salvini prova a stemperare la tensione

 

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Silvio Berlusconi e Matteo Salvini

 

Il punto, di prima mattina, lo fa lo stesso vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, dai microfoni di Rtl105: “Oggi non c’è nessun vertice, ne riparliamo lunedì: io sono per fare e non per disfare”. Matteo Salvini , dinanzi a Luigi Di Maio che lo ha definito un “irresponsabile”, chiede “buon senso” all’alleato, respinge la corte di Silvio Berlusconi (“Se si torna a votare sarà Salvini il leader del centrodestra”), ma rinnova con forza la richiesta che lunedì partano i bandi per la Tav. Dinanzi allo stallo annuncia che va a Milano, domani è il suo compleanno e lo trascorrerà con le figlie.

“Siamo tutti nelle mani del buon Dio. Non c’è niente di certo” dice poi il vice premier a proposito della salute del governo. “La legittima difesa, il codice rosso e la certezza della pena entro la primavera saranno realtà”, assicura. “E che quindi ci sia un governo?”, è la domanda. “Che ci sia un Parlamento è fondamentale perché le leggi le approva il Parlamento“, risponde e non è certo una frase ben augurante perché un Parlamento, senza un governo in carica, non potrebbe funzionare. 

“Lunedì devono partire dei bandi, a me interessa questo” …, continua Salvini, che poi spiega così la sua posizione: “Il Governo non deve parlare, il Governo deve fare: la Tav la vogliono la maggioranza degli italiani. I soldi vanno spesi per completare l’opera”. Aspettare le elezioni europee per prendere decisioni definitive sulla Tav “non è che cambi molto – ragiona Salvini –  perché il tunnel è lì l’8 marzo e sarà lì anche l’8 giugno. Se qualcuno vuole dire no, non si fa, ce lo dica, punto. Io non sono e non sarò mai d’accordo, siccome la Lega è una delle due componenti di governo, scelgano gli ascoltatori”, conclude Salvini, con un riferimento quindi al responso popolare e quindi al voto.

 

Di Maio risponde a stretto giro: “Salvini mi lascia interdetto”

 

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Il vicepremier dei 5Stelle Luigi Di Maio

 

“Sono rimasto interdetto del fatto che la Lega abbia messo in discussione addirittura il Governo, legandolo alla Torino-Lione“. È la prima replica di Luigi Di Maio, che parla in conferenza stampa a Palazzo Chigi, alle parole di Matteo Salvini, che ha rinviato a lunedì il confronto sulla Tav. “Abbiamo commissionato l’analisi costi-benefici che ha confermato che la ridiscussione del progetto non era ideologica, ma quest’opera non stava in piedi dal punto di vista tecnico”, continua il vicepremier. 

Il governo nei prossimi giorni, entro lunedì – in teoria – o al massimo entro qualche giorno dopo, dovrà necessariamente decidere se bloccare o no i bandi sulla Torino Lione. Sul tema Di Maio dice: “I bandi non possono essere portati avanti fino a quando non ci sarà una decisione definitiva. È chiaro ed evidente che se stai per ridiscutere un’opera non puoi vincolare i soldi degli italiani”.

Di Maio si rivolge poi agli elettori della Lega, toccando un tema molto caro a Salvini: “Se io avessi messo in discussione la legittima difesa, voi vi sareste arrabbiati”.

Non manca una frecciata al ministro dell’Interno che, nel corso del suo intervento di ieri notte a Dritto e Rovescio, la nuova trasmissione condotta da Paolo Del Debbio su Rete 4, ha affermato che sulla Tav si sarebbe visto “chi ha la testa più dura”: “Questi sono discorsi da bambini”, per Di Maio.

 

I retroscena dei giornali: la crisi di governo di fatto c’è, ma “sospesa” fino a lunedì

 

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Lettura mattutina dei giornali con Qn in bell’evidenza…

“Su questa storia vado fino in fondo, la Tav si farà perché l’Italia non può restare senza l’Alta velocità“, assicura nei vari retroscena pubblicati oggi da molti giornali, il vicepremier Matteo Salvini, e aggiunge: “Uno o due no ci possono stare, ma se i no diventano troppi noi non ci stiamo”. E su Di Maio:Di Maio dice no, io dico sì, vediamo chi è più testardo”. Il mandato affidato ai suoi è che “nessun ministro della Lega firmerà il blocco dei lavori”. Con i ministri 5Stelle che voterebbero invece per fermarli, un voto del genere, in senso al Consiglio dei ministri, vuol dire crisi di governo. Salvini non pronuncia mai la (terribile) parola magica ‘crisi di governo’ ma l’effetto è lo stesso: “La mia pazienza è finita”, sbotta. Giancarlo Giorgetti e altri leghisti sono pessimisti sull’esito finale. 

Dal canto suo, Di Maio – di notte – in pratica lo minaccia: “Se perdo questa partita, non c’è più il campionato”. E ai suoi aggiunge: “Io non posso cedere, al Senato verrebbe giù tutto, a Torino pure”. 

Il silenzio di Alessandro Di Battista e di Beppe Grillo è eloquente. L’ala di Roberto Fico non si fida e resta su posizioni intransigenti. E all’assemblea dei parlamentari di ieri notte Di Maio spiega: “Per noi i bandi devono essere sospesi proprio perché stiamo ridiscutendo l’opera come previsto dal contratto”. Scrosciano gli applausi. “Non sono disponibile a rimettere in discussione il nostro no”.

Di Maio spiega ai parlamentari che “per me fa fa l’analisi costi-benefici del ministro Toninelli”, che chiama sul palco (ma per lui pochi applausi), che dice che l’opera è negativa”. E il capogruppo al Senato, Stefano Patuanelli, non uno qualsiasi, certifica la posizione, anzi, rincara la dose: “Se c’è la Tav non c’è il governo e viceversa”. Parole che non ammettono spazi di trattativa con la Lega

 

Conte ha cercato di mediare, ma di fatto si è schierato con Di Maio

 

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Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e il premier, Giuseppe Conte

Non mi avete convinto”. Le parole del premier, Giuseppe Conte, ripetute a brutto muso sia l’altra notte, ai tecnici di Salvini e allo stesso vicepremier, e ieri pomeriggio in conferenza stampa, fanno pendere il governo gialloverde verso il ‘no’ all’opera. Ma lo pongono anche in uno stato di pre-crisi di governo. Per ora, nonostante un vertice che è iniziato l’altra notte e che – tranne una mezza giornata di interruzione – non è mai finito tanto andrà avanti fino a domani, cioè a venerdì, a palazzo Chigi, la situazione è quella classica dello “stallo”, ma tutto può precipitare già nella giornata di oggi.

A certificarlo è, appunto, il presidente del Consiglio in persona che, però, esclude – bontà sua – una crisi di governo. E rinvia la decisione sui bandi a lunedì, pur ammettendo che anche qui “c’è stallo”. Solo che, in serata, Di Maio, riunendo i parlamentari, dice: “Il nostro no alla Tav non si discute”. E, per chi non avesse capito l’antifona, il capogruppo dell’M5S in Senato, Stefano Patuanelli, spiega, brutalmente, che “Se c’è la Tav non c’è il governo, se c’è governo è perché non c’è la Tav”. Invece, Salvini, in televisione, su Rete 4, fa l’elogio delle Grandi Opere: “Bisogna aprire, costruire, scavare…” 

Insomma, mai come stavolta la crisi di governo è a un passo. E la preoccupazione, al Colle, è altissima. Mattarella, ovviamente, non si è mai schierato per un Sì o per un No, sulla Tav, ma per lui le Grandi Opere devono andare avanti perché l’Italia ne ha bisogno. Il Colle teme gli effetti di uno stop all’opera, i rischi economici che ne conseguirebbero come pure l’isolamento dell’Italia nella Ue, che ci chiederebbe indietro per 800 milioni già stanziati, e nel rapporto con la Francia, co-responsabile dell’opera, Paese con cui Mattarella ha appena ricucito dopo faticosi mesi di tensioni. 

Aprire una crisi di governo al buio, oggi, per Mattarella sarebbe un azzardo da irresponsabili. Tempo e modo per formare un altro governo non ce ne sarebbero e le urne anticipate sarebbero più vicine. 

 

Salvini e Di Maio, ormai, si parlano solo per interposta persona…

 

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Il premier, Giuseppe Conte, stretto tra i due vicepremier, Di Maio e Salvini

 

Le posizioni di Luigi Di Maio e Matteo Salvini restano quindi, non solo sideralmente distanti, ma incrollabili. I due vicepremier, ormai, a stento si parlano e preferiscono trincerarsi a discutere con i loro fedelissimi, oltre che con i loro ‘tecnici’, e la situazione, dentro il governo, è esplosiva.

E ahi voglia Conte a dire che il confronto “è leale e franco”, ma “non stiamo affatto litigando”. Il premier, premettendo di non avere mai espresso posizioni a favore o contro la Tav, sembra Marc’Antonio sul cadavere di Cesare: “Non sono venuto qui per lodare Cesare, ma per seppellirlo”. Ecco, di fatto il premier si schiera e ‘seppellisce’ la Tav: “Nessun pregiudizio ideologico, emotivo o ragioni tattiche”, ma al vertice notturno con i due vicepremier “ho espresso forti dubbi e perplessità sulla convenienza dell’opera”.

Parole accolte ovviamente con favore e gioia dal vicepremier pentastellato, che subito lo ringrazia a tamburo battente con una dichiarazione che sembra precotta.

 

Conte, in conferenza stampa, sposa Di Maio: “La Tav non conviene”

 

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Sergio Mattarella, presidente della Repubblica italiana

 

Dopo il lungo vertice notturno dell’altro ieri che non ha prodotto risultati e una giornata convulsa di netta contrapposizione tra Lega e M5S sul destino della Tav, Conte dovrebbe, in teoria, nella conferenza stampa convocata ad hoc a palazzo Chigi, gettare acqua sul fuoco e limitarsi a spiegare lo stato dell’arte di una trattativa che dura, in pratica, da due giorni. La conferenza stampa di metà pomeriggio – con conseguente e irrituale rinvio di un’ora del Consiglio supremo di Difesa presieduto al Quirinale dal Capo dello Stato, non proprio felice, anzi assai piccato, dalla scelta – Conte la tiene dopo aver visto Mario Virano, direttore generale della Telt che lunedì dovrebbe far partire i bandi.

Con i giornalisti Conte ripercorre le varie tappe della vicenda dell’Alta velocità Torino-Lione. Il premier ricorda come si è giunti all’analisi costi-benefici, che giudica “plausibile e fondata” (primo assist a favore dei 5Stelle) ma chiarisce: “La decisione sarà politica”, cioè dice solo acqua calda.

Dopo, però, il presidente del Consiglio affronta il nodo dei costi, e li definisce “non equi”, nella ripartizione tra Italia e Francia, altra sponda offerta a Di Maio. Quanto alle posizioni dei due ‘alleati’ di governo ammette che “restano tutt’ora contrapposte” e che “hanno creato uno stallo”.

Altra constatazione che non aggiunge e non toglie nulla a quanto già si sapeva ed era sotto gli occhi di tutti. Conte, in teoria, si fa garante del rapporto tra i due alleati e spiega: “Rispetto le due posizioni, ma non permetterò che pregiudizialmente si affermi una o l’altra”.

 

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Il presidente italiano Conte e quello francese Macron/2

 

Peccato che, subito dopo, aggiunga, prendendo una posizione netta, peraltro a lui poco consona: “Se dovessimo ‘cantierizzare’ (sic) oggi la Tav mi batterei perché non sia realizzata”. Un vero siluro all’indirizzo di Salvini. Per Conte, “gli elementi negativi superano quelli positivi” e allo stato attuale l’unica via d’uscita è un confronto con Francia e Ue”. Prova, cioè, Conte, a prendere tempo e a buttare il pallone fuori dal campo, sperando che i raccattapalle lo ributtino nel terreno di gioco il più tardi possibile. Magari dopo un ‘confronto’ con Francia e Ue che scavalli le elezioni Europee del 26 maggio. “Me ne assumo la responsabilità – dice – alla luce dei forti dubbi sin qui emersi. Credo che l’unica strada sia procedere ad una interlocuzione con i partner, ovvero la Francia e la Commissione europea, per condividere i dubbi e le perplessità in ordine all’analisi costi benefici che abbiamo”.

Faccio io la sintesi”, assicura il premier, ma si schiera per il No

 

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Il vicepremier Luigi Di Maio e il premier Giuseppe Conte

 

Conte promette che la farà lui la ‘sintesi’ tra la linea dell’M5S e quella della Lega e rivendica il suo ruolo: “L’onore e l’onore di prendere in mano la situazione tocca a me. Io rappresenterò l’intero governo” di fronte agli altri ‘attori’. Peccato che Conte abbia già scelto con quale squadra giocare, quella dei 5Stelle del ‘capitano’ Di Maio, e quale maglia indossare, quella gialla, contro quella verde.

E così quando Conte si alza dalla sala stampa di Palazzo Chigi e se ne va, la comunicazione della Lega – di solito una macchina perfetta – mette in scena una vera e propria contro-conferenza per cercare di smussare, ‘troncare e sopire’, quel che è appena successo, ma fa un po’ ridere, o commuovere: “Non ci sembra che Conte si sia schierato, rimane mediatore”. Seee, vabbé, replicano spicci i cronisti. Del resto, basta leggere l’Ansa: Conte sta con Di Maio. Punto. La situazione si avvita. La crisi di governo si avvicina a grandi passi, come un fantasma ineluttabile.

 

I leghisti sbottano: la crisi di governo meglio farla subito e votare con le Europee”

 

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Il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini

 

Nella Lega covano sentimenti diversi, ma il cui spettro va dallo sconforto alla rabbia fino al desiderio di vendetta. I ‘falchi’ del Carroccio iniziano a far di conto: “Se apriamo la crisi di governo adesso possiamo andare a votare insieme alle Europee perché dopo non si potrebbe fare più e accorpare è sempre meglio. Anche un risparmio di sold, così i grillini sono contenti. Mattarella non potrebbe farci nulla. Nessun’altra maggioranza potrebbe nascere in così breve tempo e Zingaretti, appena eletto, non può bruciarsi rompendo il suo nuovo Pd per allearsi con i 5Stelle. E’ il solo modo per impedire a Renzi la scissione, sennò quello ha la scusa buona per farla e rompere i suoi gruppi”.

“Procrastinando la crisi, invece, – continuano i leghisti – ci scontreremmo con le obiezioni della difficoltà di votare in concomitanza con l’estate o a ridosso della manovra economica”.

I fotogrammi di un film già visto durante la lunga crisi di governo del 2018. E lì sì che il Capo dello Stato farebbe di tutto, anche un governo di minoranza, per impedire il ritorno alle urne. Con qualche buona speranza di trovare una sponda in un Parlamento che, sapendo che c’è da votare la manovra, potrebbe allungarsi la vita per non andare subito a casa.

La Tav, dunque, può diventare la pistola fumante per entrambi gli attuali partner di governo da sbandierare davanti ai rispettivi elettorati e per cercare di uscirne il più puliti possibile, riproponendo le loro identità e alleanze. O, meglio, i leghisti a capo di un ‘nuovo’ centrodestra e i pentastellati, per forza di cose, da soli ma ancora con Di Maio che, causa fine anticipata e repentina della legislatura, potrebbe ottenere di scavallare, dentro il Movimento, la regola dei due mandati, e ricandidare tutti gli uscenti. Un momento ideale, per andare al voto, vista anche la lenzuolata di nomine che hanno portato a casa i due vicepremier in pochi mesi e che gli consentirebbero di muovere le leve del consenso (dallo strapotere ottenuto in  Rai in giù) potendo godere, ancora, di rendite di posizione.

“Senza dire che il ‘decretone’ (quello che contiene il reddito di cittadinanza, ndr.) non è ancora diventato legge, è ancora all’esame delle Camere – nota, maligno, un leghista – sai che divertimento votargli contro e farlo saltare?”. Fantapolitica? Forse, ma è il clima tra gli alleati.

 

Prosegue, intanto, la guerra di nervi a distanza tra Lega e M5S

 

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L’Aula della Camera dei Deputati in occasione di una cerimonia ufficiale

 

Intanto, e per l’intera giornata M5S e Lega continuano la guerra a distanza, sulla Tav, con dichiarazioni contrapposte, quelle ‘in chiaro’, come si usa dire, ma in modo controllato. Di Maio convoca i parlamentari pentastellati per la serata che, intanto, fanno tutti bivacco nel Transatlantico di Montecitorio – di solito deserto, di giovedì pomeriggio – e invece ieri pieno di pentastellati che chattano sui cellulari, scrivono ai pc e, soprattutto, ascoltano – entusiasti e stupiti – la conferenza stampa di Conte che dà ragione, di fatto, solo a loro.

Già dal pomeriggio Di Maio mette in chiaro nero su bianco, in una lettera inviata ai gruppi prima della riunione congiunta, che l’opera va “bloccata definitivamente” e che, per farlo, “ci sono due passaggi. Il primo è quello del blocco dei bandi. Il secondo è quello del passaggio parlamentare per il no definitivo”. La sera, poi, davanti ai gruppi, la botta finale.

 

“O non c’è la Tav  o non c’è il governo”. La posizione dei 5Stelle

 

“Non sono disposto a mettere in discussione il nostro ‘no’ alla Tav” scandisce il capo politico dei 5Stelle davanti all’assemblea dei parlamentari M5S in corso alla Camera dalle ore 20 di sera in poi.

 

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Il ministro alle Infrastrutture Danilo Toninelli (M5S)

 

I parlamentari gli rispondono con un lungo applauso. “Per me fa fede analisi del ministero delle Infrastrutture che dice che è negativa l’opera”, continua Di Maio. Sull’analisi costi-benefici il (redivivo) ministro alle Infrastrutture, Danilo Toninelli, chiosa: “È inconfutabile”.E, appunto, il giudizio netto del capogruppo M5S in Senato, Stefano Patuanelli, fa capire a che punto è la notte: “Se c’è Tav non c’è governo, se c’è governo è perché non c’è Tav”. Ma Di Maio vuole stravincere: “Per noi i bandi devono essere sospesi Proprio perché stiamo ridiscutendo l’opera”.

 

La rabbia dei governatori del Nord e le scudisciate di Chiamparino

 

Per la Lega, invece, erano stati, in giornata, i governatori di Lombardia e Veneto a replicare subito: “Giusto approfondire i costi reali e chiedere di più a Francia ed Europa, ma impensabile bloccare i bandi” scandiscono Attilio Fontana e Luca Zaia, mentre Salvini si mantiene, per tutto il giorno, defilato, almeno per il momento, ma cova dentro la rabbia. Rabbia che, poi, la sera stessa esplode.

 

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Sergio Chiamparino, governatore della Regione Piemonte

 

“A questo punto lunedì sarà più che mai la giornata decisiva: se i bandi partono, bene, sennò si perdono una parte dei fondi europei e l’opera rischia di essere affossata”, commenta il presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino, che chiama alla ‘mobilitazione’ tutti i sostenitori dell’opera: “di fronte a questa palese incapacità del governo di decidere, è necessario che tutte le forze economiche, professionali, sindacali, civiche, che si sono mobilitate in questi mesi per la Tav, esercitino ogni pressione possibile”. Chiamparino è spettatore interessato perché si ricandida, il 26 maggio, alla guida del Piemonte per conto del Pd, ma forse avrà gioco facile a ‘trascinare’ nel suo campo gli imprenditori piemontesi e tutto il fronte dei ‘Si Tav’. La Lega, che vorrebbe conquistare il Piemonte per controllare tutte le regioni del Nord Italia, schiuma di rabbia al pensiero di perderlo.

 

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La capogruppo di FI al Senato, Anna Maria Bernini

 

Forza Italia ha gioco facile a dire che “il premier Conte ha definitivamente abbandonato il suo ruolo di equilibrista per appiattirsi sulla linea dei 5Stelle, che del resto sono i suoi datori di lavoro. A questo punto, se la politica ha ancora un senso, la crisi è conclamata. E’ arrivata la tempesta perfetta: il premier non è più il garante del contratto di governo e non gli resta che trarne le conseguenze, per il bene del Paese” sostiene la capogruppo azzurra al Senato Anna Maria Bernini.

 

Salvini tace ma di sera dice: “Bisogna aprire, costruire, scavare…”

 

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Salvini e la Tav

 

Ma ci sarà davvero la crisi di governo? Salvini, per ora, tace e dai suoi fedelissimi non trapela, come succede di solito, neppure una ‘velina’. Per tutto il giorno finge di occuparsi di materie che attengono alle competenze del suo dicastero, oltre a fare un salto in Basilicata dove, il 24 marzo, si vota per le regionali, e la Lega appoggia un candidato di FI (un generale in pensione) che punta a strappare la piccola regione del Sud a un predominio ‘rosso’ che dura incontrastato da decenni. La sera trapela solo, con il consueto metodo di ‘fonti Lega’, che “per la Lega la Tav è utile per la crescita del Paese” e che “la conferma dei bandi resta un passaggio fondamentale per la realizzazione dell’opera”.

“Bisogna aprire, costruire, scavare” dice il ministro dell’Interno alla trasmissione Dritto e Rovescio, su Rete 4, che va in onda in seconda serata: pur non citando la Torino Lione, sottolinea la sua tesi. “Per quello che mi riguarda la Tav si fa”, ribadisce E se il Movimento 5 stelle dovesse continuare a mostrarsi contrario all’opera? “Io voglio proseguire a lavorare all’interno di questo governo. A meno che i ‘no’ diventino troppi”. Il no di Di Maio, però, già c’è stato, almeno nell’assemblea con i suoi. Sul punto Salvini risponde: “Vediamo chi ha la testa più dura”. Arriverebbe alla crisi di governo? “Farò di tutto perché non accada. Ma se qualcuno dovesse dirmi che tornando indietro saremmo più felici, io non sono disposto a crederci. Sul Tav vado fino in fondo“.

“Oggi sono stato a Potenza – ricorda Salvini – e per arrivare in quella città da Roma ci vogliono 4 ore, di auto o di treno. L’Italia ha bisogno di più infrastrutture, più strade, più ferrovie. Dobbiamo andare avanti bisogna sbloccare, aprire, scavare”. Un messaggio neppure troppo subliminale, chiarissimo. 

A Roma si direbbe, in vernacolo, che così, però, “siamo di capo a dodici”. Cioè ai blocchi di partenza.

 

Stavolta, la crisi di governo è davvero a un passo 

 

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L’ingresso di palazzo Madama, sede del Senato

 

Lo stallo, appunto, prosegue. Domani mattina, alle 11.30, Salvini darà la sua versione dei fatti e delle cose – oltre che, si spera, delle trattative – in una conferenza stampa convocata (fatto curioso) al Senato e non alla Camera. Forse perché al Senato, se passasse il sì alla Tav, alcuni senatori grillini se ne andrebbero sbattendo la porta (per dire, Alberto Airola lo ha già annunciato) e, di conseguenza, il governo non avrebbe più la maggioranza? Quien sabe.

Domani è un altro giorno, si vedrà. Ma mai come stavolta la crisi di governo della maggioranza gialloverde e del governo Conte, a un anno esatto dalla sua nascita, è a un passo dal realizzarsi. E anche se il weekend passerà come in una (assurda) ‘pausa di riflessione’, i rischi restano altissimi. 


NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il 7 marzo 2019